Valentino Saccà – Le armi della commedia per scardinare i paradigmi di una guerra assurda e senza fine e per giungere alla “soluzione dei due Stati”, uno arabo e uno ebraico.

Valentino Saccà

Le armi della commedia per scardinare i paradigmi
di una guerra assurda e senza fine,
e per giungere alla
“soluzione dei due Stati”, uno arabo e uno ebraico

 

Mentre ascolto le notizie dell’ultima ora sul fronte del conflitto Israeliano-Palestinese, e avendo negli occhi quanto si verifica a Gaza, ripenso due film palestinesi come Intervento divino (2001) di Elia Suleiman e Tutti Pazzi a Tel Aviv (2018) di Sameh Zoabi, ambedue legati al tema della sanguinosa  eterna guerra. Ma attenzione! Entrambi i film sono delle commedie!

La commedia, viene troppo spesso considerata un genere cinematografico minore e relegato al semplice e immediato intrattenimento umoristico, quando invece la storia del cinema (e della cultura in genere) ci insegna che a volte l’umorismo può avere uno sguardo profondo che va oltre la superficie, in grado di scardinare con il sorriso a fior di battuta stereotipi e convenzioni che alimentano l’odio ideologico, culturale o più semplicemente l’odio tout court. Un tema delicato e tragico come il genocidio ebraico, che ancora oggi ci tocca da vicino, è stato riletto attraverso la lente della commedia per esempio con La vita è bella (1997) di Roberto Benigni, o con il geniale delicatissimo Train de vie. Un treno per vivere (1998) del romeno Radu Mihăileanu, e possiamo risalire fino a capolavori come Vogliamo vivere! (1942) di Ernest Lubitsch e Il grande dittatore (1940) di Charlie Chaplin (più legato all’ascesa del nazionalsocialismo). Tutti film che hanno saputo usare la chiave del riso e della commedia a un tema profondamente serio come quello della shoah, senza svilirne il portato tragico.

Nelle commedie di Suleiman e Zoabi avviene lo stesso. Se applicato al conflitto arabo-israeliano e rivedendo oggi quelle pellicole, quando si è aperta una nuova e sanguinosa pagina di questo scontro senza fine, si fa più evidente lo spettro della tragedia che aleggia sinistramente dietro il velo dell’umorismo.

Elia Suleiman resta uno degli ultimi grandi comici della storia del cinema, la sua maschera candida e imperturbabile, che fonde Buster Keaton con Harry Langdon, attraversa le tragedie politico-sociali del suo paese facendone emergere le assurdità e le incongruenze, attraverso un humor surreale e lunare, che non nasconde la sua profonda umana tenerezza.

Intervento divino è sicuramente il suo film più noto in Occidente (vincitore del premio della giuria al 55° Festival di Cannes) e racconta le difficoltà del protagonista diviso tra un padre malato e la donna che ama, mentre nella città di Nazareth le tensioni tra arabi e israeliani si fanno sempre più accese. Il film di Suleiman è un gioiello di umorismo nonsense, puntellato di gag che ricordano Jacques Tati, in grado di far riflettere sulla demenzialità di una guerra che sta spersonalizzando gli individui e prosciugando i sentimenti umani.

Tutti pazzi a Tel Aviv presenta invece una doppia struttura temporale e narrativa, il film è ambientato nell’odierna Gerusalemme, ma in parallelo viene riscostruita in forma di soap opera la Palestina del 1967, durante la «Guerra dei sei giorni».

Due piani narrativi, la realtà contemporanea e la rappresentazione di un fatto storico in forma di serie televisiva. Il gioco che mette in scena Sameh Zoabi tra passato e presente e finzione nella finzione, permette di rileggere e reinterpretare la Storia attualizzandola e di smontare (attraverso l’ironia satirica della scrittura di una finta soap) i paradigmi assurdi che muovono il conflitto. Il protagonista si improvvisa sceneggiatore della serie Tel Aviv brucia (che nella finzione filmica monopolizza l’attenzione collettiva), per poter cavarsela durante un interrogatorio al check point israeliano, diventando realmente uno sceneggiatore del programma Tv ma scrivendo i dialoghi su ordine del militare israeliano.

Il meccanismo comico-brillante che avvia la storia può ricordare quello di Pallottole su Broadway (1994) di Woody Allen, ma Zoabi evita qualsiasi forma derivativa, creando una scrittura intelligente, limpida e originale, in grado di rovesciare con sarcasmo i fondamenti culturali e politici che proseguono a dilaniare il Medio Oriente.


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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