Dante Alighieri (1265-1321) – Spetta agli uomini che sono tratti all’amore della verità trasmettere quella ricchezza che essi stessi hanno ricevuto dall’operosità degli antichi. È ben lontano dal proprio dovere chi, imbevuto di pubbliche dottrine, non si cura di apportare alcunché alla cosa pubblica.

Dante Alighieri_Monarchia

«Si può ben dire che spetti soprattutto questo a tutti gli uomini, che dalla natura superiore sono tratti all’amore della verità: di trasmettere con la loro operosità ai posteri, perché ne siano arricchiti, quella ricchezza che essi stessi hanno ricevuto dall’operosità degli antichi. Stia pur certo infatti di essere ben lontano dal proprio dovere chi, imbevuto di pubbliche dottrine, non si cura di apportare alcunché alla cosa pubblica.

[…] Ripensando dunque spesso fra me e me queste cose, perché un giorno non mi si venga a rinfacciare la colpa di avere tenuto nascosto il mio talento, desidero non solo accrescerlo, ma farlo fruttare per la pubblica utilità, additando verità che altri non hanno ricercato».

 

Dante Alighieri, De Monarchia, I, 1.



Dante Alighieri (1265-1321) – Nè si dee chiamare vero filosofo colui che è amico di sapienza per utilitade.
Dante Alighieri (1265-1321) – Io ho il mondo per patria, come i pesci hanno il mare. Movemi desiderio di dare dottrina. La filosofia è somma cosa. Coloro che vivono con intelletto e con ragione sono dotati di una certa divina libertà. Non abuso di alcuna autorità, poiché non sono ricco. Ma ciò significa che sono quel che sono, non grazie alle ricchezze. Ho come maestro il Filosofo che, determinando i principi eterni della morale, ha insegnato che a tutti gli amici bisogna anteporre la verità.

Federico Dal Bo – La lingua malata non è più uno strumento di comunicazione, ma si trasforma, diventa aggressiva, violenta e razzista, propaganda l’odio, sfruttato come mezzo per persuadere i popoli al razzismo.

Federico Dal Bo

 

Come ogni altro essere vivente, anche la lingua si può ammalare. La lingua malata perde la sua brillantezza, la leggerezza dell’ironia e dell’umorismo, non è più uno strumento di comunicazione, ma si trasforma, diventa aggressiva, violenta e razzista, propaganda l’odio. In questo volume si fa una diagnosi impietosa della malattia che in questo secolo ha colpito il linguaggio e lo ha sfruttato come un mezzo per sobillare le masse, per persuadere i popoli alla guerra e al razzismo. Filosofia, ermeneutica, psicoanalisi e mistica del linguaggio si intrecciano e si richiamano a vicenda nel corso dell’analisi di figure centrali della cultura europea come Walter Benjamin, Sigmund Freud, Martin Heidegger e George Steiner.

 

Federico  Dal Bo, La lingua malata. Linguaggio e violenza nella filosofia contemporanea, Bologna, Clueb, 2008





Marina Ivanovna Cvetaeva (1892-1941) – Non occorre nulla di straordinario intorno a noi se dentro di noi nulla è ordinario.

Marina Cvetaeva 02
«Non occorre nulla di straordinario intorno a noi
se dentro di noi nulla è ordinario».

Marina Ivanovna Cvetaeva, Deserti luoghi. Lettere (1925-1941), a cura di S. Vitale, Adelphi, Milano 1989.



Marina Ivanovna Cvetaeva (1892-1941) – Tutto ciò che amo lo amo di un unico amore
Salvatore Fiume, A Susette (Ritratto di Marina Cvetaeva), 1956.