Samuel Ullman (1840-1924) – La gioventù non è un periodo della vita, è un fatto di volontà, forza di fantasia. Si invecchia quando si tradiscono i propri ideali. Gli anni possono far venire le rughe alla pelle, ma la rinuncia agli entusiasmi riempie di rughe l’anima. Quando il vostro spirito è coperto dalla neve del cinismo e dal ghiaccio del pessimismo, allora siete vecchi, anche a vent’anni.

Samuel Ullman 01

Essere giovani

 

 La gioventù non è un periodo della vita, è uno stato d’animo
non è una questione di guance rosee,
labbra rosse e ginocchia agili
è un fatto di volontà, forza di fantasia.
Vigore di emozioni:
è la freschezza delle sorgenti profonde della vita.

Gioventù significa istintivo dominio del coraggio sulla paura,
del desiderio di avventura sull’amore per gli agi.
E spesso se ne trova di più in un uomo di 60 anni che in un giovane di venti.
Nessuno invecchia semplicemente perchè gli anni passano.
Si invecchia quando si tradiscono i propri ideali.
Gli anni possono far venire le rughe alla pelle,
ma la rinuncia agli entusiasmi riempie di rughe l’anima.
Le preoccupazioni, la paura, la sfiducia in se stessi
fanno mancare il cuore e piombare lo spirito nella polvere.

A 60 anni o a 16, c’è sempre nel cuore di ogni essere umano
il desiderio di essere meravigliati,
l’immancabile infantile curiosità di sapere cosa succederà ancora,

la gioia di partecipare al grande gioco della vita.
Al centro del vostro cuore e del mio cuore
c’è una stazione
del telegrafo senza fili:
finchè riceverà messaggi di bellezza, speranza,
gioia, coraggio e forza dagli uomini e dall’infinito, resterete giovani.
Quando le antenne riceventi sono abbassate,
e il vostro spirito è coperto dalla neve del cinismo
e dal ghiaccio del pessimismo, allora siete vecchi, anche a vent’anni;
ma finchè le vostre antenne saranno alzate,
per captare le onde dell’ottimismo,

c’è speranza che possiate morire giovani a 100 anni.

Samuel Ullman

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.