«Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada». Eraclito
«Dove vi sono maggiormente ragione (nous) e intelletto (logos), vi è minimamente fortuna (tyche) e dove vi è massimamente fortuna vi è minimamente ragione».
Aristotele, Etica Eudemia, II, 8,1207 a.
«Poiché tu fosti simile a uno che pur soffrendo ogni cosa, non soffre nulla, ed ha bene accetti, con la stessa riconoscenza, insieme le offese e i premi della sorte. E beati son davvero coloro i cui impulsi e il cui giudizio si offron così mescolati, ch’essi non assomigliano per nulla a una zampogna su cui le dita della Fortuna possan suonare il tasto che le aggrada».
William Shakespeare, Amleto, atto III, scena II, tr. it. in Opere complete,vol. III, p. 744.
La scuola adattiva “amica” del mercato e “straniera” alla comunità
In assenza di una chiara definizione di natura umana, il presente è inemendabile.
La scuola come luogo di comunità e di pensiero.
Il sistema attuale – “inclusivo” – insegna solo ad adattarsi.
Cultura significa paideia, cioè educazione globale, non solo in senso scolastico, ma nel senso di accrescimento della coscienza umana che dura tutta la vita.
Il nichilismo oggi è la realtà ontologica ed assiologica della moderna società capitalistica.
Alla superficialità della scuola adattiva con il feticismo della quantità, bisogna opporre l’intelligenza della scuola di qualità.
La scuola adattiva “amica” del mercato e “straniera” alla comunità, è il sintomo macroscopico dell’alienazione divenuta la normalità del sistema mercato. Costanzo Preve, professore liceale e studioso, ha conosciuto l’istituzione scolastica dall’interno e l’ha analizzata applicando la categoria della totalità. Il relativismo è espressione dei bisogni del mercato, in assenza di definizione di natura umana, il presente è inemendabile, poiché non vi sono parametri metafisici ed assiologici per valutare l’attualità. Il valore di scambio e il plusvalore sono realtà della struttura liberista, la quale non è il substrato dell’essere umano, ma è struttura ed in quanto tale ha la sua genealogia nella storia. Essa può essere trascesa, perché non è la manifestazione della sostanza dell’essere umano, ma la sua negazione, in quanto ha sviluppato in modo esponenziale la specializzazione della persona, fino ad annichilire le potenzialità soggettive e comunitarie, in nome dell’integralismo del mercato. Preve seguendo la lezione di Marx dimostra che la struttura non sta “sotto”, ma “dietro”, per cui l’emancipazione ha il suo inevitabile cominciamento con lo smascheramento ideologico:
«Ci avviciniamo alla fine della seconda parte di questo breve scritto, e possiamo ricapitolare, per comodità del lettore, i punti essenziali fino ad ora trattati. Essi sono a nostro avviso tre: in primo luogo, è stato accertato che la cosiddetta “struttura” non consiste, secondo Marx, in qualcosa che sta “sotto”, ma in qualcosa che sta “dietro”, e che pertanto l’attività soggettiva degli uomini non è qualcosa che “deriva” da una base sottostante, ma è qualcosa che deve svelare, smascherare qualcosa che “nasconde”, e che richiede pertanto l’assunzione di un atteggiamento globalmente libero nei confronti della “struttura” stessa […]».[1]
La scuola, luogo di comunità e di pensiero, dovrebbe insegnare che il mercato e le conseguenti forme di alienazione non sono fenomeni fatali o naturali, a cui ci si deve adattare seguendo il corso inevitabile ed ingovernabile degli eventi. Dovrebbe bensì insegnare che la scuola e l’intera comunità devono porsi in tensione critica e dialettica verso le forme di alienazione che si materializzano in questo contesto. Senza tale finalità non vi è comunità, ma solo sudditanza generalizzata ad un sistema che non lascia scampo. A scuola si dovrebbe imparare ad uscire dalla gabbia d’acciaio, mentre il sistema attuale – “inclusivo” – insegna ad adattarsi, a convergere su obiettivi stabiliti da poteri altri, che in forme religiose negano ogni umanesimo in nome del plusvalore. La formazione finalizzata all’uso di tecnologie ed alle competenze linguistico-mercantali orientate verso il business, non solo favorisce l’incorporazione, ma è parte di un disegno generale della società: la si vuole trasformare in porzione integrante del nuovo capitalismo assoluto. Il pedagogismo non offre mezzi, contenuti e valori atti a decostruire il sistema capitale e le sue logiche nascoste, ma incentiva – con l’uso irriflesso delle tecnologie – l’accumulo di surplus dell’informazione. Destrutturare la natura umana spingerla nel caos perenne dell’innovazione senza la mediazione del logos è il mezzo più insidioso con cui il nuovo capitalismo opera il suo trionfo e rende stabile il suo impero. Costanzo Preve era ben consapevole della metamorfosi del capitalismo e della necessità di pensare nuove categorie di pensiero per poterlo decriptare. Al pedagogismo senza fondamentoveritativo e senza logos ha opposto la sua tenace resistenza metafisica.
La cultura contro il pedagogismo relativista La prassi hegeliano-marxiana svolge la funzione di portare la speranza, del non ancora e del possibile, dove vige il regno della fine della storia. Ogni pedagogia profonda si nutre e si consolida solo se il fondamento veritativo diviene prassi per riconfigurare una vita profondamente umana. Pedagogia e filosofia formano un sinolo imprescindibile nella teoretica di Costanzo Preve, espresso negli scritti come nel vissuto, in quanto ogni grande filosofia si esprime pubblicamente mediante la coerenza tra vita e pensiero. Vi è pedagogia, formazione, dove si accresce la coscienza umana, altrimenti vi è solo barbarie travestita da modernismo. La definizione di cultura di Costanzo Preve è esplicativa del suo progetto filosofico, pedagogico e politico, i tre termini sono da considerare in senso sincretico:
«Il termine di cultura, nel significato che intendo dargli, non significa solo “alta cultura”, la cultura scritta e visiva dei grandi scrittori e dei grandi pittori, e neppure cultura in senso antropologico come insieme dell’attività lavorativa, linguistica e simbolica dell’uomo, ma significa paideia, cioè educazione globale, non solo in senso scolastico, ma nel senso di accrescimento (e di autoaccrescimento) della coscienza umana che dura tutta la vita. La cultura è dunque un termine che connota sia l’individuo, sia i gruppi ristretti, sia l’intera società».[2]
Scuola “senza classi” Il capitalismo, nella sua attuale fase definita da Costanzo Preve «speculativa» (da speculum, specchio), non può che guardarsi e specchiarsi senza riconoscersi. L’accumulo crematistico è la legge a cui il capitale è sottoposto: il suo destino in questa fase è pienamente realizzato. Ogni resistenza borghese è trascesa in nome del plusvalore. L’attuale fase non si può definire borghese, in quanto la borghesia è la classe della coscienza infelice, che sente la tragedia della scissione tra particolare ed universale. La borghesia è classe dialettica, al cui interno sono stati educati intellettuali che hanno progettato il superamento delle sue contraddizioni. L’attuale fase invece oppone il capitale finanziario alla borghesia. Il capitalismo finanziario si oppone ad ogni limite, e la borghesia è stata classe della disciplina, del risparmio, del decoro fino all’ipocrisia. La borghesia di tradizione è dunque un limite all’espansione del capitalismo finanziario. L’istituzione scolastica e le accademie sono oggi espressione di una nuova visione del mondo: “la società senza classi”, ovvero il regno dell’uniformità. Le differenze sono solo “apparenze colorate”, senza concetto, funzionali all’individualismo postborghese. Il tramonto della borghesia con i suoi valori è sostituita da una “società senza classi”. Quest’ultima è la società più diseguale che mai sia apparsa nella storia, ma per realizzarsi ha la necessità di diseducare ogni individuo dai concetti e di limite e di etica. La sopravvivenza del capitalismo speculativo dipende dal consumo illimitato. Pertanto le regole, la disciplina del lavoro e dei contenuti vengono attaccati frontalmente per formare l’individuo sregolato e destrutturato. Si tratta di mettere in pratica una rivoluzione antropologica: la persona deve diventare un cliente o un consumatore perpetuo. Affinché questo possa avvenire la scuola e le famiglie devono liberarsi dal senso del limite per diventare luoghi liquidi, dove si impara la liturgia mondana del consumo:
«Una simile società deve prima di tutto distruggere la scuola come luogo di educazione e sostituirla con una scuola come semplice luogo di socializzazione subalterna e di formazione professionale. Se non si capisce questo fatto strutturale si continuerà nelle geremiadi impotenti sugli studenti che non studiano più, sulla mancanza di disciplina, sul bullismo giovanile, e su altre idiozie secondarie di questo tipo. In realtà, il pesce puzza dalla testa, e non dalla coda. E la testa è una oligarchia che non è più interessata alla trasmissione dei valori classici tardo-signorili e protoborghesi, ma è interessata unicamente alla produzione di massa per consumatori decerebrati. La guardia plebea cui è stata delegata questa mostruosa trasformazione, manco a dirlo, è stata proprio la “sinistra scolastica”, un’Armata Brancaleone demenziale di sindacalisti semianalfabeti, pedagogisti pazzi, psicologi invasivi e virago della CGIL Scuola italiana».[3]
Si tratta di un progetto di subalternità a cui nessuna classe sociale sfugge. L’addestramento al consumo, con annessa sussunzione, riduce famiglie e scuole a centri di consumo, che clonano il mercato fino da incorporarlo in modo integrale. L’anomia si rende palese nell’iperattivismo, nella “cultura” del fare, delle attività pedagogiche plurali che costringono genitori e figli a diventare consumatori dell’offerta formativa. In tal modo non solo si ottiene una educazione all’attività poietica, alla produzione ed al consumo, ma si sostiene il mercato dell’educazione, mediante la perenne produzione di certificazioni delle competenze, di cui non si scorge il progetto, e dunque passivamente si subisce l’iperattività senza concetto:
«I centri di consumo prima implodono nell’anomia a causa della insensatezza, e poi esplodono in frammenti sulla base della fine della comunicazione sensata fra le tre generazioni (giovani, adulti ed anziani). In un’epoca di rapidissima trasformazione tecnologica gli anziani non hanno più competenze da trasferire ai giovani (computers, ecc.). Diventano inutili, ed il loro patetico brontolio non riesce a vincere il clima di disattenzione in cui vivono. Mamme trafelate passano la giornata ad accompagnare rampolli e rampolle a lezione di inglese, danza, flauto dolce, ecc., ma questo non fa cultura ma solo presenzialità ansiogena. Il deserto familiare è provvisoriamente coperto da tate e badanti messicane negli USA e moldave in Europa, ma questo non fa senso e prospettiva. La famiglia borghese, che a suo tempo Hegel correttamente ed intelligentemente metteva alla base della “eticità” viene liquidata dal capitalismo stesso, e non certo dai fumatori strafatti di canne e di paglie. Il sistema scolastico si trova di conseguenza nel centro di un tifone, e cioè nella crisi più grande dal tempo in cui ne è nata la versione moderna, fra il Settecento e l’Ottocento. Non si tratta solo di alcune stupidità assolutamente congiunturali ed alla moda oggi, come l’annientamento dell’educazione classica, l’odio provinciale e regressivo per la lingua francese in favore di un inglese da portieri d’albergo, l’indebolimento della stessa matematica in favore di una semplice alfabetizzazione informatica, ecc. Queste sono disgrazie come le invasioni delle cavallette, cui si può forse resistere. Più pericolosa e decisiva, a mio avviso (e parlo da competente sulla questione scolastica) è la scelta strategica dei quiz nel sistema di esami e controlli. Il sistema dei quiz, che a mio avviso merita solo di essere fatto saltare con una resistenza ad oltranza, è concepito per distruggere la lunga consuetudine al ragionamento logico ed ancor più al dialogo su cui si basa da più di due millenni la tradizione occidentale. Dialogo significa etimologicamente in greco dia-logos, il fatto cioè che la ragione passa attraverso due interlocutori almeno, ed in questo modo si incrementa e si modifica. La fine della scuola del dialogo è la fine della scuola così come l’abbiamo conosciuta, e questo al di là di tutti i discorsi secondari sull’asse umanistico e/o sull’asse scientifico, eccetera».[4]
Omologazione dello Stato-mercato L’omologazione è resa evidente dall’imposizione dell’inglese. Non vi è scelta, la lingua del mercato è l’inglese, per cui “la scelta” è conseguente. Il dialogo è possibile se il “verbum” è consapevole della sua struttura significante. L’umanesimo è stato grande per il valore assegnato alla lingua, la quale non è un mezzo, ma è pensiero; con la lingua e con le parole si significa il mondo, si ordina il proprio “io” per aprirsi all’alterità nella chiarezza dei significati. L’umanesimo è stato filologia, in quanto perseguiva la razionalità delle parole. L’antiumanesimo attuale è tutto nella decadenza della lingua ridotta a mezzo per arpionare clienti, per inventare slogan con cui parlare alle pulsioni dei clienti consumatori. La lingua vissuta in astratto, sganciata dalla letteratura e dalla filosofia, diviene semplice attività linguistica priva di dialogo finalizzato alla ricerca dialettica della verità. Si destabilizza la lingua, per depotenziare la parola, poiché l’essere umano è la sua lingua, è intessuto di essa, per cui la lingua minima è coerente all’io minimo organico al mercato globale. La sottrazione delle parole contribuisce all’omologazione, diviene un mezzo potentissimo per condizionare e determinare comportamenti. Lingua minima e io minimo implicano l’ignoranza dell’identità culturale di appartenenza. Pertanto si prepara l’individuo a vivere in un mondo globale, ad avere identità fluide, a non appartenere a nessuna lingua, a nessuna storia: si è sotto la giurisdizione del mercato. In assenza di altri significati, la possibilità di creare alternative è neutralizzata. Il dispositivo linguistico del capitale opera per livellare la lingua all’interno della gabbia d’acciaio del capitale, che si riproduce in ogni individuo.
Da dove iniziare La pedagogia della resistenza per poter avanzare necessita di un inizio all’altezza della situazione. In primis vi è bisogno di chiarezza filosofica nell’attuale contesto, in cui il caos del mercato indebolisce le coscienze e la radicalità del senso critico. Il pedagogismo dev’essere riportato alla sua verità, ovvero il relativismo del capitalismo assoluto. La cultura riporta alla chiarezza dei concetti, dove vige l’irrelevanza delle definizioni. Senza tale operazione non è possibile uscire dalle tenebre del pedagogismo:
«Il nichilismo oggi è la realtà (nel senso non hegeliano del termine) ontologica ed assiologica della moderna società capitalistica, che ha eroso prima i fondamenti naturali e poi i fondamenti sociali dello stesso legame sociale borghese e proletario che l’aveva geneticamente costruita. Il nichilismo è dunque oggi una situazione di partenza, non un possibile orizzonte di scacco e di fallimento. Il superamento del nichilismo non è per chi scrive una semplice scommessa nel senso di Pascal, ma è l’esito possibile della costruzione di una scienza filosofica della libertà e della verità».[5]
L’uscita dal pedagogismo e dalla sua gabbia d’acciaio non può che passare per il travaglio del negative. Bisogna attraversare il relativismo con le sue implicazioni per la prassi pedagogica che possa emancipare dal nichilismo crematistico.
L’ontologia dell’essere sociale Il nichilismo è reazionario, in quanto non ha progetto comunitario, ma ambisce solo all’immediatezza dell’utile. La storia scompare dall’orizzonte progettuale per essere sostituita dalla quantificazione del presente. Il pedagogismo offre gli strumenti per l’affermazione della cultura acefala dell’immediato, non conosce senso del limite, in quanto gli manca la tensione filosofica con i fondamenti veritativi che orientano l’agire in modo consapevole e ne circoscrivono il raggio d’azione. Il pedagogismo diviene automatismo, meccanicismo didattico che introduce ed immette nell’attività di insegnamento l’innovazione fine a se stessa, vero riempitivo compensatorio del vuoto progettuale. L’ontologia dell’essere sociale, fondamento veritativo previano, fonda la possibilità di una pedagogia democratica e comunitaria, poichè l’agire didattico risponde ad un paradigma veritativo che ne determina, con i fini, i limiti entro cui disegnare la progettualità educativa e didattica.
L’ontologia dell’essere sociale permette di superare la scissione tra pensiero ed essere. La realtà diviene razionale se pensata concettualmente, per cui il pensiero razionalizza il reale. Senza tale operazione non vi può essere prassi, ma solo un irrazionale adattamento, perchè il soggetto subisce e non comprende il reale e dunque non può mutarlo. L’essere sociale riguarda la natura umana e si sostanzia di tre elementi fondamentali: l’ente naturale generico (Gattungswesen), che lo relaziona con il genere (Gattung) in base alla “conformità al genere” (Gattungsmässigkeit). L’essere umano è un ente generico che si definisce nella storia, ma non è plastico infinitamente, poiché assume forme storiche diverse all’interno del logos che calcola i limiti e le possibilità, del linguaggio e della socialità comunitaria. La natura può prendere forma nella relazione comunitaria, l’autocoscienza è momento imprescindibile per poter soggettivizzarsi:
«Il genere stesso, inoltre, non è pura vuota potenzialità riempibile all’infinito in modo relativistico (dynamis), ma è la realizzazione in atto di questa potenzialità (energheia) in quanto la realizzazione in atto di questa potenzialità, allude ad un contenuto, il contenuto antropologico dell’uomo come animale sociale, politico e comunitario (politikòn zoon), e dell’uomo come animale dotato di ragione, linguaggio e capacità di calcolo geometrico delle proporzioni applicato alle proporzioni sociali e comunitarie (zoon logon echon)».[6]
L’inferno economico in terra ha il volto rassicurante ed inclusivo del pedagogismo con la sua falsa concretezza. La pedagogia ad orientamento e fondamento veritativo è tacciata di astrazione. In realtà, “la campagna” contro i contenuti, le discipline e l’umanesimo in nome della concretezza e dei saperi volti al solo fare, sono profondamente astratti. Il concreto[7] ha la sua verità nell’etimologia della parola in cui vi è il sincretismo tra universale e particolare. Il comunitarismo in Costanzo Preve assolve a tale compito. Non a caso Preve distingue il comunitarismo dal collettivismo: il primo vive della tensione positiva tra individuale ed universale, il secondo nega l’individuale per l’universale. L’economicismo ed il pedagogismo sono forme astratte, poichè negano la relazione tra individuale ed universale lasciando che il soggetto si disperda nel pulviscolo dell’individualismo atomistico. Ogni prassi non può che avere il suo incipit dalla condizione storica in cui si è implicati. Alla superficialità della scuola adattiva con il feticismo della quantità, bisogna opporre l’intelligenza – “intus legere” (comprendere dentro) – della scuola di qualità, nella quale l’umanesimo affina strumenti formativi per poter vivere e capire il reale storico.
Salvatore Bravo
***
[1] Costanzo Preve – Gianfranco La Grassa, Oltre la gabbia d’acciaio. Saggio su capitalismo e Filosofia, Vangelista, Milano 1994, p. 184.
[2] Costanzo Preve, La crisi culturaledella terza età del capitalismo, Petite Plaisance, Pistoia 2010, p. 4.
[3] Costanzo Preve, Capitalismo senza classi e società neofeudale. Ipotesi a partire da una interpretazione originale della teoria di Marx, Petite Plaisance, Pistoia 2010, pp. 25-26.
[5] Massimo Bontempelli – Costanzo Preve, Nichilismo Verità Storia. Un manifesto filosofico della fine del XX secolo, Petite Plaisance , Pistoia 1997, p. 187.
[6] Costanzo Preve, Una nuova storia alternativa della filosofia. Il cammino ontologico-sociale della filosofia, Petite Plaisance, Pistoia 2013, pp. 21-22.
[7] Concreto, dal latino concretus (p. pass. di concrescĕre) .
«Ciò che ho perduto non è una figura (la Madre), ma un essere, e non solo essere, ma una qualità (un’anima): non già l’indispensabile, bensì l’insostituibile».
Roland Barthes (a proposito della morte della madre Henriette Binger), Dove lei non è, Einaudi, Torino 2010.
È bello questo libro per almeno due motivi. Da un lato esso disegna l’immagine di una donna e madre straordinaria, in un discorso che ha sia l’aspetto di una ricostruzione ordita con sapienza, sia quello di un racconto fatto con immediatezza. Questo tono duplice dello stile dà fascino alla lettura di questa Lettera, che infatti solleva lo spirito e lo riempie di pensieri buoni e di ammirazione per la protagonista, in quanto exemplum di sapienza e bontà, e dunque di bene. Dall’altro, esso illustra con un esempio concreto la storia dell’Italia del dopoguerra e dei sacrifici straordinari fatti dagli italiani, anche attraverso le ben note migrazioni interne, e ci ricorda che la scuola italiana fino a pochi decenni or sono è stata un motore di promozione sociale e non un parcheggio degradante.
Inoltre, questo libro contiene molti tesori di saggezza: ne citerò soltanto due. Il primo è nella frase «la morte è quel che dà senso alla vita». E nel merito mi limito a rimandare a una serie di scritti pasoliniani, raccolti in ”Empirisco eretico”, dove questa frase viene chiarita nei saggi ”Osservazioni sul piano-sequenza”, ”Essere è naturale?” e ”I segni viventi e i poeti morti”. Il secondo tesoro è contenuto nella frase «la vita si vive nel futuro». Anche mi limitito a fare riferimento al libro di Massimo Bontempelli ”Tempo e Memoria. La filosofia del tempo tra memoria del passato, identità del presente e progetto del futuro”. Entrambi questi tesori sono a mio avviso di una profondità inattingibile ai giovani, perché solo l’esperienza insegna veramente il loro significato.
Il libro contiene un riferimento alle ragioni del degrado della scuola italiana. Anche qui un testo di Massimo Bontempelli ci è di aiuto, ed è ”L’agonia della scuola italiana”.
Fausto Di Biase
«Sei una creatura dell’eterno presente» dice l’autore della madre mentre ne traccia l’itinerario esistenziale, con ammirato stupore per il suo equilibrio e la sua fermezza, e con gratitudine per la sua serena generosità: per averlo messo al mondo non in un attimo o in un’ora ma attraverso una lunga consuetudine di solidarietà e collaborazione, di accoglienza e fiducia. Scoprendo infine che a quel presente, all’invariabile presenza che la madre ha dentro di lui, manca ora un futuro, e che questa è la sorgente del suo strazio: di un dolore che abbatte ogni barriera e si manifesta come assoluta intimità.
Ermanno Bencivenga è distinguished professor di filosofia e scienze umane all’Università di California. Logico di fama, ha dato importanti contributi alla filosofia morale, alla filosofia del linguaggio e alla storia della filosofia. In Oltre la tolleranza, Manifesto per un mondo senza lavoro e Parole che contano ha elaborato un’utopia politica. Per il grande pubblico ha pubblicato recentemente La filosofia in ottantadue favole, La stupidità del male e L’arte della guerra per cavarsela nella vita. È autore del romanzo Il giorno in cui non tornarono i conti, delle raccolte di racconti I delitti della logica, Case e Amori, delle tragedie Abramo, Annibale e Alessandro e di sette raccolte di poesie, le ultime delle quali sono Le parole della notte (Di Felice 2015) e Amore per Milla (Di Felice 2019).
«Invita chi ti vuol bene alla tua mensa … Non procacciarti cattivi guadagni; i cattivi guadagni sono simini alle sventure. Ama chi t’ama e frequenta chi ti frequenta. E dona a chi dona, e non dare a chi non dà. Uno è solito dare a chi dona, ma nessuno dà a chi non dona. Il dono è bello, la rapina è cattiva, foriera di morte; difatti l’uomo che dona spontaneamente – anche quello che fa un grande dono –, gioisce del dono e si rallegra nell’animo suo; invece chi ubbidendo alla impudenza si prende qualcosa, per quanto sia poco, a costui si raggela il cuore!».
Esiodo, Opere e giorni, vv. 342, 352-360, in Esiodo, Opere, a cura di Aristide Colonna, UTET, Torino 1983, pp. 269-271
È amico colui che vuole e compie il bene altrui, che vuole che l’amico ci sia ed esista senza altri scopi.
L’individuo moralmente retto è in accordo con se stesso, impegnandosi per il bene.
Vuole vivere e conservare sia se stesso sia, soprattutto, la parte di sé con cui pensa.
Ciascuno è, o è soprattutto, l’intelletto. E la sua mente è ricca di pensieri.
Per l’individuo moralmente retto, è un bene esistere.
Sono piacevoli i ricordi delle azioni compiute e sono buone le speranze di ciò che accadrà nel futuro.
in effetti è uno che, per così dire, non si pente mai
Nessuno sceglie di avere tutto a condizione di diventare un altro.
Gli individui viziosi sono in disaccordo con se stessi, e fuggono se stessi. Non avendo, poi, nulla per cui essere amati, non provano nessun affetto verso se stessi.
Le persone malvagie sono divorate dal pentimento.
I rapporti di amicizia che si hanno verso il prossimo, e cioè quelli in base ai quali si definiscono le amicizie, sembrano derivare da quelli che si hanno verso se stessi. Infatti si stabilisce che è amico colui che vuole e compie il bene altrui o quello che gli sembra che sia tale per l’altro, oppure colui che vuole che l’amico ci sia ed esista senza altri scopi, come fanno le madri nei confronti dei figli, e gli amici che hanno avuto delle incomprensioni; altri, invece, ritengono che sono amici coloro che vivono insieme e hanno gli stessi gusti, oppure che è amico colui che si addolora e si rallegra insieme all’amico, ma anche questo si dà soprattutto nel caso delle madri. L’amicizia si definisce sulla base di alcune di queste caratteristiche, e inoltre ciascuna di queste è anche tipica dell’individuo virtuoso nei confronti di se stesso (o degli altri in quanto assumono caratteri simili ad esso. A quanto pare, poi, come abbiamo già detto, misura di ogni cosa sono la virtù e l’individuo moralmente retto). Infatti costui è in accordo con se stesso e aspira alle stesse cose con tutta l’anima. E quindi vuole per se stesso i beni e quelli che gli appaiono tali, e agisce di conseguenza (infatti la caratteristica dell’individuo moralmente retto è proprio quella di impegnarsi per il bene) e lo fa per se stesso (infatti lo fa per l’elemento intellettivo che è considerato essere il vero “io” di ciascuno di noi). E vuole vivere e conservare sia se stesso sia, soprattutto, la parte di sé con cui pensa; infatti, per l’individuo moralmente retto, è un bene esistere.
Ciascuno, d’altro canto, vuole il bene per sé, ma nessuno sceglie di avere tutto a condizione di diventare un altro (infatti Dio anche ora possiede il bene), ma rimanendo ciò che era prima. E si ritiene che ciascuno è, o è soprattutto, l’intelletto. Un individuo di questo tipo vuole soprattutto vivere con se stesso; infatti lo fa con piacere. In effetti sono piacevoli i ricordi delle azioni compiute e sono buone le speranze di ciò che accadrà nel futuro; tutto ciò, poi, è piacevole. E la sua mente è ricca di pensieri. Inoltre si addolora e si rallegra soprattutto in relazione a se stesso; infatti, ogni volta, è la stessa cosa che gli procura dolore e piacere, e non cose diverse di volta in volta; in effetti è uno che, per così dire, non si pente mai.
Quindi, siccome ciascuna di queste caratteristiche è tipica dell’individuo virtuoso nei confronti di se stesso, dato che si comporta con l’amico come con se stesso (infatti l’amico è un altro se stesso), l’amicizia sembra configurarsi come qualcuno dei rapporti che abbiamo indicato precedentemente, e amici sembrano coloro a cui tali rapporti si riferiscono.
Tralasciamo per il momento la questione se si può essere o meno amici di se stessi. Sembrerebbe, poi, che vi sia amicizia in quanto si danno due o più delle caratteristiche ricordate, e che l’apice dell’amicizia sia simile a quella che si ha verso se stessi. D’altra parte è chiaro che le caratteristiche descritte si trovano anche nelle persone comuni, anche se tra di esse ci sono delle persone viziose. Ma forse partecipano di quelle caratteristiche in quanto si piacciono e credono di essere delle persone corrette? Infatti gli individui che sono irrimediabilmente viziosi ed empi non <solo non> hanno affatto queste caratteristiche, ma neppure sembrano averle.
E per gli individui viziosi vale quasi lo stesso discorso; infatti sono in disaccordo con se stessi, e i loro desideri tendono ad alcune cose e la volontà ad altre, come capita agli incontinenti; infatti scelgono cose piacevoli, anche se dannose, invece di quelle che loro stessi ritengono essere buone; altri, poi, per viltà e per pigrizia, si astengono da azioni che a loro stessi sembrano ottime; mentre altri ancora, che hanno compiuto molte azioni terribili, sono odiati per la loro nefandezza, fuggono via e si tolgono la vita. E i viziosi cercano qualcuno con cui trascorrere la giornata e fuggono se stessi; infatti se stanno da soli si ricordano di molte azioni terribili e ne progettano altre dello stesso tipo, mentre se stanno con altri se ne dimenticano. Non avendo, poi, nulla per cui essere amati, non provano nessun affetto verso se stessi; individui simili, poi, non provano gioie e dolori in accordo con se stessi; infatti la loro anima vive in stato di tumulto interiore e, di essa, un parte prova dolore a causa del suo vizio e si astiene da certe azioni, mentre una parte prova piacere per questo, e una parte tira da un lato, l’altra da un altro, come se volessero farlo a pezzi. Sebbene non si possa provare contemporaneamente dolore e piacere essi, tuttavia, dopo pochissimi istanti si rattristano del fatto di aver provato piacere e vorrebbero che tali cose piacevoli non fossero capitate loro; infatti le persone malvagie sono divorate dal pentimento. Quindi è chiaro che la persona malvagia non ha alcuna disposizione amichevole verso se stessa, perché non ha niente che meriti di essere amato. Se, quindi, questo stato è tremendamente penoso, bisogna fuggire la malvagità con tutte le proprie forze e sforzarsi di essere virtuosi. Infatti solo così si possono sia avere disposizioni amichevoli verso se stessi sia essere amici degli altri.
Aristotele, Etica Nicomachea, IX, 4, 1166 a 22 – 1166 3 34. In Aristotele, Le tre etiche e il Trattato sulle virtù e sui vizi, Saggio introduttivo, traduzione, note e apparati di Arianna Fermani; Presentazione di Maurizio Migliori, Bompiani, Il Pensiero occidentale, Bompiani, Milano 2018, pp. 851-855.
«Siamo immersi in un mare di senso comune fondato sull’ossessione per la creazione di ricchezza, sul culto della privatizzazione e del settore privato, sulle disparità crescenti tra ricchi e poveri. […] I ricchi non vogliono le stesse cose che vogliono i poveri. Chi dipende dal posto di lavoro per la propria sussistenza non vuole le stesse cose di chi vive di investimenti e dividendi. Chi non ha bisogno di servizi pubblici (perché può comprare trasporti, istruzione, e protezione sul mercato privato) non cerca le stesse cose di chi dipende esclusivamente dal settore pubblico. [ … ] Le società sono organismi complessi, composti da interessi in conflitto fra di loro. Dire il contrario (negare le distinzioni di classe, di ricchezza, o di influenza) è solo un modo per favorire un insieme di interessi a discapito di un altro. Un tempo una simile affermazione era scontata: oggi ci incoraggiano a liquidarla come un incitamento irresponsabile all’odio di classe».
Tony Judt, Guasto è ilmondo, Laterza, Roma-Bari 2012, pp. 3, 12.
L’oggetto dell’obbligo, nel campo delle cose umane, è sempre l’essere umano in quanto tale. C’è obbligo verso ogni essere umano, per il solo fatto che è un essere umano, senza che alcun’altra condizione abbia a intervenire; e persino quando non gli si riconoscesse alcun diritto. […] Il progresso si misura su di esso. […]
La coscienza umana, su questo punto, non è mutata mai. Migliaia di anni fa, gli egiziani pensavano che un’anima non potesse giustificarsi dopo la morte se non poteva dire: «Non ho fatto patire la fame a nessuno». […] Nessuno, cui la domanda venga posta in termini generali, penserà che sia innocente chi, avendo cibo in abbondanza e trovando sulla soglia della propria casa un essere umano mezzo morto di fame, se ne vada senza dargli aiuto».
Simone Weil, La prima radice. Preludio a una dichiarazione dei doveri dell’uomo, Edizioni di comunità, Roma-Ivrea 2017, pp. 11-12.
L’economia è progressivamente assurta ad un ruolo di entità metafisica assoluta, sotto il nome del “mercato” o, in versione finanziaria, “i mercati”, sovraordinata a tutto e a tutti. In realtà, l’economia è un gioco che l’umanità intera pratica ed è soggetto a regole convenzionali, certamente non assolute. L’economia poi si fonda su una quantità di attività e processi di natura materiale, regolati da leggi non negoziabili e tutt’altro che convenzionali. Lo scambio del “convenzionale” con il “non modificabile” sta dando ora frutti particolarmente velenosi. Ora però il problema si sta ponendo su scala globale, come mostra la questione climatica (e anche, a suo modo, la pandemia). Le leggi fisiche e termodinamiche non si cambiano, quelle del gioco si possono cambiare. Già gli antichi criticavano il mercato, che Aristotele definiva appunto «contro natura». Se il fine è il profitto, tutto diventa strumento (per quel fine) e quindi merce: anche l’uomo e la natura. C’è un mercato del lavoro, dell’acqua, addirittura dell’inquinamento. Per la filosofia classica il solo contesto sociale in cui si vive bene è quello in cui regna l’armonia. Tutta la filosofia antica ripete infatti in modo costante la necessità di avere ben chiaro il proprio limite umano, di mantenere la giusta misura, di non ricercare nulla di troppo, se si desidera vivere bene. Questi insegnamenti, opportunamente elaborati, costituiscono uno dei principali antidoti contro gli eccessi del nostro tempo. La modernità capitalistica propone il consumo come criterio della partecipazione sociale e il denaro come criterio del benessere individuale.
Questo programma prevede appuntamenti di confronto interdisciplinare tra saperi scientifici ed umanistici per i quali, agli studenti del Politecnico di Torino, verrà garantito 1 credito per la partecipazione alla maggior parte delle conferenze (nel caso specifico di conversazione online farà fede la prenotazione); saranno disponibili in ogni caso registrazioni degli incontri.
Prenotazioni: tamara.bellone@polito.it (il link sarà comunicato via mail alle ore 17:00) Info: paola.procacci@polito.it
Un tuffo …
… tra alcuni dei libri di Angelo Tartaglia…
Clima. Lettera di un fisico alla politica, EGA-Edizioni Gruppo Abele, 2020
Che cosa sono e cosa comportano i cambiamenti climatici? Quali sono i fattori che li producono? Che senso ha realizzare “grandi opere” quando dovremmo ridurre i consumi di metano per immettere meno CO2 in atmosfera? Le scelte di chi ci governa sono sempre attente alle indicazioni della comunità scientifica e orientate all’interesse dei cittadini e del loro benessere? I cambiamenti climatici hanno qualcosa a che vedere con l’epidemia in atto nel mondo? Sono domande fondamentali. Oggi più che mai. In questa appassionata lettera al presidente del Consiglio, il fisico Angelo Tartaglia mette in mora la politica, dati alla mano, sulle reali priorità e sulle strade da percorrere per limitare i danni provocati da decenni di sfruttamento della Terra, di superficialità e di incompetenza. E sottolinea l’insufficienza di apporre l’etichetta “green” a vecchie politiche. Perché una crescita senza sosta è incompatibile con le leggi della natura e ogni politica, per essere sostenibile, deve prenderne atto.
Enigmi cosmici, Aracne, 2016
Il volume approfondisce i fondamenti delle teorie fisiche che descrivono e interpretano l’universo. Nello specifico, l’excursus dei concetti indagati si muove in questi ambiti: cosmologie e miti dell’origine, tarda antichità e Medioevo, universo dopo Copernico, inizi della Cosmologia scientifica, relatività e spazio-tempo, universo in espansione, intreccio e conflitto tra relatività generale e meccanica quantistica, osservazioni sulla massa mancante, radiazione cosmica, espansione accelerata, costante cosmologica ed energia oscura. La trattazione di questi argomenti avviene in maniera didascalica, coniugando intuizione e rigore, e palesando l’intento di far emergere ciò che tuttora non è chiaro o che rimane controverso. Problemi aperti ed enigmi irrisolti che intrecciano, inevitabilmente, fisica astrofisica e filosofia. Che tipo di scienza è la cosmologia? È possibile capire l’universo? Cosa sappiamo dell’universo? Esiste uno spazio-tempo “elastico”? Quante dimensioni ha l’universo? Si parla di universo o multiuniverso? Esistono leggi fisiche diverse in universi diversi?
La luna e il dito. Viaggio di un fisico tra scienza e fede, Lindau, 2009
Sempre più spesso scienza e religione vengono presentati come due universi contrapposti. Il primo sarebbe il luogo privilegiato della ricerca disinteressata, il terreno d’elezione del libero pensiero, mentre il secondo sarebbe caratterizzato da principi immutabili e dogmi indiscutibili, a cui si è chiamati ad aderire con fiducia cieca e assoluta. Un’analisi appena accurata di entrambi i “campi” dimostra però che la realtà è un’altra: anche la religione contempla ricerca e discussione, anche la scienza conosce dogmi e pregiudizi. Perché è proprio dell’uomo, di qualunque uomo, interrogarsi, dubitare e anche chiudersi in tetragone certezze. È senz’altro più corretto e utile considerare scienza e religione come due distinti campi del sapere, la cui “diversità” può rivelarsi molto fruttuosa, se viene intesa non come l’occasione di uno scontro con un vincitore e un vinto, ma come la ragione di un confronto tra due linguaggi ugualmente importanti e credibili. Angelo Tartaglia, scienziato e credente, analizza in questo volume alcuni fra i temi più importanti per chiunque voglia seriamente impegnarsi lungo la via del sapere e spiega perché non ci si possa arrestare di fronte alla pluralità delle risposte: sulla verità (la verità della fede, la verità matematica, la verità della fisica), così come sulla vita e sull’uomo (creazionismo ed evoluzionismo).
Il risveglio di Sigismondo. Dialogo sulla religione fra due uomini di scienza, Effatà, 2013
Come possono due persone, quasi della stessa età, con formazione simile e con lo stesso interesse professionale per la scienza, approdare a posizioni divergenti riguardo al mistero che precede la scienza stessa, cioè l’origine e l’esistenza del cosmo e di noi stessi? Per rispondere a questa sorta di “giallo filosofico”, i due autori hanno sviluppato in queste pagine un dialogo serrato sugli aspetti principali della religione, senza la pretesa di porre fine a questioni secolari, ma con l’intento di meglio definire e comprendere le reciproche posizioni. Pur partendo da prospettive opposte (cristiano l’uno, agnostico l’altro), infatti, attraverso il dialogo – come ci hanno mostrato Platone e Galileo – si possono scoprire nuove vie di accesso alla verità filosofica o scientifica.
Lectures 2015, di Angelo Tartaglia, Fabrizio Benedetti, Giappichelli, 2016
Esercizi svolti di elettromagnetismo e ottica, Levrotto & Bella, 1998
Un tuffo …
… tra alcuni dei libri di Luc Grecchi…
«Bisogna difendere nei limiti delle proprie forze coloro che patiscono ingiustizia, e non lasciar correre: giacché un tale atteggiamento è giusto e coraggioso, l’atteggiamento contrario è ingiusto e vile» (Democrito, B261).
L’anima umana come fondamento della verità (2002) delinea, in maniera stilizzata, il sistema metafisico umanistico su cui sono poi strutturati molti suoi libri successivi. La tesi centrale di questo libro è appunto che l’anima umana, intesa come la natura razionale e morale dell’uomo, è il fondamento onto-assiologico della verità dell’essere. Questo sistema costituisce la base per una analisi critica della totalità sociale, e per una progettualità comunitaria finalizzata alla realizzazione di un modo di produzione sociale conforme alle esigenze razionali e morali della natura umana. [ indice – presentazione – sintesi]
Karl Marx nel sentiero della verità (2003) costituisce una interpretazione metafisico-umanistica del pensiero di Marx, che viene analizzato nei suoi nodi essenziali, spesso in aperta critica con la secolare tradizione marxista. Nato originariamente come elaborazione degli studi di economia politica dall’autore compiuti negli anni Novanta del Novecento, il testo assume carattere filosofico-politico. Marx è analizzato come il pensatore moderno che, rifacendosi implicitamente al pensiero greco, realizza la migliore critica al modo di produzione capitalistico, pur non elaborando – per carenza di fondazione filosofica – un adeguato discorso progettuale. [ indice – presentazione – sintesi]
Verità e dialettica. La dialettica di Hegel e la teoria di Marx (2003) costituisce una integrazione del precedente Karl Marx nel sentiero della verità. Il testo effettua una sintesi comparata, appunto, sia della dialettica di Hegel che della teoria di Marx. Pur riconoscendo l’influenza del pensiero di Hegel nelle opere del Marx maturo, l’autore propone la tesi che il pensiero di Marx, strutturatosi nei suoi punti cardinali prima del suo studio attento ed approfondito della Scienza della Logica, sia nella sua essenza non dialettico (in senso hegeliano). Una versione sintetica di questo libro è stata pubblicata sulla rivista Il Protagora nel 2007. [indice – presentazione]
La verità umana nel pensiero religioso di Sergio Quinzio (2004), con introduzione di Franco Toscani, è una sintesi monografica sul pensiero del grande teologo scomparso nel 1996. Il testo presenta al proprio interno una analisi del pensiero ebraico e cristiano, unita ad una rilettura umanistica del testo biblico. Il tema centrale è quello della morte, e della speranza nella resurrezione su cui Quinzio ripetutamente riflette, e che vede continuamente delusa. Al di là dei riferimenti religiosi, la riflessione del teologo si presta ad una profonda considerazione sulla fragilità della vita umana. [indice – presentazione]
Nel pensiero filosofico di Emanuele Severino (2005), con introduzione di Alberto Giovanni Biuso, è una sintesi monografica sul pensiero del grande filosofo italiano. Il testo presenta al proprio interno una analisi critica del nucleo essenziale della ontologia di Severino e delle sue analisi storico-filosofiche e politiche. Esiste uno scambio di lettere fra Severino e Grecchi in cui il filosofo bresciano mostra la sua netta contrarietà alla interpretazione ricevuta. Il testo, tuttavia, è segnalato nella Enciclopedia filosofica Bompiani come uno dei libri di riferimento per la interpretazione del pensiero severiniano. [indice – presentazione]
Il necessario fondamento umanistico della metafisica (2005) è un breve saggio in cui, prendendo come riferimento la metafisica classica (ed in particolare le posizioni di Carmelo Vigna), l’autore critica la centralità dell’approccio logico-fenomenologico rispetto al tema della verità, ritenendo necessario anche l’approccio onto-assiologico. Per Grecchi infatti la verità consiste non solo nella descrizione corretta di come la realtà è, ma anche nella valutazione di come essa – la parte che può modificarsi – deve essere per conformarsi alla natura razionale e morale dell’uomo. Si tratta del primo confronto esplicito fra la proposta di Grecchi della metafisica umanistica e la metafisica classica di matrice aristotelico-tomista. [indice – presentazione]
Filosofia e biografia (2005) è un libro-dialogo composto con uno dei maggiori filosofi italiani, Umberto Galimberti. Nel testo si ripercorre il pensiero galimbertiano nei suoi contenuti essenziali, ma si pone in essere anche una serrata analisi di molti temi filosofici, politici e sociali, in cui spesso emerge una sostanziale differenza di posizioni fra i due autori. Di particolare interesse le pagine dedicate al pensiero simbolico, all’analisi della società, ed alla interpretazione dell’opera di Emanuele Severino. Percorre il testo la tesi per cui la genesi di un pensiero filosofico deve necessariamente essere indagata, per giungere alla piena comprensione dell’opera di un autore. [indice – presentazione]
Il pensiero filosofico di Umberto Galimberti (2005), con introduzione di Carmelo Vigna, è un testo monografico completo sul pensiero di questo importante filosofo contemporaneo. Si tratta di un testo in cui Grecchi, sintetizzando la complessa opera di questo autore, prende al contempo posizione non solo nei confronti della medesima, ma anche di filosofi quali Nietzsche, Heidegger, Jaspers, che nel pensiero di Galimberti costituiscono riferimenti imprescindibili. Vigna, nella sua introduzione, ha definito il libro “una ricostruzione seria ed attendibile del pensiero del filosofo” in esame. [indice – presentazione]
Conoscenza della felicità (2005), con introduzione di Mario Vegetti, è uno dei testi principali di Grecchi, in cui l’autore applica il proprio approccio classico umanistico alla attuale totalità sociale, mostrando come essa si ponga in radicale opposizione alle possibilità di felicità degli uomini. L’autore, seguendo la matrice onto-assiologica del pensiero greco, mostra che solo conoscendo che cosa è l’uomo risulta possibile conoscere cosa sia la felicità. Il testo è caratterizzato da una analisi delle strutture della personalità oggi più diffuse, per l’autore “prodotte” dai processi di funzionamento del modo di produzione capitalistico. Scrive Vegetti, nella introduzione, che Grecchi è “pensatore a suo modo classico”, per il suo “andar diritto verso il cuore dei problemi”. [indice – presentazione]
Marx e gli antichi Greci (2006) è un libro-dialogo composto con uno dei maggiori filosofi italiani, Costanzo Preve. Nel testo viene effettuata una analisi non tanto filologica, quanto ermeneutica e teoretica dei rapporti del pensiero di Marx col pensiero greco. I due autori, concordando su molti punti, colmano così in parte una lacuna della pubblicistica su questo tema, che risulta essere stato nel tempo assai poco indagato. Di particolare interesse l’analisi effettuata dai due autori di quale potrebbe essere, sulla base insieme del pensiero dei Greci e di Marx, il miglior modo di produzione sociale alternativo rispetto a quello attuale. [indice – presentazione ]
Vivere o morire. Dialogo sul senso dell’esistenza fra Platone e
Nietzsche (2006), con introduzione di Enrico Berti, è un
saggio composto ponendo in ideale dialogo Platone e Nietzsche su importanti
temi filosofici, politico e morali: l’amore, la morte, la metafisica, la vita
ed altro ancora. Scrive Berti, nella sua introduzione, che, come accadeva nel
genere letterario antico dell’invenzione, Grecchi non nasconde lo scopo
“politico” della sua opera, la quale “risulta essere innanzitutto un documento
significativo di amore per la filosofia e di vitalità di quest’ultima, in un
momento in cui l’epoca della filosofia sembrava conclusa”.
Il filosofo e la politica. I consigli di Platone, e dei classici Greci,
per la vita politica (2006) è una ricostruzione del pensiero
filosofico-politico di Platone effettuata in un continuo confronto con le
vicende della attualità. In questo libro Grecchi pone esplicitamente Platone, sul
piano politico, come proprio pensatore di riferimento. Il filosofo ateniese infatti,
a suo avviso, pur scrivendo molti secoli or sono, rimane tuttora colui che ha
offerto le migliori analisi, e le migliori soluzioni, per pensare una migliore
totalità sociale, ossia un ambiente comunitario adatto alla buona vita
dell’uomo
La filosofia politica di Eschilo. Il pensiero “filosofico-politico” del
più grande tragediografo greco (2007)
costituisce una interpretazione, in chiave appunto filosofico-politica,
dell’opera di Eschilo. Lo scopo principale di questo libro è quello di “scorporare”
Eschilo dallo specialismo degli studi poetico-letterari, per inserirlo – come
si dovrebbe fare per tutti i tragici greci – nell’ambito del pensiero
filosofico-politico. Nel testo viene presa in carico l’analisi precedentemente
svolta da Emanuele Severino ne Il giogo (1988),
ritenendone validi molti aspetti ma giungendo, alla fine, a conclusioni opposte
circa il presunto “nichilismo” di Eschilo.
Il presente della filosofia italiana (2007) è un libro in cui vengono analizzati testi di alcuni fra i più importanti filosofi italiani contemporanei pubblicati dopo il 2000. Gli autori analizzati vengono ripartiti in quattro categorie: 1) pensatori “ermeneutici-simbolici” (Sini, Vattimo, Cacciari, Natoli); 2) pensatori “scientifici-razionalisti” (Tarca, Antiseri, Giorello); 3) pensatori “marxisti-radicali” (Preve, Losurdo); 4) pensatori “metafisici-teologici” (Reale). Il testo è arricchito da due appendici e da una ampia postfazione di Costanzo Preve. In questi testi Grecchi oppone criticamente, ai vari approcci, il proprio discorso metafisico-umanistico. [indice – presentazione ]
Corrispondenze di metafisica umanistica (2007) è una raccolta di testi in cui sono contenuti scambi epistolari, nonché risposte di Grecchi ad introduzioni e recensioni di suoi libri. [indice – presentazionesintesi ]
L’umanesimo della antica filosofia greca (2007) è il primo libro in cui Grecchi effettua la propria interpretazione complessiva della Grecità. Partendo da Omero, e giungendo fino al pensiero ellenistico, l’autore mostra come non la natura, né il divino, né l’essere furono i temi centrali del pensiero greco, bensì l’uomo, soprattutto nella sua dimensione razionale e morale. [indice – presentazione ]
L’umanesimo di Platone (2007) è un testo monografico sul pensiero di Platone. Ponendo in essere una analisi delle principali interpretazioni finora effettuate del pensiero platonico, Grecchi applica al medesimo il proprio paradigma ermeneutico metafisico-umanistico, cogliendo in Platone la centralità del ruolo filosofico-politico dell’uomo, ed insieme la rilevanza della posizione anti-crematistica. [indice – presentazione ]
L’umanesimo di Aristotele (2008) è un testo monografico sul pensiero di Aristotele. Ponendo in essere una analisi complessiva delle diverse tematiche del pensiero aristotelico, Grecchi applica al medesimo il proprio paradigma ermeneutico metafisico-umanistico, cogliendo in Aristotele – così come in Platone, ma in forma differente – la centralità del ruolo filosofico-politico dell’uomo, ed insieme la rilevanza della posizione anti-crematistica. [indice – presentazione ]
Chi fu il primo filosofo? E dunque: cos’è la filosofia? (2008), con introduzione di Giovanni Casertano, è un libro suddiviso in
due parti. Nella prima parte, prendendo come riferimento alcuni fra i
principali manuali di storia della filosofia italiani, Grecchi mostra come essi
spesso non definiscano l’oggetto del loro studio, ossia la filosofia,
dichiarandola talvolta addirittura indefinibile. L’autore, invece, offre in
questo libro la propria definizione di filosofia come caratterizzata da due
contenuti imprescindibili: a) l’essere ricerca, il più possibile fondata ed argomentata,
della verità dell’intero; b) l’assumere come riferimento, insieme descrittivo e
valutativo (la filosofia si occupa non solo della verità, ma anche del bene),
l’Uomo. Nella seconda parte l’autore esamina dieci possibilità alternative su
“chi fu il primo filosofo”, giungendo a concludere che, pur all’interno del
contesto comunitario della riflessione greca, il candidato più accreditato
risulta per vari motivi essere Socrate.
Socrate. Discorso su Le Nuvole di Aristofane (2008) è una ricostruzione di fantasia, pubblicata nella collana Autentici falsi d’autore dell’editore
Guida, di un discorso da Socrate ad Atene l’indomani della rappresentazione
della famosa commedia di Aristofane. Si tratta, come è nello stile della
collana, di una ricostruzione al contempo verosimile e spiritosa, in cui
Grecchi coglie l’occasione per offrire la propria interpretazione, insieme
umanistica ed anticrematistica, del pensiero socratico. Tale interpretazione
risulta convergente con quelle offerte, nella medesima collana, da Mario
Vegetti su Platone e da Enrico Berti su Aristotele.
Il filosofo e la vita. I consigli di Platone, e dei classici Greci, per la buona vita (2008), è una raccolta di brevi saggi in cui l’autore, prendendo spunto da alcuni passi del pensiero platonico, e più in generale del pensiero greco classico, affronta sinteticamente alcune tematiche centrali per la vita umana (l’amore, la famiglia, la filosofia, la storia, le leggi, la democrazia, l’educazione, l’università, la mafia, la libertà, ecc.), col consueto approccio attualizzante, ovvero facendo interagire – nel rispetto del contesto storico-sociale dell’epoca in cui tale pensiero nacque – il pensiero platonico col nostro tempo. Il libro è arricchito da un lungo saggio finale di Costanzo Preve, intitolato “Luca Grecchi interprete dei filosofi classici Greci” (con risposta), in c ui il filosofo torinese sintetizza le posizioni dell’autore. [indice – presentazione ]
Occidente: radici, essenza, futuro (2009),
con introduzione di Diego Fusaro, è un testo in cui l’autore analizza il
concetto di Occidente e le sue tradizioni culturali costitutive, sempre in base
al proprio sistema metafisico-umanistico. Analizzando le radici greche,
ebraiche, cristiane, romane e moderne, ma soprattutto l’attuale contesto
storico-sociale, Grecchi coglie nella prevaricazione derivante dalla smodata
ricerca crematistica l’essenza dell’Occidente, ed individua per lo stesso un
futuro cupo. Il testo è arricchito dal dialogo con Fusaro, alla cui
introduzione Grecchi risponde in una appendice finale.
L’umanesimo della antica filosofia cinese (2009) costituisce il primo volume di una trilogia sull’umanesimo dell’antico pensiero orientale (l’unica nel nostro paese effettuata da un solo autore). Il libro parte dalla constatazione che la cultura orientale risulta essere pressoché assente dalle principali storie della filosofia occidentali. In base tuttavia alla definizione di filosofia fornita dall’autore, l’antico pensiero cinese risulta possedere, nei contenuti e talvolta anche nei metodi, caratteristiche tali da non poter essere considerato pregiudizialmente assente dal quadro filosofico. Non si tratta, comunque, di un manuale di storia della filosofia cinese, ma di una interpretazione umanistica dei principali contenuti costitutivi dell’antico pensiero cinese. [indice – presentazione ]
L’umanesimo della antica filosofia indiana (2009) costituisce il secondo volume di una trilogia sull’umanesimo dell’antico pensiero orientale. Il libro parte dalla constatazione che la cultura orientale risulta essere pressoché assente dalle principali storie della filosofia occidentali. In base tuttavia alla definizione di filosofia fornita dall’autore, l’antico pensiero indiano risulta possedere, nei contenuti e talvolta anche nei metodi, caratteristiche tali da non poter essere considerato pregiudizialmente assente dal quadro filosofico. Non si tratta, comunque, di un manuale di storia della filosofia indiana, ma di una interpretazione umanistica dei principali contenuti costitutivi dell’antico pensiero indiano. [indice – presentazione ]
L’umanesimo della antica filosofia islamica (2009) costituisce il terzo volume di una trilogia sull’umanesimo dell’antico pensiero orientale. Il libro parte dalla constatazione che la filosofia orientale risulta essere pressoché assente dalle principali storie della filosofia occidentali. In base tuttavia alla definizione di filosofia fornita dall’autore, l’antico pensiero islamico risulta possedere, nei contenuti e talvolta anche nei metodi, caratteristiche tali da non poter essere considerato pregiudizialmente assente dal quadro filosofico. Non si tratta, comunque, di un manuale di storia della filosofia islamica, ma di una interpretazione umanistica dei principali contenuti costitutivi dell’antico pensiero islamico. [indice – presentazione ]
A partire dai filosofi antichi (2009),
con introduzione di Carmelo Vigna, è un libro-dialogo composto con uno dei
maggiori filosofi italiani, Enrico Berti. In questo testo viene ripercorsa
l’intera storia della filosofia, apportando interpretazioni originali non
soltanto dei principali filosofi antichi, ma anche di quelli moderni e
contemporanei. Non mancano inoltre considerazioni su temi di attualità, nonché
su temi di interesse generale, quali l’educazione, la scuola e la politica.
Scrive Vigna, nella introduzione, che “questo testo è tra le cose più
interessanti che si possano leggere oggi nel panorama della filosofia
italiana”.
L’umanesimo di Plotino (2010) è un libro in cui l’autore cerca di colmare la distanza storico-culturale fra il periodo classico ed il periodo ellenistico e postellenistico. Il testo si divide in due parti. Nella prima, considerando che ogni pensiero filosofico deve essere inserito all’interno del proprio contesto storico-sociale (anche in quanto è all’interno del medesimo che esso “produce” le proprie categorie), l’autore realizza una analisi del modo di produzione sociale greco e di quello ellenistico, per tracciare alcune differenze importanti fra l’epoca classica e l’epoca ellenistica/postellenistica. Nella seconda parte, che è la più ampia, è invece analizzato, in base alle dieci tematiche ritenute centrali, il pensiero di Plotino. [indice – presentazione ]
La filosofia della storia nella Grecia classica (2010) è il testo ermeneutico forse più originale di Grecchi. Alla cultura greca si attribuisce infatti, solitamente, la nascita di pressoché tutte le discipline filosofiche, ad eccezione della filosofia della storia, tuttora ritenuta di genesi moderna. Analizzando l’opera di storici, letterati e filosofi dell’epoca preclassica e classica, l’autore mostra invece le radici antiche anche di questo campo di studi, contribuendo ad un chiarimento teoretico della disciplina stessa. [indice – presentazione ]
Perché non possiamo non dirci Greci (2010) è un libro in cui l’autore sintetizza, in termini divulgativi, le proprie posizioni generali sui Greci. Il testo prende spunto dalla rilettura, in controluce, del classico di Benedetto Croce intitolato Perché non possiamo non dirci cristiani, per mostrare non solo come le radici greche siano almeno altrettanto importanti di quelle cristiane per la cultura europea, ma soprattutto che una loro ripresa sarebbe fortemente auspicabile. Il testo è completato da una ampia appendice inedita che costituisce una analisi critica del pensiero ellenistico (in rapporto a quello classico) incentrata sulle opere di Epicuro e di Luciano di Samosata. [indice – presentazione ]
Sulla verità e sul bene (2011), con introduzione di Enrico Berti e postfazione di Costanzo Preve, è un libro-dialogo con uno dei maggiori filosofi italiani, Carmelo Vigna. In questo testo viene ripercorsa l’intera storia della filosofia, insieme agli importanti temi teoretici ed etici che danno il titolo al volume. Scrive Berti, nella introduzione, che si tratta di “una serie di discussioni oltremodo interessanti tra due filosofi che sono divisi da due diverse, anzi opposte, concezioni della metafisica, ma sono accomunati dalla considerazione per la filosofia classica e soprattutto da un grande amore per la filosofia in sé stessa”. [indice – presentazione ]
Gli stranieri nella Grecia classica (2011) è un libro in cui l’autore, prendendo distanza dalle interpretazioni tradizionali, mostra come, sin dall’epoca omerica, gli antichi Greci furono aperti all’ospitalità verso gli stranieri. Preceduto da una analisi anti-ideologica delle categorie di “razza”, “etnia”, “multiculturalismo” ed altre, Grecchi rimarca come sia stato centrale, nel pensiero greco classico, il concetto di “natura umana”. Esso possiede basi teoretiche salde ed una costante presenza nella riflessione greca, che l’autore appunto caratterizza come “umanistica”. [indice – presentazione]
Diritto e proprietà nella Grecia classica (2011) è un libro in cui l’autore prende in carico i temi poco indagati del diritto e della proprietà nella antica Grecia. Si tratta di temi molto importanti per comprendere il contesto storico-sociale in cui nacque la cultura greca, e che pertanto non possono essere ignorati da chi studia la filosofia di questo periodo. Il testo sviluppa inoltre un confronto con il diritto romano – che si rivela assai meno comunitario di quello greco – e con il nostro tempo, per mostrare come la cultura greca possieda, anche sul piano giuridico, contenuti che sarebbero tuttora importanti da applicare. [indice – presentazione ]
Confucio. Sulla buona vita, sul buon governo e su me stesso (2011) è una ricostruzione di fantasia, pubblicata nella collana Autentici falsi d’autore dell’editore
Guida, di alcuni discorsi tenuti dall’antico pensatore cinese. Si tratta, come
è nello stile della collana, di una ricostruzione al contempo verosimile e
spiritosa, in cui Grecchi coglie l’occasione per offrire la propria
interpretazione, insieme umanistica ed anticrematistica, del pensiero di
Confucio, già delineata ne L’umanesimo
della antica filosofia cinese.
L’umanesimo di Omero (2012) è un libro in cui l’autore effettua una analisi teoretica ed etica del pensiero omerico, inserendo l’antico poeta nel novero del pensiero filosofico, rompendo il tradizionale isolamento nel campo letterario che da secoli caratterizza la sua opera. Grecchi insiste in particolare sul carattere di educazione filosofica dei poemi omerici, mostrando come essi abbozzino temi ontologici e soprattutto assiologici poi elaborati dalla intera riflessione classica. Il testo si caratterizza anche per il continuo aggancio dei miti omerici alla contemporaneità. [indice – presentazione]
L’umanesimo politico dei “Presocratici” (2012) è un libro in cui l’autore, centralizzando il carattere politico-sociale del loro pensiero, prende distanza dalle interpretazioni tradizionali che caratterizzano questi pensatori esclusivamente come “naturalisti”, che li separano in maniera eccessiva sia dalla poesia epica precedente, sia dalla filosofia classica successiva. Risultano centrali, in questa trattazione, le figure anticipatrici di Solone e Clistene, oltre a quelle più consuete di Eraclito, Parmenide e Pitagora. [indice – presentazione]
Il presente della filosofia nel mondo (2012), con postfazione di Giacomo Pezzano, è un libro in cui vengono analizzati testi di alcuni fra i maggiori filosofi contemporanei non italiani (fra gli altri Bauman, Habermas, Hobsbawm, Latouche, Nussbaum, Onfray, Zizek). Nella introduzione si rileva, come caratteristica principale della filosofia del nostro tempo, la presenza in solidarietà antitetico-polare di una corrente scientifico-razionalistica e di una corrente aurorale-simbolica. Esse occupano il centro della scena escludendo dal “campo di gioco” la filosofia onto-assiologica di matrice classica, elaborata oramai, in maniera teoreticamente originale, solo da un numero limitato di studiosi. [indice – presentazione]
Il pensiero filosofico di Enrico Berti (2013), con presentazione di Carmelo Vigna e postfazione di Enrico Berti, è un testo monografico introduttivo sul pensiero di questo importante filosofo contemporaneo, uno dei maggiori studiosi mondiali del pensiero di Aristotele. Rapportandosi a tematiche quali l’interpretazione degli antichi, la storia della filosofia, l’educazione, l’etica, la politica, la metafisica, la religione, Grecchi descrive il pensiero dell’autore quasi sempre concordando con lui, tranne che nella opposizione – su cui si sofferma anche Berti nella postfazione – fra metafisica classica e metafisica umanistica. [indice – presentazione]
Il necessario fondamento umanistico del “comunismo” (2013) è un libro scritto a quattro mani con Carmine Fiorillo, in cui gli autori mostrano come la diffusa critica (marxista e non) al modo di produzione capitalistico, priva di una fondata progettualità, risulti largamente insufficiente. Assumendo come base di riferimento il pensiero greco classico (ma anche le componenti umanistiche di altri orizzonti culturali), gli autori mostrano che solo mediante una solida fondazione filosofica è possibile favorire la progettualità di un ideale modo di produzione sociale in cui vivere, che gli autori ancora definiscono – per mancanza di validi termini alternativi, ma differenziandosi fortemente dalla tradizione marxista – “comunismo”. [indice – presentazione]
Perché, nelle aule universitarie di filosofia, non si fa (quasi) più filosofia (2013) è un pamphlet in cui si mostra che le attuali modalità accademiche di insegnamento della filosofia, incentrate sullo specialismo, non ripropongono più il modello greco classico della filosofia come ricerca fondata ed argomentata della verità onto-assiologica dell’intero. L’autore mostra come la causa principale di questa situazione sia attribuibile ai processi socio-culturali del modo di produzione capitalistico. [indice – presentazione]
La musa metafisica. Lettere su filosofia e università (2013), con Giovanni Stelli, costituisce uno scambio epistolare nato dal commento di Stelli al pamphlet Perché, nelle aule universitarie di filosofia, non si fa (quasi) più filosofia. A partire da questo tema lo scambio ha assunto una rilevanza ed una ampiezza tale, estendendosi a contenuti storici, culturali e politici, da renderne di qualche utilità la pubblicazione. [indice – presentazione]
Discorsi di filosofia antica (2014) è un libro che raccoglie i testi del corso di lezioni sull’uomo nella cultura greca, da Omero all’ellenismo, tenuto dall’autore alla Università degli studi di Milano Bicocca nel 2013. Esso accoglie inoltre i testi di alcune conferenze sul pensiero antico svolte dall’autore nel 2013 e 2014, ed in particolare, in appendice, un saggio inedito sulla alienazione nella antica Grecia. [indice – presentazione]
Omero tra padre e figlia (2014) è un libro-dialogo con Benedetta Grecchi, figlia di 6 anni dell’autore, sulle vicende di Odisseo narrate appunto nella Odissea di Omero. Il testo costituisce – come recita il sottotitolo – una “piccola introduzione alla filosofia”, passando attraverso i contenuti educativi dell’opera omerica già delineati dall’autore nel libro L’umanesimo di Omero. Questo dialogo tra padre e figlia mostra come la filosofia possa passare anche ai bambini evitando, da un lato, di essere ridotta a “gioco logico”, e dal lato opposto di essere presentata come “chiacchiera inconcludente”. [indice – presentazione]
Discorsi sul bene (2015) è un libro che raccoglie i testi del corso di lezioni sul bene tenuto dall’autore alla Università degli studi di Milano Bicocca nel 2014. In appendice sono aggiunte una intervista filosofica e due relazioni su temi etico-politici. Il testo si rivela importante in quanto, all’interno di un approccio aristotelico – in cui in sostanza il bene è il fine verso cui ogni ente, per natura, tende –, Grecchi indica nel rispetto e nella cura dell’uomo (e del cosmo: gli elementi portanti del suo Umanesimo) i contenuti fondamentali del bene. [indice – presentazione]
Discorsi sulla morte (2016) è un libro che raccoglie i testi del corso di lezioni tenuto dall’autore alla Università degli studi di Milano Bicocca nel 2015. L’autore, delineando le principali concezioni della morte presenti nella storia della filosofia, con particolare riferimento agli antichi Greci ed a Giacomo Leopardi, mostra come la rimozione di questo tema costituisca una delle principali concause di alcune psicopatologie del nostro tempo. [indice – presentazione]
L’umanesimo della cultura medievale (2016) è un libro che raccoglie i contenuti umanistici del pensiero medievale. Rispetto alle interpretazioni tradizionali, ancora caratterizzate da una descrizione del Medioevo come età oscura, questo testo mostra il carattere umanistico in particolare della Scolastica aristotelica. Rispetto ai consueti autori di riferimento della tradizione cristiana, ossia Agostino e Tommaso, particolare importanza è attribuita in questo volume a due autori del XIII secolo solitamente poco considerati, Sigieri di Brabante e Boezio di Dacia, nonché alle ripetute condanne ecclesiastico-accademiche dell’Aristotelismo che ebbero il loro momento culminante nel 1277.
L’umanesimo della cultura rinascimentale (2016) è un libro che pone in essere una critica costruttiva della tradizionale interpretazione umanistica del pensiero rinascimentale del XIV e XV secolo. Rispetto, infatti, alla vulgata comune, che ritiene centrale in questo periodo la riscoperta filologica ed ermeneutica dei testi di Platone e di altri autori antichi, Grecchi reputa centrale in esso la filocrematistica, e dunque la rottura – operata da modalità sociali sempre più privatistiche e mercificate, cui la cultura dell’epoca si adeguò – del legame sociale comunitario proprio dell’epoca medievale. Il Rinascimento costituì dunque la prima apertura culturale verso la modernità capitalistica.
Compendio di metafisica umanistica (2017) è un libro che espone in sintesi la struttura onto-assiologica della verità dell’essere per come in vari luoghi delineata dall’autore col nome di “metafisica umanistica”. Il testo fornisce alcuni capisaldi del futuro Metafisica umanistica. La struttura sistematica della verità dell’essere (cui l’autore sta lavorando dal 2003), distinguendo le nozioni di Cominciamento, Principio e Fondamento, nonché elaborando la tematica dell’essere e della sua sistematicità. Il volume si sofferma anche sulla tematica del trascendente, e sul nesso descrittivo-normativo necessario alla progettualità sociale. [indice – presentazione]
Natura (2018) è un libro che si colloca nella collana Questioni di filosofia antica della casa
editrice Unicopli. Il testo analizza in maniera specialistica oltre dieci
secoli di riflessioni del pensiero antico sulla natura, da Omero a Plotino.
Trattandosi di un tema vastissimo, i riferimenti sono di tipo sia filosofico,
sia scientifico, sia letterario. Il tema riveste particolare importanza in
quanto gli antichi, per primi, compresero che ogni mancanza di rispetto e di
cura nei confronti della natura – attività che solo l’uomo, fra gli enti
naturali, è in grado di porre in essere – costituisce una mancanza di rispetto
e di cura nei confronti della vita tutta
Scritti brevi su politica, scuola e società (2019) costituisce una raccolta di articoli pubblicati dall’autore negli anni 2015 e 2016 su vari quotidiani, settimanali e riviste su tematiche di particolare attualità. Il filo conduttore di questi scritti è costituito da una critica progettuale al nostro tempo alla luce del pensiero greco classico, soprattutto di Aristotele. Per l’importanza delle tematiche trattate, e per l’approccio classico utilizzato, si tratta di riflessioni che forniscono un orientamento in grado di trascendere l’orizzonte del momento storico in cui sono state effettuate. [indice – presentazione]
Uomo (2019) è un libro che si colloca nella collana Questioni di filosofia antica della casa editrice Unicopli. Il testo analizza in maniera specialistica oltre dieci secoli di riflessioni del pensiero antico sull’uomo, da Omero a Plotino. Trattandosi di un tema vastissimo, i riferimenti sono di tipo sia filosofico, sia scientifico, sia letterario. Il tema riveste particolare importanza in quanto gli antichi, per primi, compresero la centralità dell’uomo nella natura, ovvero il suo essere il solo ente in grado di fornire un senso ed un valore alla realtà, nonché di avere rispetto e cura della realtà stessa .
L’umanesimo greco classico di Spinoza (2019) costituisce una analisi della filosofia di Spinoza alla luce del pensiero greco classico. Nonostante il filosofo olandese citi pochissimo Platone ed Aristotele, Grecchi mostra come forti siano i legami coi due più grandi pensatori antichi. Le tematiche esaminate sono alcune fra le principali del pensiero filosofico, quali la verità, il bene, la conoscenza, la sistematicità, la religione, la libertà, la crematistica, la politica. Frequenti sono anche i riferimenti ed i paralleli con il nostro tempo.
Curatele
È veramente noiosa la storia della filosofia antica? (2008, con Diego Fusaro), con scritti di E. Berti, G. Casertano, D. Fusaro, G. Girgenti, L. Grecchi, C. Preve e M. Vegetti .
Sistema e sistematicità in Aristotele (2016), con scritti di C. Baracchi, E. Berti, B. Botter, M. Cosci, S. Fazzo, A. Fermani, G.R. Giardina, L. Grecchi, C. Vigna, M. Zanatta. [indice – presentazione – sintesi].
Immanenza e trascendenza in Aristotele (2017), con scritti di G. Abbate, C. Baracchi, E. Berti, B. Botter, M. Cosci, A. D’Atri, A. Falcon, A. Fermani, L. Grecchi, A. Jori, D. Quarantotto, M. Ugaglia, C. Vigna, M. Zanatta. [indice – presentazione – sintesi ]
Teoria e prassi in Aristotele (2018), con scritti di C. Baracchi, E. Berti, A. Fermani, S. Gastaldi, L. Grecchi, S. Gullino, A. Jori, G. Lucchetta, L. Palpacelli, L. Ruggiu, M. Vegetti, C. Vigna, M. Zanatta. [indice – presentazione – sintesi ]
Julia von Lucadou, La tuffatrice, Carbonio Editore, 2020.
«Il modo in cui le società capitaliste feticizzano il corpo umano e lo valutano in termini economici come produttività ottimizzante è qualcosa che mi interessa, così anche la bellezza intesa rigidamente misurabile in un algoritmo. […] Mettere in discussione il capitalismo e gli elementi che ne costituiscono il sistema è per me anche un’analisi del grado soggettivo di conformazione. […] Spesso associamo il voyeurismo alle preferenze e perversioni sessuali, ma è molto più di questo. Il voyeur ha una posizione di potere, penso ai contributi sul tema di Laura Mulvey. Spiare, osservare qualcuno che non sa di esserlo lo spoglia violentemente della propria privacy. Una volta esposto, non è possibile annullare tale violazione. Quando i tuoi dati personali sono stati resi pubblici, non puoi recuperarli. Dispositivi digitali come i nostri telefoni accedono al nostro spazio privato in modo semplice e discreto, spesso senza il nostro consenso deliberato. I dati raccolti mettono le aziende – e in alcuni casi anche i governi – in una posizione di potere da cui possono manipolare e controllare il comportamento. […] Non possiamo sfuggire all’enorme corredo della nostra infanzia, chi ha subito un trauma può testimoniarlo. Ciò significa anche che il modo in cui trattiamo l’infanzia è vitale per il tipo di società che immaginiamo praticabile. Se sottoponiamo i bambini a questa dittatura della prestazione competitiva, come i personaggi del mio romanzo (Riva e soprattutto Hitomi) insegnano, è molto difficile fare marcia indietro».
Intervista a Julia von Lucadou, il manifesto, 17-5-2020, p. 10.
Descrizione
In un mondo futuristico in cui si vive per accumulare punteggi, le emozioni vengono misurate da un dispositivo applicato al braccio, le giornate scandite da iper-efficienza, ferree regole comportamentali e una dose prestabilita di esercizio fisico, Riva Karnovsky, campionessa di Highrise Diving, tuffandosi dai grattacieli è riuscita a diventare una celebrità con schiere di fan e contratti milionari. Eppure, nel suo lussuoso attico al centro della metropoli, un giorno decide di mollare tutto, senza una ragione apparente. Non si allena più, non parla, scompare dai social assetati di foto e notizie. Per rimotivarla viene chiamata una giovane e ambiziosa psicologa, Hitomi Yoshida, che dovrà sorvegliarla giorno e notte attraverso telecamere nascoste in ogni angolo della casa. Finché Hitomi si accorge di essere lei stessa una prigioniera. Julia von Lucadou costruisce una distopia claustrofobica e ossessionante, resa attraverso atmosfere asettiche e una scrittura asciutta che inchioda il lettore a una realtà virtuale da cui è difficile scappare, e che assomiglia terribilmente alla nostra.
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