Mauro Armanino, da Niamey – Ambiguità del potere e ambiguità del potere vaticano. Verità di una Chiesa senza potere, ma in cammino con il Cristo della proclamazione della sua missione nella sinagoga, dell’annuncio delle Beatitudini, della parabola del buon samaritano, della lavanda dei piedi.





Ambiguità del potere/ambiguità del potere vaticano.

Verità di una Chiesa senza potere, ma in cammino con il Cristo della proclamazione della sua missione nella sinagoga, dell’annuncio delle Beatitudini, della parabola del buon samaritano, della lavanda dei piedi.

In qualunque ambito umano di cui si ha conoscenza il potere porta con sé una dose ineludibile di ambiguità che a prima vista appare connaturata all’uso dello stesso. Intendiamo parlare del potere politico, come pure di quello economico, culturale, relazionale, fisico e religioso.  Il potere – inteso come facoltà di far compiere ad altri azioni che altrimenti non sarebbero forse attuate – è, storicamente, attraversato da qualcosa che lo corrompe, un qualcosa di natura strutturale, ontologica, storica (o anche) congiunturale. Il potere si declina in varie forme. Si coniuga troppo spesso – e tragicamente – con l’abuso, la menzogna e si apparenta più a un fine che a un mezzo. Quando il potere si “istituzionalizza” – e cioè diventa espressione, salvaguardia o perpetuazione di un’istituzione – tende ad assolutizzarsi.

I noti sistemi per evitarne o moderarne l’uso non sempre raggiungono l’obiettivo, perché spesso sono esautorati dal loro compito regolatore. Le brevi note che seguono si riferiscono ad una specifica istituzione che è la Chiesa cattolica e si vogliono come pensieri custoditi, sedimentati e infine espressi. Lo scopo è quello di contribuire a riflettere sull’eventuale uso e abuso del potere in relazione  alla maniera con la quale il Cristo l’ha vissuto secondo i Vangeli.

Assassinato dall’azione congiunta e complice del potere religioso e politico del momento, il Cristo è morto solo, abbandonato e tradito da una parte dei suoi amici. Un contadino “‘marginale”, spesso non capito perché il tipo di mondo che immaginava per il suo popolo era stato mistificato dal potere religioso.

I Vangeli chiamano questo tipo di mondo “Regno di Dio” e dunque ricco di una duplice valenza: spirituale e politica. Nel mondo ma non parte del “sistema”: ecco la sua incomoda posizione, che in definitiva lo perderà “secondo il mondo”. Non si attacca impunemente il potere con la verità della testimonianza libera di un mondo differente. Il dialogo tra Cristo e Pilato, riportato dal Vangelo di Giovanni, ne mostra l’evidenza (Gv, 18, 33-38).

Si sa poco della vita del Cristo, ma ciò che i Vangeli condividono è sufficiente per arrendersi all’evidenza che la scelta dei “piccoli e dei senza potere” ha accompagnato il suo ministero. La parola nell’annuncio delle «beatitudini» nel Vangelo di Matteo (Mt, 5, 1-12), la proclamazione della sua missione nella sinagoga di Nazareth nel Vangelo di Luca (Lc, 4, 16-22) e la lavanda dei piedi nel Vangelo di Giovanni (Gv, 13, 1-15) evidenziano la sua unica opzione: rendere visibile il volto misericordioso del Padre invisibile. Il solo potere che ha praticato sul male e quello del servizio radicale, fino alla morte. La via tracciata è quella ricordata al numero 8 della Costituzione sulla Chiesa, Lumen Gentium. Il cammino scelto dal Signore per annunciare e liberare dovrebbe essere anche quello praticato dalla Chiesa, nella povertà pur se nella persecuzione.

Chi scrive è membro della Chiesa, dalla quale è stato scelto, e la cui missione e il cui mandato ha ricevuto dalla Chiesa, attraverso l’ordinazione sacerdotale.

Grato e riconoscente per quanto vissuto, in abbondanza, più di quanto potevo sperare in una vita come missionario, e sono consapevole che essa, la Chiesa, continua ad offrire al mondo la possibilità dell’incontro liberatore col Cristo stesso. Inoltre sono consapevole di non essere io stesso esente da contraddizioni e ambiguità nell’esercizio del “potere” che ha ricevuto come presbitero della Chiesa. Ma ho avuto il privilegio di vivere quasi la metà della mia vita nel “Sud del mondo”, nelle periferie della storia e dunque lontano dai centri geopolitici del potere. Ciò può facilitare una maggiore libertà di sguardo su se stessi e sulla realtà ecclesiale che si rappresenta – e per così dire “incarna” – nella missione in cui la povertà e talvolta la miseria sono il pane quotidiano della gente nel desco a cui si è inviati. Anche per questo è dato percepire in modo ancora più stridente il “fossato” che c’è tra «voi e noi», come ben ricorda la parabola di Lazzaro e del ricco senza nome che il solo Vangelo di Luca riporta (Lc, 16, 19-31).

Desidero soffermarmi in particolare su alcuni aspetti – peraltro già evidenziati in un mio precedente scritto indirizzato al “Vaticano” – sugli sviluppi degli avvenimenti che hanno accompagnato la morte di papa Francesco e i primi passi di papa Leone XIV. Quanto accaduto mi ha lasciato perplesso e, in una certa misura, sono preoccupato per la piega presa nell’interpretazione di questi eventi.

Per quanto riguarda papa Francesco, ringraziandolo per suo servizio, per le “picconate” date al sistema capitalista e all’interno della Chiesa, per l’eredità che ha lasciato alla Chiesa, permangono, a mio giudizio, alcune perplessità. L’eccessivo protagonismo sui media, la presa di parola su tutto e tutti, la posizione perlomeno avventata al tempo del Covid, l’alleanza del Vaticano per un capitalismo inclusivo e, non ultima, la sua partecipazione al G7. Fa impressione veder seduto Francesco coi finanziatori delle guerre, contro le quali peraltro lui stesso è stato chiaro.

C’è infine l’evento della morte di Francesco, o meglio la gestione mediatica della stessa: evidenziare a dismisura la folla di persone per l’addio al corpo, il “computo” compiaciuto delle delegazioni nazionali e non presenti alle esequie … Tutto ben calibrato e “ben venduto” da parte dell’istituzione. Il funerale del papa è un’espressione evidente del tipo di potere che la Chiesa conserva, nell’attuale sfacelo delle istituzioni politiche. Quando muoiono i migranti, di cui Francesco ha preso le difese fin dall’inizio, nel deserto, nel mare o alle frontiere armate del Nord del mondo, non ci sono affatto delegazioni di Stati o folle in fila.

Organizzare lo spettacolo avendo i mezzi tecnici per farlo è una notevole espressione di potere. Morire soli è quanto di peggiore possa capitare ad una persona: neppure una mano da stringere. Il potere dell’immaginario simbolico dei media è senza misura. (vicino alla tomba di Cristo c’erano solo alcune donne, fedeli e impaurite, arrivate di buonora la domenica mattina).

Quanto accaduto dopo la morte di Francesco, il tempo di preparazione per i cardinali, le inevitabili speculazioni sull’identità del nuovo papa, i marchingegni per il camino e le “fumate”, il conclave.

Il prezzo che si paga per la visibilità della Chiesa sembra eccessivo. L’elezione di un capo di stato appare, nel confronto, un gioco da ragazzi.

La scelta di papa Leone – in parte una sorpresa ma con il compiacimento di tutti senza distinzioni di campo –, non può non destare sospetti.

Altro spettacolo mediatizzato dopo l’elezione è stata la prima celebrazione ufficiale di papa Leone a Roma con in allegato la lista dei partecipanti famosi e non. Nulla da ridire se non che si è trattato ancora di una manifestazione di potere globale da parte di colui che vuole imitare il Cristo, che inizia il suo cammino nel nascondimento il suo ministero. Tra le prime sue mosse si noterà l’adesione al profilo di Istagram, con l’adesione di circa 13 milioni di lettori … Anche questo è potere.

Potremmo e dovremmo proseguire e domandarci su cosa si fonda il titolo di capo di stato attribuito al papa. Re? Presidente? Quale titolo per colui che rappresenta il Vaticano e come tale in grado di ricevere altri capi di stato. Uno stato, il Vaticano, che possiede lo statuto di osservatore nell’Assemblea delle Nazioni Unite. Sappiamo inoltre come la diplomazia vaticana – vecchia di oltre due mila anni – quanto ha saputo creare e tessere nelle geopolitiche del globo (non dimenticando i silenzi del magistero sul nazismo e sugli orrori dello sterminio del popolo ebreo, la mancata posizione di denuncia sull’operato della dittatura militare in Argentina,  il concordato col fascismo in italia, i timidi appelli ad una pace senza contenuto per i massacri nel Medio Oriente).

Come giustificare il tipo di regime monarchico assolutista del potere papale, inconcepibile per una persona umana fragile e fallibile nelle circostanze culturali e storiche del momento. Un peso insopportabile che di fatto rende poco credibile il compito delle Chiesa e dei cristiani nel proporre la democrazia per gli altri ma non per sé. Di fatto lo stato vaticano, ad esempio, ha leggi sulle migrazioni da non invidiare nulla ai Paesi più rigidi in termini di rispetto ed accoglienza.

Non dovrebbe mancare un richiamo alla gestione delle finanze che, immesse nel circuito dei flussi globali, entrano comunque a pieno titolo nei criteri del capitalismo finanziario “puro” e “duro”.

Chi scrive non è uno “spiritualista” che sogna un mondo irreale nel quale l’incarnazione iniziata dal Cristo sia poi vanificata in un mondo interiore innocuo  e pacificante. È consapevole delle contingenze storiche nelle quali si trova la Chiesa e tutt’altro che disposto a ridurla a spazio consolatorio per il futuro, o garante dei sistemi politici che dicono di proteggere e difendere i principi che la animano. Chi scrive non ha soluzioni da offrire ma domande da proporre a sé e chi desidera immaginare un altro tipo di potere.

Una Chiesa senza potere, così come il Signore al quale e dal quale trae la propria identità, la missione e lo scopo stesso della sua esistenza.

 

Ecco perché accanto agli “istituzionalisti” che amano l’ordine e la perennità non sono mai mancati nella Chiesa e non mancheranno mai i “demolitori” che, da buoni profeti, smascherano l’istituzione ogni qualvolta essa diventa fine a se stessa. Parliamo dei santi, dei “fondatori” di (dis)ordini, dai gesuiti agli ordini mendicanti, per arrivare a quelli contemplativi, di pastorale e missionari … Soprattutto parliamo dei martiri e cioè i testimoni privilegiati del “senza potere”: Cristo stesso.

Ognuno, crediamo mosso dallo spirito, ha seminato ciò che papa Francesco chiamava una santa «pagaille», scompiglio e destabilizzazione. Senza troppi calcoli, mezzi e programmi pastorali, hanno innescato un modo diverso di interpretare la Chiesa, il suo “potere” spirituale e il suo cammino carismatico.

Necessarie entrambe le dimensioni, che permettono di durare nel tempo, carisma e istituzione, dovrebbero “disturbarsi” e “inquietarsi” a vicenda.

Come Cristo ha compiuto la redenzione attraverso la povertà e le persecuzioni, così pure la Chiesa e chiamata a prendere la stessa via per comunicare agli uomini i frutti della salvezza. Gesù Cristo «che era di condizione divina […] spogliò se stesso, prendendo la condizione di schiavo» (Fil, 2, 6-7) e per noi «da ricco che era si fece povero» (2 Cor, 8, 9): così anche la Chiesa, quantunque per compiere la sua missione abbia bisogno di mezzi umani, non è costituita per cercare la gloria terrena, bensì per diffondere, anche col suo esempio, l’umiltà e l’abnegazione. Come Cristo infatti è stato inviato dal Padre «ad annunciare la buona novella ai poveri, a guarire quei che hanno il cuore contrito» (Lc, 4, 18), «a cercare e salvare ciò che era perduto» (Lc, 19, 10), così pure la Chiesa circonda d’affettuosa cura quanti sono afflitti dalla umana debolezza, anzi riconosce nei poveri e nei sofferenti l’immagine del suo fondatore, povero e sofferente, si fa premura di sollevarne la indigenza e in loro cerca di servire il Cristo (Lumen Gentium, numero 8).

                                                                               Mauro Armanino,

Niamey, maggio 2025

Note essenziali

https://www.vaticannews.va/it/papa/news/2021-08/videomessaggio-sulle-vaccinazioni.html

https://valori.it/consiglio-capitalismo-inclusivo/

https://www.facebook.com/tg3rai/videos/g7-prima-volta-del-papa/476702764869770/

https://www.youtube.com/watch?v=WcJsXlk7lUE  (intervista fazio, che tempo fa)

https://www.youtube.com/watch?v=JDunq7sMnTw (i grandi al funerale di papa Francesco)

https://www.reuters.com/article/world/vaticano-nega-silenzio-papa-francesco-durante-dittatura-argentina-idUSMIE92E01V/

Le Vatican a la politique migratoire la plus répressive d’Europe, Jean-Bapriste Noé, Conflits, 2025

https://stream24.ilsole24ore.com/video/mondo/papa-leone-xiv-leader-politici-mondo-san-pietro-la-messa-inizio-pontificato/AH71uXp?refresh_ce=1

https://www.fanpage.it/innovazione/tecnologia/papa-leone-xiv-apre-il-suo-profilo-instagram-come-trovarlo/



M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Fernanda Mazzoli – Una proposta di approfondimento rivolta a quanti – muovendo dalla lettura di «Les mouches» – siano interessati a sviluppare un dialogo per aprire un varco nell’odierna soffocante cappa culturale-politica che asfissia intelligenze e coscienze. Parte prima: «Da Argo a Parigi: J.-P. Sartre e la tragedia di Oreste nel Novecento»; parte seconda: «Oreste, tra aspirazione comunitaria e sintassi dell’ego».

La copertina della prima edizione dell’opera di Sartre, Gallimard, Parigi 1943.

Parte prima:

«Da Argo a Parigi:

J.-P. Sartre e la tragedia di Oreste nel Novecento»


Parte seconda:

Oreste tra aspirazione comunitaria e sintassi dell’ego



M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Massimo Bontempelli – «Eraclito e noi». Prefazione di Federica Piangerelli

Forse ciò che dapprima più affascina di Eraclito, è l’accorgersi che i frammenti che di lui ci rimangono sono come frammenti di uno specchio nel quale si trovi culturalmente riflessa la spiritualità di un’epoca intera. Omero ed Esiodo, Talete e Pitagora, sapienti delle acropoli e affaristi indipendenti, aristocratici e tiranni del mondo greco anteriore alle guerre persiane, traspaiono volta a volta nei vari frammenti come referenti dei loro ragionamenti e come termini di paragone delle loro sentenze. Ci si accorge, allora, che comporre i frammenti eraclitei in modo da enuclearvi una filosofia diventa, ad un tempo, un ricomporre i significati culturali di tutta la precedente tradizione spirituale, ed un essere costretti a ripensare tale tradizione alla luce delle nuove prospettive, delle nuove chiavi di lettura, delle nuove valutazioni e delle insospettate connessioni disegnate dalla potenza del pensiero di Eraclito. La suggestione, poi, può diventare ancora più profonda ed intensa qualora ci si interroghi se i frammenti della sapienza di Eraclito che noi possediamo siano frammenti di uno specchio in cui si rifletta soltanto una civiltà lontana, o non anche, invece, una problematica umana che riguardi profondamente anche noi. E se la decifrazione degli enigmi sapienziali contenuti in tali frammenti potesse indirettamente aiutarci a meglio riconoscere il volto dell’uomo moderno? Da questo pensiero mi è nata l’idea di un esperimento mentale: provare a leggere alcuni momenti essenziali della cultura non solo antica ma anche moderna, da Hegel a Nietzsche (entrambi, del resto, amarono Eraclito) all’individualismo ed allo psicologismo contemporanei, attraverso il prisma interpretativo di alcune frasi di Eraclito La loro traduzione si discosta talvolta da quella usuale sulla base di ragioni che sono spiegate in modo circostanziato. La trama del discorso è quella di un libero ripensamento filosofico.




M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Massimo Bontempelli e Costanzo Preve, due filosofi per una nuova Koinè




ISBN 978-88-7588-467-3 , 2025, pp. 256, Euro 25 .
In copertina: Gustav Klimt, Blumengarten
(Giardino fiorito), olio su tela, 1907.





M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Anna Beltrametti, Silvana Borutti, Marco Francesconi, Alessia Fusilli De Camillis, Mariano Horenstein, Alfredo Lombardozzi, Lorena Preta, Daniela Scotto di Fasano – «Freud a Gaza. Un testimone auricolare: lo psicoanalista», a cura di Marco Francesconi e Daniela Scotto di Fasano.



ISBN 978-88-7588-413-0, 2024, pp. 160, Euro 15

Chi sono i perseguitati in Medio Oriente?”.

I palestinesi costretti a emigrare nel sud di Gaza o i giovani israeliani massacrati e presi in ostaggio dai terroristi di Hamas quando solo pochi secondi prima ballavano al ritmo della musica elettronica?

Gli ebrei della diaspora che sognavano di tornare in una terra sicura ed essere liberi dai pogrom avvenuti sul suolo europeo, o i palestinesi che, avendo vissuto per generazioni in quegli stessi luoghi, sono vessati sia dai coloni israeliani sia dai presunti fratelli arabi che chiudono loro le frontiere? I termini Shoah e Nakba possono essere usati nella stessa frase? Sono solo alcune delle domande del confronto tra vertici disciplinari diversi (tragedia greca, filosofia, psicoanalisi) aperte dalla riflessione dello psicoanalista ebreo argentino Mariano Horenstein. Che afferma che gli psicoanalisti devono stare sempre dalla parte dei perseguitati. Pensare dalla parte dei perseguitati. Perché se la psicoanalisi merita di continuare ad esistere, non è solo perché porta un notevole sollievo a chi vi si affida. Non solo perché offre un insieme di teorie che descrivono il funzionamento psichico dell’essere umano come nessun altro sapere. Soprattutto perché la psicoanalisi è pensiero critico in una contemporaneità dove prevale il pensiero unico, omologato e assertivo. Gli autori riflettono, come scrive nell’Introduzione Francesconi, sulla coazione a ripetersi della Storia, che, confermando Primo Levi, tende a distruggere ed espellere i perché, il pensiero causale, dando anche morte all’angoscia per liberarsi dell’angoscia di morte dopo averla depositata illusoriamente nella distruzione di un nostro simile, solo un po’ dissimile.

Freud a Gaza si propone come particolarmente prezioso non solo per chi si occupa di salute mentale ma anche per studenti, insegnanti, educatori e per quanti seguono con apprensione questo ‘declino’ dell’umanità nella guerra tra Israele e Hamas.

Gli psicoanalisti, di cui nel libro si presentano i contributi, fanno quasi tutti parte del Gruppo Internazionale Geografie della Psicoanalisi coordinato dal 2008 da Lorena Preta. Questo lavoro quasi ventennale ha insegnato a chi ne fa parte a immergersi nella rete complessa dell’esperienza dell’alterità (testimoniato in queste pagine dal contributo di una filosofa e di una studiosa dell’antichità classica) e del rimescolamento continuo delle necessità individuali e sociali, “in una ‘contaminazione’ feconda e una ‘dislocazione’ scomoda ma necessaria per tentare di ricostituire un ‘tessuto di esperienza’ che riesca a riesaminare da un’altra prospettiva i discorsi ‘catturati e presi in ostaggio’ dalle ragioni storiche e politiche”.

Ringraziamo il caro amico e apprezzato street artist e artista, noto con il nome di Exit Enter, per il dono dell’immagine di copertina. Dono che Exit Enter ha accompagnato con queste parole: «Uscire per trovare e innescare un mutamento». Due rappresentazioni stilizzate dell’uomo – silhouette che è la ‘cifra’ di Exit Enter sui muri delle strade di molte città – una che si trova soltanto per mera contingenza storico-geografica su un gradino più alto e che si china tendendo la sua mano verso l’altra figura che si trova, ancora per mera accidentalità, sul gradino sottostante e che verso di lei si protende. Gesto che ai curatori è parso evocare il compito dello psicoanalista, che – pur muovendo da una posizione asimmetrica –, porge orecchio e mette a disposizione del paziente la propria ‘cassetta degli attrezzi’, il proprio bagaglio teorico e metodologico. Nessuna disparità di essere – in tale posizione asimmetrica – tra le rispettive dignità, dell’uno e dell’altro soggetto dell’immagine.

Questa la forza iconica del messaggio di Exit Enter.

M. F. e D. S. di F.

Autori

Anna Beltrametti, già professoressa ordinaria di Letteratura greca e Drammaturgia antica presso l’Università di Pavia, dove ha diretto il CRIMTA (Centro di Ricerca Interdisciplinare Multimediale sul Teatro Antico). I suoi interessi sono focalizzati principalmente sul rapporto tra letteratura e storia con particolare attenzione per la storiografia e il teatro attico del V secolo. Nel 2005 è stata componente del comitato fondatore della rivista «Storia delle donne» e tuttora è membro della redazione. Dal 2011 al 2018 ha fatto parte della redazione di «Dioniso», annale dell’Inda. A tutt’oggi è nel CTS della rivista «Il confronto letterario» e nel Comitato di garanzia della rivista «Engramma». Tra le sue molte pubblicazioni: Erodoto: una storia governata dal discorso (1986); Euripide, le tragedie. Introduzioni tematiche, notizie storiche (2002); Dalla Repubblica di Platone (2003); La letteratura greca. Tempi e luoghi, occasioni e forme (2005); Studi e Materiali per le Baccanti di Euripide. Storia Memorie Spettacoli (2007); La storia sulla scena. Quello che gli storici antichi non hanno raccontato (2011).

Silvana Borutti, già professore ordinario di Filosofia teoretica all’Università di Pavia, e Visiting Professor all’Università di Losanna. È direttore della rivista filosofica «Paradigmi», socio onorario della Società Italiana di Filosofia Teoretica e co-direttore con Ute Heidmann del Groupe de recherche CLE – Comparer les littératures en langues européennes. Continua le sue ricerche sull’epistemologia delle scienze umane, le teorie dell’immagine e le teorie della traduzione. Tra le pubblicazioni più recenti: con U. Heidmann, La Babele in cui viviamo. Traduzioni, riscritture, culture (Bollati Boringhieri, 2012); Nodi della verità. Concetti e strumenti per le scienze umane (Mimesis, 2017); La forma dell’immagine. Filosofia e universi letterari (Rosenberg & Sellier, 2023).

Marco Francesconi, Medico, specializzato in Neurologia e in Psichiatria; Membro Associato IIPG; Docente presso diverse scuole riconosciute di Psicoterapia (IRG, AIPPI, IIPG, Scuola di Psicoterapia Psicoanalitica di Lugano). Dal 2023 è Docente dell’insegnamento di psicoterapia delle psicosi al secondo biennio e Supervisore del Corso dell’Adulto della Scuola di Psicoterapia Psicoanalitica (SPP) di Milano. Ha insegnato presso la Scuola di Specializzazione in Psichiatria dell’Università di Pavia. È attualmente Docente di Psicodinamica al Corso di Laurea in Psicologia dell’Università di Pavia, dove ha insegnato Psicologia Dinamica dal 2001 al 2021, facendo seguito a analogo incarico presso l’Università di Parma dal 1996 al 2001. Fa parte del Gruppo di Ricerca Internazionale Geografie della Psicoanalisi. Ha curato – con D. Scotto di Fasano – la pubblicazione di: L’appetito: un crimine? (FrancoAngeli, 2004); L’interpretazione della colpa, la colpa dell’interpretazione (B. Mondadori, 2005); Adolescenti: cultura del rischio ed etica dei limiti (FrancoAngeli, 2009); Apprendere dal bambino. Riflessioni a partire dall’Infant Observation (Borla, 2009); L’ambiguità nella clinica, nella società, nell’arte (Antigone ed., 2012); Il sonno della ragione. Saggi sulla violenza (Liguori, 2014); La complessità della memoria. Neuroscienze, etica, filosofia, psicoanalisi (IPOC, 2014); Aree di confine. Cosa, corpo, parole tra Filosofia e Psicoanalisi (Mimesis, 2017); Nec Nomine. Nell’Argentina delle stragi: Menzogne, Identità, Verità (Edizioni Bette, 2024).

Alessia Fusilli De Camillis è psicologa, associanda della Società Psicoanalitica Italiana e capo redattore di Psiche. Rivista di cultura psicoanalitica. Redattore della Collana Psicopatologia diretta da Mario Rossi Monti per FrancoAngeli Editore, e ad hoc reviewer per riviste scientifiche italiane e internazionali. Ha insegnato Psicologia e Psicopatologia Dinamica presso l’Università “G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara. Ha pubblicato lavori sull’area borderline e delle psicosi, e volumi tra cui: Atlante di fenomenologia dinamica, con G. Stanghellini, A. Ambrosini e R. Ciglia (Magi, 2008) e Effetto borderline. Soggettivazione e movimenti del desiderio (Franco Angeli, 2016).

Mariano Horenstein, è psicoanalista con funzioni di training della Cordoba Psychoanalytic Society (di cui è past President), membro della Federazione Psicoanalitica dell’America Latina e full member della International Psychoanalytical Association, nel cui Booard è rappresentante per l’America Latina. Ha diretto la rivista «Caliban» della società dell’America Latina ed è membro del Gruppo Internazionale Geografie della psicoanalisi. Molte le pubblicazioni in Argentina, tra cui: Conversaciones de diván, La Fábrica Editorial, 2021. In Europa, ha pubblicato per Mimesis, nel 2019, nella collana “Geografie della Psicoanalisi International”, The compass and the couch. Psychoanalysis and its necessary foreigness. È anche direttore dell’Istituto di Formazione dellAssociazione Psicoanalitica di Córdoba (Argentina). Tra gli altri riconoscimenti, ha ricevuto il Premio Elise Hayman per lo studio dell’Olocausto e del Genocidio (Associazione Psicoanalitica Internazionale, 2011), il premio Ángel Garma (Associazione Spagnola di Neuropsichiatria, 2013) e il premio FEPAL (Federazione Psicoanalitica dell’America Latina, 2020).

Alfredo Lombardozzi è psicoanalista individuale e di gruppo, socio ordinario con funzioni di training della Società Psicoanalitica Italiana (SPI) e dell’International Psychoanalitical Association (IPA). Antropologo di formazione è stato docente di Antropologia psicoanalitica all’Università di Chieti e de L’Aquila.  È stato direttore della rivista Koinos – Gruppo e funzione analitica. È direttore della «Rivista di Psicoanalisi». Ha pubblicato molti contributi sul rapporto tra antropologia e psicoanalisi, tra cui i volumi: Figure del dialogo tra antropologia e psicoanalisi (Borla, 2006), L’imperfezione dell’identità (AlpesItalia, 2015), Culture di gruppo. Per un’antropologia del gruppo psicoanalitico (AlpesItalia, 2021).

Lorena Preta, Ordinario SPI, Full Member IPA, Direttore di «Psiche Rivista di cultura della SPI» dal 2001 al 2009, Responsabile del Gruppo di Ricerca Internazionale Geografie della Psicoanalisi. Ha ideato e diretto Spoletoscienza, da cui molte pubblicazioni per la casa Editrice Laterza, tra le quali Che cos’è la conoscenza, con M. Ceruti (1990), La narrazione delle origini (1991), Immagini e metafore della scienza (1992); sempre per Laterza Nuove Geometrie della mente (1999). Cura due collane: Geografie della psicoanalisi (per Mimesis) e Geographies of Pshychoanalisis (per Mimesis International). È autrice di diversi articoli e curatrice di molte pubblicazioni tra cui: Cartografie dell’inconscio (Mimesis, 2016), Dislocazioni. Nuove forme del disagio psichico e sociale (Mimesis, 2018), La Brutalità delle cose. Trasformazioni psichiche della realtà (Mimesis, 2015) tradotto in varie lingue. Recentemente ha curato Prendersi cura (Alpes, 2021) e ultimo Still Life. Ai confini tra vivere e morire (Mimesis, 2023).

Daniela Scotto di Fasano, Psicologa, Psicoanalista, membro ordinario della Società Psicoanalitica Italiana e dell’International Psychoanalytic Association, ha fatto parte della Redazione di «Psiche» (rivista della S.P.I.) e collabora con la Redazione dello SPIWEB. Presso il Corso di Laurea in Psicologia dell’Università degli Studi di Pavia ha avviato, nel 2000, i Seminari di Infant Observation. Dal 2008 fa parte del gruppo di ricerca internazionale Geografie della Psicoanalisi. Ha curato, con M. Rampazi, la pubblicazione de Il sonno della ragione. Saggi sulla violenza, (Dell’Arco, Milano 1993) e, con M. Francesconi, Apprendere dal bambino. Riflessioni a partire dall’Infant Observation (Borla, 2009); L’ambiguità nella clinica, nella società, nell’arte (Antigone edizioni, 2012); Il sonno della ragione. Saggi sulla violenza (Liguori, 2014), La complessità della memoria. Neuroscienze, etica, filosofia, psicoanalisi (IPOC, 2014); Aree di Confine. Cosa, Corpo, Parole tra Filosofia e Psicoanalisi, (Mimesis, 2017); Nec Nomine. Nell’Argentina delle stragi: Menzogne, Identità, Verità (Edizioni Bette, 2024).

Introduzione


Mi sarebbe piaciuto per questa occasione tornare a descrivere in una breve nota introduttiva il senso del lavoro ormai quasi ventennale del Gruppo Internazionale Geografie della Psicoanalisi ma mi rendo conto che mi vengono incontro immagini, descrizioni, enunciazioni che sottolineano come la vera sostanza di questa operazione culturale, pur nella sua complessità, stia nel suo valore di ‘esperienza’, il che rende più complicato riportarne la vitalità.

Le cose che ci siamo detti in tanti e svariati contesti, le diverse lingue, i mix di molteplici vertici disciplinari, le multiformi personalità che vi hanno dato voce, sono certo documentate nei tanti libri, nei podcast, nei siti di Geografie addetti, sia nazionali (come quello della Società Psicoanalitica Italiana)1 che internazionali (come quello dell’International Psychoanalytical Association)2 ma nulla può dare conto del tutto del vissuto emozionale e del lavoro di definizione concettuale che hanno prodotto i viaggi nei diversi Paesi e gli approfondimenti operati nei vari incontri rispetto a specifici argomenti, provocando una ‘contaminazione’ feconda e una ‘dislocazione’ scomoda ma necessaria.

Ogni tema lanciato, come quello attualissimo di questo libro, è come se richiedesse per essere approcciato, uno spostamento dai punti originari di osservazione.

Siamo noi che cerchiamo di portare la psicoanalisi, con il suo centenario apparato clinico-teorico, in mezzo alle ennesime rovine della guerra, alle atrocità attuali dovute ai conflitti irrisolvibili di quei Popoli, cercando di mettere in funzione i suoi strumenti per comprendere e cercare di dare un barlume di interpretazione alle dinamiche che si ripropongono instancabili in ogni guerra ma che assumono ogni volta la cifra particolare e irripetibile di quella situazione storica e geografica?

Oppure noi stessi, assaliti dalla violenza indescrivibile degli eventi, cerchiamo disperatamente di muoverci nella rete intersecata e planetaria delle motivazioni che si intrecciano e che ci coinvolgono, anzi più esattamente ci risucchiano, noi che siamo apparentemente in altri Paesi, in altre realtà del mondo.

E siamo così costretti ad ‘aggrapparci’ all’esperienza dell’alterità e del rimescolamento continuo delle istanze individuali e sociali cercando di individuarne le sfaccettature, come la psicoanalisi dovrebbe aiutarci a fare, scomponendo e sciogliendo nodi inestricabili nel tentativo quasi impossibile di continuare a far funzionare il ‘pensiero’ in queste circostanze.

Non possiamo che lasciarci inizialmente travolgere, dai movimenti profondi che portano purtroppo alle violente azioni che sfociano nella realtà, per cercare di uscirne ogni tanto riemergendo dagli abissi, per tentare di ricostituire un ‘tessuto di esperienza’ che riesca a riesaminare da un’altra prospettiva i discorsi ‘catturati e presi in ostaggio’ dalle ragioni storiche e politiche.

Queste tendono a fissare le traiettorie della storia in una mappa rigida e intrasformabile oppure in una inflessibile ‘denegazione’ che cancella nella sostanza appartenenze e diversità, immaginari individuali e sociali.

Non siamo soli però nel tentativo di mettere in atto una sorta di “costruzione anomala” che ribalti queste modalità. Come avviene in questo libro, incontriamo altri saperi, la filosofia, il pensiero dell’antichità, che ci consentono di rimescolare le carte, le nostre insieme alle loro, per ritrovarci a porre le stesse domande ma da tradizioni differenti. In questo processo mischiamo anche concettualizzazioni psicoanalitiche molto diverse tra loro, appartenenti a tradizioni di pensiero a volte lontane.

Possiamo considerarla come la costruzione di una mappa inedita?

Mi servirò di una considerazione da me già usata in un libro, ma che può rendere più evidente il discorso:

Nel 1949 Fernand Braudel scrive un libro fondamentale per tutta la storiografia a venire dopo di lui, Il Mediterraneo. Lo spazio, la storia, gli uomini, le tradizioni:3

Che cos’è il Mediterraneo? Mille cose insieme. Non un paesaggio ma innumerevoli paesaggi. Non un mare ma un susseguirsi di mari. Non una civiltà, ma una serie di civiltà accatastate le une sulle altre”.

Da questo coacervo di paesaggi fisici ed umani, crocevia eteroclito, mescolanza antica e sempre rinnovata, il Mediterraneo descritto da Braudel emerge secondo un’immagine coerente, con una sua unitarietà ed originalità. Il modello di lettura proposto che riesce a tenere insieme le varie realtà geografiche e storiche e i diversi intrecci che le hanno caratterizzate, porta all’“invenzione” del Mediterraneo.

Se fino ad allora si poteva pensare quel mare come un bacino su cui si affacciavano le varie civiltà, o un insieme di stati o popolazioni, ora lo si vede come l’origine e allo stesso tempo il motore propulsivo delle differenti culture, molto più che un denominatore comune che consente la loro chiave di lettura (anche se in realtà non è possibile trovare il Mediterraneo inteso in questo senso nelle carte geografiche e neanche nella storia).

È così che un modello riesce ad essere insieme strumento d’interpretazione di una realtà e artefice della stessa.4

È possibile a volte immettere, nella pur necessaria definizione del modello o del punto di vista che usiamo, quell’attività immaginifica che ci permette di tracciare confini nuovi e panorami originali e dare sostanza e voce e immagine a qualcosa che prima non era neanche pensabile, come il caso del Mediterraneo.

Nulla può cambiare nella mappa politica esistente ma si può mettere in moto un processo di scomposizione e ricomposizione che attingendo alla dinamica inesprimibile dell’inconscio, porti sulla scena nuove figure e inedite combinazioni che ci aiutino a tracciare scenari alternativi.

Non per lasciare affidata all’alienità di queste istanze, che sempre dobbiamo considerare vengono dal profondo, il disegno della mappa culturale e sociale diversa che si andrebbe delineando, ma per metterle in contatto con il piano che ci è dato osservare delle spiegazioni storiche che, pur essendo giustamente vincolanti, rischiano a volte di fissare la realtà in un quadro già dato, conseguente e lineare impedendo magari di valutarne la dinamicità.

In questo senso Geografie può essere l’invenzione di una mappa. Non di quelle destinate a una libreria polverosa, che possono essere consultate e lette ma non ridisegnate, e neanche l’opera d’arte di un artista creativo che proponga una sua personalissima visione, ma un ‘artifizio metodologico’ per cartografare in maniera inedita il territorio psichico e sociale che si incontra. Uno strumento di interpretazione della realtà, dicevo più sopra, e un artefice della stessa.

Portiamo Freud a Gaza come lui a suo tempo pensava di portare in maniera onnipotente la peste in America? O ci ritroviamo noi stessi tra le rovine di Gaza come degli increduli, impreparati osservatori o testimoni auricolari e per non soccombere cerchiamo di tracciare percorsi di pensabilità e di rappresentabilità dell’indicibile?

Siamo in ogni caso dei “guaritori feriti” e solo tenendo aperta la nostra piaga di sconcerto, ignoranza, impossibilità di pensare, possiamo tentare ogni volta una cura.

In questo libro assolutamente emozionante, dove i pensieri si intrecciano intorno alla proposta originale e generosa di Mariano Horenstein, molte riflessioni diverse sono offerte al tentativo di ‘pensabilità’ della realtà brutale che ci è di fronte.

Sono indicazioni che vengono da saperi differenti, da menti ‘speciali’ impegnate nel loro campo da tempo per costruire, a mio avviso, mappe inedite per orientarci senza perdere di vista le circostanze ma anche la necessità di pensarle altrimenti, in un altrove forse, che solo la fiducia e la speranza di una sopravvivenza dell’umanità, di quello che ancora consideriamo ‘essere umani’ ci consente di concepire.

Un grazie infinito a loro tutti.

1 https://search.app/mY22UBkCvMmUEebn7 –– https://geographiesofpsychoanalysis.podbean.com/e/podcast-3-1615881067/

2 https://www.ipa.world/IPA/en/en/Psychoanalysis/Geographies_of_Psychoanalysis_folder/Landing_Page.aspx

3 F. Braudel, Il Mediterraneo. Lo spazio, la storia, gli uomini, le tradizioni, Newton Compton, Roma 2002.

4 L. Preta, La brutalità delle cose. Trasformazioni psichiche della realtà, Mimesis, Milano 2015, pp. 47-48


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Salvatore Bravo – «Anarchia e Comunismo. Pëtr A. Kropotkin – Errico Malatesta – Luigi Fabbri».




Salvatore Bravo
Anarchia e Comunismo
Pëtr A. Kropotkin – Errico Malatesta – Luigi Fabbri
ISBN 978-88-7588-406-2, 2025, pp. 376, Euro 30.

 I pensatori anarchici sono stati oscurati e censurati lungamente dal dibattito politico e dall’orizzonte di visibilità. La prospettiva anarchica è oggi ancor più preziosa che in passato, poiché il confronto con essa consente di comprendere gli errori del trascorso comunismo reale e di immaginare nuovi percorsi per una sua rifondazione ancorandoli all’umanesimo e alla libera associazione tra i lavoratori. Vi sono aspetti essenziali nella conclusione tragica della fine del comunismo reale e dei partiti comunisti in Occidente che l’anarchia disvela. Pertanto rileggere gli anarchici, in questo momento storico, è d’ausilio per comprendere ciò che è stato e per non incorrere nei medesimi errori. Il presente testo contiene tre saggi, uniti dalla medesima nota dominante: la ricerca di alternative al capitalismo. L’ottimismo antropologico è stato posto in palese evidenza, poiché il pessimismo “razionalista” del nostro tempo è il sostegno più solido alla naturalizzazione del totalitarismo del mercato. Pëtr A. Kropotkin, Errico Malatesta e Luigi Fabbri furono anarchici e pensatori della prassi. Non furono pensatori “sistematici”, perché ricercarono “nuove forme organizzative per il comunismo”. Rileggerli significa confrontarsi con “la buona politica del comunismo” senza la quale non vi è “progettualità” e non vi è “speranza”. Essi sono parte di un unico plesso di ricerca per la realizzazione del comunismo libertario. Le relazioni fra i tre anarchici sono state poste in evidenza per palesare il comune fronte di ricerca e sperimentazione per la fondazione del comunismo anarchico.


Libri di Salvatore Bravo


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Hugo von Hofmannsthal – «Prologo all’Antigone di Sofocle». Introduzione e traduzione di Gherardo Ugolini. Testo tedesco a fronte.

Hugo von Hofmannsthal
Prologo all’Antigone di Sofocle
Introduzione e traduzione di Gherardo Ugolini
Testo tedesco a fronte

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Maura Del Serra – «Sorelle bruciate e altri corti teatrali»: Nannerl Mozart – Fanny Mendelssohn – Camille Claudel – Anna Kulicioff – Margherita, perla de mi vida – Fedra. In arte Marinella – Il silenzio di Dioniso. Introduzione di Alessio Riva.


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Presentazione presso la Libreria Feltrinelli di Macerata, il giorno 8 aprile 2025, alle ore 17, degli ultimi due libri della collana “mare dentro”: Mino Ianne con «Anima» e Lucia Palpacelli con «Movimento». Introduce i lavori Arianna Fermani, dialoga con gli autori Marcello La Matina.




M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Enrico Crivellato – La nascita del pensiero anatomico nella cultura greca. I poemi omerici. Gli scritti ippocratici

Enrico Crivellato,
La nascita del pensiero anatomico nella cultura greca. I poemi omerici. Gli scritti ippocratici, SBN 978-88-7588-408-6, 2025, pp. 800,
Euro 40

Premessa

Questo libro è stato concepito dal punto di vista dello studioso di scienze anatomiche che ricerca, nelle forme del pensiero antico, le origini di quello moderno. Tuttavia anche il filologo e il classicista possono trovarvi motivi di riflessione essendo costoro sovente impegnati nella resa di termini a volte di elusiva definizione. Lo scritto nasce dall’interesse per le strutture e le espressioni dell’intelletto aurorale, per quell’affascinante momento della storia della conoscenza che è dato dall’iniziale accoglimento dei fatti dell’esperienza all’interno di schemi logici e linguistici ancora largamente inadeguati a riceverli e interpretarli. È una storia del pensiero e del sapere universali che ricalca per molti versi la storia individuale. L’immagine semplificata del corpo umano elaborata dalle mente del bambino ricorda l’idea della figura umana che emerge dai primi racconti dei poeti e dei pionieri dell’anatomia scientifica.
Ai limiti del mondo magico e mitologico, in un’epoca in cui personaggi e avvenimenti rimangono sospesi tra storia e leggenda, in una piccola regione del Sud dell’Europa bagnata dalle tiepide acque del Mar Egeo, cominciano a delinearsi strutture di pensiero e a prendere vigore concezioni proto-scientifiche che porteranno ad una iniziale definizione semantica e ad una progressiva interpretazione in chiave strutturale e funzionale delle varie parti del corpo umano. Il frutto di questa mirabile attività intellettuale sarà destinato a diventare patrimonio definitivo della cultura anatomica e medica. Anche in questo ambito del sapere la civiltà occidentale è debitrice nei confronti del mondo greco.
L’anatomia, come noi oggi la conosciamo e la intendiamo, è una scienza antica dalla nobile storia. Nel mondo occidentale, essa ha rappresentato per molti secoli uno dei massimi punti di forza della medicina. Le sue origini, rintracciabili nei primi documenti scritti in lingua greca, si perdono nell’infanzia del genere umano. Le conoscenze che emergono da questi testi sono per tanti sensi diverse da quelle che configurano il quadro della disciplina rigorosa come noi oggi la conosciamo.
Un’anatomia prescientifica, un’anatomia in cui ciò che è dato dall’esperienza e ciò che viene creato dal soggetto si compenetrano in un legame dagli esiti alle volte singolari. Un’anatomia talora fantastica, basata più sull’immaginato che sul direttamente visto, su congetture più che su dettagliate osservazioni, su adattamenti ed estrapolazioni in ambito antropologico di osservazioni su animali, su schematismi preconcetti, su necessarie semplificazioni, su ricordi di occasionali e fugaci ispezioni di reperti umani completati dalla fantasia creativa, certo anche su analisi settorie difficili tuttavia da tradurre in descrizioni sufficientemente scandite.
Tutto doveva essere ancora inventato. Le singole parole adeguate a indicare specifiche parti del corpo, le formule efficaci per stabilire il valore dei rapporti topografici, le espressioni idonee per significare movimenti o modificazioni strutturali. Trovare le parole giuste significa avere nella mente il pensiero nitido di una vicenda.
La terminologia anatomica nasce così, dalla progressiva chiarificazione di concetti inizialmente nebulosi, poi sempre più sicuri e definiti.
Descrivere i vari organi, le diverse regioni del corpo e i loro rapporti reciproci è compito arduo anche al giorno d’oggi, come ben sanno i professori di anatomia e, soprattutto, gli studenti. Farlo in assenza di un adeguato canovaccio linguistico e di idonei piani concettuali è stata impresa grandiosa e commovente, che merita di essere raccontata.
l libro si compone di due parti. Nella prima vengono presi in esame i due poemi omerici secondo un principio organizzativo di tipo topografico. Nella seconda, sono analizzati i contributi anatomici reperibili negli scritti ippocratici secondo un ordine di tipo sistematico, apparato per apparato.
Mi è grato in questa sede ricordare con riconoscenza Luca Grecchi, direttore della collana il giogo, per aver accolto con interesse la mia proposta editoriale. Un particolare ringraziamento all’amico Carmine Fiorillo per la grande dedizione profusa nella cura editoriale.

Questo libro ha attraversato vent’anni della mia vita ed è dedicato a mia madre, con amore
τ πνεμα σου τ διάπυρον
νεργάζεται τν θερμασίην
τ λ κόσμ.
… il tuo spirito ardente
infonde calore
al mondo intero.


Sommario

Nota preliminare
Parte prima: i poemi omerici
Inquadramento storico e linguistico
Le conoscenze mediche e anatomiche in Omero
Il corpo umano nella cultura omerica
Regioni e parti anatomiche in Omero
        La regione del capo
       La regione del collo
      La regione del tronco
     Le parti appendicolari
     Le strutture viscerali profonde
Alcune considerazioni sui termini anatomici in Omero
Parte seconda: gli scritti ippocratici
Ippocrate e la questione ippocratica
Anatomia regionale e di superficie
      Il capo
      Il collo
      Il torace
      L’addome
      Il dorso
      Gli arti
La carne
Tendini, legamenti e nervi
Ossa, articolazioni e muscoli
Le parti locomotorie
       Il cranio
       Il rachide
      La radice dell’arto superiore: la spalla
     La porzione appendicolare dell’arto superiore
    L’arto inferiore
Il diaframma
Il cuore
I vasi sanguigni
Le parti digestive
La cavità
Il peritoneo
Il fegato
La milza
Le parti respiratorie
Rene e parti urinarie
Le parti genitali femminili
Le parti genitali maschili
Vie linfatiche e strutture linfoidi
L’encefalo e il midollo spinale
Meningi
L’occhio e i suoi annessi
Altre parti di senso
La cute e gli annessi cutanei
L’anatomia nel Corpus Hippocraticum e il problema della dissezione
Bibliografia
     Abbreviazioni
     Fonti e testi
     Letteratura secondaria
Indice dei nomi
Indice degli argomenti
Indice dei termini greci


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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