Omaggio a Maurizio Migliori – Incontro di studi in memoria di Maurizio Migliori, 27-28 Novembre 2024. Università degli Studi di Macerata – Aula Maurizio Migliori (ex Aula C – Via G. Garibaldi, 20) – «Una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta». Il “Multifocal Approach”, oltre l’interdisciplinarietà.

Il manifesto della “Scuola di Macerata”



Locandina dell’Università di Macerata

Relatori


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Dalla «Scuola di Tubinga» alla «Scuola di Macerata»

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La “brochure” di Petite Plaisance



M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Federica Piangerelli – «Navigazioni filosofiche tra le parole greche di Straniero». La collana “mare dentro” propone un viaggio lungo i molteplici crinali della parola “straniero”. Un percorso semantico e concettuale che mostra tutta l’attualità e l’urgenza di tornare a riflettere sulle parole e a riscoprirne l’importanza come primo passo per promuovere una efficace trasformazione del mondo in cui viviamo.

Federica Piangerelli, Straniero. Navigazioni filosofiche tra le parole greche di straniero.

ISBN 978-88-7588-390-4, 2024, pp. 264, formato 130×170 mm., Euro 18 – Collana “mare dentro” [2].

In copertina: Lawrence Alma-Tadema, A coign of vantage (Una posizione vantaggiosa), 1895, Malibu, J. Paul Getty Museum.



Introduzione

Arianna Fermani

Volgere lo sguardo all’infinito mare del bello:1
la bellezza, l’utilità e l’urgenza

di tornare a “dare peso alle parole”.

 

 

La medesima lingua greca, quella così immensamente pieghevole e libera,nondimeno … è pur lingua formata e perfetta.

G. Leopardi, Zibaldone, 2852.

 

Le domande […] sono tutto, nella vita. Dietro a ogni do­manda si nasconde un universo in espansione di ignoranza, senza limiti. È bello, che l’ignoranza non abbia limiti, perché ti consente, insieme al tuo universo di (appunto) espanderti. Di arrivare là, dove nessuno è mai giunto prima. E come la grammatica e la punteggiatura si piegano al mio volere […] anche la conoscenza deve per forza uscire dagli schemi, deve andare oltre, deve osare, anche le brutte figure, altrimenti significa che state cercando in camera vostra e senz’altro ci troverete tante cose, a parte l’altro calzino, ma saranno tutte cose che avrete già acquisito nella vita e che non dico che non vi servano più, ma non estingueranno la vostra sete.

L. Ortolani,

Istruzioni per prendersi il mondo, Sole24Ore, 21 gennaio 2024.

 

 

 

La parola “straniero”, nei vari modi in cui l’hanno detta e pensata gli antichi Greci, rappresenta il secondo approdo, dopo “desiderio”, di una serie di “navigazioni filosofiche”, che, con questa collana, ci piacerebbe intraprendere idealmente con i nostri lettori e che, nei nostri viaggi futuri, ci condurranno verso le parole greche per dire “movimento”, “anima”, “armonia e disarmonia”, “economia e ricchezza”, “natura”, “guerra e pace”, “felicità e infelicità”, “tempo” e molte altre ancora.

Ma perché, a nostro avviso, può aver senso dare avvio queste navigazioni?

In primo luogo, perché abbiamo pensato che, virare tra le diverse pieghe di alcune parole antichissime e insieme eterne, è un modo per “volerci bene”, spingendoci a scorgere meglio i nostri orizzonti, a capire meglio chi siamo e chi vorremmo essere e, dunque, perfino a cambiare la rotta della nostra esistenza, se e quando è necessario.

Ecco perché, l’“infinito mare del bello” che, come indica il titolo di questa collana, ci portiamo dentro da sempre, merita di essere nuovamente solcato, alla scoperta (o alla riscoperta) di mondi infiniti, eternamente seduttivi e sempre capaci di dirci qualcosa, mondi antichi e lontani, capaci però di offrirci uno sguardo nuovo per comprendere il nostro universo, fatto di gesti e parole.

Come è stato ricordato, infatti, in ogni parola si nasconde un mondo meraviglioso da far risuonare: «non si tratta, infatti, solo di lingua: si tratta di pensiero, di storia, di immaginazione. Si tratta di incontri infiniti: con suoni, metafore, etimologie; con schiere di personaggi, umani e divini; con vicende politiche, con miti; con luoghi geografici; con sistemi di pensiero e di valori; con concezioni estetiche; con emozioni e sentimenti e sensazioni. E poi c’è tutta l’ambiguità delle cose antiche, i cui messaggi si offrono e si sottraggono a un tempo, e ci costringono ad apprendere altri codici, altre categorie, altre intenzioni»2.

In secondo luogo, abbiamo voluto varare questo progetto perché riteniamo che lavorare sulle parole e porsi all’ascolto delle loro voci e dei loro echi infiniti non sia solo un lavoro bello, ma si configuri anche come un’impresa profondamente utile e urgente, come una impellente e seria chiamata di fronte a un vero e proprio “inabissamento del valore della parola”. Con la svalutazione della parola, infatti, cresce, inevitabilmente, anche l’indifferenza verso la verità. Oggi, più che mai, ci troviamo di fronte a un’«onda oceanica di parole aggressive, svendute, abusate, svalutate, esasperate che corre lungo i canali informatici… da un lato, la parola precipita trasformandosi in scarto, accumulandosi in depositi maleodoranti per volgarità e stupidità: dall’altro lato, ecco invece l’impennarsi della falsità che cresce esponenzialmente, raggiungendo picchi di popolarità e di adesione acritica»3. Attraversare – in modo volutamente leggero4 ma per nulla superficiale – l’“infinito mare del bello” di quell’universo di parole che i Greci hanno elaborato per il loro tempo e, indirettamente, anche per il nostro, significa rispondere ad un appello alla bellezza, che è estetico ed etico insieme.

Si tratta, in conclusione, di provare a ri(dare) forma a noi stessi e al mondo, di tentare di “rimettere le cose al proprio posto”: sapere di che cosa parliamo quando usiamo alcune parole è, in questo senso, un’operazione semplice solo in apparenza perché, al contrario, è delicatissima e, allo stesso tempo, potentissima, proprio per le sue numerose ricadute sulla realtà, per il suo poderoso effetto trasformativo del reale.

È dunque con la stessa “sete di forma”5 che sentivano i Greci che ci apprestiamo a partire, in una serie di viaggi, nel mondo e dentro noi stessi, che non sempre saranno semplici ma che anzi, talvolta, risulteranno perfino disagevoli e rischiosi (d’altronde, si sa, “una nave è al sicuro nel porto: ma non è per questo che le navi sono fatte”6), e che saranno sempre guidati da una ferma esigenza di concretezza di fondo: tornare a sentire il vero profumo di parole che “sanno” di vita; riuscire a vedere quell’intimo e strettissimo legame che gli Antichi istituirono, ogni volta da punti vista e angolature diverse7, tra linguaggio e cose del mondo; riuscire a commuoverci, ancora come più di 2000 anni fa, di fronte alla «ricchezza del vocabolario nel quale a ogni parola si afferma il contatto diretto e vario delle realtà»8. Queste traversate sono motivate da una convinzione: comprendere, distintamente e intimamente, che senza passare attraverso una profonda “ecologia” del linguaggio, non potrà mai esserci nessuna vera trasformazione del mondo in cui viviamo.

 

1 L’immagine è tratta da Platone, Simposio 210D.
2 N. Gardini, Viva il greco. Alla scoperta della lingua madre, Milano 2021, p. 12.
3 G. Ravasi, Brevario. Una proporzione, Domenicale, Sole24 ore, 24 settembre 2023.
4 Per una precisa scelta editoriale, infatti, le note e i riferimenti bibliografici dei vari numeri della collana saranno limitate al minimo.
5 «Il posto singolare occupato dalla Grecità nella storia dell’umana educazione si fonda sulla medesima peculiarità della sua organizzazione interna, sulla sete di forma che tutto domina» (W. Jaeger, Paideia. Die Formung des griechischen Menschen, 3 voll., Berlin 1936-1947; trad. it. L. Emery-A. Setti, introduzione G. Reale, Paideia. La formazione dell’uomo greco, Bompiani, Milano 2003, p. 13).
6 Mi permetto di rimandare al mio saggio “Una nave è al sicuro nel porto, ma non è per questo che le navi sono fatte”. L’incertezza nel mondo antico: la vita buona fra rischi e cicatrici, in Vivere L’incertezza, a cura di C. Chiurco, QuiEdit, Bolzano 2022, pp. 43-56.
7 Secondo il paradigma del Multifocal Approach, su cui cfr. M. Migliori, Opportunità e utilità di un approccio multifocale, in Il pensiero multifocale, «Humanitas» 1-2, 2020, pp. 3-38; P. Mauri – M. Migliori, Un secondo round su “Il pensiero multifocale”. La ripresa teorica della proposta, in Il Pensiero Multifocale 2. Una ripresa teorica della proposta, «Humanitas» 1-2, 2022; E. Cattanei – A. Fermani – M. Migliori (eds), By the Sophists to Aristotle through Plato. The necessity and utility of a Multifocal Approach, Academia Verlag, Sankt Augustin 2016.
8 M. Yourcenar, Memorie di Adriano, trad. it. di L. Storoni Mazzolani, Torino 2002, pp. 33-34.


Federica Piangerelli

S t r a n i e r o

Alle volte mi sembra che un’epidemia pestilenziale abbia colpito l’umanità nella facoltà che più la caratterizza, cioè l’uso della parola, una peste del linguaggio che si manifesta come perdita di forza conoscitiva e di immediatezza, come automatismo che tende a livellare l’espressione sulle formule più generiche, anonime, astratte, a diluire i significati, a smussare le punte espressive, a spegnere ogni scintilla che sprizzi dallo scontro delle parole con nuove circostanze.

Italo Calvino,

Lezioni americane.
Sei lezioni per il prossimo millennio.

 

Per intraprendere questa nostra navigazione filosofica attraverso le parole greche dello straniero, il primo aspetto che ci preme rimarcare è il saldo intreccio che lega questa figura alla dimensione del mare. Spesso, infatti, è proprio dalle “liquide vie del mare color del vino” – per utilizzare una espressione omerica – che arriva lo straniero ed è solcando le rotte dei grandi “mari chiusi”, come il Mar Mediterraneo1, che gli stessi Greci giungono in nuove terre, venendo a contatto con altri popoli e civiltà diverse dalla propria.

Elemento duplice e angosciante per natura, perché finito e infinito, pericoloso e ospitale, impraticabile e percorribile, il mare merita di essere considerato un luogo evenemenziale. Questo, infatti, non funge da sfondo monolitico alle vicende umane, ma detiene un ruolo attivo nello sviluppo delle stesse e lo fa con una movenza costitutivamente dinamica: mentre apre nuovi canali di comunicazione, preserva le differenze. Non è un caso, allora, che tra i vocaboli utilizzati dai Greci per esprimere il mare nelle sue variegate sfaccettature, come ἄλς (als), “acqua salata”, πέλαγος (pélagos), “ampia e piatta distesa”, e θάλασσα (thálassa) “canale”, vi sia anche il lemma πόντος (póntos), che rimanda alla «‘via di passaggio’, talvolta difficile, come nell’Ἑλλήσποντος, che collega l’Europa e l’Asia, o nell’Εὔξεινος πόντος, il Ponto Eusino, che i Greci hanno percorso come migranti a commerciare e a fondare nuove città, e dove εὔξεινος “accogliente, ospitale”, è un eufemismo … che del mare sa esprimere per antifrasi anche i pericoli che sono necessariamente compresi nella funzione positiva della parola pontos. La radice è la medesima del lat. pons, pontis, il ponte che collega due rive e che richiama pure pontifex»2.

Questa immagine evocativa, dunque, ci sprona a prendere il largo e a solcare i flutti iridescenti che ribollono nel vasto mare dentro lo straniero, consapevoli, però, che ci attende un viaggio avventuroso, tra tempeste e bonacce. Ma, se è vero, come riconosce Pittaco, che «la terra è affidabile, il mare inaffidabile» (DK10A3, V, 10), è altrettanto vero, come ricorda Pla­tone, che «il rischio è bello (καλὸς γὰρ ὁ κίνδυνος)» (Fedone, 114D5), motivo per cui vale la pena affronta­re con il giusto coraggio e una buona dose di curio­sità questa nostra esplorazione filosofica dai molti e articolati percorsi.

Federica Piangerelli

1 Si deve a Platone una delle più incisive immagini relative al Mar Mediterraneo: «Sulla terra ci sono molti e meravigliosi luoghi […]. Essa è qualcosa di straordinariamente grande e noi abitiamo in una piccola parte che va dal fiume Fasi alle Colonne d’Eracle, stando intorno alle rive del mare [scil.: Mediterraneo] come rane o formiche intorno ad uno stagno. E ci sono molti altri popoli che abitano altrove, in molte altre regioni simili a questa» (Fedone, 108C5-109B). Sempre a Platone, però, si deve anche una rappresentazione eloquente dei pericoli legati al mare: «Il fatto che il mare sia vicino ad una regione è una condizione piacevole nella vita di tutti i giorni, ma, nel tempo, è realmente una vicinanza salata e aspra» (Leggi, IV, 705A2-3).

2 A. Camerotto, Xenia epica, ovvero le regole della civiltà, in A. Camerotto – F. Pontani (a cura di), Xenia. Migranti, stranieri, cittadini tra i classici e il presente, Mimesis, Milano-Udine 2018, pp. 249-273, pp. 249-250.


Indice

Presentazione della collana mare dentro

di Arianna Fermani

Ringraziamenti

 

Mare

 

  1. βάρβαρος (bárbaros)

 

  1. Lo straniero balbuziente

1.1. Lo straniero estraneo alla lingua del lógos

1.2. Lo straniero che parla una lingua sconosciuta,

       ma che si può apprendere

1.3. Lo straniero che emette suoni animali

 

  1. Lo straniero che appartiene ad altre civiltà

2.1 Lo straniero differente dal greco

2.2. Lo straniero inferiore al greco

 

  1. Lo straniero spietato e turpe

3.1. Lo straniero simbolo di tracotanza

3.2. Lo straniero sottomesso a regimi dispotici

3.3. Lo straniero accecato dalla ricchezza

3.4. Lo straniero bestiale

3.5. Lo straniero “non greco”, ma comunque “umano”

 

  1. Lo straniero “straordinario”

4.1. Lo straniero sbalorditivo

4.2. Lo straniero depositario di una antica sapienza

 

 

 

  1. ξένος (xénos)

 

  1. Lo straniero, l’ospite, il nemico

1.1. Lo straniero perturbante

1.2. Lo straniero: una figura relazionale

1.3. Lo straniero al bivio

 

  1. Lo straniero inospitale

2.1. Lo straniero egoista e prepotente

2.2. Lo straniero nemico degli stranieri

2.3. Lo straniero che mette al bando gli stranieri

 

  1. Lo straniero ospitale

3.1. Lo straniero amico degli stranieri

3.2. Lo straniero che diventa ospite

3.3. Lo straniero protetto dagli dèi

3.4. Lo straniero protetto da accordi politici

 

  1. Lo straniero residente

4.1. Lo straniero incluso nella città,

       ma escluso dalla cittadinanza

4.2. Lo straniero chiamato ad una condotta irreprensibile

4.3. Le straniere

 

Verso altre mete e nuovi lidi

 

Bibliografia

 

Indice dei nomi




M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Luka Bogdanić, Ivana Costa, Luca Grecchi, Lidia Pupilli, Marco Severini, Lucia Palpacelli, Emidio Spinelli – Un intellettuale oltre le frontiere Studi su Rodolfo Mondolfo Introduzione e cura di Federica Piangerelli. Atti del Convegno «Oltre le frontiere | Más allá de las fronteras, Giornata di Studi su Rodolfo Mondolfo: l’interesse per la filosofia e l’impegno politico, tra Italia e Argentina», promosso dal Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Macerata e svoltosi a Senigallia il 6 maggio 2023.


Il vero maestro non è un somministratore di conoscenze,
ma uno svegliatore di spiriti,
il quale nell’atto
stesso di esercitare la sua funzione illuminatrice
ammette anche la reciprocità di tale azione
e accetta la possibilità di essere confutato
non meno che quella di confutare gli altri. […]
La forma necessaria dell’indagine
è pertanto il dialogo: con se stessi e con gli altri
[…]. Nella mutua cooperazione che questa educazione
implica tra maestro e discepolo, e parimenti tra
tutti i membri della comunità umana, questa esigenza
di libertà è altresì un’esigenza di amore […].
Socrate associava alla dotta ignoranza, o coscienza permanente
dei problemi, unica fonte del progresso conoscitivo,
il superamento dell’odio e l’affermazione
dell’amore e della solidarietà umana, che, mediante
il riconoscimento della libertà spirituale di ciascuno,
procurava la cooperazione di tutti nello sforzo di raggiungere
il fine comune.
Fine umano per eccellenza,
cioè l’elevazione intellettuale e morale
che costituisce il vero bene e l’intima soddisfazione di ciascuno e
di tutti, legge di autonomia e fonte della vera felicità.

Rodolfo mondolfo


Luka Bogdanić (1978) è professore associato alla Facoltà di Lettere e filosofia dell’Università di Zagabria, dove insegna Antropologia filosofica e Filosofia della Cultura. Ha scritto di storia del marxismo e dell’Est Europa, di Gramsci e di nazionalismo. Collabora con il manifesto ed è membro dell’International Gramsci Society. Ha pubblicato Praxis. Storia di una rivista eretica nella Jugoslavia di Tito (2009), Nazione e autodeterminazione. Premesse e sviluppi fino a Lenin e Wilson (2009) e Identità inquieta. La questione nazionale nei Balcani occidentali (2020).

 

***

Ivana Costa è argentina e vive a Buenos Aires. Insegna Storia della Filosofia Antica all’Università di Buenos Aires e all’Università Cattolica Argentina. I suoi principali temi di interesse sono il pensiero di Platone, il platonismo tardo-antico e moderno e le concezioni di finzione e realtà nella storia della filosofia. È membro del comitato esecutivo della International Plato Society. Ha pubblicato traduzioni commentate di Platone (Liside, Colihue, 2019) e Machiavelli (Il Principe, Colihue, 2013), articoli su Platone e la tradizione platonica e il libro Había una vez algo real. Ensayo sobre filosofía, hechos y ficciones (Mardulce, 2019).

***

Luca Grecchi (Filosofia morale, Università degli Studi di Milano-Bicocca), direttore della rivista Koinè, ha recentemente pubblicato Metafisica umanistica. La struttura sistematica della verità dell’essere (petite plaisance, 2023) e La filosofia prima della filosofia (Morcelliana, 2022).

 

***

Lucia Palpacelli, Docente di Storia della Filosofia Antica all’Università di Macerata. Per Bompiani ha curato l’appendice bibliografica e lessicografica del volume di Aristotele, Fisica (2011); la revisione, aggiornamento e saggio bibliografico del volume di Aristotele, La generazione e la corruzione (2013) e il saggio introduttivo, traduzione e note del De interpretatione all’interno dell’Organon aristotelico (2016). Tra i suoi scritti: L’Eutidemo di Platone. Una commedia straordinariamente seria (Vita e Pensiero 2009); Aristotele interprete di Platone. Anima e cosmo (Morcelliana 2013); Zenone di Elea. Frammenti e testimonianze (Scholé 2022).

 

***

 

Federica Piangerelli, Dottoressa di ricerca in “Umanesimo e Tecnologie” presso l’Università di Macerata (con una tesi dal titolo Alle origini del confronto con l’alterità. Barbaroi e xenoi nel pensiero greco antico. Una indagine storico-filosofica), è cultrice della materia in Storia della filosofia antica presso lo stesso Ateneo, e autrice di diversi contributi scientifici, ospitati in volumi e in riviste di rilevanza nazionale e internazionale; attualmente, sta lavorando ad una nuova traduzione in italiano, con commento, del Sofista di Platone.

 

***

 

Lidia Pupilli, PhD in Storia dell’età contemporanea e cultrice della materia presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Macerata, è docente di ruolo nella Scuola secondaria di secondo grado e si occupa principalmente di storia politica e storia delle donne. Fra i suoi lavori, la monografia Intellettuale nel regime. L’al­tra vita di Romolo Murri, Marsilio 2019 e le curatele Uomini dalla parte delle donne fra Otto e Novecento, Marsilio 2020 e Pioniere. Storie di italiane che hanno aperto nuove frontiere, Aras 2021. Con Marco Severini ha curato Dodici passi nella storia. Le tappe dell’emancipazione femminile, Marsilio 2016 e il Dizionario biografico delle donne marchigiane (1815-2022), il lavoro editoriale 20225, realizzando, da ultimo, il volume Giuseppe Chiostergi. Vita di un mazziniano nel Novecento, il lavoro editoriale 2022.

 

***

 

Marco Severini, insegna Storia dell’Italia contemporanea e Storia delle Donne nell’Italia contemporanea presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Macerata. È autore di 34 monografie che spaziano dalla storia politica a quella delle donne, dalla storia della storiografia a quella odeporica. Ha tenuto lezioni e conferenze in Spagna, Francia, Portogallo, Stati Uniti e Germania ed è fondatore e presidente dell’Associazione di Storia Contemporanea. Dirige la rivista «il materiale contemporaneo» ed è editorialista della rivista «Democrazia futura». Tra gli ultimi libri, Da Conte a Draghi. Problemi e scenari del biennio pandemico (2022); Public History. Undici anni sul campo (2022); Le fratture della memoria. Storia delle donne in Italia dal 1848 ai nostri giorni (2023).

 

 

***

 

Emidio Spinelli è Professore Ordinario di Storia della filosofia antica e Prorettore per il Diritto allo Studio e la Qualità della Didattica presso la “Sapienza”/Università di Roma; è anche Presidente della “Società Filosofica Italiana” e, dal gennaio 2021, Presidente dell’Italian Organizing Committee del “XV World Congress of Philosophy”. Oltre ad articoli su Presocratici, Atomisti, Socrate/‘Socratici minori’, Platone, Stoici, Epicurei, papiri filosofici e storiografia filosofica antica, sullo scetticismo antico ha pubblicato: Sesto Empirico. Contro gli etici (Napoli 1995); Sesto Empirico. Contro gli astrologi (Napoli 2000); Questioni scettiche. Letture introduttive al pirronismo antico (Roma 2005). Egli è anche autore di Obiettivo Platone: a lezione da Hans Jonas (Pisa 2019) e ha editato i seguenti testi: H. Jonas, La domanda senza risposta. Alcune riflessioni su scienza, ateismo e la nozione di Dio (Genova 2001); H. Jonas, Problemi di libertà (Torino 2010). Di recente pubblicazione: E. Spinelli, Le radici del passato. Giuseppe Rensi interprete degli scetticismi antichi (Pisa 2021).




M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Maurizio Migliori – «L’interiorità in Platone». Prefazione di G. Capasso, F. Eustacchi, A. Fermani, L. Palpacelli, F. Piangerelli: «Al nostro maestro. Reciprocità di un dono: vivere una vita degna di un essere umano».

indicepresentazioneautoresintesi



M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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E. Giada Capasso, Francesca Eustacchi, Luca Grecchi, Mino Ianne, André Lanoue, Giulia Lombardi, Claudia Luchetti, Marianna Angela Nardi, Annamaria Pacilio, Federica Piangerelli, Dario Zucchello – «Platone e la teoria delle idee. Nuove prospettive di ricerca per antiche questioni teoriche», a cura di Federica Piangerelli

E. Giada Capasso, Francesca Eustacchi, Luca Grecchi, Mino Ianne, André Lanoue, Giulia Lombardi, Claudia Luchetti, Marianna Angela Nardi, Annamaria Pacilio, Federica Piangerelli, Dario Zucchello

Platone e la teoria delle Idee

Nuove prospettive di ricerca per antiche questioni teoriche

A cura di Federica Piangerelli

indicepresentazioneautoresintesi


Federica Piangerelli

Introduzione

“Platone e le Idee: una storia molto complicata”: è questo il titolo del Seminario organizzato dalla cattedra di Storia della Filosofia Antica dell’Università di Macerata, che ha avuto luogo dal marzo al maggio del 2022, e nell’ambito del quale sono stati presentati molti degli interventi contenuti in questo volume. Lungi da ogni pretesa di completezza, infatti, i vari contributi di tale miscellanea, ciascuno dei quali muove da prospettive concettuali differenti, si interrogano e dibattono intorno ad alcune delle implicazioni teoriche più rilevanti sottese alla dottrina delle Idee formulata da Platone. Per comprendere appieno il senso ultimo di tale dibattito, tuttavia, è opportuno inquadrarlo nello sfondo storico-filosofico che gli è proprio. Nelle pagine che seguono, dunque, seppure necessariamente a grandi linee, sono tratteggiati i passaggi essenziali da cui trae origine tale straordinaria e rivoluzionaria “invenzione” platonica.

[…]

Il volume si apre con un insieme di interventi volti a rintracciare alcune possibili correnti di pensiero che rivestono un ruolo significativo per l’elaborazione della teoria delle Idee, che, tuttavia, nella sua forma più complessa e articolata è e resta una “scoperta” del solo Platone.

Nel suo Gli influssi orfici e pitagorici sulla teoria platonica delle Idee, in controtendenza rispetto a quanto sostenuto da una parte della critica, André Lanoue evidenzia il chiaro retroterra concettuale di carattere orfico-pitagorico entro cui si formano alcune questioni teoriche centrali della filosofia di Platone e in cui, con ogni probabilità, è maturata la stessa dottrina delle Idee. In tal senso, accanto alla teoria pitagorica dei numeri, lo studioso pone anche gli assunti fondamentali dell’Orfismo, i quali presentano un carattere religioso oltre che scientifico. Attraverso una attenta analisi degli Ossicini di Olbia, nonché delle laminette d’oro consacrate a Mnemosyne, Lanoue dimostra che il dualismo “sensibile-illusione /soprasensibile-verità”, l’anamnesi, ma anche l’escatologia, la metempsicosi e l’immortalità dell’anima, ovvero tesi largamente presenti nel pensiero platonico e strutturalmente legate alla sfera eidetica nella sua valenza onto-epistemica, costituiscono già il nucleo delle dottrine orfiche.

Seppure su tutt’altro terreno, si inserisce in questo solco argomentativo anche il saggio di Francesca Eustacchi, Il ruolo dei Sofisti nell’elaborazione della teoria delle Idee platonica, che evidenzia i molteplici contributi teorici offerti dal “rivoluzionario” movimento della Sofistica alla filosofica di Platone. Tra questi, per esempio, spicca la visione dinamica della realtà, intesa come una struttura ordinata di relazioni, che organizza un disordine pervasivo e irriducibile. Paradigmatica è la riflessione di Protagora: pur escludendo una verità assoluta di stampo eleatico, il sofista non approda ad un esisto relativistico, che comporta l’irriducibilità dei giudizi soggettivi, ma relativo-relazionale, tale per cui una data situazione oggettiva, a seconda della prospettiva da cui la si esamina, ammette diverse, ma non infinite, spiegazioni plausibili. Questa postura teorica richiede un “esercizio di pensiero” capace di procedere per progressive distinzioni e unificazioni, che troverà pieno compimento proprio nel metodo dialettico platonico. Tale attitudine relazionale presenta anche importanti risvolti sul piano gnoseologico, come è bene indicato dalla categoria protagorea di homo mensura, che poggia sul nesso conoscitivo tra l’essere umano e gli enti di realtà: nessuno dei due poli merita di essere assolutizzato, ma entrambi sono strutturali, perché il soggetto percepisce in quanto l’oggetto si manifesta. Tra i molteplici contributi della Sofistica, però, Eustacchi ne rintraccia uno che conduce direttamente alle Idee: quello di Socrate e della sua rigorosa tecnica dialogica. Accanto alla pars destruens dell’elenchos, infatti, questa si compone di una pars costruens sublimata nell’interrogativo ti esti, la cui risposta implica la “definizione essenziale” dell’ente indagato, ovvero il coglimento dell’eidos ad esso corrispondente. Per compiere tale “salto qualitativo”, tuttavia, occorre andare con Socrate oltre Socrate, come Platone, con straordinaria abilità argomentativa, indica ai suoi lettori in chiave protrettica.

Le implicazioni teoriche legate al nesso tra le Idee e i processi definitori sono oggetto di altri contributi, tra i quali La ricerca della definizione nel Menone di Dario Zucchello. Ponendosi in un ideale confronto con le tesi di Francesca Eustacchi, lo studioso sottolinea i limiti concettuali più che i contributi tematici del movimento sofistico per la riflessione platonica, che emergono con nettezza proprio nel dialogo da lui preso in esame. Alla domanda “che cos’è la virtù?”, Menone, brillante allievo di Gorgia, sofista celebre per i suoi discorsi pubblici sull’arete, crede di avere la risposta giusta, ma dal confronto con Socrate potrà solo uscire “sconfitto e intorpidito”. Il giovane, infatti, segue un criterio di tipo descrittivo-esemplificativo, perché adduce un elenco di prestazioni virtuose, differenti a seconda dei contesti e dei soggetti coinvolti. A questa dinamica argomentativa, tuttavia, Socrate replica con un significativo slittamento metodologico che passa dall’enumerazione empirica alla ricerca dell’unità concettuale. Per guadagnare la definizione di arete, infatti, occorre indicare quell’unico eidos, identico e stabile, in base al quale diverse prestazioni eccellenti, colte nella loro plurale eterogeneità, sono tutte parimenti virtuose. L’esito è l’Idea di “virtù”, che, per la sua struttura uni-molteplice, organizzata secondo la dialettica intero-parti, sussume in sé realtà differenti, se non opposte, ma che sono accomunate dal fatto di essere “virtù”.

Nel suo La definizione in Platone, Luca Grecchi muove da una specifica proposta ermeneutica: rendere ragione dello iato apparente tra un processo definitorio strutturalmente aperto e la necessità di cogliere l’essenza di ogni ente indagato. Contro ipotesi interpretative scetticheggianti, infatti, lo studioso ribadisce con vigore che per Platone la verità c’è e l’essere umano, pur nei suoi inaggirabili limiti costitutivi, può e deve raggiungerla. In questo senso, a dispetto dell’assenza di una rigorosa tematizzazione della “teoria della definizione”, ovvero della “teoria delle Idee”, Grecchi dimostra su base testuale che tale movenza inerisce la quasi totalità dei dialoghi. Di fronte ad ogni ente del reale, infatti, la postura filosofica si pone il problema di coglierne l’essenza, perché, in caso contrario, non sarebbe possibile alcun discorso compiuto e sensato, ovvero non si potrebbe conoscere la verità, che invece – ed è opportuno ribadirlo – costituisce il fine ultimo della ricerca platonica. Offrono un ottimo esempio di questa dinamica i libri centrali della Repubblica, sui quali lo studioso si sofferma con particolare attenzione: solo attraverso un lungo e faticoso esercizio dialettico, è possibile conoscere il principio primo anipotetico, ovvero la suprema Idea del Bene, raggiunta la quale, tuttavia, il processo intellettivo non si blocca, ma seguita in percorsi “circolari”, ascensivi e discensivi, per ottenerne conoscenza sempre più articolata e approfondita tanto a livello teorico quanto sul piano pratico.

Analogamente, Marianna Angela Nardi, nel suo contributo Il verosimile, le Idee, il dialogo di Platone. Alcune considerazioni, sviluppa il nesso tra le Idee e la definizione da una interessante prospettiva “lessicale”. Il saggio, infatti, si inscrive in una più ampia cornice interpretativa tesa a valorizzare un dato: in Platone la forma letteraria in cui è veicolato il contenuto filosofico si rivela dirimente per la comprensione del contenuto stesso, grazie all’invenzione di un particolarissimo modus scribendi, degno di gareggiare con e superare la tradizionale produzione poetica greca. Nello specifico, l’analisi della studiosa ruota attorno al valore teorico del paradeigma, che, pur nella variazione dei contesti drammaturgici, suggerisce il difficile intreccio tra la mutevole dimensione sensibile e la stabile sfera eidetica. Inquadrando la questione nel Sofista, nel Politico e nella Repubblica, Nardi mostra che, in un senso, avere un modello da imitare sfuma il rigido dualismo tra il fenomenico e l’intellegibile, in un altro, però, apre alla possibilità del falso e dell’inganno, laddove manca una conoscenza adeguata del paradigma. La ricerca della definizione, infatti, deve avere un rapporto con il sapere stabile, distante dallo pseudos e ben ravvisabile, per chi è filosofo, nelle realtà divine e ordinate, ovvero nelle Idee.

Le questioni teoriche incentrate sulle relazioni tra l’ambito fenomenico e il piano eidetico sono approfondite da altri autori come, per esempio, da Annamaria Pacilio che, in Per una teoria platonica del “terzo”. La mediazione delle Idee tra triton genos e metaxy in Resp. VI., indaga la funzione dell’“intermedio” nell’impianto speculativo platonico, intesa in una prospettiva onto-epistemica. Con la dovuta cautela ermeneutica, infatti, la studiosa avanza l’ipotesi che Platone sia un “pensatore del terzo”, in riferimento al compito connettivo assegnato al triton genos e al metaxy. Tra differenze e coincidenze, infatti, entrambi fanno sì che l’empirico e il noetico trovino concordanza secondo una polarità dinamica e non dualistica: in virtù dell’intervento della terzietà, il visibile diventa pensabile e il pensabile visibile. Secondo Pacilio, inoltre, il Bene, presentato nella Repubblica attraverso la metafora del Sole, assurge appieno a tale ruolo del “terzo”, perché si configura come un elemento intermedio e relazionale tra il soggetto che vede e l’oggetto che è visto. Espressione di quell’Agathon epekeina tes ousias, la luce solare non è né oggetto né soggetto della vista, ma la sua condizione di possibilità, che sola può innescare una dinamica di co-appartenenza di vedente e visto.

In questo stesso percorso tematico si inserisce l’intervento di Mino Ianne Lo sguardo deangolato nell’ascesa al Bello in sé in Symp. 210E-212C. Al centro del contributo vi è il discorso intorno ad eros della sacerdotessa Diotima di Mantinea, che introduce al fondamento della dottrina platonica delle Idee attraverso uno “sguardo deangolato”, che passa dal sensibile al soprasensibile e viceversa. In questa dinamica riveste un ruolo strutturale il Bello in sé che, oltre ad essere l’unica Idea visibile, è legata a doppio titolo con quella del Bene: la “potenza del Bene”, infatti, trova rifugio nella “natura del Bello”. Per quanto conduca ai vertici metafisici del pensiero platonico, la Bellezza trae origine nel mondo fenomenico, perché è solo la percezione del bello, suscitata dall’attrazione erotica per l’amato, a far sì che l’anima “rimetta le ali” e a dare avvio alla scala amoris. Tale processo di risalita, che è di carattere gnoseologico, ontologico e assiologico, non potrà mai condurre all’unità noetica del Bello in sé senza muovere dalle sue molteplici manifestazioni visibili, cioè senza passare dal gradino più basso ma primo, rappresentato proprio dall’amore fisico per un bel corpo. Per tramite di eros, dunque, che funge da autentico metaxy, il filosofo può guadagnare le Idee con un impegnativo sforzo dialettico che scaturisce, di necessità, dalla dimensione corporea dell’umano.

Il complesso intreccio tra le Idee e la dialettica, seppur variamente declinato, costituisce il fil rouge di un ulteriore gruppo di saggi, tra i quali Come sirene dentro un labirinto. Sulla presenza delle Idee nel Teeteto: i koina peri panton di Claudia Luchetti. A dispetto di letture aporetiche del dialogo, l’autrice mostra che nel Teeteto, il cui interrogativo di fondo è ti esti episteme, Platone tratteggia una possibile pista risolutiva attraverso cui guadagnarne una risposta e una definizione adeguata. A partire dall’assunto per cui nel pensiero platonico non si dà mai la conoscenza senza le Idee, anche nel dialogo in esame il disegno filosofico di fondo propen­de in questo senso, come la studiosa rintraccia opportunamente nelle riflessioni intorno ai koina peri panton, da lei esaminate con profondità analitica. Tuttavia, dato il contesto socratico del Teeteto, la dialettica delle Idee, colta nella strutturale relazione con l’episteme, può essere solo allusa in filigrana, demandando al lettore il compito di cogliere e interpretare i segnali disseminati da Platone nel testo, ma che saranno ripresi e approfonditi in altri dialoghi, in cui la cornice drammaturgica cambia di segno concettuale. Luchetti, infatti, evidenzia il chiaro nesso tra il Teeteto e il Sofista, sebbene solo in quest’ultimo scritto Platone si focalizzi sulla dialettica delle Idee con maggiore ampiezza teorica, come mi propongo di mostrare nel mio La dialettica delle Idee nel Sofista di Platone. Tra ontologia e metodo. Il contributo muove dalla tesi secondo cui in Platone la dialettica è una posizione filosofica che riconosce la costituiva complessità del reale, ovvero che la sfera dell’essere si struttura in un costante gioco di termini che si richiamano per il loro stesso distinguersi e contrapporsi. Di conseguenza, per comprendere tale poliedricità ontologica senza semplificarla, questa scienza adotta un metodo che è esso stesso dialettico, cioè distante dalle maglie strette della logica biunivoca, ma duttile e flessibile, capace di adattarsi alle infinite scanalature della realtà. Il testo, nello specifico, si concentra su un passo del Sofista, 253B-E, in cui trova spazio una delle teorizzazioni più compiute della dialettica dell’intero corpus platonicum. Qui, infatti, le Idee sono presentate come interi composti di parti, incastonati in una fitta e multiforme trama di nessi, attrattivi e repulsivi, che la scienza dialettica ha il compito di ricostruire e qualificare, rintracciando anche le cause di tali dinamiche di mescolanza e repulsione. In queste pagine del dialogo, inoltre, si sottolinea che, a fronte dei limiti dell’umano, il cui sguardo sul mondo è sempre parziale e situato, il dialettico dee perseverare nelle proprie ricerche, tenendo fermo il proprio scopo: rendere intellegibile l’articolata struttura dell’essere, per capire la realtà nella maniera più soddisfacente possibile.

In È del sapiente indagare intorno all’ordine delle cose secondo il quanto e il quale. Osservazioni a partire dal Filebo 16B-17E, Giulia Lombardi valorizza il contributo teorico della coppia di nozioni del “quanto” e del “quale”, intesi come strumenti necessari per rendere ragione dell’“identità dell’uno e dei molti”, ovvero di quella che per Platone rappresenta la caratteristica imperitura di ogni ragionamento, perché è la cifra distintiva della realtà nella sua interezza. La diade poion-posion, in particolare, permette un’indagine che non è una semplice osservazione, ma un attraversamento dell’uno dall’interno, per cogliere la molteplicità di parti che lo sostanziano e riconoscere la logica d’insieme che lo struttura. In questo, occupa un ruolo di primo piano l’arte dialettica, cioè quella via di cui Socrate si dichiara “innamorato da sempre”, ma di cui riconosce le insidie: è facile mostrarla, più difficile seguirla. La studiosa, infatti, si focalizza sulla dialektike techne, ovvero di quella tecnica che è alla base di tutte le scoperte e le invenzioni fatte dall’umanità: per quanto sia un “dono degli dèi”, non è da intendersi come un messaggio in forma oracolare che richiede all’uomo un solo sforzo di decifrazione. Al contrario, quest’arte investe l’intera umanità del triplice compito di “indagare, imparare e insegnare”, da svolgere attraverso un impegno collettivo che le generazioni presenti ereditano dalle passate e trasmettono alle future, perseguendo una ricerca svolta nella costante tensione asintotica alla verità assoluta.

Il volume si chiude con il contributo di Emanuela Giada Capasso, Idee di ogni realtà, o quasi. Esegesi neoplatoniche intorno alla dottrina platonica delle Idee, che esamina alcune questioni teoriche inerenti alla teoria delle Idee, inquadrandola nel vivace dibattito della tarda antichità. Più nello specifico, l’articolo muove dalla definizione delle Idee proposta da Senocrate, ovvero “modelli eterni di ciò che è conforme a natura”, che già il medioplatonico Alcino legge nell’ottica secondo cui non possono esistere Idee di oggetti artificiali, di cose contro natura o di individui particolari, né tantomeno di oggetti ‘volgari’. Posto che per alcune correnti esegetiche non possono esistere Idee di tutti gli enti, la studiosa si interroga intorno all’eventuale statuo dell’Idea del male e traccia una risposta polivoca. Da una parte, per esempio, i neoplatonici Proclo e Asclepio di Tralle sostengono che non esistono Idee degli oggetti artificiali, né dei mali in sé, né delle cose contro natura ma solo delle cose naturali: concludono, dunque, negando esplicitamente l’Idea del male. Questo, infatti, non sussiste in sé, ma possiede una esistenza subalterna al Bene. Dall’altra parte, invece, Simplicio, per quanto non avanzi una posizione del tutto esplicita, si fa portavoce di una tesi interessante, che Capasso esamina da vicino. Pur non ammettendo un male “naturale”, ma solo subalterno al Bene, egli sostiene che nel ciclo di generazioni e corruzioni del mondo sublunare, il corrompersi dei corpi rientra nell’armonia generale del tutto: ciò che ad uno sguardo limitato – come quello umano – può sembrare “male”, in una prospettiva globale risulta “bene”. Le cose che nascono e che muoiono, infatti, sono parti dell’universo sublunare e senza di esse il cosmo risulterebbe incompleto. Per questo il Demiurgo ha introdotto la materia, cioè il sostrato del cambiamento, e la privazione, ovvero la causa del cambiamento, come necessità che contribuiscono alla completezza dell’universo.


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Federica Piangerelli – Rodolfo Mondolfo, Conoscenza e sentimento in J.-J. Rousseau. Libera personalità, principio di libertà e spirito comunitario

Rodolfo Mondolfo,

Conoscenza e sentimento in J.-J. Rousseau. Libera personalità, principio di libertà e spirito comunitario

ISBN 978-88-7588-325-6, 2022, pp. 88,  Euro 10 – Collana “Il giogo” [146].

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https://www.unimc.it/filosoficamente/libri-approfondimenti/mondolfo-conoscenza-e-sentimento-in-j-j-rousseau
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Federica Piangerelli

 

Rodolfo Mondolfo,
Conoscenza e sentimento in J.-J. Rousseau.
Libera personalità, principio di libertà e spirito comunitario

 

Nel 1924, un anno prima di firmare il Manifesto degli intellettuali antifascisti, redatto da Benedetto Croce, Rodolfo Mondolfo pubblica, per la Casa Editrice Cappelli, Introduzione a Rousseau, preposta al testo di Jean-Jacques Rousseau, Discorsi e contratto sociale. Nel 1972, quattro anni prima della morte di Mondolfo, l’Editore propone una nuova ristampa del testo, comprensiva anche della “Nota bibliografica”, della “Premessa alla seconda edizione” del 1931, della curatela e della traduzione dei testi roussoviani (Discorso sulle scienze e le arti, Discorso sulla disuguaglianza, Contratto sociale), tutti a cura dello studioso originario di Senigallia. Il merito dell’Editrice Petite Plaisance è avere ridato alle stampe, a cinquant’anni di distanza dall’ultima edizione, le preziose pagine scritte da Mondolfo, nelle quali il lettore può cogliere tanto lo spirito essenziale quanto la posizione storica dell’intera opera di Rousseau, per riconoscere ciò che ancora vi è di “vivo e immortale” nella sua dottrina.

La riflessione di Mondolfo inizia con il sottolineare quanto l’“indomabile fierezza” del filosofo di Ginevra sia stata forgiata anche e soprattutto dalle sue vicende biografiche. Nel primo capitolo, infatti, La vita e l’indole di Rousseau, lo studioso insiste sull’importanza degli anni errabondi della giovinezza, dirimenti per la formazione culturale roussoviana. Di particolare rilevanza è l’incontro, nel marzo del 1728, con Madame de Warens, in seguito al quale, oltre ad abiurare il protestantesimo per convertirsi al cattolicesimo, Rousseau si dedica allo studio intenso della musica e della filosofia. Mondolfo, infatti, nota che proprio in questi anni prendono forma alcuni dei pilastri teorici del suo sistema di sapere, nonché del suo orientamento spirituale: il sentimento vivo e profondo della natura, presentato come una stabile conquista dello spirito, che si declina in una antitesi netta e strutturale tra la natura e l’opera degli uomini.

Il significato del “richiamo alla natura”, che costituisce uno dei motivi fondamentali dell’opera roussoviana, è indagato da Mondolfo nel secondo capitolo (Il richiamo alla natura). In queste pagine, infatti, lo studioso insiste sulla lotta intrapresa da Rousseau contro una cultura ingombrante, che non resta solo esteriore allo spirito, ma, in modo più incisivo, lo soffoca: proprio allo spirito, quindi, il filosofo ginevrino vuole restituire libertà e dignità. A questo proposito, inoltre, Mondolfo mostra, con chiarezza, che l’intento di Rousseau non è la negazione dell’humanitas, ma la rivendicazione dell’interiorità, ovvero della dignità della natura umana. A fronte di tali riflessioni, però, lo studioso si pone anche un interrogativo dirimente: l’uomo che Rousseau esalta è “l’uomo della natura” o “l’uomo della civiltà sociale”? Attraverso l’esame di opere centrali, quali il Discorso sulla diseguaglianza, l’Emilio e il Contratto sociale, Mondolfo delinea una risposta brillante nella sua profondità teorica: la rivendicazione della propria interiorità non implica un rifiuto della stessa, ma si traduce in una dura critica contro una cultura corrotta e superficiale, che sacrifica la sostanza alle apparenze, la grandezza intellettuale e morale alla moda e ai successi. Per il ginevrino, infatti, la vera natura umana non si rigenera distruggendo la società e tornando a vivere nei boschi – questa, piuttosto, è la posizione dei suoi avversari –, ma seguendo quella “voce divina” che evoca l’intero genere umano alla “luce e alla felicità delle intelligenze celesti”. In altre parole, secondo Rousseau, lo stato sociale è una conquista che non può essere messa in discussione, perché il nemico da combattere è la perdita della consapevolezza di sé.

Nel terzo capitolo (La rivendicazione dell’interiorità: il sentimento), infatti, Mondolfo riflette sul nucleo concettuale della filosofia roussoviana: la rivendicazione dell’interiorità, intesa come l’origine dell’amore per la natura. Sulla base di tale convinzione, il ginevrino fonda un “nuovo soggettivismo”, che non è più uno “spiccato intellettualismo”, alla stregua di tutta la filosofia moderna, ma proclama la superiorità del sentimento sulla ragione. In tal senso, dunque, lo studioso mostra come il monito “conosci te stesso”, di socratica memoria, acquisti un rinnovato valore nel pensiero di Rousseau, perché da critica dell’intelletto si fa sicurezza e genuinità dell’istinto, che, per l’individuo, comporta un “tuffo nell’infinito, con uno slancio mistico nella propria interiorità”. Su questo terreno, quindi, si innesta un significativo slittamento teorico: mentre per gli Enciclopedisti l’unità si guadagna inquadrando lo spirito nella concezione del mondo esteriore, per Rousseau, tale unità si afferma in quanto la natura stessa palpita dentro di noi, nell’intimo sentimento della nostra vita. Mondolfo, allora, comprende che questo riorientamento dell’angolo visuale, dall’esterno all’interno del soggetto, equipara il “richiamo alla natura” con il “richiamo al sentimento della propria interiorità e personalità”: tornare in sé stessi per sentire l’unità dell’intero universo.

Secondo il Filosofo, infatti, tale aspirazione all’interiorità, per quanto sia un conato verso la libertà, non esprime affatto una tendenza individualistica, come è chiaramente indicato nel quarto capitolo, La coscienza e l’amor di sé: moralità e personalità. Qui, Mondolfo rimarca la fondamentale distinzione proposta da Rousseau tra l’egoistico amor proprio, che è l’artificioso prodotto delle relazioni sociali, e l’amor di sé, ovvero la tendenza naturale e spontanea all’affermazione e allo sviluppo della propria personalità, che implica lo strutturale nesso dialettico tra sé e gli altri: al di sopra di ogni lotta e contrasto, questo si dà nei “rapimenti mistici” in cui il singolo si fonde nel “sistema degli esseri” e sente palpitare in sé l’umanità.

 

Rimane, tuttavia, una importante questione da spiegare, vale a dire la dinamica che regola i nessi tra la rivendicazione della libertà individuale e le condizioni della vita associata civile. In breve, si tratta di capire se e come sanare l’urto tra la natura e la cultura. In questo senso, Mondolfo mostra che tale “scontro” presenta, per Rousseau, una duplice declinazione risolutiva: nell’Emilio, per quanto concerne l’educazione del singolo, nel Contratto sociale, per quanto riguarda la costituzione della società politica. In entrambe, trova posto la concezione dello “sviluppo integrale” dell’umano, che poggia sul costante equilibrio tra la sfera individuale e la dimensione collettiva e, soprattutto, presuppone una pedagogia distante da una “educazione negativa” e da un “metodo inattivo”. Per il Filosofo, infatti, ogni processo di formazione, per essere efficace, deve fare proprio il principio socratico della maieutica: la conoscenza non è una pura ricezione passiva, ma una creazione attiva, perché “conoscere è fare”.

Negli ultimi due capitoli del libro, Mondolfo valorizza l’originalità del pensiero di Rousseau rispetto all’intera storia della filosofia. Per esempio, in La libertà e il diritto naturale. I precedenti storici e la teoria di Rousseau, lo studioso insiste sul fatto che nessuno filosofo, dall’Antichità alla Modernità, passando per il Medioevo, è stato capace di raggiungere la profondità della riflessione roussoviana intorno alla libertà, ma, come nota anche Hegel, solo con Rousseau il principio della libertà ha trovato “la sua aurora”. In queste pagine, quindi, lo studioso di Senigallia, oltre a riprende la nozione di libertà come “esigenza dell’interiorità”, rimarca la portata morale della stessa. Stante la priorità del sentimento sulla ragione, della valutazione sulla conoscenza, Mondolfo, infatti, ribadisce quanto la libertà rappresenti l’esigenza etica fondamentale della vita dello spirito, senza tralucere nel sentimento particolaristico dell’amor proprio, ma in quello universalistico dell’amor di sé. Per Rousseau, la scoperta della libertà interiore è il ponte dall’io individuale all’io comune, dalla volontà di ognuno alla volontà generale.

Da tale assunto muove la riflessione proposta nel sesto e ultimo capitolo, La volontà generale e il contratto sociale. Lo sviluppo del contrattualismo sino a Rousseau e la posizione di lui nella storia moderna, in cui Mondolfo ragiona intorno ai meccanismi sottesi alla costruzione della “volontà generale”. Questa, infatti, non si ottiene per la semplice mancanza di contrasti tra le volontà dei singoli, ma, in modo più impegnativo, per la loro fusione e nel trasferimento in una “persona comune ideale” delle esigenze, delle norme e dei poteri che, per natura, ineriscono ad ogni singola persona: questo è l’atto di nascita del “contratto sociale”, che il filosofo di Ginevra teorizza per rispondere ad una profonda esigenza della collettività. A questo proposito, con un ulteriore excursus nella storia del pensiero, dall’età antica a quella moderna, lo studioso sottolinea la novità di tale dinamica e nota, soprattutto, che non sempre appare nei precedenti teorici del contrattualismo.

A conclusione di questo cursorio attraversamento del testo Conoscenza e sentimento in J.-J. Rousseau. Libera personalità, principio di libertà e spirito comunitario, è legittimo ribadire, con maggiore consapevolezza teorica, il merito dell’Editrice Petite Plaisance per offrire al lettore l’occasione di conoscere, approfondire e apprezzare la grandezza e la potenza del sistema di sapere roussoviano, per tramite della rigorosa rielaborazione non di un semplice studioso di filosofia, ma di un autentico filosofo esso stesso, quale è Rodolfo Mondolfo.

Federica PIANGERELLI


Rodolfo Mondolfo è stato uno dei maggiori studiosi di filosofia antica. Ha insegnato nelle Università di Torino e di Bologna. Nel 1925 è tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali antifascisti, redatto da Benedetto Croce. Nel 1939, a seguito delle leggi razziali promulgate dal fascismo, si trasferisce in Argentina, dove ha insegnato nelle Università di Córdoba e di Tucumán. In Argentina è morto a Buenos Aires. Tra le sue opere: Il materialismo storico in F. Engels (1912); Sulle orme di Marx (1919); L’infinito nel pensiero dei Greci (1934); Problemi e metodi di ricerca nella storia della filosofia (1935); La comprensione del soggetto umano nella cultura antica (1955); Il pensiero politico nel Risorgimento italiano (1959); Cesare Beccaria (1960); Da Ardigò a Gramsci (1962); Il concetto dell’uomo in Marx (1962); Umanismo di Marx. Studi filosofici (1908-1966); Il contributo di Spinoza alla concezione storicistica (1970); Polis, lavoro e tecnica (1982). Nel 2010 Petite Plaisance ha pubblicato, con introduzione di Giovanni Casertano, Gli albori della filosofia in Grecia, e nel 2020 Alle origini della filosofia della cultura e Moralisti greci. La coscienza morale da Omero a Epicuro.


Sommario

Nota editoriale

Prefazione alla prima edizione

Nota bibliografica

Premessa alla seconda edizione

La vita e l’indole di Rousseau

Il richiamo alla natura

La rivendicazione dell’interiorità: il sentimento

La coscienza e l’amor di sé: moralità e personalità

La libertà e il diritto naturale.

I precedenti storici e la teoria di Rousseau

La volontà generale e il contratto sociale.

Lo sviluppo del contrattualismo sino a Rousseau e la posizione di lui nella storia moderna


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Il futuro dell’antico. Filosofia antica e mondo contemporaneo (Milano 27-28 marzo 2019). Due giornate di studio volte a esplorare, nel passato, potenzialità e insegnamenti ancora da pensare, dunque contemporanei. Relatori: Daniele Guastini, Angelo Tonelli, Alberto Jori, Arianna Fermani, Maurizio Migliori, Giulio Lucchetta. Discussants: Giulia Angelini, Selene I. S. Brumana, Federica Piangerelli, Elena Bartolini, Alessandra Indelicato, Andrea I. Daddi. Moderatori: Claudia Baracchi e Luca Grecchi.

Il fututo dell'antico 001

Logo Bicocca

Università degli studi di Milano Bicocca

Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione

Riccardo Massa

 

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Il futuro, blu

Filosofia antica e mondo contemporaneo

27-28 marzo 2019

occhi 01

Logo Adobe Acrobat  Locandina A3 Il futuro dell’antico
Logo Adobe Acrobat Locandina A4 Il futuro dell’antico

 

Il futuro dell’antico:
due giornate di studio volte a esplorare,
nel passato,
potenzialità e insegnamenti ancora da pensare,
dunque contemporanei.

Studiosi di fama internazionale si incontreranno
per offrire agli studenti e alla cittadinanza
un contatto con il pensiero antico,
mettendone in luce vitalità e suggestioni di notevole conseguenza
su un piano formativo, etico, politico.

occhi insieme

Mercoledì 27 marzo
I sessione – Aula U7/18 – Via Bicocca degli Arcimboldi 8, 20126 Milano MI

ore 10:30 apertura dei lavori – Modera Claudia Baracchi

ore 10:30 – Prof. Daniele Guastini, La Sapienza, Roma- Poesia greca:
La paideia poetica: inattualità e attualità di una pratica

ore 11:30 – Prof. Angelo Tonelli, Grecista e scrittore– Presocratici:
Sciamanesimo, Misteri e Sapienza greca

ore 12:30 – pausa pranzo

occhi insieme

II sessione – Aula U16/7 – Via Thomas Mann 8, 20162 Milano MI
Modera Luca Grecchi

ore 14:30 – Prof. Alberto Jori, Università degli Studi di Ferrara, Universität Tübingen– Ippocrate:
Ippocrate “filosofo”. Dal sapere ontologico alla scienza funzionale

ore 15:30 – Prof. Arianna Fermani, Università di Macerata– Aristotele:
In ogni caso si deve filosofare

occhi insieme

Giovedì 28 marzo

III sessione – Aula U7/18 – Via Bicocca degli Arcimboldi 8, 20126 Milano MI
Modera Luca Grecchi

ore 10,30 – Prof. Maurizio Migliori, Università di Macerata– Platone:
Platone. Amico di Socrate, l’uomo più giusto del suo tempo

ore 11,30 – Prof. Giulio Lucchetta, Università degli Studi “G. d’Annunzio” Chieti-Pescara– Ellenismo:
Dione di Prusa. Un esempio di intelligente sintesi ellenistica

ore 12, 30 – dibattito finale e chiusura dei lavori

 

occhi insieme

Discussants:

Giulia Angelini
Università degli Studi di Padova

Selene I. S. Brumana
Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano
Università degli Studi di Padova

Federica Piangerelli
Università di Macerata

Elena Bartolini
Università degli studi di Milano Bicocca

Alessandra Indelicato
Università degli studi di Milano Bicocca

Andrea I. Daddi
Università degli studi di Milano Bicocca

 

occhi 02


 

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Macerata (5-6 dicembre 2018) – AL DI QUA DEL BENE E DEL MALE. Gli Antichi e la complessità del reale alla luce del Multifocal Approach *(Maurizio MIGLIORI – Paola Rosalba CAMACHO GARCIA – Lucia PALPACELLI – Mino IANNE – Federica PIANGERELLI – Luca GRECCHI – Arianna FERMANI – G. Angelini – R. Di Stefano – E. Napoletani – G. Teti)

Multifocal Approach002

 

 

Unimc

Sfi

Multifocal

Università delle Marche

Al di qua del bene e del male

 

Gli Antichi e la complessità del reale

alla luce del Multifocal Approach

 

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5-6 dicembre 2018

VIA GARIBALDI, 20 / MACERATA

 

mercoledì 5 dicembre

ore 15.00-19.00 AULA D DI FILOLOGIA CLASSICA

 

Maurizio MIGLIORI (Università di Macerata):

 

La polivalenza dell’Uno in relazione ai processi costitutivi del reale nel Parmenide di Platone

 

Paola Rosalba CAMACHO GARCIA (Pontificia Università Antonianum):

 

Il bene e male nella fondazione dell’uomo interiore in Plotino

 

Lucia PALPACELLI (Università di Macerata):

 

Buoni e cattivi maestri per insegnare la virtù. Il gioco serio dell’Eutidemo di Platone

 

Mino IANNE (Università di Taranto):

 

Platone: l’approccio multifocale alla legge e alla giustizia nell’Apologia e nel Critone

 

 

giovedì 6 dicembre

ore 9.00-12.30 AULA D DI FILOSOFIA

 

Federica PIANGERELLI (Università di Macerata):

 

Una lettura multifocale del concetto di piacere in Epicuro

 

Luca GRECCHI (Università di Milano Bicocca):

 

Il rispetto e la cura come elementi costitutivi del bene. Riflessioni a partire dal primo pensiero greco

 

Francesca EUSTACCHI (Università di Macerata):

 

Bene e male nei Dissoi Logoi: una visione multifocale e antirelativista

 

Arianna FERMANI (Università di Macerata):

 

«Nobili in un solo modo, ignobili in tanti modi» (Etica Nicomachea, II, 6, 1106 b 35): bene e male in Aristotele

 

DISCUSSANT:

 

Giulia ANGELINI (Università di Padova);

 

Riccardo DI STEFANO (Unimc);

 

Erica NAPOLETANI (Unimc)

;

 

Giacomo TETI (Università Sapienza Roma)

 

INFO
arianna.fermani@unimc.it

 

Locandina-Al-di-qua-del-bene-e-del-male-5-6-dicembre-2018-1

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Al di qua del bene e del male.
Gli Antichi e la complessità del reale alla luce del Multifocal Approach


 

AA.VV- – «Multifocal Approach» – LA REALTÀ AMA NASCONDERSI? DOES REALITY LIKE HIDING? – Il multifocal approach come valorizzazione dei profili “visibili” e “invisibili” di una realtà complessa – PRIMO INCONTRO INTERNAZIONALE



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N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo: info@petiteplaisance.it, e saranno immediatamente rimossi.


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«Multifocal Approach» – LA REALTÀ AMA NASCONDERSI? DOES REALITY LIKE HIDING? – Il multifocal approach come valorizzazione dei profili “visibili” e “invisibili” di una realtà complessa – PRIMO INCONTRO INTERNAZIONALE

Multifocal Approach

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UNIVERSITÀ   DI   MACERATA
Dipartimento di Studi Umanistici
lingue, mediazione,
storia, lettere, filosofia


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UNIVERSITÀ POLITECNICA DELLE MARCHE


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Locandina-Multifocal-bcc

LA REALTÀ AMA NASCONDERSI?

DOES REALITY LIKE HIDING?

***
Il multifocal approach come valorizzazione dei profili “visibili” e “invisibili”
di una realtà complessa – PRIMO INCONTRO INTERNAZIONALE
The multifocal approach as a valorisation of the “visible” and “invisible” profiles of a complex reality – FIRST INTERNATIONAL MEETING

 

INTERVENGONO

Francesco ADORNATO, Maria Rita AIANI, Manuel BERRÓN, Selene Iris S. BRUMANA, Lina CARACENI, Aldo CARDARELLI, Loredana CARDULLO, Elisabetta CATTANEI, Roberto CICCOCIOPPO, Roberto CRESTI, Carla DANANI, Francesca EUSTACCHI, Arianna FERMANI, Emanuele FRONTONI, Luca GRECCHI, Manuel KNOL, Giovanni LANZONE, Mauro MAGATTI, Roberto MEDDA, Maurizio MIGLIORI, Linda NAPOLITANO VALDITARA, Donatella PAGLIACCI, Lucia PALPACELLI, Carlo PONGETTI, Francesco ROCCHETTI, Carlo TOFFALORI, Mauro TULLI Maddalena VALLOZZA, Dennys Garcia XAVIER.

Ed ancora:

Giampaolo Abbate, Giada Capasso, Maria Teresa Carini, Edvaldo Antonio de Melo, Riccardo Di Stefano, Laura Gherardi, Antonio Governatori, Paola Mauri, Erica Napoletani, Federica Piangerelli, Cristiane Pieterzack, Elena Santilli, Roberto Mancini, Stefania Monteverde, Gianni Niccolò, Valerio Placidi.

 

Logo-Adobe-Acrobat-300x293 Scarica la Locandina Multifocal Approach

28 FEBBRAIO – 3 MARZO 2018

Sala Castiglioni, Biblioteca Comunale “Mozzi Borgetti” / Piazza Vittorio Veneto
Auditorium Unimc / Via Padre Matteo Ricci 2


MERCOLEDÌ 28 / BIBLIOTECA COMUNALE

Chair Arianna FERMANI

15.00 / Saluti Francesco ADORNATO /
Magnifico Rettore Carlo PONGETTI / Direttore del Dipartimento di Studi Umanistici

15,30 / Maurizio MIGLIORI, Storia della filosofia antica, Macerata:
Introduzione. Le linee portanti del multifocal approach

16,15 / Roberto CICCOCIOPPO, Farmacologia, Camerino:
Struttura della memoria: esempio di complessità

Aldo CARDARELLI, Produttore video, Macerata:
Video e approccio multifocale: da risorsa a prospettiva di ricerca

Roberto CRESTI, Storia dell’arte contemporanea, Macerata:
L’Io-moderno e la riforma dell’arte contemporanea


 GIOVEDÌ 1  / BIBLIOTECA COMUNALE

Chair Donatella PAGLIACCI

h 9.00 / Manuel BERRÓN, Storia della Filosofia antica, Santa Fe / Paranà (Argentina):
Il metodo teorico, aporetico ed empirico in Politica A di Aristotele

Maria Rita AIANI, Medico, Prevenzione Ambienti di lavoro, ATS Como:
Il disordine ordinato dell’uomo e le infinite variabili in medicina

11.00 / Linda NAPOLITANO VALDITARA, Storia della filosofia antica, Verona:
Da Delfi alla mediazione stragiudiziale:
approcci multifocali alla conoscenza di sé e dell’altro

Francesca EUSTACCHI, Storia della filosofia antica, Macerata:
L’etica della situazione: l’uni-molteplicità nella prassi

 

15.00 / Chair Linda NAPOLITANO VALDITARA

Manuel KNOLL, Filosofia, Istanbul (Turchia):
Nietzsche’s Perspectivism

Loredana CARDULLO, Storia della filosofia antica, Catania:
Proclo, sui quattro τρόποι dell’insegnamento teologico in Platone

17.00 / Roberto MEDDA, Storia della filosofia antica, Cagliari:
Anthropos: un’indagine aristotelica ad alto grado di complessità

Dennys Garcia XAVIER, Filosofia antica ed Etica, Uberlândia (Brasile):
Il dibattito politico contemporaneo e la Filosofia Antica: un approccio paideutico


VENERDÌ 2 / BIBLIOTECA COMUNALE

Chair Elisabetta CATTANEI

11 / Mauro TULLI, Letteratura greca, Pisa
Esiodo multifocale: paradigmi arcaici di aggettivazion

Lina CARACENI, Diritto penitenziario, Macerata:
Meno carcere più sicurezza sociale:
l’apparente ossimoro che si cela dietro il finalismo rieducativo della pena

 

11.00 / Carlo TOFFALORI, Matematica, Camerino:
Hilbert e Pirandello, vite parallele

Maddalena VALLOZZA, Letteratura greca, Viterbo:
Isocrate: il Panatenaico nel dibattito della scuola

 

15.00 / Chair Maurizio MIGLIORI

Emanuele FRONTONI, Sistemi elaborazioni informazioni, Ancona:
Intelligenza Artificiale e Big Data:
strumenti a supporto dell’uomo per la valutazione e la scelta

Francesco ROCCHETTI, Psicologia politica (Macerata):
La relazione e l’impresa: il contributo della psicologia sociale

17.00 / Giovanni LANZONE, Saggista e giornalista, Milano:
L’impresa umanistica

Mauro MAGATTI, Sociologia, Milano:
La qualità integrale delle organizzazioni generative

 

17.30 / TAVOLA ROTONDA coordinata da Carla DANANI

Multifocal e Imprenditoria:
Guardare il futuro costruendo scenari con nuovi paradigmi

Partecipano: Mascia di Prima (Angelini A.C.R.A.F.) / Emanuele Frontoni (Univ. Politecnica delle Marche) / Roberto Mancini (Univ. di Macerata) / Stefania Monteverde (Assessore alla cultura – Comune di Macerata) / Gianni Niccolò (Direttore della Confindustria di Macerata) / Valerio Placidi (Grottini Lab) / Mario Ronchetti (Atena Informatica)


SABATO 3 / AUDITORIUM UNIMC

Chair: Mauro TULLI
h. 9.00 / Luca GRECCHI, Storia della filosofia, Milano
Mulifocal approach: una critica costruttiva ad un paradigma in costruzione

Arianna FERMANI, Storia della filosofia antica, Macerata:
Quando il rischio è bello.
Strategie operative, gestione della complessità
e “decision making” in dialogo con Aristotele

h. 11.00 / Lucia PALPACELLI, Storia della filosofia antica, Macerata
Zenone e Platone: due dialettiche a confronto.
Da una realtà aporetica a una realtà uni-molteplice.

Selene Iris S. BRUMANA, Storia della filosofia antica, Milano
Le uni-molteplicità del danzatore.
Aspetti della poikilia orchestica nel pensiero filosofico antico

 

Discussant: Giampaolo Abbate, Giada Capasso, Maria Teresa Carini, Edvaldo Antonio de Melo, Riccardo Di Stefano, Laura Gherardi, Antonio Governatori, Paola Mauri, Erica Napoletani, Federica Piangerelli, Cristiane Pieterzack, Elena Santilli.

 



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