Salvatore A. Bravo – «Costanzo Preve e l’anarchismo». Critica al potere e all’individualismo senza fondamento veritativo, elogio dei diritti individuali e comunitari, comunismo come sperimentazione libertaria, nel perenne nucleo anarchico della filosofia




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La contraddizione
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M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Enrico Crivellato – “Metterci le mani”: paradigma di conoscenza e atto di amore. Una formula linguistica carica di pregnanze e sfumature semantiche. Trasmette l’idea dell’impegno, del dovere, del­la responsabilità, del coinvolgimento personale del medico. Accompagnata e guidata dalla vista, la mano del me­dico cerca, insegue e individua. Con le mani si tocca, con le mani si coglie, con le mani si intuisce, con le mani si conosce. Le mani avvertono, indagano, analizzano, insegnano, ac­cedono alle memorie e comparano, accendono tracce, rileva­no realtà inattese, e capiscono. Attraverso l’operato delle mani il medico muove dal segno e dal sintomo all’affezione. Compie con un balzo di consapevolezza il passo dal particolare a una dimensione propria degli universali.





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Mauro Bonazzi  – «Il demone  della nostalgia. L’invenzione della Grecia  da Nietzsche a Arendt». Difficile trovare parole più chiare di quelle usate da Nietzsche per descrivere l’impossibile ritorno ad una patria che può essere ricreata solo nel mondo dei pensieri e delle parole.  Ma è probabilmente questa impossibilità che ha offerto a tanti pensatori e scrittori una libertà rara, per esplorare il valore della propria esperienza esistenziale. In questo senso, la storia che si ricostruisce in queste pagine merita ancora di essere ricordata.  Il porto è lontano,  forse nemmeno esiste.  Ma in fondo,  quello che conta è il viaggio.  È il viaggio che aiuta a capire,  come scriveva  Kavafis,  in quegli stessi anni, in una delle sue poesie più celebri, Itaca. – // – Con la recensione di Gherardo Ugolini : “Il mito della civiltà occidentale e gli abusi di un’appropriazione”. Da Nietzsche a Hegel a Humboldt a Wolf ad Arendt e a Leo Strauss. 

Mauro Bonazzi, Il demone della nostalgia. L’invenzione della Grecia da Nietzsche a Arendt, Einaudi, 2025


L’Autore

Mauro Bonazzi insegna Storia della filosofia antica presso l’Università degli Studi di Milano. Ha insegnato anche a Clermont-Ferrand, Bordeaux, Lille e all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Specialista del pensiero politico antico, di Platone e del platonismo, tra le sue pubblicazioni ricordiamo: I sofisti (Carocci, 2010), Platone, Menone e Fedro (Einaudi, 2010 e 2011), À la recherche des Idées. Platonisme et philosophie hellénistique (Vrin, 2015), Il platonismo (Einaudi, 2015), Atene, La città inquieta (Einaudi, 2017), Piccola filosofia per tempi agitati (Ponte alle grazie 2019) e Creature di un sol giorno. I greci e il mistero dell’esistenza (Einaudi, 2020).


Sommario




Alcuni dei molti libri di Mauro Bonazzi


I sofisti, Carocci, 2010

Theoria, Praxis, and the Contemplative Life after Plato and Aristotle, Brill, 2012

Il platonismo, Einaudi, 2015

Con gli occhi dei greci. Saggezza antica per tempi moderni, Carocci, 2016

Atene, la città inquieta, Einaudi, 2017

Processo a Socrate, Laterza, 2018

Piccola filosofia per tempi agitati, Ponte alle Grazie, 2019

Creature di un sol giorno. I greci e il mistero dell’esistenza, Einaudi, 2020

Processo a Socrate, Laterza, 2020

Sotto il segno di Platone. Il conflitto delle interpretazioni nella Germania del Novecento, Carocci, 2020

Dubito, ergo sum. Brevi lezioni per vivere con filosofia, Solferino, 2021

The Sophists, Cambridge University Press

Academici e platonici. Il dibattito antico sullo scetticismo di Platone, LED Edizioni Universitarie

Il naufragio di Ulisse. Un viaggio nella nostra crisi, Einaudi, 2023

Passato, il Mulino, 2023

Il demone della nostalgia. L’invenzione della Grecia da Nietzsche a Arendt, Einaudi, 2025

Platonism, Cambridge University Press, 2025

Storia della filosofia antica. Vol. I. Dalle origini a Socrate, Carocci, 2025



M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Aristotele (384-322 a.C.) – La mano di Aristotele: più intelligente dev’essere colui che sa opportunamente servirsi del maggior numero di strumenti; la mano costituisce non uno ma più strumenti, è uno strumento preposto ad altri strumenti.

Aristotele - La mano

s-l225

«La specializzazione della mano significa lo strumento:
e strumento significa l’attività umana specifica.
La mano dell'uomo è altamente perfezionata
dal lavoro di centinaia di migliaia di anni...
Nessuna mano di scimmia ha mai prodotto il più rozzo coltello di pietra...
La mano dell'uomo ha raggiunto quell'alto grado di perfezione...
solo attraverso il lavoro...
E l’uomo ha fatto tutto ciò, innanzitutto ed essenzialmente,
per mezzo della mano».

F. Engels,
Dialettica della natura,
Editori Riuniti, Roma, 19713, pagg. 49-50

«Anassagora afferma che l’uomo è il più intelligente degli animali grazie all’aver mani; è invece ragionevole dire che ha ottenuto le mani perché è il più intelligente. Le mani sono infatti uno strumento, e la natura, come farebbe una persona intelligente, attribuisce sempre ciascuno di essi a chi può servirsene; giacché è più conveniente dare flauti a chi è già flautista, che non attribuire l’arte del flauto a chi possiede flauti. La natura attribuisce ciò che è minore a ciò che è maggiore e più importante, non il più nobile e il maggiore al minore. Se dunque questa è la via migliore, e la natura nel campo delle possibilità realizza quella migliore, allora non è che l’uomo sia il più intelligente grazie alle mani, ma ha le mani grazie all’esser il più intelligente degli animali. E il più intelligente dev’essere colui che sa opportunamente servirsi del maggior numero di strumenti; ora la mano sembra costituire non uno ma più strumenti: in un certo senso essa è uno strumento preposto ad altri strumenti. A colui dunque che è in grado di impadronirsi del maggior numero di tecniche la natura ha dato, con la mano, lo strumento in grado di utilizzare il più gran numero di altri strumenti.
Quanto a coloro che sostengono che l’uomo non è costituito bene, anzi peggio di tutti gli altri animali (dicono infatti che non ha protezione per i piedi, è nudo e sprovvisto di armi da combattimento), il loro discorso non è corretto. Gli altri animali hanno un solo mezzo di difesa, e non è loro concesso di sostituirlo con un altro, anzi devono dormire e fare qualsiasi altra cosa tenendo sempre, per cosÌ dire, le scarpe ai piedi, cioè senza deporre la corazza che hanno sul corpo, né possono cambiare l’arma che gli è toccata in sorte.
All’uomo, invece, sono concessi molti mezzi di difesa, ed egli può sempre mutarli, adottando inoltre l’arma che vuole e quando la vuole. La mano infatti può diventare artiglio, chela, corno, o anche lancia, spada e ogni altra arma o strumento: tutto ciò può essere perché tutto può afferrare e impugnare.
Anche la forma della mano è stata dalla natura congegnata in questo senso. Essa è articolabile e divisa in più parti, perché nella divisione è implicita anche la capacità di coesione, mentre la prima non è implicita nella seconda. Ed è possibile servirsene come di un sol organo, di due o di molti»

Aristotele,
Opere biologiche, Le parti degli animali, Libro IV, 687a-687b,
a cura di Diego Lanza e Mario Vegetti
Utet, 1971, pp. 710-711.


 

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Ernst Cassirer – «Saggio sull’uomo». Il valore della cultura è nella sua struttura architettonica. Ciò che vivifica i segni materiali e che “li fa parlare” è la loro funzione generale simbolica. Senza questo elemento vivificante, il mondo umano resterebbe invero sordo, muto e cieco. È il sistema architettonico delle attività umane a definire e a determinare la sfera della “umanità”.



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Lucio Anneo Seneca (4 a.C. – 65) – La filosofia non è un’arte di cui si possa fare ostentazione: essa non consiste nelle parole, ma nelle azioni. La filosofia forma e foggia l’animo, regola la vita, governa le azioni, insegna ciò che si deve fare e ciò che si deve evitare, sta al timone e dirige il corso delle navi.

Lucio Anneo Seneca 05
L.A. Seneca, Lettere a Lucilio. Tragedie. Questioni naturali, UTET

«[…] Per te è evidente, o mio Lucilio, lo so, che nessuno può vivere sereno se non si cura della sapienza, anzi neppure in modo sopportabile; ed inoltre che la sapienza perfetta rende la vita felice, mentre anche quando è appena all’inizio la rende tollerabile.
Ma ciò che è evidente bisogna rafforzarlo e con l’assidua meditazione imprimerlo più profondamente nell’animo: è più difficile mantenere i buoni propositi che farli.
Devi perservare e con l’incessante applicazione accrescere le energie spirituali, finché la buona volontà non si sia trasformata in saggezza.
Dunque non è affatto necessario che tu adoperi con me molte parole e molte assicurazioni: riconosco che tu hai già fatto progressi assai notevoli. So di dove scaturisce quanto mi scrivi: le tue non sono frasi false né artificiose. Tuttavia ti dirò il mio pensiero: riguardo a te già nutro buona speranza, ma non ancora una fiducia proprio salda. Vorrei che tu facessi la stessa cosa: non c’è ragione, per cui ti debba fidare tanto presto e facilmente di te stesso. Esamina la tua coscienza, scrutala da ogni parte e sta ben attento: innanzi tutto considera se hai progredito solo nella filosofia o anche nel modo di vivere.

La filosofia non è già un’arte atta a procacciarsi il favore del popolo e di cui si possa fare ostentazione: essa non consiste nelle parole, ma nelle azioni. E non si ricorre a lei per passare con un certo diletto le giornate, perché il tempo libero non sia rattristato dalla noia: la filosofia forma e foggia l’animo, regola la vita, governa le azioni, insegna ciò che si deve fare e ciò che si deve evitare, sta al timone e dirige il corso delle navi in balia delle onde attraverso i pericoli. Senza questa nessuno può vivere libero da timori e tranquillo; ad ogni istante accadono innumerevoli fatti, i quali esigono consigli che solo essa può dare […]».

Lucio Anneo Seneca, Lettere a Lucilio, XVI, 1-3, a cura di Umberto Boella, UTET, Torino 1983, pp. 109-111.


Seneca – De brevitate vitae. Non è breve la vita, ma tale la rendiamo
Lucio Anneo Seneca (4 a.C. – 65 d.C.) – Da quando il denaro ha iniziato a venire in onore, il reale valore delle cose è caduto in discredito. Gli uomini consacrano il denaro come espressione massima delle cose umane.
Lucio Anneo Seneca (4 a.C. – 65) – Quale è la natura specifica dell’uomo? La ragione, che quando è retta e perfetta dà all’uomo la pienezza della felicità. Una tale ragione perfetta prende il nome di virtù, e altro non è che la coerenza morale.


Pasolini e il tempo della violenza genocidiaria. L’architrave dell’attuale indifferenza patrocinata dall’accumulo crematistico è l’edonismo massificante che erode il pensiero e la consapevolezza spingendoci nel precipizio del vuoto metafisico


Salvatore Bravo

Pasolini e il tempo della violenza genocidiaria. L’architrave dell’attuale indifferenza patrocinata dall’accumulo crematistico è l’edonismo massificante che erode il pensiero e la consapevolezza spingendoci nel precipizio del vuoto metafisico

 

L’indifferenza sostanziale al genocidio in corso in Palestina necessita di risposte e di ricerca. Anche se ci sono manifestazioni di solidarietà con il popolo palestinese, la passività di tanti cheassistono “indiffferenti” al ripetersi di un genocidio sono il sintomo della marcescenza occidentale. La crisi etica è palese e con essa la politica si inabissa fino ad evaporare dall’esistenza dei singoli e dei popoli. La politica è stata sostituita dal calcolo edonistico e degli interessi personali. La creatività, il pensiero e l’empatia muoiono sotto il cono d’ombra del capitalismo senza Katechon.

La Risposta che a suo tempo, nel 1963, diede Hannah Arendt ne “La banalità del male” oggi appare assai insoddisfacente. La filosofa individuò nell’assenza di pensiero critico la causa della complicità con cui uomini ordinarisi lasciarono coinvolgere nel genocidio. Uomini come Adolf Eichmann erano affetti dal “non pensiero”, in quanto il totalitarismo aveva divorato i corpi medi e assorbito ogni dimensione all’interno dello Stato-Partito. La tesi della Arendt, discutibile già a suo tempo, appare oggi impraticabile per leggere il nostro tragico presente. Il genocidio è crimine contro l’umanità e risponde a genetiche storiche che mutano nel tempo. L’indifferenza del nostro tempo non è sovrapponibile alla criminale complicità che si consumò durante il genocidio ebraico. Cercare le ragioni della normalizzazione del male, ormai percepitocome fatale, significa individuare il “male” nella sua nuova forma e metamorfosi.Il sistema procede nella sua marcia atomistica e coloro che “cadono” sono solo gli sconfitti e i perdenti. L’indifferenza del nostro tempo è il peso inerte della storia, e specialmente sostiene il sistema con i suoi crimini. Innocenza e colpa si fondono e confondono. La ragione di tale profonda “patologia strutturale” che attraversa in modo conclamato le società e gli Stati a capitalismo pienamente realizzato è stata analizzata da Pier Paolo Pasolini.

In occasione del referendum sul divorzio nel 1974, lo scrittore palesa che la vittoria non è il “segno” della crescita qualitativa degli italiani, ma la ragione della vittoria è da identificarsi, a prescindere dallo schieramento politico, nella conversione degli italiani al consumismo. Il divorzio è parte della logica dell’«usa e getta», organica all’edonismo di massa.Un principio condiviso in una cornice segnata dall’utilitarismo e dall’individualismo acefalo e che diventa un mezzo per affermare il personale narcisismo. Il diritto si trasforma in un’arma. Il capitalismo è dunque il nuovo fascismo, in quantoomologa e divide e nel contempo coltiva in ogni individuo la sudditanza al consumismo. Ne consegue la regressione del “senso sociale e della sensibilità politica”. Il narcisismo edonistico è il nuovo fascismo che ha abbandonato limiti e divieti imposti per dominare con “l’atomistica delle solitudini”:

 

Sia il Vaticano che il partito comunista hanno dimostrato di aver osservato male gli italiani e di non aver creduto alla loro possibilità di evolversi anche molto rapidamente, al di là di ogni calcolo possibile.
Ora il Vaticano piange sul proprio errore. Il PCI, invece, finge di non averlo commesso ed esulta per l’insperato trionfo.
Ma è stato proprio un vero trionfo?
Io ho delle buone ragioni per dubitarne. Ormai è passato quasi un mese da quel felice 12 maggio e posso perciò permettermi di esercitare la mia critica senza temere di fare del disfattismo inopportuno.
La mia opinione è che il cinquantanove per cento dei «no», non sta a dimostrare, miracolisticamente, una vittoria del laicismo, del progresso e della democrazia: niente affatto: esso sta a dimostrare invece due cose:

  1. che i «ceti medi» sono radicalmente – direi antropologicamente – cambiati: i loro valori positivi non sono più i valori sanfedisti e clericali ma sono i valori (ancora vissuti solo esistenzialmente e non «nominati») dell’ideologia edonistica del consumo e della conseguente tolleranza modernistica di tipo americano. È stato lo stesso Potere – attraverso lo «sviluppo» della produzione di beni superflui, l’imposizione della smania del consumo, la moda, l’informazione (soprattutto, in maniera imponente, la televisione) – a creare tali valori, gettando a mare cinicamente i valori tradizionali e la Chiesa stessa, che ne era il simbolo.

  2. che l’Italia contadina e paleoindustriale è crollata, si è disfatta, non c’è più, e al suo posto c’è un vuoto che aspetta probabilmente di essere colmato da una completa borghesizzazione, del tipo che ho accennato qui sopra (modernizzante, falsamente tollerante, americaneggiante ecc.)1.

 

 

Differenze nominali

Fascisti e antifascisti post 1968 si ritrovano eguali nell’idolatrico culto del consumo e nella pratica del solo interesse personale. Il “primitivismo di massa”con i suoi belati sempre pronti ad accogliere l’ultima novità che il mercato somministra abilmente è il risultato finale di tale regressione di massa, in cui il popolo si trasforma in suddito incapace di pensare e di desiderare un mondo altro. In tale contesto le differenze sono solo nominali. Fascisti e antifascisti sono intercambiabili, ciò ha anticipato la perfetta simmetria tra destra e sinistra. Il fascismo non è più da identificare con un sistema che aveva il suo punto di riferimento nel nazionalismo, nella Chiesa e nella borghesia con i suoi valori/disvalori. Oggi il fascismo è nel nominalismo, ovvero nella pratica di un nichilismo assoluto in cui il soggetto si obnubila nella corsa furibonda e bellicosaverso il consumo. Il capitalismo è stato il cattivo maestro che ha insegnato a ”non riconoscere l’altro”; l’altro è il competitore che potrebbe impedire l’ultimo piacere e un po’ di luce nella società dello spettacolo. L’omologazione è trasversale, e dunque il capitale è riuscito ad ottenere una massificazione impensabile a cui il “fascismo” non era giunto:

 

Tale salto «qualitativo» riguarda dunque sia i fascisti che gli antifascisti: si tratta infatti del passaggio di una cultura, fatta di analfabetismo (il popolo) e di umanesimo cencioso (i ceti medi) da un’organizzazione culturale arcaica, all’organizzazione moderna della «cultura di massa». La cosa, in realtà, è enorme: è un fenomeno, insisto, di «mutazione» antropologica. Soprattutto forse perché ciò ha mutato i caratteri necessari del Potere. La «cultura di massa», per esempio, non può essere una cultura ecclesiastica, moralistica e patriottica: essa è infatti direttamente legata al consumo, che ha delle sue leggi interne e una sua autosufficienza ideologica, tali da creare automaticamente un Potere che non sa più che farsene di Chiesa, Patria, Famiglia e altre ubbìe affini.
L’omologazione «culturale» che ne è derivata riguarda tutti: popolo e borghesia, operai e sottoproletari. Il contesto sociale è mutato nel senso che si è estremamente unificato. La matrice che genera tutti gli italiani è ormai la stessa. Non c’è più dunque differenza apprezzabile – al di fuori di una scelta politica come schema morto da riempire gesticolando – tra un qualsiasi cittadino italiano fascista e un qualsiasi cittadino italiano antifascista. Essi sono culturalmente, psicologicamente e, quel che è più impressionante, fisicamente, interscambiabili. Nel comportamento quotidiano, mimico, somatico non c’è niente che distingua – ripeto, al di fuori di uncomizio o di un’azione politica – un fascista da un antifascista (di mezza età o giovane: i vecchi, in tal senso possono ancora esser distinti tra loro). Questo per quel che riguarda i fascisti e gli antifascisti medi. Per quel che riguarda gli estremisti, l’omologazione è ancor più radicale2.

 

 

Nuovo fascismo

Il nuovo fascismo è nel senso di penuria introiettato, per cui si è sempre alla ricerca dell’ultimo piacere e dell’accumulo crematistico. Si è presi da un automatismo belligerante, in cui conta solo il proprio desiderio, mentre “il mondo applaude ai nuovi vincenti”. Si aderisce ad un’ideologia in modo aprioristico e si ripete un modello nell’azione del tutto privo di ogni senso, e pertanto non resta che la violenza. L’architrave dell’ipotesi di Pasolini è l’edonismo che erode il pensiero e la consapevolezza e in tale vuoto metafisico generalizzato le differenze sono solo scenografia a cui non corrisponde nulla. Il nuovo fascismo che ha causato la mutazione antropologica è il nuovo capitalismo post 1968 con il suo edonismo massificante. La grammatica emotiva conseguente è l’incapacità acquisita di indignarsi dinanzi al male:

 

Dunque il fascismo non è più il fascismo tradizionale. Che cos’è, allora?I giovani dei campi fascisti, i giovani delle SAM, i giovani che sequestrano persone e mettono bombe sui treni, si chiamano e vengono chiamati «fascisti»: ma si tratta di una definizione puramente nominalistica. Infatti essi sono in tutto e per tutto identici all’enorme maggioranza dei loro coetanei. Culturalmente, psicologicamente, somaticamente – ripeto – non c’è niente che li distingua. Li distingue solo una «decisione» astratta e aprioristica che, per essere conosciuta, deve essere detta. Si può parlare casualmente per ore con un giovane fascista dinamitardo e non accorgersi che è un fascista. Mentre solo fino a dieci anni fa bastava non dico una parola, ma uno sguardo, per distinguerlo e riconoscerlo.
Il contesto culturale da cui questi fascisti vengono fuori è enormemente diverso da quello tradizionale. Questi dieci anni di storia italiana che hanno portato gli italiani a votare «no» al referendum, hanno prodotto – attraverso lo stesso meccanismo profondo – questi nuovi fascisti la cui cultura è identica a quella di coloro che hanno votato «no» al referendum.
Essi sono del resto poche centinaia o migliaia: e, se il governo e la polizia l’avessero voluto, essi sarebbero scomparsi totalmente dalla scena già dal 1969.
Il fascismo delle stragi è dunque un fascismo nominale, senza un’ideologia propria (perché vanificata dalla qualità di vita reale vissuta da quei fascisti), e, inoltre, artificiale: esso è cioè voluto da quel Potere, che dopo aver liquidato, sempre pragmaticamente, il fascismo tradizionale e la Chiesa (il clerico-fascismo che era effettivamente una realtà culturale italiana) ha poi deciso di mantenere in vita delle forze da opporre – secondo una strategia mafiosa e da Commissariato di Pubblica Sicurezza – all’eversione comunista. I veri responsabili delle stragi di Milano e di Brescia non sono i giovani mostri che hanno messo le bombe, né i loro sinistri mandanti e finanziatori3.

 

Se il nuovo fascismo (capitalismo) prevarrà, sarà un fascismo assolutamente nuovo per il quale non abbiamo mappe e bussole per decoficarlo, o meglio non possiamo usare le categorie del passato per comprenderlo. La resistenza è sempre possibile, ma è necessario ridisegnare le mappe e rafforzare il carattere per poter porre in atto la resistenza al nuovo fascismo:

 

Se il loro fascismo dovesse prevalere, sarebbe il fascismo di Spinola, non quello di Caetano: cioè sarebbe un fascismo ancora peggiore di quello tradizionale, ma non sarebbe più precisamente fascismo. Sarebbe qualcosa che già in realtà viviamo, e che i fascisti vivono in modo esasperato e mostruoso: ma non senza ragione4.

 

Il fascismo pienamente realizzato è il grande successo del capitalismo. Per la prima volta siamo innanzi ad una omologazione totale nei gusti, nei gesti, nel linguaggio e nei corpi. Con tale tragedia bisogna confrontarsi per defatalizzare la storia. La natura umana non la si può cancellare, essa resta anche se inespressa, da questo dato bisogna partire per uscire dal dramma dell’indifferenza. Il nuovo fascismo ottunde la mente e i corpi, ma la natura etica e razionale dell’essere umano è la speranza onto-assiologica della rinascita.

 

1 P.P. Pasolini, sul «Corriere della sera» (10 giugno 1974) e in Scritti Corsari. Studio sulla rivoluzione antropologica in Italia.
2 Ibidem.
3 Ibidem.
4 Ibidem.



M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Flavia Palmieri – Dove si discute la relazione tra economia e crematistica, e la tesi di Aristotele sull’innaturalità della seconda, facendo emergere la stretta connessione tra la nozione di limite e quella di fine . Recensione al libro di Arianna Fermani, «Economia e felicità. Del buon uso della ricchezza in Aristotele».



Books by Flavia Palmieri

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Le dottrine dell’anima nell’Accademia antica. Speusippo e Senocrate.

Tab Edizioni, 2025

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Il volume analizza il ruolo dell’anima nella filosofia dei primi scolarchi dell’Accademia antica dopo Platone, Speusippo e Senocrate, ricostruendone le dottrine attraverso testimonianze frammentarie, indirette e spesso di controversa interpretazione. Alla luce del rigoroso metodo storico-critico e sistematico, sono qui indagati i legami tra psicologia, “ontologia”, cosmologia, epistemologia ed etica, evidenziando le innovazioni teoriche rispetto a Platone e al dibattito veteroaccademico. Si tratta di un’opera che tenta di colmare una lacuna negli studi, offrendo nuove prospettive di ricerca sulla psicologia antica.

Flavia Palmieri è dottoressa di ricerca in Filosofia presso Sapienza Università di Roma. È stata assegnista di ricerca presso il medesimo ateneo, dove è anche cultrice della materia in Storia della filosofia antica. I suoi interessi si concentrano principalmente sull’Accademia platonica antica e sul pensiero economico dell’antichità.

Pubblicazioni:

https://research.uniroma1.it/researcher/b037a355b87864e818c69557f4c5aa21577000bc6ef6d7e715bcf5ae


Papers by Flavia Palmieri

Economia, etica e politica nell’Economico dello Ps.-Aristotele: tra l’età classica e l’ellenismo

Bollettino della Società Filosofica Italiana, 2023


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Tra religione e politica nell’Accademia antica. Il possibile ruolo dell’anima

Archivio di Filosofia, 2023

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Ἀρετή e φύσις: tra etica del saggio e mondo naturale nell’Accademia platonica antica

in “Etica, economia, ecologia. Sguardi sulla complessità”,
Atti del XLI Congresso nazionale della Società filosofica italiana, ETS, pp. 357-372, 2023


Anime platoniche. Studi sulla psicologia della prima Accademia

Archivio di Storia della Cultura, 2022


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La critica di Sesto Empirico ai numeri pitagorici

Elenchos, 2022

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Organisation of Conferences/Seminars by Flavia Palmieri

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XXV World Congress of Philosophy – Rome 2024

Philosophy across Boundaries is the general theme of the 25th World Congress, that will be held i… more

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Luxuria: il peccato capitale dei Romani

by Francesca Romana BernoFlavia Palmieri, and valery laurand

international conference March 30-April 1 2023

Luxuria, l’amore per l’eccesso, lo sfarzo, il lusso: questo il vizio più praticato e più temuto … more

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Book Reviews by Flavia Palmieri

review of Richard Schorlemmer: Transmission und Transformation. Überlieferungsanalysen und Rekonstruktionen frühperipatetischer Seelenlehren. Basel: Schwabe Verlag 2022. 322 S. 4 s/w Abb. (Schweizerische Beiträge zur Altertumswissenschaft 54).

Gnomon, 2025

Review of Richard Schorlemmer: Transmission und Transformation. Überlieferungsanalysen und Rekons… more


M. Catapano, Sesto Empirico e i tropi della sospensione del giudizio, Hakkert, («Lexis Ancient Philosophy», 13), Amsterdam 2018, in «Rivista di Cultura Classica e Medievale», LXIII, 2, 2021, pp. 619-623.


Forcignanò, F. (ed.), Platone: Settima lettera, Carocci, Roma 2020, in Syzetesis VIII (2021) 439-445.


M. .Bonazzi, F. Forcigranò, A. Ulacco (eds.), “Thinking, Knowing, Acting. Epistemology and Ethics in Plato and Ancient Platonism”, Brill, Leiden-Boston, in “BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ FILOSOFICA ITALIANA”, 229 (2020), pp. 92-95.


S. Marchand, Le Scepticisme: Vivre sans opinions,
“Syzetesis – Rivista di filosofia” VI/1 (2019) pp. 279-286, ISSN 1974-5044


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Nichilismo e Umanesimo. La cecità relazionale insita nell’assolutizzare l’utile economico è ormai dilagante nel suo volersi imporre come norma indefettibile dei rapporti sociali e interpersonali. Bisogna allora ricostruire l’umanesimo e opporsi alla guerra che è in atto contro l’essere umano. Il mero utile economico è soltanto calcolo nel quale l’altro muore, ma così ognuno di noi muore al mondo e alla comunità. L’umanesimo è rischio che deve essere affrontato (un rischio che già Platone invitava ad accettare se realmente desiderosi del bene e del bello). E così Pasolini diceva: «Solo l’amare, solo il conoscere conta […]».




M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Salvatore Settis – «Azione popolare. Cittadini per il bene comune». Indignarsi non basta.  L’indifferenza uccide la democrazia. Ricreare la cultura che muove le norme, ripristina la legalità, progetta il futuro. Serve oggi una nuova consapevolezza, una nuova responsabilità. Una forte azione popolare in difesa del bene comune.




Indice


Alcuni dei molti libri di Salvatore Settis


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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