Italo Calvino (1923-1985) – Classici sono quei libri che costituiscono una ricchezza per chi li ha letti e amati. Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire.

Italo Calvino - i classici

«Si dicono classici quei libri che costituiscono una ricchezza per chi li ha letti e amati».

«Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire».

Italio Calvino, Perché leggere i classici, 1991

Italo Calvino (1923-1985) – L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà: se ce n’è uno è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiano stando insieme.
Italo Calvino (1923-1985) – La conoscenza del prossimo ha questo di speciale: passa necessariamente attraverso la conoscenza di se stesso.
Italo Calvino (1923-1985) – Cavalcanti si libera d’un salto “sì come colui che leggerissimo era”. L’agile salto improvviso del poeta-filosofo che si solleva sulla pesantezza del mondo, dimostra che la sua gravità contiene il segreto della leggerezza, mentre quella che molti credono essere la vitalità dei tempi appartiene al regno della morte.
Italo Calvino (1923-1985) – Leggere significa affrontare qualcosa che sta proprio cominciando a esistere.
Italo Calvino (1923-1985) – … il massimo del tempo della mia vita l’ho dedicato ai libri degli altri, non ai miei. E ne sono contento …
Italo Calvino (1923-1985) – Questo è il significato vero della lotta: Una spinta di riscatto umano da tutte le nostre umiliazioni. Questo il nostro lavoro politico: utilizzare anche la nostra miseria umana per la nostra redenzione, così come i fascisti utilizzano la miseria per perpetuare la miseria, e l’uomo contro l’uomo.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Peter Watkins – La Comune di Parigi è sempre stata seriamente emarginata dal sistema educativo francese. Le questioni che i comunardi affrontarono erano molto simili a quelle con cui dobbiamo confrontarci oggi.

Peter Watkins La comune di Parigi01
Jules Vallès

L’insorto

indicepresentazioneautoresintesi

 

«La Comune di Parigi è sempre stata seriamente emarginata dal sistema educativo francese, nonostante – o forse perché – è un evento chiave nella storia della classe operaia europea, e quando ci siamo incontrati la maggior parte del cast ha ammesso di conoscere poco o nulla sull’argomento ed è stato molto importante che le persone si siano coinvolte direttamente nella nostra ricerca sulla Comune di Parigi, acquisendo così un processo esperienziale nell’analisi di quegli aspetti dell’attuale sistema francese che stanno fallendo nella loro responsabilità di fornire ai cittadini un processo veramente democratico e partecipativo. Migliaia di Comunardi morirono per i loro ideali nel 1871. Speriamo che prima di vedere la fine del film capirete perché, e quanto le questioni che affrontarono siano molto simili a quelle con cui dobbiamo confrontarci oggi».

Peter Watkins

 

La Commune (Paris, 1871) è un film storico-drammatico del 2000 diretto da Peter Watkins sulla Comune di Parigi. Come rievocazione storica in stile documentaristico, il film ha ricevuto molti consensi dalla critica, per i suoi temi politici e per la regia di Watkins. La Comune (Parigi, 1871) è stata girata in soli 13 giorni in una fabbrica abbandonata alla periferia di Parigi.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Ivan Sergeevič Turgenev (1818-1883) – Don Chisciotte esprime l’ideale della verità, vive per estirpare le forze del male.

van Sergeevič Turgenev 01

«Che cosa esprime Don Chisciotte? Considerandolo non con lo sguardo frettoloso che si ferma alla superficie delle cose, che tien conto delle minuzie; vedremo in Don Chisciotte non solo il cavaliere dalla triste figura, creato per deridere i vecchi romanzi cavallereschi; è noto che il significato di questo personaggio si è allargato sotto la mano del suo immortale creatore, e che il Don Chisciotte della seconda parte, cortese interlocutore di duchi e di duchesse, saggio consigliere di un governatore armato, non è lo stesso Don Chisciotte che ci appare nella prima parte del romanzo, specialmente all’inizio, non è quello strano e ridicolo originale sul quale si abbattono così abbondantemente i colpi della sorte; per questo, cerchiamo di penetrare bene in fondo.
Ripetiamo: che cosa esprime Don Chisciotte?
Prima di tutto la fede; la fede in qualche cosa di eterno e incrollabile: nella verità insomma, nella verità che si trova al di fuori del singolo uomo, che non gli si dà facilmente, che chiede di essere servita che chiede vittime, ma che è accessibile a colui che la serve fedelmente, e che si sacrifica. Don Chisciotte è tutto compenetrato della devozione all’ideale per il quale è pronto a sottoporsi a tutte le possibili privazioni; e la sua stessa vita egli apprezza e valuta solo in quanto può essere un mezzo per incarnare l‘ideale, perché regni la verità e la giustizia sulla terra. Ci diranno che la sua eccitata e guasta immaginazione attinge questo ideale al mondo fantastico degli ideali cavallereschi; siamo d’accordo; e l’aspetto comico di Don Chisciotte consiste in questo; ma l’ideale rimane in tutta la sua intangibile purezza. Don Chisciotte avrebbe ritenuto vergognoso vivere solo per se stesso, preoccuparsi solo di sé. Egli vive completamente, se così si può dire, fuori di sé, per gli altri, per i suo fratelli, per estirpare il male, per contrapporsi alle forze ostili all’uomo, ai maghi, ai mostri, cioè agi oppressori. In lui non c’è nemmeno un’ombra di egoismo; egli n pensa mai a sé; è l’assoluto sacrificio di se stesso – valutate bene queste parole! Egli crede, crede fortemente senza tentennamenti! […] Don Chisciotte può sembrare un perfetto folle, perché persino la più indubitabile materialità sparisce davanti ai suoi occhi, si fonde come cera al fuoco del suo entusiasmo; ed egli effettivamente nelle marionette di legno vede degli autentici mori, e scambia i montoni per cavalieri; può sembrare limitato perché non sa facilmente comprendere né rallegrarsi; ma, come un albero secolare, ha affondato le sue radici nella terra, e non può in nessun modo mutare le sue convinzioni, né passare da un oggetto all’altro; il vigore della sua struttura morale (osservate che questo folle cavaliere errante è l’essere più morale del mondo) conferisce e una particolare forza e maestosità a tutti i suoi giudizi e discorsi, a tutta la sua figura, non tenendo conto delle situazioni comiche o umilianti o nelle quali continuamente cade… Don Chisciotte è un entusiasta, devoto al’idea, per questo circondato dal suo splendore».

Ivan Sergeevič Turgenev, Amleto e Don Chisciotte, in I. S. Turgenev, Tutte le opere, vol. IV, pp. 720-23, Mursia Editore, Milano, 1964; traduzione di Eridano Bazzarelli.

Alonso Quixano (non ancora Don Chisciotte) nella sua biblioteca, tra i romanzi cavallereschi.
Don Chisciotte e Sancho Panza in un ritratto di Gustave Doré
Don Chisciotte e Ronzinante, dipinto di Honoré Daumier
El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha, Copertina della prima edizione (1605)
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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