Petite Plaisance – Le più recenti pubblicazioni (gennaio-giugno 2020)

Petite Plaisance - 15 titoli

Carlo Carrara – Essere e Dio in Heidegger

La questione centrale del pensiero di Martin Heidegger è la questione dell’essere, ma fin dall’inizio del suo cammino, nei sentieri percorsi, il suo pensare è aperto al problema di Dio e a ciò ad esso inerente. Per il filosofo tedesco la metafisica occidentale, da Platone a Nietzsche, nasce e si sviluppa come oblio dell’essere, cosicché nulla ne è dell’essere stesso e della sua verità. Ne consegue che nella sua stessa essenza la metafisica è nichilismo. Il Dio metafisico è il Dio causa sui, il Dio fondamento, ragione e supremo valore, le cui immagini e maschere costruite dall’onto-teologia lungo la storia hanno contraffatto il Dio divino, il Dio che può aver luogo secondo il suo tratto proprio solo in base, a partire ed entro l’orizzonte della verità dell’essere. Solo il Dio divino può salvare l’uomo, nel senso che può liberarlo per la sua essenza propria in quanto esser-ci, dal dominio dell’oblio dell’essere e dalle conseguenze della morte del Dio non divino. Il favore della svolta nell’essere ancora non concesso, che la dimenticanza dell’essere si rivolti, mutandosi nella salvaguardia della sua essenza, nella disponibilità umana della custodia e dell’attesa, si presenta nel pensiero poetante, che dall’essere conduce al Dio, e nel poetare pensante, che si rivolge al sacro, come una luce nel tempo di povertà della notte del mondo, caratterizzato dall’assenza, dalla mancanza di Dio: «Quando si fa buio non vedo niente, e tuttavia (ci) vedo» (M. Heidegger).

indicepresentazioneautoresintesi


Livio Rossetti – Parmenide e Zenone “sophoi” a Elea

In questo Parmenide e Zenone sophoi a Elea Livio Rossetti ci propone una marcia di avvicinamento a due pensatori antichi di primissimo ordine. Il suo proposito è stato di lavorare su due ‘pezzi da museo’ che ci sono stati trasmessi pieni di polvere e di incrostazioni esegetiche, riportarli alla luce e tornare a osservarli da vicino. Pretesa eccessiva? Non proprio, perché di Parmenide si sta riscoprendo solo ora lo stupefacente sapere naturalistico che pure formava parte integrante del suo poema, e di conseguenza il suo insegnamento richiede di essere visto da una prospettiva profondamente rinnovata. Quanto poi ai paradossi di Zenone, essi sono stati per lo più trattati come problemi da risolvere o calcoli da eseguire, senza considerare che Zenone avrà avuto interesse a idearli, non certo a risolverli e dissolverli. Quindi, anche qui, netto cambio di prospettiva. L’autore ci invita dunque a guardare a questi due personaggi estremamente creativi senza pensare alle tradizioni interpretative, con la mente sgombra, con rinnovata curiosità. Lo fa con competenza, ma usando un linguaggio piano, cordiale, arioso, partendo dai luoghi e dal contesto. Avvicinarsi a quel mondo sarà una scoperta.

indicepresentazioneautoresintesi


Arianna Fermani – «Senza la speranza è impossibile trovare l’insperato». La speranza “antica”, tra páthos e areté.

Questo contributo intende riflettere sulla – antica e, insieme, attualissima – nozione di speranza a partire da una breve indagine etimologico-semantica (a cui si torna, chiudendo il cerchio, al termine del saggio), nella convinzione che la riflessione sulle parole e sulle loro origini possa donare alcune feconde piste al pensiero. Il breve saggio si snoda lungo due linee direttrici fondamentali: la speranza come páthos, ovvero come passione, sentimento o desiderio, e la speranza come areté, ovvero come “virtù”, nozione che, nel senso greco e, più nello specifico, aristotelico del termine, implica la capacità di amministrare correttamente la passione. In questo secondo caso, inoltre, si assiste alla messa in campo di un “versante attivo della speranza”, che chiama in causa il soggetto agente e volente, che ha il compito di dare forma al suo desiderio. Qui il “sogno ad occhi aperti” diventa prassi, si fa progetto.

L’itinerario si interseca in molti modi ad altre fondamentali nozioni, tra cui, solo per indicarne alcune, quella di paura (che si configura come una passione che dirige il soggetto nella direzione opposta rispetto alla speranza), quella di rischio (a cui la originaria vocazione all’“apertura” prodotta dalla speranza è intimamente connesso e che richiede, a sua volta, un’opera di “saggia amministrazione”) e quella di fiducia (a cui la speranza è costitutivamente intrecciata e che chiama in causa un altro profilo della riflessione, affrontato al termine del saggio, quale quello educativo).

indicepresentazioneautoresintesi


Marino Gentile (1906-1991) – Il problema della filosofia moderna

Regno dell’uomo, matematismo e meccanicismo (Galilei, Bacone e Cartesio): Il disegno umanistico del «regnum hominis»/La caratteristica della concezione moderna del «regnum hominis»/Il matematismo del Galilei/Regno dell’uomo e meccanicismo nel pensiero di F. Bacone/L’atteggiamento di Bacone verso la matematica/ R. Descartes come fondatore della filosofia moderna/Regno dell’uomo e meccanicismo nel pensiero cartesiano/La funzione del matematismo nel sistema cartesiano/La matematica e il dubbio universale/I due centri di certezza nel sistema cartesiano/Matematismo e meccanicismo/Le aporie del cartesianesimo. Le difficoltà del matematismo. Il problema della «res extensa». Cartesio e Spinoza: Le condizioni per un cartesianesimo integrale/Sua incompatibilità con il concetto di anima-forma/Risoluzione del cartesianesimo nello spinozismo/Spinoza e Cartesio/Le caratteristiche del razionalismo spinoziano/Il matematismo nel pensiero spinoziano/Matematismo e meccanicismo/Occasionalismo e pascalismo. Esteriorità e interiorità nella conoscenza (Locke e Leibniz): Gli elementi della «modernità» nel pensiero del Locke: «regnum hominis» e meccanicismo/Come nel pensiero del Locke vi sia presente anche il matematismo/Il rapporto del Locke con la distinzione fra qualità primarie e qualità secondarie/Conseguente critica del concetto di sostanza da parte del Locke/Inadeguatezza del nominalismo tradizionale alla critica del Locke/Il matematismo come limite dommatico della ricerca lockiana/Il dualismo d’interiorità ed esteriorità/Leibniz e la sua ripresa al matema­tismo antico/Matematismo antico e matematismo moderno/La polemica vichiana e la prevalenza del matematismo nella cultura illuministica. Il superamento kantiano del matematismo e i suoi limiti: La filosofia kantiana come ricerca assoluta/Condizioni della ricerca e funzione esercitata in essa dalla matematica e dalla meccanica/Rapporto della dottrina dell’Io trascendentale con la funzione esercitata nella ricerca dalla matematica e dalla meccanica/Dall’estetica e dall’analitica alla dialettica/Il matematismo e le aporie della dialettica/Il matematismo come limite della ricerca kantiana.

indicepresentazioneautoresintesi


Maurizio Migliori, Luca Grecchi – Tra teoria e prassi. Riflessioni su una corsa ad ostacoli

«Migliori e Grecchi sono due metafisici che si ispirano alla tradi­zione greca e la custodiscono con cura, anche se Migliori guarda soprattutto a Platone e Grecchi soprattutto ad Aristotele. Entrambi amano la verità e il bene» (Carmelo Vigna). Questi i temi del dialogo: La genesi della filosofia / L’amore per Platone / “La filosofia si fa, non si impara” / Il Multifocal Approach / Possibili critiche al Multifocal Approach / Uomo: una natura razionale e morale? / Sul timore della definizione / Su ciò che non è stato ritrovato / Presocratici: una lettura multifocale? / Chi fu il “primo filosofo”? / Sulla definizione della filosofia e la differenza con le scienze / Socrate sofista? / Sulla filosofia ellenistica e post-ellenistica / I Greci cercavano per trovare risposte utili / Sul bene / Sulla verità: questione logico-fenomenologica o (anche) onto-assiologica? / Utopia e progettualità / Sul trascendente / La dolcezza come virtù filosofica / L’anticrematistica: filo conduttore delpensiero antico? / Stato dell’arte della filosofia antica in Italia / Oltre alla filosofia… / Su Platone Primo Ministro… / Sulla educazione dei giovani / Sulla morte.

indicepresentazioneautoresintesi


Rodolfo Mondolfo (1887-1976) – Alle origini della filosofia della cultura

In queste pagine si afferma il principio che le concezioni della natura svolte dai presocratici sono il risultato della proiezione dei problemi del mondo umano sull’universo fisico: è da respingere l’opinione per cui il pensiero filosofico all’inizio si sarebbe occupato esclusivamente dei problemi più lontani, relativi all’origine, alla formazione e alla costituzione del cosmo e solo in tempi più recenti avrebbe rivolto la propria attenzione a quelli più vicini, cioè ai problemi relativi all’uomo. Pur non essendo una delle opere fondamentali del Mondolfo, questo libro è però una delle sue opere più significative: vi si possono trovare i principali motivi che ne caratterizzano il pensiero. Ha messo in evidenza le tendenze poliedriche dello spirito ellenico e la varietà e il contrasto delle sue manifestazioni nel pensiero dei filosofi greci, dimostrando come negli scritti di alcuni di essi si possa trovare il riconoscimento esplicito dell’importanza del soggetto umano nella gnoseologia, nell’etica e nella teoria delle creazioni culturali. In questo libro vengono inoltre indicati altri precedenti della filosofia della cultura: in Platone, in Aristotele, in Tommaso d’Aquino, nei filosofi del Rinascimento, in quelli dell’età moderna fra i quali Vico, Hegel e gli idealisti. La concezione della filosofia come «problematicità» non porta mai Mondolfo alla conclusione sconsolata del problematicismo e neppure alla conclusione degli scettici che proclamano la sterilità e la vanità dell’indagine filosofica. Al contrario conduce ad una conclusione fiduciosa: il lavoro filosofico contribuisce a rendere la coscienza dei problemi sempre più chiara e profonda.

indicepresentazioneautoresintesi


Salvatore Bravo – L’umanesimo integrale di Massimo Bontempelli. Filosofia Storia Pedagogia

Massimo Bontempelli, professore di liceo, è stato filosofo olistico: l’originalità della sua teoretica è nel tenere assieme filosofia, storia e pedagogia, al fine di orientare la paideia sul fondamento veritativo che coniuga l’asse ontologico-assiologico all’azione educativa. Ha avvertito l’incombere plumbeo del nichilismo sul destino dell’Occidente, guardando con gli occhi della mente il dramma in cui è impigliata la cultura occidentale ormai planetaria. Trascendere il nichilismo ha significato per lui interpretarlo, inseguirlo nei meandri della sua genealogia, per sfidarlo, e quindi, ricostruire il percorso verso la verità. La sofferenza teoretica per lo stato presente, si è sublimata in pensiero e pratica educativa. Filosofo dalla passione intellettuale per il presente, con l’impegno rivolto fortemente al futuro, ha teorizzato l’alternativa al nichilismo consumistico dei nostri giorni. Ha rielaborato il pensiero teoretico e politico di Hegel mediandolo col pensiero di Marx. Con Hegel ha condiviso l’urgenza della metafisica, senza la quale il soggetto è lasciato alla sua accidentalità e dissolto nel pulviscolo del conflitto economico. Il suo stile filosofico ed educativo ha un significato simbolico e sostanziale: l’essenziale è la parola, veicolo della qualità contro la quantità. Ci ha lasciati eredi non solo della sua attività teoretica, ma della sua esperienza umana vissuta fuori dalla caverna della società dell’immagine e della pornografia mediatica spacciata per trasparenza.

indicepresentazioneautoresintesi


Claudia Baracchi – Filosofia antica e vita effimera. Migrazioni, trasmigrazioni e laboratori della psiche

I testi qui raccolti ripercorrono due seminari residenziali in cui confluivano studi di filosofia antica e un’insolita composizione di temi: il rapporto tra greco e non greco, e le peripezie del pensiero tra il Mediterraneo degli Elleni, il Levante, l’Egitto, in onde migratorie che saranno costitutive dell’Europa; il rapporto tra filosofia e vita, soprattutto la vita sofferente, quale è variamente ma senza eccezioni la vita mortale, esposta e vulnerabile a ogni rovescio; il rapporto tra l’esercizio della ragione e ciò che la eccede, si chiami natura, dio, intelletto o in altro modo; al limite, il rapporto tra theoria e praxis. Volgersi al passato in una modalità interrogativa significa soprattutto ricalibrare la nostra domanda su noi stessi, chiederci come siamo diventati quello che siamo, attraverso quali vicende, ma anche e soprattutto attraverso quali dimenticanze, quali sparizioni, quali discontinuità e ricadute nella latenza. Vale a dire: come siamo giunti qui dove ci troviamo, per quali percorsi consapevoli, ma anche inconsci e bui – giacché il passato (tanto individuale quanto collettivo) è saturo di ciò che, di esso, non è stato ancora mai visto e deve ancora accadere.

indicepresentazioneautoresintesi


Diego Lanza (1937-2018) – «Lo stolto. Di Socrate, Eulenspiegel, Pinocchio e altri trasgressori del senso comune». Prefazione di M. Stella. Postfazione di G. Ugolini.

Socrate, Till Eulenspiegel, Pinocchio, ma anche Solone, Bruto, i profeti di Israele, Bertoldo, Giufà, i «santi folli» di Bisanzio … Sono innumerevoli i personaggi che trasgrediscono il senso comune; figure spesso ridicole, ma portatrici tutte di verità inquietanti di cui la ragione dominante diffida, delle quali tuttavia non può fare a meno. Ciò che si mantiene nella fiaba, nel romanzo, nella letteratura filosofica e religiosa non è tanto la fisionomia dell’insensatezza quanto il suo rapporto conflittuale di esclusione/complementarietà con la ragione, con il sistema dei valori etici e affettivi accettati come fondamentale norma di convivenza. Lo stolto e la stoltezza non costituiscono un elemento chiaramente definibile e persistente della tradizione culturale europea, un topos, ma piuttosto un’incognita alla quale ogni volta si attribuisce ciò che disturba il senso comune. È il senso comune, cioè la razionalità riconosciuta da ciascun assetto sociale come sua propria, che stabilisce quel che deve apparire ripugnante, ridicolo, riprovevole. La figura dello stolto e l’immagine della stoltezza mutano perciò a misura dei cambiamenti del senso comune e della razionalità che le definiscono, serbando tuttavia, di mutamento in mutamento, importanti tratti del passato. Il viaggio intrapreso alla riscoperta delle molte e molto differenti raffigurazioni dello stolto conduce a interrogarci sul difficile ma tenace equilibrio che governa il gioco tra verità e riso, scherzo e ragione.

indicepresentazioneautoresintesi


Daniele Orlandi – Scrivere il risentimento. Su Jean Améry

I libri non hanno solo un proprio destino:talvolta possono essere destino (Jean Améry).

Come vive un intellettuale la propria condizione di uomo dello spirito nel luogo dell’anti-spirito per ec­cellenza che fu il Lager? Con uno stile a metà tra il saggio e la narrazione, Daniele Orlandi ripercorre la vicenda umana e culturale di Jean Améry, filosofo e scrittore, fra i più alti testimoni dello sterminio nazista, morto suicida nel 1978.

indicepresentazioneautoresintesi


Rodolfo Mondolfo (1887-1976) – Moralisti greci. La coscienza morale da Omero a Epicuro

La formazione dell’ideale filosofico costituisce un momento di grande importanza nella storia dell’etica greca e forma il vincolo più intimo ed essenziale di continuità sia tra la riflessione morale più antica e l’indagine naturalistica che caratterizza fin da principio la filosofia presocratica, sia, più tardi, fra questo naturalismo e l’umanesimo di Socrate. Secondo l’idea tradizionale derivata da Cicerone, la filosofia, che fino allora avrebbe rivolto al cielo la sua contemplazione, con Socrate soprattutto, l’abbasserebbe verso la terra e l’uomo. In realtà, anche l’interesse conoscitivo verso la natura che appare al principio della filosofia greca ubbidiva a motivi essenzialmente umani, costituiti soprattutto da un’esigenza profondamente etica e religiosa, che sorgeva da un nuovo concetto dell’uomo e del suo fine. Per la tradizione anteriore l’uomo, mortale e limitato, doveva pensare unicamente cose umane, cioè limitate e mortali, rinunciando alle divine, che si dichiaravano privilegio degli dèi, difeso dalla loro gelosia. Nell’attribuire all’uomo la capacità di pensare alle cose divine, e nel farlo in tal modo partecipe del divino, convertiva in un’obbligazione sacra per lui quello che la saggezza anteriore gli vietava come insolenza (hybris) ed empietà. La filosofia pertanto diviene per i moralisti greci la forma più eccellente ed efficace di purificazione spirituale (catharsis); e l’attività del filosofo rappresenta – come ci mostra nella Repubblica platonica l’allegoria della caverna – una missione di illuminazione e liberazione. Socrate personificò questa missione, nella sua vita e nella sua morte.

indicepresentazioneautoresintesi


Roberto Fumagalli – Carlo Michelstaedter. Filosofo, poeta e mistico

Un saggio su Michelstaedter è un’impresa destinata inesorabilmente all’incompiutezza: scrivere di colui che con le parole volle fare guerra alle parole, alla ricerca di una pienezza di vita inattaccabile, da trovare, come fondamento stabile, socraticamente solo in se stessi – dando tutto e non chiedendo nulla per sé. Non si potrà mai dire compiutamente l’altezza vertiginosa raggiunta dal suo pensiero, che resta come una cifra inaudita dell’assolutezza dell’Essere e della giustizia da lui cercata. Eppure, col suo pensiero, questo giovane (ma saggio) solitario, che si richiama alla sapienza di Eraclito e di Parmenide e che troverà un’eco, e una parentela postuma, anche in Heidegger, vorrebbe unire il mondo in un unico afflato di fratellanza e d’amore, sull’esempio di Cristo e di Buddha: da lui presi come modello di vita persuasa, sul finire della sua breve esperienza terrena. In Michelstaedter è risuonata la voce di qualcosa di sovrumano, così lontana dalla sua, e ancor più dalla nostra, epoca del compiuto nichilismo: del sapere scientifico ormai vittorioso e della tecnica dimentica dell’anima.

indicepresentazioneautoresintesi


Arianna Fermani, Daniele Guastini, Alberto Jori, Giulio A. Lucchetta, Maurizio Migliori, Angelo Tonelli – Il futuro dell’antico. Filosofia antica e mondo contemporaneo

Questo volume, curato da Elena Bartolini, Andrea Ignazio Daddi, Alessandra Filannino Indelicato, raccoglie gli Atti del Convegno di Studi «Il futuro dell’antico. Filosofia antica e mondo contemporaneo», promosso dall’Università degli studi di Milano Bicocca, Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione “Riccardo Massa”, e dalla Associazione «Philo. Pratiche filosofiche», il 27-28 Marzo 2019. Moderatori: Claudia Baracchi, Luca Grecchi. Si evidenziano i relatori e i temi trattati: Daniele Guastini, «Inattualità e attualità della paideia poetica» – Angelo Tonelli, «La Sapienza greca tra Oriente e Occidente. Dioniso, Eleusis, Parmenide, le Upanishad e il “Mongolo di Taranto”»Alberto Jori, «Ippocrate ‘filosofo’: dal sapere ontologico alla scienza funzionale» – Arianna Fermani, «”In ogni caso si deve filosofare”. Aristotele e l’attualità della filosofia» – Maurizio Migliori, «Platone. Amico di Socrate, l’uomo più giusto del suo tempo» – Giulio A. Lucchetta, «Quale rischio corre Dione a Boristene? Un bilancio della cultura greca in età ellenistico-imperiale».

indicepresentazioneautoresintesi


Giancarlo Paciello – Piccola storia dell’Irlanda

Questa Piccola storia dell’Irlanda nasce in parallelo alla stesura di un saggio che raccontava l’epopea della resistenza irlandese e il sacrificio di Bobby Sands e dei suoi compagni determinati fino alla morte in difesa dei loro diritti, ne costituiva il naturale “antefatto”, e, finalmente, dopo più di vent’anni, vede la luce. Se dal punto di vista storico, i problemi da risolvere non erano molti – non era infatti difficile chiarire l’estraneità degli irlandesi (gaelici e cattolici) dai britannici invasori dell’Irlanda e, all’atto della colonizzazione, ormai definitivamente protestanti –, non si poteva dire la stessa cosa per quanto riguardava il presente, da intendere comunque in senso lato, dal momento che in questo presente andava incluso un periodo di circa ottant’anni, quanti cioè ne erano trascorsi dalla divisione dell’Irlanda in due da parte della Gran Bretagna. Un excursus storico di più di 700 anni, dall’invasione dell’Irlanda da parte degli anglo-normanni alla proclamazione della repubblica indipendente d’Irlanda del 1916 e alla successiva spartizione, con le relative conseguenze discriminatorie, politiche e sociali, per la minoranza cattolica, nell’ultra-artificiale Irlanda del Nord. Il libro contiene anche il saggio originario, con una descrizione degli eventi più significativi, a partire dai disordini (i troubles) del 1969, per arrivare ai giorni nostri e un’analisi dell’Accordo del Venerdì santo, come evoluzione del processo di pace, avviato nel 1993.

indicepresentazioneautoresintesi


Mauro Peroni – Felicità possibile. Esercizi filosofici su sofferenza, desiderio e tempo

Nel nostro scenario sociale, dove circola ormai stabilmente un multiforme disagio esistenziale, quali sono le condizioni di possibilità della felicità? Intendendo con ciò non gli occasionali momenti di “positività”, ma la vita felice. Ossia l’esistenza che conosce quel senso di pienezza prolungato, seppur ad intensità variabile, che scaturisce dall’avvertire che i semi in cui è racchiusa la propria unicità hanno iniziato a germogliare e a dare frutti. Il libro affronta la questione impiegando uno strumentario teorico-concettuale non solo filosofico, ma attinto anche dal più ampio campo delle scienze umane. Si pone in ascolto della domanda di felicità che proviene dal presente e prova a rispondervi soffermandosi su tre nuclei essenziali dell’esperienza umana: la sofferenza, il desiderio ed il tempo. Inoltre riserva attenzione alle inquietudini dei soggetti adolescenti, ai quali è dedicata una proposta educativa concernente l’intelligenza pratica. I numerosi fili del discorso vengono intessuti con uno stile che coniuga il rigore delle argomentazioni con un linguaggio che parla anche ai non specialisti.

indicepresentazioneautoresintesi

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

Petite Plaisance – Pubblicazioni recenti

E-Books gratuiti

Enrico Berti – Il dio di Aristotele.

Enrico Berti, Il dio di Aristotele
Enrico Berti

Il dio di Aristotele


Da un lato Aristotele mantiene il concetto di dio che gli proviene dalla religione greca, cioè quello di vivente eterno e ottimo, ma dall'altro si serve di questo concetto per definire la natura del motore immobile, cioè del principio da cui dipende il movimento, e col movimento la vita e l'esistenza, di tutto ciò che è compreso nell'universo, vale a dire del principio supremo, trascendente e onnipotente, anche se non creatore. Pertanto può essere legittimo anche parlare di un Dio di Aristotele con l'iniziale maiuscola, purché si faccia riferimento alla nozione greca di dio e si tenga presente l'intera filosofia di Aristotele, la quale dimostra la necessità di un principio supremo e trascendente, dotato di caratteri personali, cioè di intelligenza e volontà, e dunque suscettibile di essere classificato nella specie degli dèi, ma al tempo stesso degno di meritare l'iniziale maiuscola, per il fatto di essere il principio supremo, il bene e il bello per eccellenza.

Il titolo di questo contributo mi è stato proposto da Maurizio Migliori e la mia prima reazione è stata di respingerlo, perché per Aristotele «dio» (theos) è un nome comune, cioè è il nome di una specie di esseri viventi, come «uomo» o «cavallo», perciò nella traduzione si dovrebbe scrivere con l’iniziale minuscola. Inoltre in Aristotele non c’è una nozione di Dio paragonabile a quella che sta alla base delle grandi religioni monoteistiche, e delle filosofie che da esse sono state ispirate, cioè quella nozione per cui c’è un solo Dio, creatore e signore del cielo e della terra. In questa concezione il nome «Dio» diventa quasi un nome proprio e, come tale, va scritto con l’iniziale maiuscola, indipendentemente dal fatto che colui che scrive sia o non sia credente. Alla fine però, dopo avere pensato a tutto quello che avrei potuto scrivere, ho deciso di conservare il titolo propostomi da Migliori, perché c’è un senso, come vedremo, in cui esso può risultare appropriato anche ad Aristotele.
Prima di tutto desidero sgomberare il terreno da un’altra improprietà di linguaggio, che in parte dipende da un’interpretazione a mio avviso inaccettabile, cioè quella per cui si parla di una «teologia» di Aristotele, espressione che io stesso ho usato in varie circostanze e di cui ora, in un certo senso, mi pento. L’idea che ci sia una teologia di Aristotele è antica e deriva probabilmente dai commentatori antichi, probabilmente da Alessandro di Afrodisia, se non addirittura da Teofrasto. Essa ha dominato tutta l’antichità, il medioevo (sia arabo, sia bizantino, sia latino) e gran parte dell’esegesi moderna.

[…]
Sostenendo che il motore immobile è causa efficiente naturalmente non intendo escludere che esso, e quindi «il dio», possa essere anche causa finale, ma ritengo che esso lo sia per l’uomo, non per il cielo. Ciò mi sembra risultare da un altro passo della stessa Etica Eudemea, dove Aristotele afferma, a proposito della parte cognitiva dell’anima, che

«il dio non la governa dando degli ordini, ma come ciò in vista di cui la saggezza (phronesis) ordina […], poiché quegli non ha bisogno di nulla. Perciò quella scelta e quell’acquisto dei beni naturali che produrrà più di tutto la conoscenza del divino (ten tou theou theorian), […] questa è la migliore e questo criterio è il più bello, mentre quella che per difetto o per eccesso impedisce di servire e di conoscere il dio (fon theon therapeuein kai theorein), questa è cattiva» (Ethica Eudemia, VIII, 3, 1249 b 13-21).

 

Il fine in vista del quale la saggezza ordina, in questo passo, è chiaramente indicato nella conoscenza del dio, e probabilmente anche nel culto pubblico di esso (therapeuein), come suggerisce Bodétis (R. Bodéus, Aristote et la théologie des vivants immortels, cit., pp. 269-270). Dunque in questo senso il dio è per l’uomo un fine. Ma ciò non conferisce all’etica di Aristotele un carattere teologico, come pretendeva Jaeger, perché il vero fine dell’uomo, in cui consiste la felicità, è in generale la conoscenza delle cause prime, tra le quali è compreso anche il motore immobile, e quindi il dio.
Ciò è confermato dal passo dell’Etica Nicomachea parallelo a quello dell’Etica Eudemea appena citato:

«Ma neppure della sapienza (sophia) la saggezza è signora né della parte migliore dell’anima, come neppure della salute è signora la medicina, poiché questa non si serve di quella, ma guarda a come procurarla. La saggezza dunque ordina in vista di quella, ma non a quella. Inoltre sarebbe la stessa cosa se uno dicesse che la saggezza politica comanda sugli dèi, per il fatto che ordina intorno a tutte le cose che sono nella città» (Aristotele, Ethica Nicomachea, VI, 13, 1145 a 6-11).

 

La saggezza, dunque, ordina in vista della sapienza, la quale è il vero fine dell’uomo. Ma la sapienza è la conoscenza dei princìpi, cioè delle cause prime, fra le quali vi è anche il dio. Di conseguenza la saggezza dirige tutte le azioni dell’anima verso la conoscenza del dio, così come nella città la saggezza politica organizza tutte le cose, compreso il culto pubblico degli dèi. In questa concezione non vi è nulla di teologico: il vero fine dell’uomo, per Aristotele, resta la conoscenza in tutta la sua portata.
Anche quando lo Stagirita afferma che l’uomo deve imitare gli dèi, la ragione di questa imitazione è soltanto il valore della conoscenza. Egli dice infatti:

«tutti suppongono che gli dèi vivano e siano in attività, poiché non possiamo supporre che essi dormano come Endimione. Ora, al vivente privo dell’azione morale e ancor più della produzione, che rimane se non la conoscenza (theoria)? Pertanto l’attività del dio, che si distingue per beatitudine, sarà di tipo conoscitivo (theoretike). E di conseguenza fra tutte le attività umane la più simile a questa sarà la più felice […]. Infatti per gli dèi la vita intera è beata, mentre per gli uomini lo è nella misura in cui sussiste una somiglianza con siffatta attività» (Ethica Nicomachea, X, 8, 1178 b 18-27).

 

Qui abbiamo ancora a che fare con la nozione di divinità accettata da tutti, ma essa è collocata nel quadro di un’etica tipicamente aristotelica, cioè finalizzata alla conoscenza dei princìpi e delle cause prime.

In conclusione, da un lato Aristotele mantiene il concetto di dio che gli proviene dalla religione greca, cioè quello di vivente eterno e ottimo, ma dall’altro si serve di questo concetto per definire la natura del motore immobile, cioè del principio da cui dipende il movimento, e col movimento la vita e l’esistenza, di tutto ciò che è compreso nell’universo,[1] vale a dire del principio supremo, trascendente e onnipotente, anche se non creatore. Pertanto può essere legittimo anche parlare di un Dio di Aristotele con l’iniziale maiuscola, purché si faccia riferimento alla nozione greca di dio e si tenga presente l’intera filosofia di Aristotele, la quale dimostra la necessità di un principio supremo e trascendente, dotato di caratteri personali, cioè di intelligenza e volontà, e dunque suscettibile di essere classificato nella specie degli dèi, ma al tempo stesso degno di meritare l’iniziale maiuscola, per il fatto di essere il principio supremo, il bene e il bello per eccellenza.

 

Enrico Berti, Il dio di Aristotele, in: Id., Nuovi studi aristotelici. V. Dialettica, fisica, antropologia, metafisica, Morcelliana, Brescia, 2020, pp. 250, 266-267.

***

[1] Cfr. De caelo, I, 9, 279 a 28-30: «di là dipendono anche per le altre cose, per alcune in modo più preciso e per altre in modo più indiretto, l’essere e il vivere».


Enrico Berti, Professore emerito dell’Università di Padova, dove ha insegnato Storia della filosofia. È socio nazionale dell’Accademia dei Lincei, membro della Pontificia Accademia delle scienze, presidente onorario dell’Institut International de Philosophie. Tra le sue numerose pubblicazioni: Introduzione alla metafisica (2017), la traduzione italiana della Metafisica di Aristotele (2017), Aristotelismo. Tradizioni di pensiero (2017), Tradurre la «Metafisica» di Aristotele (2017), Contraddizione e dia­lettica negli antichi e nei moderni (2016), La ricerca della verità in filosofia (2014), In principio era la meraviglia. Le grandi questioni della filosofia antica (20018), A partire dai filosofi antichi (con Luca Grecchi, 2009), Aristotele nel Novecento (2008), Incontri con la filosofia contemporanea (2006).

 

Vedi pubblicazioni Berti Enrico


Editrice Morcelliana, Brescia

Enrico Berti – La mia esperienza nella filosofia italiana di oggi.
Enrico Berti – Per una nuova società politica
Enrico Berti – La capacità che una filosofia dimostra di risolvere i problemi del proprio tempo è la condizione necessaria, anche se non sufficiente, perché essa sia giudicata eventualmente capace di risolvere i problemi di altri tempi, o del nostro tempo, e dunque possa essere considerata veramente “classica”.
Enrico Berti – Ciò che definisce l’uomo è anzitutto la parola. Non è del tutto appropriata la traduzione latina della definizione di uomo messa in circolazione dalla scolastica medievale, cioè animal rationale, la quale si basa sulla traduzione di logos con ratio. Certamente l’uomo è anche animale razionale, ma il concetto di logos è molto più ricco di quello di “ragione”.
Enrico Berti – Nichilismo moderno e postmoderno
Enrico Berti – È risonata più volte la proclamazione heideggeriana della fine dell’epoca della metafisica. Di fatto è esistita, e quindi ha una storia. Anche le più famose negazioni di essa sono state ridimensionate, e la metafisica appare oggi ancora viva e vigorosa.
Enrico Berti – Nessuno vorrà ritornare a concezioni metastoriche e disincarnate della filosofia. Il far filosofia non può essere infatti un’attività a buon mercato, non comportante alcun rischio, ma deve costar caro […].
Enrico Berti – «Scritti su Heidegger».
Enrico Berti – Recensione al libro di Maurizio Migliori, «Il “Sofista” di Platone. Valore e limiti dell’ontologia». Per migliori il “Sofista” mostra che in Platone l’amore del dialogo supera ogni desiderio di affermare tesi particolari.
Enrico Berti – La crematistica va contro la stessa natura dell’uomo, è ingiusta e immorale. Vorrei una città in cui l’uomo realizzi tutte le proprie capacità, non solo fisiche, ma anche spirituali, per mezzo dell’educazione, dell’arte, della scienza, della filosofia.
Enrico Berti – Aristotele non era un teologo.
Enrico Berti – La fortuna di Aristotele nella storia della cultura. Oggi le sue idee sono tornate in auge in tanti modi: come l’irreversibilità del tempo di I. Prigogine, l’unità mente-corpo o il continuo matematico in R. Thom. Fanno sorridere le accuse rivolte ad Aristotele da Heidegger e dai suoi inconsci epigoni.
Enrico Berti – Pensare con la propria testa? La filosofia deve essere insegnata a tutti per sviluppare in ciascuno la razionalità, lo spirito critico, la capacità di “pensare con la propria testa”. Filosofare significa fare filosofia insieme con i grandi filosofi, “confilosofare” con loro.
Enrico Berti – Il platonismo ha il grande merito di mostrare che c’è un’altra possibilità, che dunque la giustizia è possibile. Un messaggio che lascia indifferente chi se la spassa, ma non chi soffre, lotta e spera. Non si tratta, con buona pace di Nietzsche, di nichilismo, né passivo né attivo, né, con altrettanta pace di Heidegger, di oblìo dell’essere, ma di autentico impegno, filosofico, etico e politico.
Enrico Berti – Nuovi studi aristotelici. Volume V – Dialettica – Fisica – Antropologia – Metafisica
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

Petite Plaisance – Pubblicazioni recenti

E-Books gratuiti

Nicola Campogrande – L’etica di un musicista consiste nella propria missione estetica, nel pensare, scrivere, eseguire musica bella, forte, intensa, capace di scuotere chi l’ascolta, perché cittadini sensibili sono cittadini migliori.

Nicola Campogrande

«Gli italiani che ascoltano musica classica dal vivo rappresentano meno del 10% della popolazione. […] Il fatto nuovo è che oggi si ha voglia di capire, di approfondire, di penetrare nel cuore dell’esperienza musicale in modo non solo sensoriale. […] Non sono uno storico della musica né un musicologo. Sono un compositore […]. Oggi … siamo tornati a pensare che l’etica di un musicista consista nella propria missione estetica, nel pensare, scrivere, eseguire musica bella, forte, intensa, capace di scuotere chi l’ascolta non perché il programma di sala spiega che è stata composta in omaggio alle vittime di questa o quella strage, ma perché l’artista che la sta offrendo ha usato il proprio talento, la propria maestria, per trasformare un’idea, un sentimento, in un momento di musica. […] A scuola ci insegnano come osservare un quadro […] ma non come ascoltare una sinfonia o un’opera, quali corde possiamo mettere in vibrazione, dove è utili indirizzare la nostra attenzione; ed ecco il senso dei miei libri. Anche perché cittadini sensibili sono cittadini migliori. E vivremmo tutti meglio».

Nicola Campogrande, 100 brani di musica classica da ascoltare una volta nella vita, Rizzoli, 2018.


Descrizione

Quello della musica classica è un universo vasto e pieno di bellezza, che con la giusta guida può essere scoperto in tutta la sua meraviglia: in questo libro il grande compositore e divulgatore Nicola Campogrande indica al lettore quali sono i 100 brani che vanno ascoltati almeno una volta nella vita, spaziando dalle origini sino alla musica classica contemporanea. Ciascun brano è presentato brevemente, con un linguaggio chiaro e accattivante, con aneddoti sulla vita dell’autore e riferimenti alla nascita dell’opera. Un’introduzione semplice e appassionante alla musica classica.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

Petite Plaisance – Pubblicazioni recenti

E-Books gratuiti

Aldo Nove – Non c’è mai stato nella storia dell’uomo un momento così delicato. Così adatto per tornare a essere parte della musica del Creato.

Aldo Nove

Non c’è mai stato
nella storia dell’uomo
un momento
così
delicato. Così adatto
per tornare
a essere parte della
musica del Creato.

***

Le macerie
in cui
non
viviamo sono truccate
come puttane.

***

L’impero della mente
parla,
straparla,
non sente. L’impero della mente
non sa di noi
e di noi non gli importa
niente.

Aldo Nove, Poemetti della sera, Einaudi, Torino 2020.


Aldo Nove, pseudonimo di Antonio Centanin ( 1967), è uno scrittore e poeta italiano. Lo pseudonimo trae origine da una frase, ALDO DICE 26 X 1, presente nel telegramma diffuso dal Comitato Nazionale di Liberazione Alta Italia (CLNAI) nell’aprile del 1945 per comunicare il giorno (26) e l’ora (1 di notte) in cui dare inizio all’insurrezione dei partigiani a Torino nella guerra di liberazione dall’occupazione nazista. Aldo è appunto il nome presente nel messaggio mentre Nove è dato dalla somma delle tre cifre 2, 6 e 1.


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

Petite Plaisance – Pubblicazioni recenti

E-Books gratuiti