Il buon vivere racchiude in sé una prospettiva di armonia quale scopo primario della società. Una società in cui è la totalità armonica ad essere il fine dell’umanità. L’armonia sociale è il senso profondo di una Costituzione, dove vi è misura nell’uso delle risorse, e i diritti sociali come quelli individuali non sono mere espressioni linguistiche ma prassi culturale di ogni individuo e di un intero popolo.
Buen vivir
di Salvatore Bravo
Il buon vivere racchiude in sé una prospettiva di armonia quale scopo primario della società. Una società in cui è la totalità armonica ad essere il fine dell’umanità. L’armonia sociale è il senso profondo della nuova Costituzione, dove vi è misura nell’uso delle risorse, i diritti sociali e i diritti individuali non sono semplici espressioni linguistiche ma prassi culturale di un intero popolo
Il 20 ottobre 2008 è entrata in vigore in Ecuador la nuova Costituzione. L’Occidente è rinchiuso in un fortilizio bellicoso, il mondo intorno ad esso è già mutato, come testimonia la Costituzione dell’Ecuador, ma continua a vivere in una tragica illusione di onnipotenza.
L’Ecuador ha metabolizzato secoli di ingiustizie e ingerenze ed ha trovato la forza etica e politica di deviare dal percorso storico determinato dagli Stati Uniti che da sempre hanno considerato l’America del Sud come il ”cortile di casa”. Il paese andino è, ora, alla ricerca di un percorso politico e culturale autonomo. La Costituzione del 2008 è il punto di arrivo di un processo di presa di coscienza collettiva, e nel contempo inaugura un lungo cammino: è l’incipit per ritrovarsi dopo lo smarrimento coloniale. I tempi di materializzazione del progetto costituzionale non sono prevedibili, ma esso dona la speranza al popolo andino dopo la disperazione del colonialismo.
L’autonomia e la sovranità nazionale sono i fondamenti della nuova Costituzione, senza di esse non si possono difendere gli interessi, la lingua e la cultura del popolo di Ecuador dalle oligarchie transnazionali. Un popolo è tale se si riconosce non in astratto nel suo territorio, ma lo vive in una relazione olistica. L’Ecuador è il paese al mondo con il più alto numero di biodiversità per metro quadro. Non a caso la Costituzione dell’Ecuador difende la Pachamama, ovvero la madre terra, la quale non è materia da saccheggiare, ma è vita da conservare senza la quale l’Ecuador sarebbe solo un’espressione geografica. Giustizia sociale ed ambientale formano il connubio che porta al buon vivere comunitario (buen vivir in spagnolo, sumak kawsay in lingua indigena) con la realtà concreta costituita dalle persone e dall’ambiente. Nella lingua indigena del paese andino non vi sono parole che indicano lo sviluppo in senso proprietario e crematistico. Il buon vivere racchiude in sé una prospettiva di armonia quale scopo primario della società. Una società in cui è la totalità armonica ad essere il fine etico dell’umanità. L’armonia sociale è il senso profondo della nuova Costituzione, dove vi è misura nell’uso delle risorse, i diritti sociali e i diritti individuali non sono semplici espressioni linguistiche ma prassi culturale di un intero popolo che si ritrova nella sua storia dopo secoli di sfruttamento:
«Art. 1. – L’Ecuador è uno Stato Costituzionale di diritto e giustizia, sociale, democratico, sovrano, indipendente, unitario, interculturale, plurinazionale e laico. Si dà come forma organizzativa la Repubblica e si governa in modo decentralizzato. La sovranità ha le sue radici nel popolo, la cui volontà è il fondamento dell’autorità, e si esercita attraverso gli organi del potere pubblico e le forme di partecipazione diretta previste dalla Costituzione. Le risorse naturali non rinnovabili del territorio dello Stato appartengono al suo patrimonio inalienabile, irrinunciabile e inviolabile».
L’uguaglianza sociale per essere concreta deve riconoscere le differenze senza omologarle in categorie che nei fatti la negano. Le differenze sono riconosciute nella comune umanità all’interno della specificità di ogni persona. Non esiste la persona astratta, ma l’essere umano è concreto nella sua unicità armoniosa con se stesso, con la comunità e con l’ambiente:
«Art. 11. 2. – Tutte le persone sono uguali e godranno degli stessi diritti, doveri ed opportunità. Nessuno potrà essere discriminato per ragioni di etnia, luogo di nascita, età, sesso, identità di genere, identità culturale, stato civile, lingua, religione, ideologia, appartenenza politica, trascorsi legali, condizione socioeconomica, condizione migratoria, orientamento sessuale, stato di salute, sieropositività, invalidità, differenza fisica, né per nessun’altra distinzione di carattere individuale o collettivo, temporaneo o permanente, che abbia come obiettivo o come risultato la riduzione o l’annullamento del riconoscimento, del godimento o dell’esercizio dei diritti. La legge sanzionerà ogni forma di discriminazione».
Acqua ed educazione
La qualità di vita etica e sociale di un popolo si deduce dal suo rapporti con i beni essenziali. L’acqua non è un bene da vendere sul mercato, da essa dipende la vita di tutti gli esseri viventi, pertanto la Costituzione del 2008 l’ha sottratta dagli appetiti delle plutocrazie. L’alimentazione non è business ma esperienza vitale di un popolo, anch’essa dev’essere difesa dall’omologazione delle multinazionali che vorrebbero trasformarla in un mercato ad uso e consumo dei potentati. Un popolo che non controlla la propria acqua e la propria alimentazione non è tale, ma è solo un gregge al comando dei cattivi pastori della colonizzazione. La Costituzione del 2008 difende la vita del popolo favorendo «la buona alimentazione e il controllo dell’acqua»:
«Art. 12. – Il diritto umano all’acqua è fondamentale e irrinunciabile. L’acqua costituisce un patrimonio nazionale strategico di uso pubblico, inalienabile, imprescrittibile, irrinunciabile ed essenziale per la vita.
Art. 13. – Le persone e le collettività hanno diritto all’accesso sicuro e permanente a alimenti sani, sufficienti e nutrienti; preferibilmente prodotti localmente e conformemente alle loro diverse identità e tradizioni culturali».
Nell’Occidente a trazione oligarchica ogni aspetto dell’esistenza è merce. L’integralismo fanatico e compulsivo del mercato ha trasformato le scuole in costole del mercato. Si proclama la difesa dei diritti individuali, ma nella prassi le persone sono offese nella loro dignità, in quanto come consumatori o come lavoratori sono al servizio del mercato, sono pietre di scarto da usare fino all’usura. L’alienazione è la patologica normalità dell’Occidente.
Nella Costituzione del 2008 l’educazione è difesa dagli interessi particolari. La libertà educativa ha quale fine lo sviluppo integrale della persona; la famiglia ha il compito di educare in libertà e responsabilità. Stato e famiglie collaborano per garantire nella pluralità delle scelte lo sviluppo della persona. Negli articoli della Costituzione si difende e si favorisce la difese delle lingue della nazione, in quanto esse conservano la cultura e la sovranità culturale del popolo:
«Art. 28. – L’educazione risponderà all’interesse pubblico e non servirà interessi privati o corporativi. Sarà garantito l’accesso universale, la permanenza, la mobilità e il ritorno senza discriminazione alcuna e l’obbligatorietà della scolarità elementare e superiore o di livello equivalente. È diritto di ogni persona e di ogni comunità l’interazione tra culture e la partecipazione in una società che apprende. Lo Stato promuoverà il dialogo interculturale nelle sue molteplici dimensioni. L’apprendimento si svilupperà in forma secolarizzata e non secolarizzata. L’istruzione pubblica sarà universale e laica ad ogni livello, e gratuita fino al terzo livello di istruzione superiore incluso.
Art. Art. 28. – Lo Stato garantirà la libertà di insegnamento, la libertà di docenza nell’istruzione superiore, e il diritto delle persone ad apprendere nella propria lingua e nel proprio ambito culturale. Le madri e i padri o i loro rappresentanti avranno la libertà di scegliere per le loro figlie e i loro figli un’educazione conforme ai propri principi, credenze e opinioni pedagogiche».
Comunità e mobilità
La mobilità migratoria è garantita. Lo Stato dell’Ecuador nel progetto costituzionale non recide le proprie responsabilità verso i cittadini che emigrano, ma conserva con essi un legame comunitario di assistenza e riconoscimento della comune cultura di provenienza. Chi è distante a livello spaziale continua ad essere parte della comunità:
«Mobilità umana, Art. 40. – È riconosciuto alle persone il diritto di migrare. Nessun essere umano sarà identificato né considerato come illegale per la sua condizione migratoria. Lo Stato, attraverso le entità preposte, svilupperà tra le altre le seguenti azioni per l’esercizio dei diritti delle persone di nazionalità ecuadoriana all’estero, quale che sia la loro condizione di migranti: 1.Offrirà assistenza a loro e alle loro famiglie, che risiedano all’estero o nel paese. 2. Offrirà assistenza, servizi di consulenza e tutela integrale perché possano esercitare liberamente i propri diritti. 3.Tutelerà i loro diritti qualora, per qualsivoglia ragione, siano private della propria libertà all’estero. 4. Promuoverà i loro legami con l’Ecuador, faciliterà la riunificazione familiare e stimolerà il ritorno volontario».
Vi è il diritto ad emigrare, se in patria non vi sono le condizioni per una vita dignitosa. Lo Stato non può restare indifferente dinanzi alla sofferenza di coloro che emigrano per una condizione disagiata, pertanto deve favorire lo sviluppo armonioso della comunità, in modo che coloro che lo desiderano possano tornare in patria e ricongiungersi alla propria comunità. L’emigrazione è il sintomo di un malessere, uno Stato giusto deve intervenire per limitare la mobilità migratoria economica.
Modello economico
Il modello economico ecuadoriano ha quale fine l’essere umano. Vi sono nella Costituzione specifiche sezioni dedicate a giovani e anziani, i quali devono essere assistiti e curati nei momenti di fragilità (Capitolo terzo. Prima e Seconda sezione). Nessun essere umano dev’essere lasciato solo, la cura e il bene sono il fine della comunità.
Si fonda una economia umanistica, in quanto il mercato deve essere per l’essere umano: per cui non deve cannibalizzarlo. Attività pubbliche e private in armonia con l’ambiente hanno lo stesso fine, ovvero il buon vivere. Nulla di più distante dall’integralismo acefalo dell’aziendalizzazione della vita dell’Occidente. L’Ecuador ha vissuto i guasti e le lunghe tragedie dell’economia di mercato, pertanto ha pensato e rielaborato i modelli economici del Novecento all’interno della cultura andina di origine:
«Art. 283. – Il sistema economico è sociale e solidale; riconosce l’essere umano come soggetto e fine; tende a una relazione dinamica ed equilibrata tra società, Stato e mercato, in armonia con la natura; e ha l’obiettivo di garantire la produzione e riproduzione delle condizioni materiali ed immateriali che consentano il buon vivere. Il sistema economico sarà costituito dalle forme di organizzazione economica pubblica, privata, mista, popolare e solidale, e le restanti stabilite dalla Costituzione. L’economia popolare e solidale sarà regolata in accordo con la legge e includerà i settori cooperativi, associativi e comunitari».
Identità e sovranità non significano nazionalismo, ma indipendenza e autonomia. Tale fine è realizzabile solo nel reciproco riconoscimento delle altrui sovranità nazionali. L’Ecuador inaugura l’internazionale della collaborazione e, dunque, della pace. Ogni forma di xenofobia è rigettata:
«Art. 416. – Le relazioni dell’Ecuador con la comunità internazionale risponderanno agli interessi del popolo ecuadoriano, al quale renderanno conto i loro responsabili ed esecutori, e di conseguenza lo Stato ecuadoriano: 1. Proclama l’indipendenza e l’uguaglianza giuridica degli Stati, la convivenza pacifica e l’autodeterminazione dei popoli, così come la cooperazione, l’integrazione e la solidarietà. 2. Sostiene la risoluzione pacifica delle controversie e dei conflitti internazionali, e rifiuta la minaccia e l’uso della forza per risolverli. 3. Condanna l’ingerenza degli Stati negli affari interni di altri Stati, e qualsiasi forma di intervento, sia incursione armata, aggressione, occupazione o embargo economico o militare. 4. Promuove la pace, il disarmo universale; condanna lo sviluppo e l’uso di armi di distruzione di massa e l’imposizione di basi o installazioni con finalità militari di alcuni Stati sul territorio di altri. 5. Riconosce i diritti dei distinti popoli che coesistono all’interno degli Stati, specialmente il diritto di promuovere meccanismi che esprimano, preservino e tutelino il diverso carattere delle loro società, e rifiuta il razzismo, la xenofobia e ogni forma di discriminazione. 6. Sostiene il principio di cittadinanza universale, la libera circolazione di tutti gli abitanti del pianeta e il progressivo abbandono della condizione di straniero come elemento di trasformazione delle relazioni diseguali tra i paesi, specialmente Nord-Sud. 7. Esige il rispetto dei diritti umani, in particolare dei diritti dei migranti, e favorisce il loro pieno esercizio mediante l’osservanza degli obblighi assunti con la ratifica delle convenzioni internazionali sui diritti umani. 8. Condanna ogni forma di imperialismo, colonialismo, neocolonialismo, e riconosce il diritto dei popoli alla resistenza e alla liberazione da ogni forma di oppressione. 9. Riconosce il diritto internazionale come codice di condotta, ed esige la democratizzazione degli organismi internazionali e l’equa partecipazione degli Stati all’interno degli stessi. 10. Promuove la creazione di un ordine globale multipolare con la partecipazione attiva dei blocchi economici e politici regionali, e il rafforzamento delle relazioni orizzontali per la costruzione di un mondo giusto, democratico, solidale, diverso e interculturale».
Intorno al piccolo Occidente il mondo è in trasformazione, si stanno effettuando progettualità alternative all’integralismo crematistico bellicoso e aggressivo della società della sola economia di mercato. L’esperienza dell’Ecuador non è unica, ma è una delle più apprezzabili e sconosciute. L’informazione attuale occidentale è simile ad un bunker, deve impedire alla popolazione la riflessione collettiva sulle potenziali alternative, le quali sono già in atto in un mondo nei fatti multipolare e a cui si reagisce con la logica del bunker e della guerra.
Il preambolo della Costituzione è un appello a tutti i popoli a trasformare il loro modo di vivere e a fare “tesoro” delle differenze e dell’esperienza storica:
«PREAMBOLO NOI TUTTE E NOI TUTTI, il popolo sovrano dell’Ecuador RICONOSCENDO le nostre radici millenarie, forgiate da donne e uomini appartenenti a popoli diversi, CELEBRANDO la natura, la Pacha Mama, della quale siamo parte e che è vitale per la nostra esistenza, INVOCANDO il nome di Dio e riconoscendo le nostre diverse forme di religiosità e spiritualità, APPELLANOCI alla saggezza di tutte le culture che ci arricchiscono come società, COME EREDI delle lotte sociali di liberazione da ogni forma di dominazione e colonialismo, e con un impegno profondo verso il presente ed il futuro, Decidiamo di costruire Una forma nuova di convivenza civile, nella diversità e in armonia con la natura, per raggiungere il buon vivere, il “sumak kawsay”; Una società che rispetta, in ogni dimensione, la dignità delle persone e delle collettività; Un paese democratico, impegnato nell’integrazione latinoamericana – sogno di Bolívar e Alfaro –, la pace e la solidarietà con tutti i popoli della terra; e Nell’esercizio della nostra sovranità, a Ciudad Alfaro, Montecristi, nella Provincia di Manabí, approviamo quanto segue».
Anche noi “occidentali” dovremmo elaborare nuovi preamboli per uscire dalla trappola bellicosa in cui siamo caduti. Siamo ad un bivio: si può intraprendere la via della conservazione, e quindi, trasformare il nostro futuro in uno stato di guerra per difendere un modello sociale ed economico antiumanistico o si può tentare di percorrere la via più difficile, elaborando una nuova progettualità umanistica del vivere da tradurre in prassi. Per calcare la via dell’esodo da un sistema tossico per l’essere umano e inquinante per l’ambiente, l’Occidente deve fondare una nuova metafisica umanistica. Il futuro è potenzialità da pensare nel presente. La guerra e la mercificazione della vita sono i segni degli sforzi dei potentati per mantenere la loro supremazia. A questa loro lunga agonia occore dare una risposta. L’Ecuador ha redatto la sua risposta per non precipitare nell’abisso del consumo totale. Il confronto con i processi di emancipazione in atto negli “Stati altri” non può che favorire la speranza e la prassi nell’Occidente a cui la mercificazione oscena di ogni vita ed esperienza ha tolto la dimensione della speranza.
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