In memoriam di Giancarlo Paciello. Uno sguardo sul Medio Oriente. Giovedì 16 novembre 2023, ore 20,45. Sarà ospite Sami Hallac, originario dei territori palestinesi occupati nel 1967.


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Salvatore Bravo – Pesantezza e leggerezza in Italo Calvino


Salvatore Bravo

Pesantezza e leggerezza in Italo Calvino

 

È il centenario della nascita di Calvino (1923-1985), si susseguono le manifestazioni in suo ricordo, il dibattito sull’autore cede il passo alla vendita dei suoi testi, per cui “niente di nuovo per noi che viviamo nella società di mercato”. Si ricorda in modo costante che Italo Calvino ruppe con il Partito comunista dopo l’invasione d’Ungheria del 1956, per cui ben si presta ad essere eletto come letterato che si è battuto per la libertà in nome dei diritti individuali e che ha abbandonato il PCI al suo destino con una lunga lettera sull’Unità il 7 agosto 1957. Nel 1985, nell’anno della sua morte improvvisa, scrisse Lezioni americane per i seminari che avrebbe dovuto tenere ad Harvard. Il testo vorrebbe essere un manifesto che enumera le qualità che dovrebbe avere la letteratura contemporanea: si tratta di una serie di paradigmi posti in ordine decrescente di rilevanza. La morte gli impedì di completare le lezioni, non a caso la settima sulla “concretezza” non fu che abbozzata.

 

Leggerezza

Il primo paradigma è la “leggerezza” che deve opporsi alla “pesantezza”. Lo stile dev’essere leggero, deve sublimare in lievità ciò che grava sulle esistenze. Si tratta di rappresentare ciò che è insostenibile con figure, simboli, immagini e parole che possono filtrare la tragedia e renderla lieve al lettore. La leggerezza è “terapeutica” consente di sopportare l’insopportabile:

“Nei momenti in ci il regno dell’umano mi sembra condannato alla pesantezza, penso che dovrei volare come Perseo in un altro spazio. Non sto parlando di fughe nel sogno o nell’irrazionale. Voglio dire che devo cambiare il mio approccio, devo guardare il mondo con un’altra ottica, un’altra logica, altri metodi di conoscenza e verifica. Le immagini che io cerco non devono lasciarsi dissolvere come sogni dalla realtà del presente e del futuro…[1]

La leggerezza, questo è il sospetto, è un criterio che può essere letterario, ma che può celare il disimpegno e la rappresentazione falsata della realtà. Le contraddizioni sociali e le inquietudini metafisiche della contemporaneità necessitano di “pesantezza e di ingombranti concetti”. Nell’epoca del disimpegno e della derealizzazione tutto è divenuto talmente “leggero” da evaporare.

 La letteratura, afferma Italo Calvino, deve condurre alla lievità e a “guardare-vivere” la realtà con immagini che smorzano la “pesantezza”. Come Perseo, il quale guarda sul suo scudo l’immagine della Gorgone per evitare di essere pietrificato. Perseo, lieve sulle nuvole, decapita la Gorgone e dal suo sangue nasce Pegaso, cavallo alato, simbolo della leggerezza[2].

 La letteratura in un tempo di tragedia come il nostro dominato dalle immagini che hanno sostituito il concetto e la realtà deve rappresentare il “nudo vero”, in modo da muovere le coscienze fuori dalla società dello spettacolo. Abbiamo bisogno di pesantezza che possa indurci a pensare e a progettare, le immagini mediate e posticce favoriscono l’abbassamento della soglia di allarme. Italo Calvino riporta – tra i non pochi modelli di leggerezza – Leopardi come poeta e filosofo della leggerezza; ma in Leopardi la gravità è in un equilibrio stupefacente con la bella forma; Leopardi non è poeta della pesantezza né della leggerezza; svela il “crudo vero” senza fraintendimenti fantastici:

“Leopardi, nel suo ininterrotto ragionamento sull’insostenibile peso del vivere, dà alla felicità irraggiungibile immagini di leggerezza: gli uccelli, una voce femminile che canta da una finestra, la trasparenza dell’aria, e soprattutto la luna[3]”.

 

 

Velocità

La letteratura dev’essere veloce nel secolo della motorizzazione. La letteratura che si ispira al “mondo” e alla “tecnica” non può che essere accolta con favore nei circoli salottieri e dalle case editrici che pubblicano prodotti a misura delle richieste del mercato. Esse sono solo aziende che vendono il prodotto libro. La velocità è un requisito fondamentale per vendere, i concetti devono essere pochi, se ci sono e abbozzati, in modo da non stancare il lettore abituato al ritmo compulsivo della contemporaneità:

“Il secolo della motorizzazione ha imposto la velocità come un valore misurabile, i cui records segnano la storia del progresso delle macchine e degli uomini. Ma la velocità mentale non può essere misurata e non permette confronti e gare, né può disporre i propri risultati in una prospettiva storica. La velocità mentale vale per sé, per il piacere che provoca in chi è sensibile a questo piacere, non per l’utilità pratica che si possa ricavarne. Un ragionamento veloce non è necessariamente migliore d’un ragionamento ponderato; tutt’altro; ma comunica qualcosa di speciale che sta proprio nella sua sveltezza[4]”.

 

Abbiamo bisogno di velocità o di reimparare a indugiare sui concetti e dunque a leggere con lentezza? La capacità di lettura e di comprensione dei testi è sempre più modesta in giovani e meno giovani, la letteratura della velocità piace al mondo, alla tecnica e al mercato. Essa ha dismesso la sua funzione paideutica del pensare-indugiare. La velocità è penetrata nella letteratura e l’ha resa superflua, in quanto ha subito l’incanto della tecnica, non si è mostrata autonoma e critica, ma l’ha duplicata. La letteratura contemporanea è governata da una pletora di velocisti che nulla sanno dire, ma sono capaci di inseguire il gusto manipolato dalla velocità del pubblico. La letteratura dev’essere lenta, deve con la sua pensosa lentezza riportarci nella concretezza del quotidiano per guardarlo con lo sguardo del concetto.

 

 

Esattezza

L’esattezza, criterio scientifico-matematico, è il mezzo con cui le belle parole divengono una traccia verso l’invisibile, afferma Italo Calvino nella sua bella definizione della parola. Il problema è l’invisibile, la letteratura è una traccia che dovrebbe condurre alla realtà storica e alle contraddizioni del sistema socio-economico. In Calvino l’invisibile è altro, è l’immaginazione con cui filtrare la realtà e ricondurla ad un livello impalpabile, in cui la tragedia perde la sua consistenza reale:

“Credo che i nostri meccanismi mentali elementari si ripetono dal Paleolitico dei nostri padri cacciatori e raccoglitori attraverso tutte le culture della storia umana. La parola collega la traccia visibile alla cosa invisibile, alla cosa assente, alla cosa desiderata e temuta, come un fragile ponte di fortuna gettato nel vuoto. Per questo il giusto uso del linguaggio per me è quello che permette di avvicinarsi alle cose (presenti o assenti) con discrezione e attenzione e cautela, col rispetto di ciò che le cose (presenti o assenti) comunicano senza le parole[5]”.

 

All’esattezza la letteratura dovrebbe prediligere la “verità”. È preferibile una letteratura vera ad una letteratura che persegue l’esattezza. Non a caso lo scrittore si pone la domanda cruciale, constata la crisi dell’immaginazione e del concetto che ne consegue, ma la risposta è aggirata. La crisi dell’immaginazione è associata alla tecnica, si evita di nominare la causa da cui tutto si origina: la struttura economica che usa la tecnica per sorvegliare i suoi sudditi e addomesticarli nella mente e nel corpo. La pedagogia dell’immaginazione proposta da Calvino non può risolvere il problema radicale, Calvino evita di indicare con parole precise la causa prima della crisi dell’immaginazione: il capitalismo. La pedagogia dell’immaginazione dovrebbe curare i sintomi senza incidere nel corpo del problema, la verità pare così occultata:

“Se ho incluso la Visibilità nel mio elenco di valori da salvare è per avvertire del pericolo che stiamo correndo di perdere una facoltà umana fondamentale: il potere di mettere a fuoco visioni a occhi chiusi, di far scaturire colori e forme dell’allineamento di caratteri alfabetici neri su una pagina bianca, di pensare per immagini. Penso a una possibile pedagogia dell’immaginazione che abitui a controllare la propria visione interiore senza soffocarla e senza d’altra parte lasciarla cadere in un confuso, labile fantasticare, ma permettendo che le immagini si cristallizzino in una forma ben definita, memorabile, autosufficiente <<icastica>>. Naturalmente si tratta d’una pedagogia che si può esercitare solo su se stessi, con metodi inventati volta per volta e risultati imprevedibili[6]”.

 

 

Molteplicità

Il romanzo deve rispecchiare la vita interiore degli uomini, la quale è costituita da una “combinatoria” di esperienze. Le variabili sono tante, ma il problema è l’unità, se ci si sofferma solo sulla “combinatoria” vi è il rischio di perdersi nel caos del mondo, di cui non si coglie l’unità che spiega il proliferare delle variabili con i loro urti e con le loro plastiche associazioni:

“Sono giunto al termine di questa mia apologia del romanzo come grande rete. Qualcuno potrà obiettare che più l’opera tende alla moltiplicazione dei possibili più s’allontana da quell’unicum che è il self di chi scrive, la sincerità interiore, la scoperta della propria verità. Al contrario, rispondo, chi siamo noi, chi è ciascuno di noi se non una combinatoria d’esperienze, d’informazioni, di letture, d’immaginazioni? Ogni vita è un’enciclopedia, una biblioteca, un inventario d’oggetti, un campionario di stili, dove tutto può essere continuamente rimescolato e riordinato in tutti i modi possibili[7]”.

 

Ricordare è sicuramente un modo per onorare chi ci ha preceduti, ma il rammentare senza concettualizzazione critica non è cultura, è solo una operazione commemorativa che non ci orienta a decodificare il presente, ma a duplicarlo e a renderlo eterno.
La letteratura è l’altro volto della filosofia, deve insegnarci ad indugiare sull’insostenibilità del mondo per poter elaborare percorsi di emancipazione. Ricordiamo Calvino riconoscendo il valore della sua opera.
Bisogna commemorare per reimparare a dissentire; all’occultamento della realtà che si inabissa velata da immagini e fantasmagorie, bisogna opporre più realtà e più verità: di questo necessitiamo.
l giudizio che Italo Calvino diede nella lettera d’addio al PCI sulla letteratura marxista per la sua pesantezza, oggi appare “severo”, se si considera valida la “leggerezza” dell’attuale letteratura:

“Sono consapevole di quanto il Partito ha contato nella mia vita; vi sono entrato a vent’anni, nel cuore della lotta armata di liberazione; ho vissuto come comunista gran parte della mia formazione culturale e letteraria; sono diventato scrittore sulle colonne della stampa di Partito; ho avuto modo di conoscere la vita di Partito a tutti i livelli, dalla base al vertice, sia pure con una partecipazione discontinua e talora con riserve e polemiche, ma sempre traendone preziose esperienze morali e umane; ho vissuto sempre (e non solo dal XX Congresso) la pena di chi soffre gli errori del proprio tempo, ma avendo costantemente fiducia nella storia; non ho mai creduto (neanche nel primo zelo del neofita) che la letteratura fosse quella triste cosa che molti nel Partito predicavano, e proprio la povertà della letteratura ufficiale del comunismo mi è stata di sprone a cercare di dare al mio lavoro di scrittore il segno della felicità creativa: credo di essere sempre riuscito ad essere, dentro il Partito, un uomo libero”.

 

La pesantezza, ovvero l’impegno e il realismo, è ciò che manca alla letteratura attuale che compiace il mercato e non fa pensare. Non possiamo che guardare come a dei maestri autori come Bertolt Brecht, Walter Benjamin, Hanns Eisler, Ernst Bloch, György Lukács, Johannes R. Becher, Andor Gabor e Alfred Kurella e al nostro Gramsci. Lo smantellamento del PCI e delle ideologie afferenti ha condotto ad una leggerezza nichilistica, è diventata la morte della letteratura che si è nutrita solo di banalità, e non è più al servizio dei popoli e della verità, ma è organica al mercato. Italo Calvino non è certo responsabile della mercificazione della letteratura del nostro tempo, ma Lezioni americane sono il prodromo della letteratura al servizio del capitale e degli intellettuali del disimpegno. Non abbiamo bisogno di scrittori organici alla “società dello spettacolo”, ma di dissidenti ed eretici che si oppongono al turbocapitalismo che annienta con la politica il pensiero critico e l’emancipazione di classe.

 

[1] Italo Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, Oscar Mondadori, Milano 2011, pp. 11-12.

[2] Ibidem, pp. 8-9.

[3] Ibidem, p. 28.

[4] Ibidem, p. 47.

[5] Ibidem, p. 76.

[6] Ibidem, p. 94.

[7] Ibidem, p. 121.


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Mauro Armanino – Dare il nome giusto alle cose. Istruzioni per l’uso nel Sahel.


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Un nuovo modo di pensare è necessario per attraversare il deserto antiumanistico in cui sta cadendo la nostra società e può venire compendiato in cinque assiomi

Henri Matisse, La danza II (1910), olio su tela, 260×391 cm, Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo

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Francesco Vigliarolo – C’è una cultura depredatrice della vita umana che attraversa tutti gli ambiti, sociale, economico e politico. Bisogna sovvertire questa cultura. È sicuramente necessario costruire un altro pensiero economico che si fondi su un’altra visione della vita.

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Mauro Armanino – Le frontiere del golpe nel Niger. È possibile un mondo “altro”, senza frontiere, che ridoni spazio alla vita del quotidiano, così marcatamente precario in città, mentre nella campagna basta la pioggia per ciò che è stato seminato, a coltivare un futuro possibile. Anche perché, come diffusamente condiviso, le nostre frontiere sono mobili come zolle di polvere che il vento si diverte a disegnare a forma di speranza.


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Vogliono rendere obsoleto il tempo necessario alla deliberazione riflessiva tra esseri umani. Vogliono privare il soggetto di ogni sostanza: renderlo mero involucro. Il nostro viaggio invece presuppone la lentezza.

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Consumismo di guerra. Il volto della guerra è quello dipinto da Dalì: la morte. Liberiamoci dalla tossina della guerra dalle parole, dai gesti e dai comportamenti. Senza la scuola della pace, in cui riscoprire la bellezza del dono, nulla sarà possibile. La trasgressione massima è il dono, il contenimento felice del consumo che apre il varco al “valore d’uso”. La guerra è preparata dallo sguardo famelico che non vede l’alterità ma vede soltanto la preda. A tutto questo dobbiamo riununciare, se vogliamo una pace certamente faticosa da raggiungere, ma duratura e vera, costruendo una comunità di libere individualità desiderose di armonia.

S. Dalì, Il volto della guerra, 1940.
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Mauro Armanino – Il colpo di Stato della Vergogna


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Mauro Armannino – «Lettera ad un Paese senza qualità». Senza qualità proprio in conseguenza di una duplice dimissione, quella dello spirito e quella della sovranità. Abbiamo accettato di rimuovere la bellezza, la verità e il bene dal nostro quotidiano “abitare” il mondo.



Mauro Armanino

Dissociazioni vaticane

Non c’è traccia, in chi scrive, di preclusioni nei confronti dei vaccini
ma c’è ‘resistenza’
nei confronti di una visione totalitaria della risposta politica alla ‘pandemia’ Covid

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Il testo che segue è una lunga lettera aperta scritta da un missionario che opera da anni in Niger. Prende spunto dall’improvvida decisione vaticana di coniare una moneta celebrativa del vaccino e da un intervento di Civiltà cattolica entusiasticamente schierato a favore della vaccinazione per sviluppare una serie di considerazioni sulle politiche pandemiche, le quali toccano temi cruciali che, partendo dalla contingenza sanitaria, gettano una luce significativa su una temperie culturale ed antropologica che dovrebbe suscitare la massima attenzione e vigilanza.
I temi toccati, con lucido e acuto giudizio illuminato da profonda sensibilità umana, sono tanti, ma arrivano a fondersi in una riflessione coerente ed unitaria, capace di offrire a chi legge spunti preziosi da riprendere ed approfondire ed un filo conduttore per orientarsi in uno scenario dove da due anni la manipolazione, dell’informazione innanzitutto, dirige il coro, delegittimando pesantemente chi rifiuta di recitare la parte assegnata o di applaudire i recitanti.
L’orizzonte in cui si inserisce questo coraggioso intervento è racchiuso fra due parole, non a caso poste in apertura, già nel titolo, e in conclusione: Dissociazioni e r-esistere.
Quanto alla prima, l’autore intende sottolineare la propria abissale distanza dalle posizioni assunte dall’istituzione di cui fa parte: se dissentire, non uniformarsi al pensiero dominante ha sempre garantito al refrattario una certa emarginazione, almeno dai circuiti del successo professionale e sociale, oggi è diventato (con buona pace dei valori della democrazia liberale che, paradossalmente ma non troppo, siamo chiamati a difendere lontano dalle nostre frontiere) un esercizio decisamente pericoloso che inscrive tout court chi lo pratica nella lista abietta dei nemici del bene pubblico e del genere umano. Oggetto di pesante scomunica morale, essi sono suscettibili anche di provvedimenti molto pratici, tesi ad espellerli dalla vita collettiva e a privarli della possibilità stessa di sostenersi, con allontanamento dal lavoro, o, come è successo nel democratico e progressista Canada qualche mese fa per stroncare la protesta dei camionisti, con il blocco dei conti correnti.
Insomma, ai nostri tempi dissociarsi e rivendicare la propria libertà di coscienza non è più una posa da intellettuali frondeurs, con un piede nell’Accademia e l’altro nella barricata. La partita si è fatta molto dura, perché è in gioco una profonda riconfigurazione complessiva della società, funzionale al riassestamento del capitale in un contesto geopolitico molto diverso da quello del Novecento.
Inoltre, dissociarsi richiede una certa capacità di leggere la realtà, un certo legame con la sua superficie impervia e scabra, con il suo cuore pungente e stratificato, al fine di evitare di scivolare sul terreno di cera della nuova Babele, dove il demone della menzogna linguistica asservito al potere inverte il significato delle parole e coltiva spericolati ossimori come il capitalismo inclusivo benedetto dal Vaticano e denunciato da Mauro Armanino con l’indignazione del cristiano consapevole che non si possono servire due padroni.[1]
Dall’atto intellettuale del dissentire alla scelta morale di resistere: non solo per non rendersi complici di chi ha strumentalizzato l’epidemia da Covid 19 per ridisegnare il mondo (le élites economico-politiche e i loro cani da guardia incaricati di affinare i dispositivi ideologici), ma per custodire e valorizzare l’esistenza che è stata umiliata e negata proprio quando si è voluto farla coincidere con la nuda vita da salvaguardare ad ogni costo. E il costo è stato il sacrificio di libertà e diritti che si ritenevano consolidati e delle relazioni interpersonali su cui si è da sempre fondata la socialità umana. L’egoismo della sopravvivenza, alimentato a suon di campagne mediatiche di stampo terroristico, è stato contrabbandato per rispetto degli altri, mentre rappresentava l’estrema torsione dell’istinto individualistico a preservare il benessere personale, nel disinteresse per il dissolvimento di quanto restava di vincoli comunitari e di spazi democratici. E intanto i malati morivano soli negli ospedali, o si ritrovavano abbandonati in casa sospesi tra tachipirina e beckettiana attesa, ai morti era negato l’estremo omaggio della sepoltura (pratica nata con l’umanità stessa), i vivi non vaccinati venivano sottoposti a misure di apartheid, i vaccinati erano aizzati contro i cattivi renitenti al siero, tutti passavano sotto le forche caudine di una paralizzante operazione di infantilizzazione di massa all’insegna della paura, mentre i bimbi imparavano a (dis)conoscere il mondo tramite lo schermo di un computer o di una mascherina.
Giustamente, Armanino evoca da un lato missionari e santi che, in passato, non esitarono a correre il rischio di ammalarsi per portare conforto ai sofferenti e dall’altro il transumanesimo che si affaccia asettico e performante dietro le porte ben protette di Davos. Aggiungo agli esempi di autentica solidarietà citati, tutti coloro che hanno affrontato la morte, battendosi per una causa per la quale erano convinti valesse la pena rinunciare alla vita biologica. Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà:[2] è questa una verità capace di sovvertire i calcoli meschini, di scardinare la forza di ricatto di chi comanda, di vincere la paura – e l’oscuramento della mente e del cuore che ne nasce – e di fondare la libertà ch’è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta.[3]
È per scongiurare un salto antropologico radicale – con la sua pretesa di annullare millenni di cultura e di civiltà umane ormai inutili e persino d’inciampo sulla via della servitù volontaria e collaborativa che è il nuovo modello sociale messo a punto dal personale di servizio ideologico – che l’autore di questa lettera aperta chiama alla r-esistenza: resistere significa ormai difendere le condizioni stesse per continuare ad esistere, in dignità, libertà e umanità.

Fernanda Mazzoli

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Mauro Armanino

Dissociazioni vaticane

Non c’è traccia, in chi scrive, di preclusioni nei confronti dei vaccini
ma c’è ‘resistenza’
nei confronti di una visione totalitaria della risposta politica alla ‘pandemia’ Covid

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  1. La moneta vaticana

La serie è composta da 8 monete, sul rovescio ci sono le caratteristiche tecniche uguali per tutti i paesi aderenti alla moneta unica europea. Sul dritto è raffigurato lo stemma di Papa Francesco, Sovrano dello Stato del Vaticano, la scritta “Città del Vaticano” e dodici stelle. La serie è disponibile in due versioni: la prima con la moneta da 20 euro in argento e la seconda con la moneta in oro da 50 euro. La moneta in argento da 20 euro, opera di Chiara Principe, è dedicata ad un argomento attuale che sta molto a cuore a papa Francesco: le cure per contrastare la pandemia e la necessità di vaccinarsi. Sulla moneta sono raffigurati un medico, un infermiere e un ragazzo che è pronto a farsi iniettare il vaccino. Il Santo Padre ha più volte sottolineato l’importanza della vaccinazione, ricordando che la cura della salute è “un obbligo morale” ed è importante “proseguire lo sforzo per immunizzare anche i popoli più poveri”… [4]

Ecco come è introdotta la moneta vaticana. L’immagine mi era stata segnalata da Martin Steffens, giovane filosofo francese, critico dell’attitudine ufficiale della gerarchia ecclesiastica sulle politiche riguardanti la gestione dell’epidemia Covid.[5]

Se ancora esistevano dubbi a riguardo, la moneta in questione è una rivelazione, uno smascheramento che insinua più o meno apertamente almeno tre messaggi:

Adesione: mentre ancora ferve il dibattito, almeno contradditorio, tra chi vuole includere i bambini nella vaccinazione e chi ritiene che essa sia non solo inutile ma dannosa, il ‘Vaticano’ prende posizione. In virtù di un mandato che appartiene al ‘Capo dello Stato vaticano’, lo stesso che molto democraticamente obbliga i propri dipendenti a vaccinarsi pena l’esclusione dal lavoro, diritto e dovere di ogni cittadino. Nello stesso stato vaticano le organizzazioni sindacali sono vietate, malgrado l’esistenza di una ‘Dottrina Sociale’ della Chiesa che ne auspica l’esistenza e l’azione. Tramite l’immagine citata si opera un’adesione incondizionata e evidente alle politiche sanitarie ‘imposte’ da scelte la cui validità scientifica è stata messa in discussione da persone competenti e preparate.[6]

Il fatto di presentare in modo iconico il medico (la scienza), l’infermiere (la cura), il ragazzo e la siringa è inequivocabile: la salvezza è a portata di … siringa.

Arroganza. Detta conclusione ‘monetaria’ appare nel contempo arrogante perché esclude ogni possibile scelta alternativa, per quanto fondata essa sia. La stessa accomodante arroganza, d’altra parte, che ha accompagnato l’adesione alle scelte dei decreti legge durante la ‘crisi’, creata o presunta essa sia stata. Vi sono state decine di dichiarazioni ufficiali, da parte di migliaia di scientifici che hanno messo in serio dubbio le politiche di gestione della pandemia. Dal confinamento, alla distanziazione sociale per passare all’uso intimidatorio delle mascherine. Tutto falsamente omogeneo e in consonanza con la scienza che invece è apparsa come la grande perdente di tutte queste operazioni. Lo ricorda l’antropologo della salute Jean Michel Dominique: la medicina non è una scienza ma un’arte che si avvale della scienza …!

Manipolazione. Quasi per caso appare, nell’immagine citata, una piccola croce appena sopra il capo del ragazzo rappresentato, mascherato come gli altri due personaggi che lo attorniano. La croce che, in tutto il periodo citato, è stata usata e abusata per giustificare o proteggere le scelte governative di controllo sociale col pretesto della gestione della malattia. Una profanazione che, vista dal lontano/vicino Sahel dove ben altri sono stati i problemi di questo tempo, ha posto la ‘nuda vita’ , per dirla con l’amico Giorgio Agamben, come la nuova religione assoluta. Dov’era dunque la croce quando morivano, sole e abbandonate le persone anziane nelle case di riposo (eterno), nelle chiese sostanzialmente chiuse (neppure in guerra era accaduto) e nella ‘distanziazione sociale’ (con che coraggio leggere il vangelo nel quale il Cristo ‘tocca’ i lebbrosi?). Si tolga almeno la croce dalla moneta … già i venditori nel tempio era stati avvisati a suo tempo … Dovremmo altresì espungere, come ‘sovversivi’, i santi che si mettevano sulle spalle i malati, gli appestati o qualcuno come San Damiane de Veuster, diventato a suo volta lebbroso per non rispetto delle distanze sanitarie. Lo stesso accadde coi primi missionari che, sapendo di vivere per pochi mesi, partivano nelle zone dove la malaria o la febbre gialla li falcidiavano. Ora si muore, tristemente, di vecchiaia … con la croce del cimitero a fare compagnia.

  1. La civiltà cattolica

Organo semi ufficiale del vaticano perché diretto dai gesuiti sotto immediata obbedienza papale. È con un notevole senso di sconcerto che, scorrendo un articolo sulla ‘vaccinazione’ si leggeva quanto segue…

papa Francesco manifesta un approccio accogliente e costruttivo nei riguardi della scienza … mostra che il contributo della ricerca scientifica in campo sanitario, che ha consentito di mettere a punto vaccini sicuri, efficaci, con effetti indesiderati minimi e identificabili, testati cilinicamente in modo esteso e rigoroso, può essere al servizio della salute quale bene comune e globale [7]

Le sottolineature sono mie…

Una tale leggerezza, cosciente o meno, è da considerare a-scientifica e, in fondo a-morale, al di là del numero limitato di lettori di questa rivista: è il principio, lo stesso, che viene così riconfermato. Alcune considerazione veloci:

♦ La palese falsità dell’affermazione. Si sapeva o comunque si poteva supporre che i ‘vaccini’, vista la l’origine sospetta di alcune della case farmaceutiche, la manipolazione riconosciuta dei test vaccinali, l’opacità dei contratti con gli Stati, avrebbe comportato problemi per i vaccinati. Così è stato, com’è ampiamente documentato e riconosciuto dalle statistiche ufficiali. Com’è stato riconosciuto dalle stesse ditte farmaceutiche, i test sono stati scelti, ridotti e manipolati ed i risultati più sconcertanti espunti, con cognizione di causa. La ‘civiltà cattolica’ ha così tolto la propria maschera perché quanto scritto, indebitamente, su questo tema potrebbe essere riferito anche ad altri: con quale credibilità’.

(Il database delle reazioni avverse ai farmaci dell’Agenzia europea dei medicinali (EMA) sta ora segnalando 45.752 decessi e 4.522.307 reazioni avverse a seguito dei vaccini COVID-19, mentre il sistema di registrazione degli eventi avversi del vaccino degli Stati Uniti (VAERS) sta ora segnalando 29.031 decessi e 1.307.928 reazioni avverse a seguito della vaccinazione COVID- 19.8 … Dal sito Data base Italia).

La mancanza di discernimento e dunque l’imprudenza in un ambito nel quale vale il famoso motto della medicina: primo non nuocere … Un farmaco in sperimentazione che arriva di botto ad inondare il mercato farmaceutico, uno dei grandi business dell’epoca in chiave di ‘religione sanitaria’, con buona parte di politici e di comitati di gestione della crisi con conflitti di interesse). Sottacendo che fin dall’inizio sono stato trovate e proposte soluzioni alternative alla vaccinazione genica. L’uso tempestivo della idroclorochina, ivermectina … avrebbero permesso di salvare molte vite. Si è preferito, come da copione sceso (divinamente?) dall’alto di impedire ai medici di operare e si è preferito l’isolamento, l’attendismo e il paracetamol … Aberrazioni a dir poco criminali dal punto di vista etico e scientifico.[8]

Connivenza dunque con la ‘doxa’ accettata, trasmessa, propagandata dai media nazionali e internazionali. Questo dovrebbe destare stupore per l’istituzione ecclesiale che si è sempre vantata di ‘essere nel mondo ma non del sistema’ … E invece, con inusuale fretta, le ‘istituzioni vaticane’, tramite il capo supremo e le conferenze episcopali, hanno facilitato il lavoro degli organi statali, come se questi ultimi cercassero davvero il bene personale e comune dei cittadini. Detta attitudine, esplicita o implicita, non ha fatto che favorire lo scivolamento verso un totalitarismo medico le cui conseguenze sull’assetto democratico sono estremamente deleterie. Una divisone tra buoni cittadini e cittadini ‘ricalcitranti’ è potuta accadere con maggiore facilità perché prima c’è stata la classificazione papale tra buoni e fedeli cristiani (vaccinati o vaccinandi) e gli altri, egoisti, superficiali o perlomeno insubordinati all’ordine pubblico ecclesiale ( i non vaccinati). L’idea, a questo proposito, di ‘religione civile’ che puntella la religione sanitaria dello stato, non è anodina ma consustanziale al ruolo che è stato affidato, ormai da tempo, alla religione. Si è contribuito a creare cittadini ‘sottomessi’ all’autorità contro i diritti umani più elementari ( di riunione, di lavoro, di culto, di movimento … di aria libera e di un volto umano).

  1. L’Alleanza vaticano-capitalismo inclusivo

«È necessario e urgente un sistema economico giusto, affidabile e in grado di rispondere alle sfide più radicali che l’umanità e il Pianeta si trovano ad affrontare. Vi incoraggio a perseverare lungo il cammino della generosa solidarietà e a lavorare per il ritorno dell’economia e della finanza a un approccio etico…cercando modi per rendere il capitalismo uno strumento più inclusivo…». All’inizio di dicembre del 2019, papa Francesco si era rivolto con queste parole ai membri del nuovo “Consiglio per un capitalismo inclusivo con il Vaticano”… Tra i manager che fanno parte del Consiglio figurano i dirigenti di colossi come Mastercard, Allianz, Merck, CalPERS, Johnson & Johnson, State Street Corporation, Bank of America, Fondazione Rockefeller. Ma è presente anche il presidente di un colosso delle fonti fossili come British Petroleum. E perfino un membro del consiglio d’amministrazione della compagnia petrolifera saudita Saudi Aramco.

«La vostra presenza qui – ha affermato Bergoglio – è un segno di speranza, perché avete riconosciuto le questioni che il nostro mondo è chiamato ad affrontare e l’imperativo di agire con decisione per costruire un mondo migliore. Vi esprimo la mia gratitudine per il vostro impegno nel promuovere un’economia più giusta e umana». Inoltre, secondo il Financial Times, il Vaticano avrebbe anche «concesso l’uso del proprio nome».[9]

Sconfessione della teologia popolare o della liberazione. Sappiamo che non si possono seguire o affidarsi a due padroni, camminare due strade differenti. Da un lato si promuovono alleanze coi movimenti popolari, coi poveri, non oggetti ma protagonisti di trasformazione, come si afferma da sempre nella teologia della liberazione e in quella popolare seguita e promessa finora, almeno nei discorsi, da Roma. E nel contempo ci si allea col ‘capitalismo inclusivo’, ossimoro, contraddizione in termini come ben si sa da sempre. Il capitalismo è nato senza cuore e non sarà certamente un innesto chirurgico, sia pure col vaticano, tutto meno che innocente in ambito finanziario, a cambiarne i connotati. Ciò è semplicemente scandaloso e malgrado le tresche passate con potere del momento, i concordati con le dittature e gli arrangiamenti coi detentori della ricchezza, non si era mai giunti a tanto. Com’è possibile andare dai poveri in pellegrinaggio, ad esempio tra i campi per profughi o migranti e nel contempo allearsi con coloro che direttamente o meno creano quanto sta accadendo in termini di esclusione sociale e di sfruttamento globale?

Adeguamento al ‘sistema Davos’, nel senso che, in fondo, le politiche vaticane ‘Covid’ sono state finora sostanzialmente funzionali al piano di ‘global reset’ promosso dalla cricca che organizza i famosi vertici dell’élite economico-politica del mondo nella cittadine elvetica. Un piano che tendenzialmente azzera lo spirito umano, l’anima, i desideri più grandi del cuore umano, per appiattirsi su una rivoluzione transumanista che punta al controllo totale del mistero della vita, una sorta di reinvenzione della creatura, fatta a immagine e somiglianze delle intelligenze artificiali. Le scelte vaticane del periodo della pandemia e il post, sono funzionali a questo sistema, senza una parola di critica per favorire le lusinghiere sirene del consenso per attrarre investimeni (in vaticano?). La profezia di un mondo nuovo si identifica con le politiche vaccinali, ideologiche ed economiche che permettono finalmente la luce promessa dopo il buio dei mesi del confinamento. Nulla sarà più come prima si ripete a menadito. Si attende il mondo secondo il vangelo di ‘Davos’, fondamentalmente idolatra (Mammona, in termini profetici), perché pone al centro se stesso come unica salvezza.

La svendita di un patrimonio unico antropologico al miglior acquirente è appunto ciò che sembra accadere. La persona, il volto, la relazione, la com-unione di intenti e di destino, tutto ciò è stato, in questo periodo, svenduto. Distanze, isolamento, disinfezioni, conteggio di morti … il processo si è rivelato fin dall’inizio, per i più attenti osservatori, come l’uso egemonico-patologico della paura che ha di fatto mutilato la civilizzazione e le più elementari nozioni di convivialità. La morte di persone sole e abbandonate ne è stata la metafora forse più emblematica. Com’è stato possibile rinunciare, in poche settimane e con così poca resistenza, ad un patrimonio così ricco e articolato come quello che ha contraddistinto la visione della persona come mistero di comunione e relazione con un proprio destino, legato a quello degli altri. Si è poi contrabbandato il concetto di ‘bene comune’ per l’obbligo vaccinale mentre tutto, nella società, da anni spinge all’individualismo esacerbato e consumista. Appare perlomeno sospetto che dei perfetti egoisti in economia, politica ed etica diventino, senza colpo ferire, paladini del bene comune e dell’abnegazione.

  1. Obbligo morale?

Dal momento in cui è stato disponibile il primo dei vaccini contro l’epidemia Covid-19 un coro pressoché unanime si è levato per sostenere l’obbligatorietà della vaccinazione stessa, chi non volesse sottoporsi al trattamento verrebbe emarginato. Le stesse persone che chiedono questo in nome di un bene collettivo però devono sapere che la somministrazione di un farmaco sperimentale contro la volontà del soggetto è inequivocabilmente in contrasto con le norme del Codice di Norimberga redatto per definire la base giuridica della medicina nazista che si andava a condannare nel tribunale. (Enzo Pennetta, gennaio 2021)

La libertà di coscienza. La stessa Unione europea si è affrettata ad adottare, nel giugno scorso, un regolamento (il n. 953/2021, relativo all’EU Digital Covid Certificate), il cui preambolo afferma la necessità di evitare la discriminazione diretta o indiretta dei soggetti che “hanno scelto di non vaccinarsi”. I principi e le norme in parola sono volti a salvaguardare i diritti e le libertà fondamentali dell’uomo nei confronti delle applicazioni della biomedicina … Rilevano, in modo specifico, il principio del primato dell’essere umano sugli interessi della scienza e della società, nonché i principi di precauzione, di beneficenza, di non maleficenza e di equo accesso alle cure mediche.

Nella prospettiva indicata assume speciale rilevanza il dovere del medico/sperimentatore di rispettare gli obblighi professionali ispirati al rigore, alla prudenza, alla professionalità, all’onestà intellettuale e all’integrità morale non solo nella trasparenza delle decisioni adottate e nell’utilizzo delle migliori conoscenze disponibili, ma anche nella presentazione dei risultati scientifici conseguiti (art. 4 della Convenzione di Oviedo, art. 13 della Dichiarazione universale dell’UNESCO del 1997, art. 18 della Dichiarazione universale dell’UNESCO del 2005).[10]

La citazione del papa, riportata all’inizio di questa lettera aperta, facente allusione all’obbligo vaccinale

Il Santo Padre ha più volte sottolineato l’importanza della vaccinazione, ricordando che la cura della salute è “un obbligo morale” ed è importante “proseguire lo sforzo per immunizzare anche i popoli più poveri”…

invita ad alcune considerazioni.

La più facile è quella di rilevare che i Paesi più poveri, tra questi il più povero in assoluto nel quale si trova chi scrive, il Niger, è stato solo lievemente sfiorato dalla pandemia. I tentativi di ‘facilitare’ o imporre il vaccino sono sistematicamente caduti nel vuoto. In tutta l’Africa, a parte forse il Sudafrica, il Marocco e l’Algeria colpiti in relativa misura, l’epidemia è stata ben gestita, verrebbe da dire, grazie alla non-vaccinazione! Ma il punto principale è legato, appunto, alla coscienza. Da un lato, quando conviene, si vogliono persone, cittadini, cristiani, consapevoli e responsabili e dall’altra si ‘obbliga’ pena l’esclusione virtuale e reale dal lavoro, dalla comunità una parte di coloro che cercano di prendere sul serio la libertà di coscienza. Sembra perlomeno contradditorio appellarsi al senso critico e alla maturità dei cristiani nei confronti delle ideologie dominanti della società e al contempo ‘imporre’ sotto pena di minaccia una visone unica, accomodante e funzionale al potere del momento in ambito sanitario. Come non rilevare la contraddittorietà del modo di trattare chi, per legittima scelta, ha rifiutato la vaccinazione e si trovato ai margini della Chiesa. La misericordia e l’attenzione dovuta a chi ha perso il lavoro e, spesso, la reputazione avrebbe dovuto trovare accoglienza e ascolto nelle comunità cristiane.

La censura precoce di altre possibilità terapeutiche si è sviluppata fin dall’inizio e la sola prospettiva vaccinale presa come una garante di uscita dalla crisi dell’epidemia. Come già sottolineato si sono esclusi tutti i tipi di trattamento di una malattia che in sé non era sconosciuta e di cui esistevano dei protocolli di intervento. Fortunatamente, anche nel momento più forte del totalitarismo del pensiero unico sulla malattia, non sono mai mancate voci ‘furi dal coro’, come ad esempio il dottor Jean Michel Dominique, antropologo della salute che sul suo blog, ha continuato a pubblicare notizie diverse dalla doxa …

Riprende, tra l’altro, un articolo che contesta la narrazione ufficiale. Sulla gravità, meno del previsto e che tocca prevalentemente una fascia della popolazione, spesso con altre comorbidità…

… ‘La médecine c’est soigner les gens, quant à la science elle consiste principalement en l’observation… Et dans ce domaine, l’observation faite par les praticiens de terrain à travers le monde a mis en évidence plusieurs associations qui donnent de bons résultats : l’association Hydroxychloroquine/Azithromycine/Zinc ou l’association Macrolide/Céphalosporine/Zinc semblent éviter les formes graves à condition d’être prises tôt dans l’infection. Utilisée en Afrique, l’Artemisia annua semble aussi avoir une efficacité contre le covid . Aux stades plus avancés, l’on peut recourir aux corticoïdes comme la dexaméthasone, les anticoagulants pour éviter les phénomènes de thromboses, ou encore l’oxygénothérapie.[11]

Correi dunque di uno stato di cose che ha contribuito a trasformare una relativa semplice malattia in una pandemia ‘incontrollabile’ con lo scopo, appena larvato, di arrivare ad un certificato vaccinale europeo che permetta di ‘controllare’ ogni cittadino. Le ricadute, non è difficle, immaginarlo, potrebbero andare verso una distopia che solo la fantasia degli scrittori di scienza-fiction, potrebbero lasciar indovinare. Una pesante responsabilità nei confronti di ciò che, attraverso azioni o omissioni, mette le basi per un mondo (occidentale per ora), sostanzialmente dominato dagli interesi delle grandi ditte farmaceutiche e dei cosiddetti GAFA …

Conclusione. Che tempo fa dall’altra parte del mondo?

Chi scrive ha passato buona parte lontano dai centri di potere, come missionario apprendista in Costa d’Avorio, Argentina, Liberia e, da oltre 11 anni, nel Niger della sabbia. Chi scrive, nel mese di luglio del 1982 è stato salvato da operazioni e cure mediche nell’ospedale pubblico San Martino di Genova e non ha mai disdegnato le vaccinazioni. Chi scrive, oltre quelle dell’infanzia, ha assunto il vaccino contro la febbre gialla e, prima di partire la prima volta nel Niger nel 2011, è stato volontariamente vaccinato contro una delle forme più diffuse della meningite. Non c’è traccia, in chi scrive, di preclusioni nei confronti dei vaccini ma c’è ‘resistenza’ nei confronti di una visione totalitaria della risposta politica alla ‘pandemia’ Covid.

Infatti una cosa è la malattia e l’altra le politiche di uso della malattia per controllare, modificare e preparare un mondo diverso e funzionale all’egemonia di una élite che, per usare una metafora evangelica, sotto l’apparenza di ‘agnelli’ benefattori illuminati dell’umanità, non sono che lupi feroci. Peccato che alcune istituzioni vaticane, e non delle minori, abbiano accettato di collaborare con loro. Molti altri, pagando di persona e discriminati all’interno della stessa Chiesa e nella società come cittadini, hanno scelto di r-esistere.

Niamey, primo luglio 2022

P.S.– In tutti questi anni lo stato italiano mi ha ignorato. Per rinnovare il passaporto scaduto e con un’ambasciata a Niamey, con tanto di militari, di controllo di frontiere e migranti, sono dovuto andare fino ad Abidjan, in Costa d’Avorio…

Da casa mi si comunica che c’è in atto un procedimento amministrativo che comporterebbe una penalità di 100 euro per non compimento vaccinale. Mi è stata chiesta copia della carta d’identità e del codice fiscale. … Ecco il benvenuto in patria dopo tre anni di assenza…

https://www.lepoint.fr/societe/vatican-le-plus-petit-etat-au-monde-dirige-par-le-dernier-monarque-absolu-13-03-2013-1639682_23.php

Il testo di Mauro Armanino è già stato pubblicato anche sul sito di «Sinistrainrete», il 12 luglio 2022.


Note

[1] «In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: “Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza”» (Mt. 6, 24).

[2] Lc. 17, 26-37.

[3] D. Alighieri, Purgatorio, I, vv. 71-72.

[4] https://www.ilsussidiario.net/news/nuova-moneta-da-20-euro-del-vaticano-medico-e-infermiere-iniettano-vaccino-covid/2361854/

[5] https://www.republicain-lorrain.fr/culture-loisirs/2021/07/06/martin-steffens-philosophe-alerte-sur-les-risques-d-une-societe-masquee

[6]https://globalcovidsummit.org/news/declaration-iv-restore-scientific-integrity?utm_campaign=ICYMI%3A%20Please%20review%20our%20latest%20Declaration&utm_medium=email&utm_source=Mail

[7] Andrea Vicini s.j., «La civiltà cattolica», 4115, 2021, 433.

[8] https://nouveau-monde.ca/balance-avantages-risques-des-injections-anti-covid19-au-28-juin-2022/

[9] https://valori.it/consiglio-capitalismo-inclusivo/

[10] Il testo originale del Parere è pubblicato sul sito: www.ecsel.org/cieb, fondato dall’amico Luca Marini, giurista.

[11] M. Annès Bouria, un des signataires du remarquable Appel adressé par des soignants belges à leur gouvernement. Dal testo originale in francese sul sito Anthropo-logique, di J.M. Dominique.


Alcuni libri di Mauro Armanino


Cercando il volto. L’umanità nel missionario, Ed insieme 2000

Cercare il verbo che esprime meglio la dimensione missionaria della Chiesa di oggi: essere in cammino, cercatori d’infinito, alla ricerca di un Dio che si nasconde fra le pieghe della debolezza dell’uomo. Delle piccole contraddizioni quotidiane di un’umanità spesso stanca e delusa, Egli si serve per mostrare e comunicare la ricchezza del suo amore che libera e rende felici”. (Dalla premessa di don Giovanni D’Ercole).


La storia si fa con i piedi. Diario di missione a Genova, EMI 2011

Clandestino non è l’unica parola che avrei incontrato innumerevoli volte nel lessico quotidiano. Certo è stata quella che mi ha ferito di più. Ho vissuto per vent’anni fuori dall’Italia. Al massimo mi hanno chiamato comunista, mai clandestino”. In attesa di ripartire per l’Africa, padre Mauro continua ad essere missionario anche in Italia. Negli anni trascorsi a Genova, incontra immigrati, detenuti, prostitute. Con loro spezza il pane, piange o ride, s’indigna. I suoi passi si confondono con i loro piedi.


Un dio qualunque. Sguardi e attraversamenti dal Niger, Museodei by Hermatena, 2013

Rifugiati, sopravvissuti, sfollati e dimenticati… a loro sono dedicate le lettere da Niamey, scritte da padre Mauro, che vive là, insieme a loro. Li vede ogni giorno, condividendone le sorti… Storie di ordinaria sofferenza lungo le strade che attraversano il Niger.


La nave di sabbia, Museodei by Hermatena, 2015

La vista, i poveri, l’esodo forzato degli ultimi, il commercio umano, gli angeli di carne, la maternità obbligata, le tappe al contrario del cammino natalizio che Armanino ci propone, con quel suo tocco sapiente di disincantato pittore della sua gente di “frontiera”, quotidianamente ascoltata e accolta, mai giudicata o esclusa. Forte rimane il movimento di questo cammino condiviso, anche nelle grandi solitudini sensoriali (cecità), affettive (prostituzione), economiche (guerre, carestie), dove tutti i protagonisti vengono abbracciati dallo sguardo d’amore dell’autore, consapevole che dalla periferia nasce la speranza.


La città sommersa. Il mondo altro dei migranti del mare, Museodei by Hermatena, 2017


Mare muro. Il Mediterraneo sguardato dalla parte di chi parte e non sempre arriva, Pendagora 2017

53 sguardi e altrettante riflessioni sul mondo dei migranti, inviate da Niamey (Niger) tra il 2012 e il 2017 da Mauro Armanino, prete, missionario e testimone. Armanino non parla di numeri, non si ferma agli aggettivi (profughi, sfollati, richiedenti asilo, e ancora dieci altre targhette di gran moda), ma li chiama ciascuna e ciascuno per nome, ci racconta che hanno un volto e nel bagaglio una storia, che non vengono dall’Absurdistan, ma da un luogo che anch’esso ha un nome, dove hanno lavorato o studiato, dove hanno lasciato una famiglia, una comunità di persone che hanno un nome, e poi – nome dopo nome – ci racconta di chi nel viaggio ha assaggiato l’antipasto dell’inferno e di chi non è arrivato né tornato, e ancora racconta di governi collusi, di organizzazioni compiacenti, di potenze della finanza e della politica che prosciugano le ricchezze del centro del mondo e le convogliano nella nostra periferia. Con lingua schietta, nello stesso tempo poetica e viscerale, senza sconti alla verità né alle responsabilità, questo libro parla di noi


L’ arca perduta nel Mediterraneo. Prove di naufragio di una civiltà, Museodei by Hermatena, 2019



L’ isola delle speranze rubate. Diario di bordo dal Sahel, Museodei by Hermatena, 2022

Storie di speranze perdute, navi che salpano verso isole inesistenti. Storie di ordinaria sofferenza lungo le strade che attraversano il Niger, accompagnate dal vento, dalla sabbia e dal dolore. Un diario di bordo, in un affresco unico, che narra le “avventure” di un’altra Africa. L’altra faccia di un’umanità che non conta. Testimonianze disperate di violenza e follia. Storie di corruzione e manipolazione. Storie di oggi. Nascoste tra le onde di un naufragio, nel cui sciabordio si ode la voce forte e coraggiosa di chi è indotto a lasciare una terra che sembra non appartenergli più.


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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