«Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada». Eraclito
N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo:
Se c’è una costante nel pensiero aristotelico, al di là delle sue innumerevoli declinazioni e delle sue infinite modulazioni, essa va rinvenuta nell’attenzione al dato fenomenico, ovvero a ciò che appare, a quello che si vede. Come si legge in Topici I, 11, 105a5-7, infatti, in un passo dotato di grande realismo e bella espressione di un sano “atteggiamento economico”: «quelli che sono in dubbio sul fatto che la neve sia bianca oppure no hanno semplicemente bisogno di guardarla».
Analogamente, nell’Etica Nicomchea1, il Filosofo stigmatizza la teoria socratica secondo la quale è impossibile fare consapevolmente il male, ricordando che: «un tale ragionamento contraddice i fatti in modo lampante». Si tratta di affermazioni che restituiscono a pieno quello che è stato giustamente definito come un tratto tipico della forma mentis greca: «i Greci si distinguono per un atteggiamento realistico-pragmatico nei riguardi della vita. Essi si confrontano con il mondo così come è fatto»2.
Questo “pentagramma aristotelico” prova, dunque, a far risuonare le varie “corde” del sistema del Filosofo a partire dalla presa d’atto che la riflessione dello Stagirita non si può comprendere se non a partire dalle sue “sane e profonde radici nella vita”.
Un sistema ricco e articolato, quello di Aristotele, fatto di numerose distinzioni ma mai di “separazioni”, costantemente “aperto” alla “provocazione” e sempre all’ascolto di tutte le note del reale, anche di quelle dissonanti, sempre pronto ad accettare le “sfide del visibile”, disposto ad osservare da vicino il mondo in tutte le sue pieghe, “deangolando” costantemente lo sguardo tra prospettive diverse e scorrendo su e giù tra i piani dell’“in sé” e del “per noi”.
In questa raccolta di scritti si prova a spaziare da questioni di carattere metodologico (come nel saggio dal titolo Quale “sistema” e quale “sistematicità” in Aristotele?), a riflessioni sul possibile intreccio dei due piani dell’immanenza e della trascendenza all’interno della riflessione etica del Filosofo, all’indagine sul senso e sui limiti di quella fondamentale dimensione utopica che, anche in Platone, aveva rappresentato uno dei nodi teorici e problematici più significativi, per approdare, da un lato, a una indagine sull’attualità del pensiero di Aristotele e sull’ineludibilità della ricerca filosofica e, dall’altra, a uno scavo del fondamentale tema della σχολή, ovvero di quel tempo, parimenti, libero e decisivo della (e per la) nostra esistenza.
All’interno di tali tematiche e di tali linee teoriche generali, che si muovono sul terreno ontologico e metafisico, gnoselogico-epistemologico, etico e politico, si situano riflessioni sull’intreccio tra le dimensioni del visibile e dell’invisibile, di divino e umano, ideale e reale, intero-parti, assoluto e relativo, necessario e bello.
Tale “pentagramma” prova a restituire, sulla scorta di quel paradigma del Multifocal Approach che già su molti terreni ha trovato conferme e verifiche, alcuni tratti della polifonia di una riflessione, come quella aristotelica, in cui la pluralità delle prospettive non solo non viene mai soffocata o anche solo semplicemente ridotta, ma in cui convivono, in modo non contraddittorio, prospettive opposte. Tra di esse, solo per citare un esempio, l’invito ad “immortalarsi”, da un lato, e a “umanizzarsi” dall’altro, a nutrire la propria “fame di cielo” e, insieme, quello a soddisfare l’esigenza del proprio radicamento a terra. «Questo, peraltro, è esattamente ciò che fece nella sua prassi e nella sua esperienza quotidiana di scienziato lo stesso Aristotele, il teorizzatore del motore immobile, l’elaboratore di una teoria elevatissima come quella di un Dio come “pensiero di pensiero” e, insieme, il collezionista di pesci, l’acuto osservatore della natura in tutte le sue manifestazioni, il ricercatore insaziabile»3.
D’altronde, come ci ricorda Diogene Laerzio, «il sapiente amerà, parteciperà alla vita politica, si sposerà»4. Si tratta di un dato apparentemente banale ma, in realtà, essenziale per la comprensione e per la riuscita della nostra esistenza: come una sinfonia non può nascere da un solo suono, così, come ci insegnano gli Antichi e Aristotele nello specifico, per essere felici dobbiamo “saperci suonare” e – facendo riferimento anche all’insegnamento del mio indimenticabile maestro Maurizio Migliori –, imparare a realizzarci in molti modi.
1 Aristotele, Etica Nicomachea VII, 1145 b 27-28.
2 U. Wolf, Die Suche nach dem guten Leben, Rowohlt Taschenbuch, Verlag GmbH 1996; trad. it. G. Mancuso: La filosofia come ricerca della felicità, Raffaello Cortina Editore, Milano 2001, p. 22.
3 Cfr., in Pentagramma aristotelico, p. 84.
4 Diogene Laerzio, Vite dei Filosofi, V, 1, 32.
L’autrice
Arianna Fermani insegna Storia della Filosofia Antica all’Università di Macerata. Tra le sue pubblicazioni: Aristotele, Il giudizio etico. Imparare a distinguere il bene e il male per vivere felici, a cura di A. Fermani, Morcelliana, Brescia 2023; Virtù, Unicopli, Milano 2021; Aristotele e l’infinità del male. Patimenti, vizi e debolezze degli esseri umani, Morcelliana 2019; Vita felice umana. In dialogo con Platone e Aristotele, prefazione di S. Natoli, Eum 2019; L’etica di Aristotele. Il mondo della vita umana, Morcelliana 2012; By the Sophists to Aristotle through Plato. The necessity and utility of a Multifocal Approach, E. Cattanei, A. Fermani, M. Migliori (eds.), Academia Verlag 2016. Ha tradotto integralmente le Etiche di Aristotele (Aristotele, Le tre Etiche, Bompiani 2008, Giunti 2018, più volte riedito), Topici e Confutazioni Sofistiche (in Organon, Bompiani 2016). Insieme a Maurizio Migliori ha curato il manuale Filosofia antica. Una prospettiva multifocale, Morcelliana Brescia 2020. Con “petite plaisance” ha già pubblicato, tra gli altri, Equità e giustizia dal volto umano. Aristotele tra νόμος e φρόνησις; Economia e felicità. Del buon uso della ricchezza in Aristotele (2023); Concedetemi di diventare bello dentro. Viaggio alato nel Fedro di Platone; Desiderio. Navigazioni filosofiche tra le parole greche di desiderio (2024)
N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo:
N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo:
N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo:
Non il romanzo, bensì il racconto nella sua accezione più ampia – memoria rapsodica dell’altro, apprensione di momenti di essere altrimenti perituri, resi inaccessibili dalla sommaria percezione del vivere oggi dominante – può restituirci una dialettica dell’ascolto diciamo pure socratica. All’interno della quale diventa importante l’interpellanza di testimoni autorevoli del nostro tempo, capaci di sublimare la narrazione del vissuto, comico o tragico che sia, a metafora dell’universalmente umano. L’azione simultanea anziché l’azione parallela, per citare la celebre locuzione di Robert Musil, uno scrittore che le ha declinate entrambe con la stessa intensità progettuale, frequentando sia il romanzo sia il racconto. Istanze che, cinematograficamente parlando, e considerando qui la stagione del sonoro (1930-2024), corrispondono rispettivamente al lungo e al cortometraggio, speculari alle specifiche sensibilità dei cineasti – in Microfiction 1, l’arco temporale va dai primi anni Trenta agli ultimi anni Ottanta del Novecento; in Microfiction 2, dagli anni Novanta a oggi. Duecento film programmatici, suggerisce il sottotitolo, e poco importa che la silloge ne annoveri anche qualcuno in più. Importa che essa sia esaustiva di un periodo storico e di una cifra espressiva, nel segno di una singolarità – il corto sovente seminale di un regista celebre in cui sia già riconoscibile uno stile, un’inventiva personale – che ne anticipa figurativamente il divenire, lo statuto, l’emblema.
The Cowboy and the Frenchman / Le Cow-Boy et le Français (David Lynch, episodio di The French as been by… / Les Français vus par…, USA-Francia, 1988, 26’)
Lezioni di vero (Martin Scorsese, Life Lessons, episodio di New York Stories, USA, 1989, 44’)
Romagnolo (Daniele Ciprì e Franco Maresco, Italia, 1989, 3’)
N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo:
Essere felicemente inadeguati al conformismo del politicamente corretto,
facendo della vita che ci accomuna un’opera d’arte filosofica
La filosofia, per sua struttura epistemica ed etica, è trasgressiva. Essa sovente disorienta, in quanto pone in discussione dogmi e verità sclerotizzate che alla luce del logos si svelano “ideologiche”. In ogni tempo è in tensione feconda con le strutture di dominio e, dunque, con l’egemonia di classe che determina linguaggi e visioni della realtà. Filosofare è anche arte politica ed è impegno etico. Ma nel nostro tempo storico – dominato dal monologo culturale fondamentalmente narcisistico –, la filosofia è oggetto di una precisa operazione ideologica finalizzata a renderla irrilevante: per i potentati può e deve essere soltanto mero onanistico compiacimento della propria servile attività, deprivata programmaticamente di ogni possibilità – dialogica e comunitaria – di flusso vitale. Innumerevoli sono i festival della filosofia e gli interventi nei media da parte di cultori, di studiosi, di specialisti di “materia” filosofica, ma lo scopo è sempre il medesimo: rendere la filosofia impotente. Nel migliore dei casi essa è presentata come la disciplina che pone sì domande, ma solo in un circolo di infinite problematizzazioni che non approdano mai alla verità. Disciplina, dunque, che rafforza e affina soltanto le capacità retoriche. Insomma, essa prepara agli artifici linguistici con cui si conquistano posizioni nel mercato del lavoro, nel mercato delle merci e nel migliore posizionamento possibile in una carriera fondata esclusivamente sul merito postulato dai centri di potere. Fin quando la filosofia sarà soltanto ossequioso ospite nei salotti “bene” e sarà soltanto chiacchiera “colta” per signori e signore annoiati, al più potrà essere usata per consolidare le capacità linguistiche dei futuri venditori delle merci globalizzate. Sarà alienata, quindi, da un sistema economico e sociale che ha nella reificazione la sua forza perversa.
In questa cornice di violenza organizzata occorre preparare, nel presente, la critica radicale della autentica filosofia, quale premessa per disegnare e progettare una nuova realtà politica conforme alla natura sociale e comunitaria dell’essere umano. Il dominio avanza, ma il suo potere non è mai totale, poiché vi sono uomini e donne che resistono e pensano il presente storico. Concettualizzare il tempo storico è gesto linguistico con cui si denuncia l’innaturalità del capitalismo e si tenta di aprire brecce verso il futuro. Luca Grecchi è filosofo del nostro tempo, felicemente inadeguato al conformismo del politicamente corretto. Leggere le sue opere significa sospendere le grammatiche conservatrici del capitalismo per riorientarsi verso la verità. La filosofia da salotto può anche formalmente esaltare il filosofare, ma nella sostanza nega alla verità il suo cammino veritativo, proprio benedicendo il politeismo delle opinioni senza fondamento comune. Senza verità nessuna progettualità è possibile. Riportare la filosofia al suo senso profondo non può che condurre ad affermare che la filosofia non è un inutile girovagare di parole: essa si pone di fronte ai problemi per poter cercare le risposte. Se il capitalismo – oltre che le domande – cerca di neutralizzare le risposte che tentano di immaginare modalità di vita diverse da quelle attuali, Luca Grecchi invece pone di nuovo al centro del filosofare le risposte veritative che ne possono scaturire come momento dialettico senza il quale il problematizzare domandante si dissolve nel pulviscolo desertificante del niente:
«Col passare degli anni il desiderio di un sapere vero e buono continua in effetti, nel philosophos, a rimanere il fine della propria esistenza, la quale consiste sempre in una ricerca fatta per trovare, ossia per raggiungere un risultato utile per sé e per gli altri».[1]
Filosofia e verità
La filosofia non è una eterna ideale aspirazione alla verità, essa è un ricercare per trovare. Nessun filosofo, certo, possiede completamente la verità assoluta, ma proprio il suo lungo e paziente ricercare è approdo alla verità. Egli partecipa in modo comunitario alla definizione della verità. La filosofia che pone problemi ma non dà risposte è coccolata, in quanto è rassicurante. Luca Grecchi ha deviato da tale infruttuoso percorso. Rappresentare la filosofia come una eterna ricerca senza risultato è un abile modo per disinnescarne il potenziale rivoluzionario e gestaltico:
«Nella sua opera, Platone afferma più volte che gli anthropoi non possono divenire compiutamente sophoi, in quanto, pur desiderando assimilarsi al divino, per i loro limiti naturali non possono riuscirvi. Malgrado questo, l’anthropine sophia, per quanto non totale, comprende contenuti importanti di verità. […] La sophia ricercata dalla philosophia, infatti, è per Platone questione di gradi, sicchè può, in parte piccola o grande, essere posseduta da tutti, nonché continuamente incrementata».[2]
La verità non può che comportare la definizione di “bene”. La filosofia da festival non osa pronunciare ad alta voce la parola “bene”, e men che meno l’espressione “bene comune”, la quale è il più delle volte consegnata alla cultura della cancellazione. Il capitalismo ha convertito il contenuto umanistico di “bene” in calcolo degli interessi privati, e oscurando il “bene” si oscura la “verità”: così più facilmente costoro possono sottrarsi ed eludere il compito e l’impegno derivanti dalla valutazione etica. Con tale procedura ideologica il “bene” è parola misconosciuta dai padroni del discorso. Solo riportando il “bene” al centro del filosofare la filosofia potrà scorrere nell’alveo fecondo del suo corso:
«Quando l’episteme caratterizza la philosophia, essa viene a costituire un sapere che comprende, oltre a contenuti ontologici essenziali per la conoscenza del vero, anche contenuti assiologici essenziali per la realizzazione del bene».[3]
Il filosofare autentico non è un astratto vagheggiare (non pochi presentano così la filosofia), ma è ricerca inesausta della verità da parte dell’uomo nella sua storia di essere umano che si umanizza. L’arma della calunnia fu usata contro Socrate: oggi è utilizzata contro la struttura veritativa della filosofia. Il sistema le permette di sopravvivere ma solo come esoscheletro spettrale di se stessa, mutila della sua essenza umana e della sua reale finalità. A tal scopo i filosofi sono presentati con l’espressione – usata come denigrante – di “metafisici”, cioè alla ricerca di impossibili verità astratte che non conducono a nulla. La verità non sarebbe da ricercare, perché non c’è. Si usa la stessa filosofia per dimostrare che l’oggetto della sua ricerca (la verità) è solo una chimera del passato. Luca Grecchi, invece, dimostra e smaschera la falsità di tale postura ideologica.
Sì, la filosofia ricerca la verità, ma ha ben presente che l’essere umano deve soddisfare in primis i bisogni primari, i quali però non gli sono sufficienti per essere “umano”; ecco dunque che deve ricercare la verità della totalità in cui è implicato per potersi umanizzare. La verità, poi, non è un possesso, ma una prassi che rende l’esistenza individuale e comunitaria qualitativamente migliore. Quantità e qualità sono, di conseguenza, in felice connubio:
«Dopo aver soddisfatto le necessità materiali della vita, il bisogno di philosophia, per un ente razionale-morale come l’anthropos, che necessita di attribuire un senso ed un valore alla realtà, costituisce appunto l’attività primaria, ossia la più utile. Essa soltanto consente, infatti, di condurre nella maniera migliore la vita, realizzando la sua essenza nel modo più eccellente verso il fine naturale della verità. Per questo la sophia, per Aristotele, deve non solo essere posseduta, ma compiutamente utilizzata. È il fine del raggiungimento in atto della sophia, del resto, a muovere la potenza insita nel philosophein».[4]
Filosofia dell’educazione
Il “bene” è pratica, per cui la filosofia è pratica paideutica. Essa insegna il difficile cammino dell’umanizzazione. Il “bene” è prassi sociale ponendo in essere l’eccellenza dell’essere umano: l’indole comunitaria e sociale. Ma senza una adeguata paideutica delle emozioni e dei bisogni la finalità universale è profondamente imperfetta. La filosofia, sin dalle origini, insegna a contenere le spinte irrazionali e crematistiche mediante la chiarezza della verità e del bene, che devono essere testimoniati e vissuti, affinchè portino all’armonia interiore e sociale. Da ciò deduciamo la motivazione dell’avversione del capitalismo alla filosofia. Il capitalismo, per sopravvivere, esige il disordine delle emozioni e l’oblio del logos, quale razionalità etica capace di disciplinare le emozioni e di favorire le buone relazioni comunitarie nel segno del discernimento tra “essenziale ed inessenziale”:
«La philosophia, disciplinando le emozioni, risulta utile per orientarsi fra i problemi più rilevanti conducendo verso le soluzioni migliori, svolgendo in tal modo un compito fondamentale per l’essere umano».[5]
La filosofia delle Accademie universitarie insegue e si adatta al mondo, frammentandosi così in formalistiche iperspecializzazioni incapaci di cogliere l’approccio olistico che la connota. La filosofia è sapere teoretico concreto. Educa a ricomporre le parcellizzazioni che hanno smarrito il profondo sguardo con cui “mirare” la realtà. Teoria e prassi sono un corpo unico e vivente in perenne osmosi:
«La mera conoscenza pratica infatti, per lo Stagirita, non può sostituire la philosophia, che in tutte le sue parti si presenta come una episteme, ossia anche come un sapere teoretico. Per deliberare bene sul piano politico è in effetti necessario un orientemento filosofico, che nemmeno phronimos può trascurare completamente».[6]
La filosofia non è, dunque, un vuoto chiacchiericcio: essa ha un carattere epistemico ben saldo e chiaro. La filosofia è ricerca veritativa dell’intero, valutazione assiologica e metodo dialettico. Filosofare è ragionare per martellare la qualità veritativa delle “proposizioni”. La dialettica non è un mero parlare, è la struttura metodologica con la quale si approda alla verità e alla valutazione etica dell’intero:
«In base, infatti, a quanto finora argomentato, essendo la philosophia una ricerca dialettica della verità dell’intero avente come fine la buona vita degli esseri umani, tali elementi strutturalmente intrecciati, dunque separabili solo per esigenze didattiche – risultano essere: a) l’orizzonte veritativo dell’intero; b) la finalizzazione della buona vita; c) il metodo dialettico».[7]
Filosofia, scienza e religione
La filosofia si differenzia dalla religione, in quanto è sapere veritativo fondato a livello dialettico e argomentativo, ma anche dalla scienza, poiché quest’ultima si astiene dalla valutazione etica, si limita a descrivere i fenomeni e a matematizzarli. L’economicismo scientista è il vero nemico della filosofia. Lo scientismo asservito all’economia e agli affari è una forma di riduzionismo gnoseologico che struttura trasversalmente l’Occidente. Esso è ateo, in quanto rimuove volutamente la verità, in modo da proliferare e depredare l’umanità e l’ambiente:
«Come insegnano sia Platone che Aristotele, la prima operazione da compiere, per la definizione di philosophia, è, esattamente come per gli altri enti, la differenziazione della medesima dalle altre “specie” del “genere” comune, ossia del sapere. Erano in effetti presenti già in epoca presocratica molteplici forme di sapere simili alla filosofia, quali in primo luogo, come detto, le religioni e le scienze definite da alcune differenze specifiche. Le religioni, infatti, a differenza della philosophia, non sono caratterizzate né da un approccio veritativo, né da un metodo dialettico […], così come le scienze non sono caratterizzate né da un approccio interale, né da una finalizzazione valoriale […]».[8]
La filosofia è “sapere di non sapere”. Il capitalismo estrapola con il consenso del mondo accademico talune frasi e le trasforma in Totem con cui manipola il fine della filosofia. Nella logica “stile baci perugina” Socrate è un eterno ricercatore di verità, è condannato ad un’esistenza accostabile al mito di Sisifo: un lavoro continuo ma senza soddisfazione alcuna. La filosofia, come detto, è invece pacata e razionale soddisfazione del bisogno di verità in una cornice amicale nella quale chi è sconfitto ha fatto un passo in avanti verso la verità:
«Il clima dialogico-amicale, unito alle note affermazioni del Socrate storico di “sapere di non sapere” – o meglio, di sapere di non sapere tutta la verità in maniera assoluta, rimanendo dunque sempre aperto alla possibilità della confutazione –, ha dato tuttavia luogo ad alcuni equivoci ermeneutici sul suo pensiero. Frequenti sono tuttora, infatti, gli studiosi che interpretano Socrate come un mero fautore del dialogo, come se fosse impossibile, alla philosophia, trovare il sapere (la sophia), ma fosse possibile solo cercarlo, per amore del medesimo (la philia, appunto)».[9]
L’essere umano è comunitario e veritativo per sua natura, ricerca il senso della sua esistenza nella totalità della comunità. Universale e particolare sono inscindibili:
«L’essere umano è in effetti, per il prevalente pensiero greco, un ente che si realizza in maniera compiuta cercando di conoscere con verità e di agire bene. Per questo necessita della philosophia per la realizzazione della propria umanità. Nessun altro sapere, infatti, oltre la philosophia, si occupa della verità e del bene».[10]
La prassi del bene-verità
Per uscire dal politicamente corretto dobbiamo riconquistare il sapere filosofico e sulle orme dei filosofi dobbiamo reimparare a valutare la totalità sociale nella quale possiamo fiorire o sfiorire. La valutazione è responsabilità politica, in quanto invoca la partecipazione a migliorare qualitativamente la totalità. La filosofia, dunque, è impegno nella comunità e deserta i salotti:
«Per lo Stagirita, infatti, per quanto concerne la realtà umana, non basta descrivere le cose per come effettualmente si sono svolte, al fine appunto di conformarsi alla physis dell’essere umano. Si tratta peraltro di un compito in certo senso naturale, dato che per natura quelle modalità, se non impedite tendono a realizzarsi in quanto “le cose vere e giuste sono più forti delle loro contrarie”. Nella considerazione dello Stagirita, infatti non vi è mai opposizione, bensì complementarietà fra fatti e valori, così come fra teoria e prassi, le quali vengono quasi sempre analizzate in connessione. Aristotele parla per questo anche di una “verità pratica”, che si dà quando un ragionamento vero ispira, appunto, una scelta buona».[11]
Dobbiamo ricercare i motivi per ricominciare a leggere filosofi ed autori che hanno trasgredito il linguaggio dell’impero e che non usano tale prospettiva come uno strumento di affermazione personale, ma per sollevare domande vissute che “osano dare risposte”. Nel nostro tempo tutto è possibile, tranne essere autenticamente umani con i limiti e le contraddizioni che queste comportano, per cui riprendiamoci la nostra umanità-verità che il sistema ci nega con la sua hybris nichilistica.
La risposta al dramma etico in cui ci troviamo ad essere, Luca Grecchi l’ha elaborata con la Metafisica umanistica. L’essere umano è l’assoluto che pone la storia, ma quest’ultima ritrova il suo senso nella prassi finalizzata al bene e alla verità. Dobbiamo riprenderci la storia che il capitale vuole curvare ai suoi interessi mediante una progressiva opera di cancellazione di essa:
«Il fatto che l’Uomo costituisca un Assoluto solo secundum quid, non un Assoluto simpliciter, non deve far dubitare del suo ruolo di Fondamento. L’Uomo non è l’Assoluto simpliciter, dunque non è il Principio, semplicemente in quanto la sua esistenza è sottoposta sul piano fisico ad alcune condizioni, che sono appunto quelle del Principio. Ciò nonostante, l’Uomo è il suo Fondamento sul piano metafisico, poiché è, come ormai più volte ricordato, il solo ente in grado di conferire significato trascendentale alla Realtà».[12]
L’Umanesimo filosofico riconduce la storia al suo fondamento, l’essere umano, il capitalismo, invece, pone al centro la merce e il dispositivo tecnocratico. La storia è il luogo e lo spazio dell’impossibile, ma affinchè l’impossibile possa realizzarsi l’essere umano deve riprendersi la storia con la prassi del pensiero.
Salvatore Bravo
[1] Luca Grecchi, Il concetto di philosophia dalle origini ad Aristotele, Scholé, Morcelliana, Brescia 2023, p. 30.
N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo:
This website uses cookies to improve your experience. We'll assume you're ok with this, but you can opt-out if you wish.AcceptRead More
Privacy & Cookies Policy
Privacy Overview
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.