Salvatore Bravo – Il vessillo dell’Occidente consumistico è la libertà astratta dell’homo consumens. La modernità trionfante soddisfa l’istinto dell’animalità troglodita.

Homo consumens– Libertà astratta
Salvatore Bravo
Il vessillo dell’Occidente consumistico è la libertà astratta dell’homo consumens

La modernità trionfante soddisfa l’istinto dell’animalità troglodita.

A. Gramsci

La parola libertà è tra le parole il cui significato è maggiormente inflazionato. Alla parola libertà si associano azioni e comportamenti astratti. O meglio, la libertà è astratta poiché nell’opinione generale essere liberi significa non avere vincoli sociali, non avere vincoli con se stessi, non avere un destino, ma solo attività desideranti. Il limite è vissuto come l’antitesi alla propria libertà individuale. Il diritto a tutto è la chiave di lettura della libertà del liberismo attuale. Libertà da. La libertà è così una corsa verso la disintegrazione di sé, degli altri: si ascoltano i propri desideri, li si concretizza a prescindere dalle loro conseguenze e dalla loro qualità. Libertà diviene cecità dinanzi a se stessi ed agli altri. La libertà astratta coincide con la negazione di sé, della storia, della razionalità. Libertà diviene immediatezza della soddisfazione, un gioco in cui emozionarsi senza conoscersi e conoscere. La razionalità è così negata, per diventare calcolo veloce, algoritmo per la soddisfazione immediata.

Libertà senza congedo
La libertà, vessillo dell’Occidente consumistico, è la malinconia dell’usura di se stessi e dell’altrui presenza. Il liberismo – nell’attuale fase – deve inneggiare alla libertà da ogni vincolo non solo per chiare cause ideologiche dietro cui si celano lapalissiane ragioni economiche, ma specialmente deve nascondere la verità della libertà liberista, il nichilismo che divora l’occidente, cannibalizza le persone, le istituzioni, la storia concreta di ogni identità nazionale. La libertà da ogni limite diviene azione nel nulla e per il nulla, poiché l’agire non è legato ad alcun paradigma di riferimento, non è integrato nella storia personale che dialoga con l’identità comunitaria a cui ogni soggetto inevitabilmente appartiene. La libertà da ogni vincolo non ha inizio, un punto solido da cui prendere l’abbrivio, perché non vi è storia personale, famigliare, comunitaria, linguistica da cui congedarsi, ma è libertà senza congedo. L’ebbrezza, il fascino della libertà astratta ormai realizzata è il brivido di venire dal niente e di potere tutto, volontà di potenza che si autocrea e si autogenera. La libertà diviene il mito di sé, l’autocelebrazione senza comparazioni e legami che dona la percezione di un’autonomia che, in quanto appare assoluta, comporta la percezione di sé come assoluto (dal lat. absolutus, sciolto da ogni vincolo). Pertanto non c’è bisogno di visioni del mondo, di religioni, di prospettive ideologiche consapevoli: ci si sente divinità planate sulla terra, e ciascuna è pronta a mettere in pratica il desiderio, la grandezza di un io astratto ed autoreferenziale. Il sistema liberista ha la sua forza, il consenso generalizzato, nell’illusione, nella potenza dell’autoillusione di massa.

La libertà dell’homo consumens
All’homo oeconomicus è succeduto il narcisismo di massa, il disimpegno dei consumatori costantemente alla catena del mercato. Quest’ultimo può sopravvivere solo incentivando l’assurdo di massa, elevando la tensione del desiderio di consumare in un’esaltazione egocentrica di massa. L’homo oeconomicus, col suo pensiero calcolante, conosceva l’impegno, la fatica del calcolo e dell’accumulo quotidiano, viveva la tensione della difesa della proprietà, bellicoso nei suoi pensieri, ma impegnato in un progetto atomistico; l’homo consumens, divora i suoi stessi desideri, non ha impegni costanti, ma solo immediati appetiti. Il salto dall’homo oeconomicus all’homo consumens è svolto, è compiuto.

Tempo circolare della frustrazione
La libertà di perseguire bisogni indotti implica l’incapacità di attendere, un basso livello di frustrazione che si esplica in una temporalità vissuta in modo frammentato ed è incapace di pensare, di vivere il pasto del momento. L’accelerazione tormentata del momento ribalta la libertà da in violenza, in incapacità di controllare i morsi del desiderio. La violenza capillare che si infiltra in ogni legame scindendolo ha come fondamento veritativo la cultura della soddisfazione immediata: la rigidità – mentre tutto fluisce – del desiderio che non vuole che se stesso. La regressione infantile di massa al pensiero magico, la corsa-rincorsa di ciascuno a vivere il mondo immaginato, e l’apparir del vero inevitabile, causa violenza, poiché non si è nelle condizioni emotive – e spesso non si hanno gli strumenti cognitivi – per costruire le relazioni di causa-effetto. L’irrazionale trionfa, la realtà diviene incomprensibile, per cui la libertà da ogni vincolo diviene percezione di essere oggetto di una violenza senza ragione. La libertà astratta dell’homo consumens si rovescia in violenza, il mondo non sta al gioco, le speranze tradite non sono comprese, la colpa della tragedia, ovvero della verità storica, che entra nella vita è proiettata sugli altri, sui colpevoli di turno. Il sistema liberista si nutre di tali circuiti, alimenta la violenza circolare dell’ homo consumens, lo destabilizza, lo invita a compensare la sconfitta con un altro desiderio di onnipotenza. Il tempo circolare della frustrazione senza uscita è la gabbia d’acciaio in cui si rinchiudono le persone ed i popoli.

Pianeticidio
La politica dovrebbe rispondere alle esigenze della comunità, dovrebbe trovare risposte condivise ai grandi temi che il proprio tempo vive drammaticamente. Le istituzioni e la politica sono i invece grandi assenti, i grandi complici della condizione attuale, anzi consolidano – con il loro esempio vissuto, con il linguaggio, con i comportamenti – la pedagogia dello spreco e del disprezzo di ogni vincolo, da ogni legge istituzionale ed etica. La libertà astratta è la violenza resa istituzionale: poiché – in assenza del concetto – non resta che il vilipendio costante delle parole usate come croci frecciate contro il nemico di turno. La libertà soggettiva violenta la realtà storica, perché non ne cerca la verità e con essa le leggi della storia e le sue contraddizioni. Eppure, malgrado il trionfo della libertà soggettiva contro la libertà oggettiva, non vi è possibilità di aggirare l’ostacolo, le contraddizioni divengono sempre più minacciose, il pericolo di un collasso del pianeta è ineludibile. La libertà soggettiva può sopravvivere solo a prezzo di un nuovo tipo di genocidio quale mai è apparso nella storia dell’umanità “il pianeticidio”, il neologismo può essere improprio, ma è la verità a cui porta la libertà soggettiva globalizzata.

Che fare?
La domanda che bisognerebbe introdurre nella politica che non c’è è sul tipo di libertà che si vuole realizzare per il presente e per il futuro del pianeta, nel quale vi sono le comunità umane e non umane. La Filosofia può esserci di ausilio. Hegel e Marx ci hanno insegnato la libertà oggettiva, la quale riporta gli esseri umani a rispondere alle contraddizioni del presente ed al problema delle prospettive e delle possibili soluzioni a partire dalle condizioni storiche in cui ci si trova, e specialmente responsabilizza collettivamente verso le potenzialità che il momento storico ha in sé. La libertà oggettiva è capace di convergere il campo di forze verso un obiettivo comune, e specialmente elabora percorsi collettivi di consapevolezza ed azione rilevando razionalmente che classi e comunità trasversali condividono interessi e contraddizioni che esigono soluzioni, al fine di dare una prospettiva partecipata ed universale. La libertà oggettiva scioglie le rigidità regressive della libertà soggettiva per sublimarla verso l’universale. Quest’ultimo è costituito dalle condizioni materiali, economiche, culturali che i soggetti condividono, ponendoli come soggettività collettiva che può dar vita alla prassi rivoluzionaria. Spetta ai singoli ricominciare, creare ponti con le possibilità presenti nella contemporaneità. La libertà soggettiva è libertà senza legami, senza storie, senza prospettive, per uscire dalla malinconia senza fondamento è necessario il coraggio di un no razionale che si configura come una corrente calda capace di catalizzare forze, persone, pensieri, al fine di capire la verità del presente per poterne immaginare una possibile alternativa storicamente fondata. Per un nuovo inizio è necessario guardare la libertà soggettiva con occhi critici, essa è l’istituzionalizzazione del lupo che alberga in ciascun soggetto, a quel lupo è necessario dare una razionale risposta e visione del mondo:

«Una contessa affittacamere, un sacerdote commerciante, banchiere, sensale; un impiegato a duecento lire al mese che spende seicento lire per l’appartamento nella grande città; lo scontro belluino. Basta. Il modo è antico: la scure, non il cloroformio o l’ipnotismo. Il lupo è rimasto l’antico, l’antidiluviano lupo in tanto trionfo di modernità: squarta, immerge le mani nel sangue, e a ciò la gente si interessa, prende gusto. Il ognuno della folla è un po’ del lupo che dilata le narici all’acre odore del sangue. E la modernità trionfante soddisfa l’istinto dell’animalità troglodita». [1]

La libertà soggettiva è il lupo già descritto da Fedro il cui agire è indotto solo dal desiderio di consumare e autopercepirsi come onnipotente. Contro ciò la libertà oggettiva deve far valere le ragioni di un mondo umano, a misura di comunità e persone.

Salvatore Bravo

[1] Antonio Gramsci, Odio gli indifferenti, chiarelettere, 2016, pag. 45.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Josè Saramago (1922-2010) – Marx ed Engels hanno scritto nella “Sacra famiglia”: «Se l’uomo è formato dalle circostanze, allora bisogna formare le circostanze umanamente». Il comunismo è per me uno stato dello spirito.

José Saramago comunista

Josè Saramago

Di come il personaggio fu maestro e l’autore suo apprendista.
Discorsi di Stoccolma – 7 e 10 dicembre 1998.
Testo portoghese a fronte. Traduzione e cura di Simonetta Masin.
indicepresentazioneautoresintesi

Marx ed Engels hanno scritto nella Sacra famiglia: «Se l’uomo è formato dalle circostanze, allora bisogna formare le circostanze umanamente». Niente di più chiaro, niente di più eloquente, niente di più ricco di senso. Non avevo ancora trent’anni quando, per la prima volta, lessi quelle parole. Furono, per così dire, la mia via di Damasco. Capii che mi sarebbe stato impossibile tracciare una rotta per la mia vita al di fuori di quel principio e che solo un socialismo integralmente inteso (dunque, il comunismo) avrebbe potuto soddisfare i miei aneliti di giustizia sociale.

Molti anni più tardi, in una intervista con Bernard Pivot, che voleva sapere perché continuassi a essere comunista dopo gli errori, i disastri e i crimini del sistema sovietico, risposi che, essendo un comunista «ormonale», mi era impossibile avere delle idee diverse: gli ormoni avevano deciso.

La spiegazione è più seria di quanto sembri: e forse si capisce meglio se dico che, in qualche modo, ha un equivalente nel «non possumus» biblico.

Recentemente, suscitando lo scandalo di certi compagni dediti alla più canonica ortodossia, ho osato scrivere che il socialismo – e a maggior ragione il comunismo – è uno stato dello spirito. Continuo a pensarlo. E la realtà si incarica giorno dopo giorno di darmi ragione.

José Saramago, da «Comunista a chi?», numero speciale il manifesto, 17 dicembre 2009.

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Josè Saramago

Di come il personaggio fu maestro e l’autore suo apprendista.

Testo già edito da Editorial Caminho, nel 1999; si ringrazia la Fondazione José Saramago per averne autorizzato la pubblicazione; traduzione e cura di Simonetta Masin, pp. 40.

Josè Saramago (1922-2010) – Mi lascia indifferente il concetto di felicità, ritengo più importanti la serenità e l’armonia
José Saramago (1922-2010) – Quanti anni ho, io? Ho l’età in cui le cose si osservano con più calma, ma con l’intento di continuare a crescere. Ho gli anni che servono per abbandonare la paura e fare ciò che voglio e sento. Per continuare senza timore il mio cammino, perché porto con me l’esperienza acquisita e la forza dei miei sogni.
Josè Saramago (1922-2010) – Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, ciechi che, pur vedendo, non vedono.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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