«Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada». Eraclito
N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo:
L’intelligenza artificiale del capitalismo globalizzato.
La cancel culture totale a Gaza
Il Washington Post ha rivelato i piani di Trump e dei suoi alleati sul futuro di Gaza. L’obiettivo è incentivare il trasferimento della popolazione con una mancia di poche migliaia di dollari per trasformare Gaza in un “Paese del balocchi per ricchi”. Il genocidio è ormai evidente nella sua configurazione e nelle sue complicità oligarchiche. Per risolvere le contraddizioni del capitalismo, in particolare, l’insabbiarsi degli investimenti, Gaza è l’attuale vittima sacrificale. Il capitalismo senza limiti etici e politici riduce tutto a mezzo e merce, per cui si chiede ai palestinesi sopravvissuti di vendere la loro terra, il loro sangue e la loro storia per una manciata di dollari.
Quentin Metsys (1466-1530), Gli usurai, olio su tavola
Il mostruoso senza limiti è tra di noi in fogge anche inedite. Si afferma il principio secondo cui (con l’impego preliminare di armi genocidarie) si può “chiedere” (che è unicamente un “pretendere”, un “esigere”) ad un popolo sconfitto e assassinato di lasciare il proprio territorio nell’indifferenza globale. Si umiliano gli sconfitti nel “chiedere-esigere-pretendere” da essi la volontaria auto-deportazione, dopo aver venduto non solo la loro carne martirizzata anche il loro spirito. Li si vuole trasformare forzatamente in complici di un sistema che ormai concepisce solo il transumanesimo della sussunzione totale dello spirito umano nella dimensione fagocitante dell’unico valore consentito: il valore di scambio.
L’essere umano in tale perversa logica è solo un essere che pratica il valore di scambio. La madre (la terra-la storia) sono niente, sono solo mezzi sul mercato “usuraio” delle contrattazioni. Chi vince compra determinando il prezzo, colui che perde accetta la transazione: sembra che non possa fare altro.
Marinus van Roelmerswaelen, Usurai, data incerta
Ognuno di noi dovrebbe vergognarsi al pensiero di essere parte di questa realtà. Il capitalismo deterritorializzato sta facendo passare il principio nichilistico secondo il quale il legame tra un popolo e la sua terra è niente. Dopo aver annichilito ogni legame sociale, anche il più sacro, la relazione madre-figlio (maternità surrogata), si passa ora all’ultimo salto verso l’abisso: la storia di un popolo è niente, le identità culturali e territoriali devono essere piegate alla logica degli investimenti. E così si può chiedere ad un popolo di abbandonare il proprio territorio per consentire investimenti finanziari e controllo delle materie prime.
Quentin Metsys, Cambiavalute co la Moglie (1514 circa) Parigi, Museo del Louvre
Oggi tocca ai palestinesi domani tale sorte potrebbe toccare a qualsiasi altro popolo. La tragedia palestinese è solo la manifestazione massima di tale mostruoso principio di distruzione.
Nelle nostre città italiane – in modo più edulcorato – i centri storici sono preda delle multinazionali del turismo: li si svuota di reale umanità, e si annienta il legame secolare tra lingua, territorio e popolo.
La violenza è multiforme e conosce gradualità che non smentiscono la verità del nostro tempo. I turisti del futuro di Gaza e i turisti del nostro tempo hanno lo stesso fugace sguardo che si perde in un selfie.
La cancel culture avanza con la violenza della guerra e degli affari.
Con tale processo si vorrebbe mutare l’antropologia umana: creare un nuovo tipo di essere umano capace di pensare solo il valore di scambio. Di tale diabolica (-divisoria) realtà bisogna prendere atto per comprendere la prassi da attuare per combattere e cercare di neutralizzare il “male”. Il piano Trump potrebbe scontrarsi con variabili e resistenze che la logica del profitto non contempla, questa è la nostra speranza.
Il capitalismo ha mezzi straordinari, ma essi possono essere sconfitti dalla resistenza dei popoli e da riserve spirituali che il capitale non può comprendere.
Salvatore Bravo
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo:
Il problema Gesù: il Gesù storico e il Cristo della fede
– Bibliografia minima –
Parte seconda
Dal Medioevo all’età moderna
Capitolo I – Dante, Machiavelli, Shakespeare, Goethe
Dante, La Divina Commedia
– Bibliografia minima –
Niccolò Machiavelli, Il principe
– Bibliografia minima –
William Shakespeare
– Bibliografia minima –
W. Shakespeare, Amleto, Re Lear
– Bibliografia minima –
W. Shakespeare, Giulio Cesare, Il mercante di Venezia
– Bibliografia minima –
W. Shakespeare, Macbeth, La tempesta
– Bibliografia minima –
W. Shakespeare, Sogno di una notte di mezza estate,
Saggio di Laura Cantelmo
– Bibliografia minima –
Johann Wolfgang Goethe, Faust
– Bibliografia minima –
Capitolo II – Il Settecento e l’Illuminismo
Jean-Jacques Rousseau, Discorso sulle scienze e sulle arti, Discorso sull’origine e i fondamenti della diseguaglianza tra gli uomini, Fantasticherie di un passeggiatore solitario
Bibliografia minima –
Parte terza
La grande stagione del romanzo realistico
Capitolo I – I francesi
Honoré de Balzac
Premessa
Vita e opere
Balzac, Illusioni perdute, Splendori e miserie delle cortigiane
– Bibliografia minima –
Balzac, Eugénie Grandet
– Bibliografia minima –
Balzac, Papà Goriot
– Bibliografia minima –
Stendhal, Il rosso e il nero
– Bibliografia minima –
Capitolo II – I russi
Nikolaj V. Gogol’, Racconti di Pietroburgo
– Bibliografia minima –
Fëdor M. Dostoevskij
– Bibliografia minima –
Dostoevskij, Delitto e castigo
– Bibliografia minima –
Dostoevskij, L’idiota
– Bibliografia minima –
Dostoevskij, I demoni
– Bibliografia minima –
Dostoevskij, I fratelli Karamazov
– Bibliografia minima –
Lev N. Tolstoj
Tolstoj, Tre morti, I cosacchi, Dopo il ballo
Tolstoj, Padrone e lavorante
Tolstoj, La cedola falsa
Tolstoj, La morte di Ivan Ilic
Tolstoj, Il divino e l’umano
Tolstoj, Padre Sergio
Tolstoj, La sonata a Kreuzer
Tolstoj, Hadzi Murat
Tolstoj, Guerra e pace
Tolstoj, Anna Karenina
Tolstoj, Resurrezione
– Bibliografia minima –
Anton P. Cechov
Cechov, Racconti
(La steppa, La signora col cagnolino, Reparto N. 6)
– Bibliografia minima –
Capitolo III – Thomas Mann
Thomas Mann, I Buddenbrook
Thomas Mann, Tonio Kröger
Thomas Mann, La morte a Venezia
Thomas Mann, Tristano
Thomas Mann, Disordine e dolore precoce
Thomas Mann, La montagna incantata
Thomas Mann, Doctor Faustus
– Bibliografia minima –
Capitolo IV – L’Ottocento italiano
Alessandro Manzoni, I promessi sposi
– Bibliografia minima –
Giacomo Leopardi, Canti, Operette morali
– Bibliografia minima –
Giovanni Verga, Novelle
– Bibliografia minima –
Parte quarta
La grande letteratura italiana del secondo dopoguerra
Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il gattopardo
– Bibliografia minima –
Elio Vittorini, Conversazione in Sicilia
– Bibliografia minima –
Primo Levi, Se questo è un uomo, I sommersi e i salvati
– Bibliografia minima –
Italo Calvino, La giornata di uno scrutatore
– Bibliografia minima –
Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli
– Bibliografia minima –
Cesare Pavese, La luna e i falò
– Bibliografia minima –
Beppe Fenoglio, Il partigiano Johnny, Una questione privata
– Bibliografia minima –
Francesco Jovine, Le terre del Sacramento
– Bibliografia minima –
Ignazio Silone, Uscita di sicurezza
– Bibliografia minima –
Leonardo Sciascia, Le parrocchie di Regalpetra, Il contesto,
Todo modo, Gli zii di Sicilia, Il mare colore del vino
– Bibliografia minima –
Pier Paolo Pasolini, Scritti corsari e Lettere luterane
– Bibliografia minima –
don Lorenzo Milani, Lettera a una professoressa
– Bibliografia minima –
Parte quinta
Marguerite Yourcenar
Marguerite Yourcenar, Memorie di Adriano
– Bibliografia minima –
Parte sesta
La storia
Edward H. Carr, Sei lezioni sulla storia
– Bibliografia minima –
Marc Bloch, Apologia della storia o mestiere di storico
– Bibliografia minima –
AA.VV. Lettere di condannati a morte della Resistenza europea
– Bibliografia minima –
Massimo M. Salvadori, Storia d’Italia.
Il cammino tormentato di una nazione. 1861-2016
– Bibliografia minima –
Parte settima
Il pensiero critico
Karl Marx, Opere
– Bibliografia minima –
Antonio Gramsci, Alcuni temi della quistione meridionale,
Lettere dal carcere, Quaderni del carcere
– Bibliografia minima –
György Lukács, Il marxismo e la critica letteraria,
Estetica
– Il fascino delle origini
– L’intermezzo moscovita
– Le concezioni estetiche di Marx ed Engels
– Il realismo critico, la particolarità e il “tipo”
– Lo scoiattolo e l’elefante
– Il rigore della maturità
– Dalla vita quotidiana alla vita quotidiana
– La catarsi, dall’antica Atene alle moderne metropoli
– La catarsi nella vita e nella letteratura: Lev Tolstoj
– Bibliografia minima –
Ernst Bloch, Il principio speranza
– Ernst Bloch e il marxismo critico
– Il principio speranza
– Il diritto degli esseri umani a “camminare eretti” e il socialismo
– Il Sessantotto e oltre
– La vita e l’opera
– Bibliografia minima –
Simone Weil, La prima radice
– Bibliografia minima –
Frantz Fanon, I dannati della terra
– Bibliografia minima –
Indice dei nomi
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo:
N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo:
Equilibrio e civiltà nello spirito di M. Zambrano. L’etica dell’amicizia e del dono non solo un ideale, ma è una pratica che stabilisce il cammino verso cui orientarsi. A noi tutti spetta il lavoro dello spirito, affinché l’Aurora di M. Zambrano risorga e la “nascita” possa sostituire la morte. Ogni nascita è un ponte verso la vita, ogni nascita reca con sé la dimensione del dono
La parola civiltà deriva da civitas, ovverossia la città. Il luogo dove vivono le buone relazioni è la città nella quale le idee si sviluppano parallelamente alle buone relazioni. Anche il conflitto rientra nelle buone relazioni, se esso non è mortifero, ma è fecondo scontro dialettico. La civitas è luogo urbano e simbolico della civiltà. Le buone relazioni presuppongono la stabilità e la valutazione etica. La stabilità è data dal reciproco riconoscimento della comune umanità sempre mediata dalla consapevolezza delle differenze, mentre la valutazione etica è la condizione che pone la geometria delle buone relazioni; è lo spazio ideale all’interno delle quali esse devono essere fondate. Si pensi alla sfera di Parmenide metafora dell’essere. Ogni punto della superficie è equidistante dal centro. La sfera è il simbolo della civitas-polis, l’uguaglianza senza stabilità e reciprocità è solo vuoto ciarlare. La sfera è indivisibile, come la civitas, se in essa subentra la divisione non è più tale, ma è semplice giustapposizione di individui. L’etica dell’amicizia e del dono non è, dunque, solo un ideale, ma è una pratica che stabilisce il cammino verso cui orientarsi. La madre è archetipo del dono e della mediazione della legge, mentre il padre è la legge che pone il limite entro cui è necessario disporsi. La civiltà necessita della complementarietà dei due archetipi, i quali sono incarnati in figure reali, il padre e la madre, o in figure simboliche e istituzionali. L’equilibrio fonda la possibilità della civiltà. Già Empedocle affermava che solo l’equilibrio tra forze contrastanti consente la vita.
Disarmonie
L’occidente ha rotto ogni equilibrio, l’archetipo della madre trova il suo senso nella tensione feconda col padre. Ancora una volta la cultura classica ci svela e rivela la verità: il polemos eracliteo è armonia degli opposti. L’armonia dinamica consente il fiorire della vita e delle vite nell’equilibrio tra gli opposti. La relazione tra gli opposti pone il senso e il significato. L’occidente a tutto questo ha rinunciato. Il logos, relazione dialogica, in cui i dialoganti attraversano gli spazi che li divide per ritrovarsi nella verità è già civitas-civiltà. Non a caso dialoghi socratici con una sola eccezione sono sempre ambientati nella città. L’occidente muore nell’efferatezza, perché ha rinunciato alla civitas, al logos e alla relazione dialettica tra gli archetipi. Non è un evento indeterminato, ma la rinuncia alla civiltà è l’effetto finale del momentaneo trionfo del capitalismo. Quest’ultimo deve trasformare ogni creatura in un essere consumante e in carriera. Esso ha sollevato con successo l’atomistica delle solitudini e governa mediante l’illimitata conflittualità. Tutto è odio e tutto è indifferenza verso l’umano. In questo clima di guerra e di solitudine competitiva l’efferatezza delle relazioni non meraviglia. I generi si guardano con sospetto e la perpetua campagna di denigrazione del maschile non può che favorire con la solitudine generale. L’occidente si frammenta e si disperde nella guerra di tutti contro tutti. Le nuove generazioni sono nutrite col cattivo cibo del desiderio che rende indifferenti al bisogno altrui e insegna ad ascoltare solo il proprio immediato desiderio; differirlo e pensarlo è considerato “il male”. I padri e le madri non ci sono. Il senso dell’uno e dell’altro è nella relazione tra le differenze. La rottura dell’equilibrio ha comportato il tramonto di entrambe le figure. Non resta che il mercato, il quale è diventato “il cattivo maestro” di tutti, poiché assimila nell’illimitato, in quanto si nutre dei desideri indotti e deforma la natura razionale ed etica dell’essere umano. La civiltà declina e all’orizzonte non si profila una nuova civitas, ma il “niente” nel presente appare con la sua incomparabile efferatezza. L’Occidente è, di conseguenza, sterile, produce guerre e non vita. La vita biologica e le nascite spirituali sono fortemente osteggiate, in quanto sono il consumo e la logica della morte a governare.
Coscienza e viscere in Maria Zambrano
Dove non vi è equilibrio e stabilità come i classici ci hanno insegnato regna la negazione. Tutto questo non è un destino, ma una contingenza storica. Innumerevoli sono i percorsi della prassi, uno dei fondamentali è riconnettere la “coscienza al viscere”, ovvero alla vita sentita come Maria Zambrano nel suo esilio filosofico e politico ci ha indicato.Bisogna ricongiungere interiormente e nelle relazioni ciò che la civiltà del globish ha diviso per innalzare gli altari della competizione-dominio in cui tutto muore e nulla nasce:
«E la terra le servirà da appoggio, da spazio illimitato. Ma la superficie, il piano, non le basta, alla vita già dotata di un corpo, per assimilato che questo sia alla pianura, alla desolazione della semplice superficie. Essa ritorna nella cavità della grotta iniziale protetta dalla luce e da qualsiasi elemento che non sia lei, torna alla terra, alla terra come tale, al viscere terrestre. In seguito, il corpo vivo otterrà di recare in sé questo viscere. E la grandezza delle viscere, la loro molteplicità, la loro ricchezza, il loro rigore, anche, contrassegneranno la scala della vita, la scala in cui l’essere vivente mostra già il suo viso. Al sembiante dell’essere vivo fa riscontro l’oscurità delle viscere; al sembiante, fattosi chiaro, del mammifero, e al suo luminoso volto, corrisponde il viscere vivo, tesoro che ormai la caverna terrestre non avrà più il privilegio di contenere. Viscere, ha la terra, in cui la luce è custodita scintillante, indelebile. La luce formata di acqua e di fuoco, di aria e di sale. Il sale della terra che assorbe e fissa la luce».1
Civiltà è nel sentire la presenza dell’altro, il quale nella sua sacralità ci riconnette con la vita consentendo la comunicazione tra il sentire delle viscere e il pensare. Il taglio sanguinoso tra il sentire e il pensare produce individui che hanno sostituito il logos con il calcolo dell’immediato e con l’abbaglio dei risultati da ottenere subito in termini di piacere, denaro e potere. In questo contesto uccidere è un’azione banale, è un mezzo tra i tanti, tanto più che la vita non è più un valore sacrale, ma è anch’essa assoggettata al desiderio. L’Occidente ha perso l’Aurora, ancora una volta le parola della filosofia poetante di Maria Zambrano sono preziose per riorientarci tra le macerie del presente. L’Aurora è il pensiero che emerge dall’equilibrio tra il femminile e il maschile, l’Aurora è la condizione chiaroscurale del sentire nella quale è possibile la nascita del “nuovo”:
«L’Aurora, che ha risvegliato il germe – preesistente ma quasi normalmente assopito – dell’illimitato e dell’ardente, ci appare come un limite, un confine che ci arresta e ci chiama in modo ineludibile. È un sogno, un luogo dove i semplici sentire, con il loro naturale fantasticare, sembrano sul punto di essere soppressi […]. L’apparizione dell’Aurora unifica i sentire trasformandoli in senso, reca il senso. […] In nome di quale ragione occulta, sconosciuta, l’Aurora appare e scompare? Appare così, senza ragione, si mostra all’improvviso, oscillando tra la purezza massima della ragione e il suo apparente opposto […]. Improvvisamente qualcosa che sembrerebbe naturale si manifesta come una rivelazione: il fatto che abbia colore. […] Ci sembra allora inevitabile che l’Aurora apra il senso, l’orizzonte e la luce di ogni giorno […], che la luce debba anch’essa farsi ogni giorno di nuovo, perché la vita, a sua volta, ogni giorno si faccia; perché l’essere e la vita uniti non muoiano una volta per sempre, come se fossero stati creati […] una volta sola e per sempre qui, dove siamo: se l’eternità ci si offrisse fin dal principio, se questo principio non fosse una gloriosa, impensabile rivelazione. Se il pensiero non dovesse alimentarsi respirando, anche solo per lievi istanti, l’eternità; un inconfondibile tremore, e quell’inconcepibile fiore che a volta è l’Aurora […]. È lei, l’Aurora, che fugge nell’istante in cui viene percepita, che si nega ad avere un corpo, che annuncia, tremando, questo sì, un mondo altro, in cui i sensi si trovano in un tempo proprio […]; poiché il tempo ci appare come il primo datore dell’essere, e non come il suo rivale. […] Il vuoto in cui la bellezza appare, sarà a sua volta proprio esso a manifestarsi? Essere, essere in altro modo, o essere in verità, o oltre la verità, o oltre l’essere; vuoto e bellezza annunciano qualcosa che non si perde ma che non si dà. E lei è, così immaginiamo, l’unica tra tutti gli dèi e le parole che un tempo furono come dèi; lei è, ci sembra, la sola ad aver conservato quella condizione. Lei, l’Aurora».2
A noi tutti spetta il lavoro dello spirito, affinché l’Aurora risorga e la “nascita” possa sostituire la morte. Ogni nascita è un ponte verso la vita e le vite, ogni nascita reca con sé la dimensione del dono. L’alternativa al comunismo deve fondarsi sulla Metafisica della vita e dell’intero. Se ciò non accadrà il futuro non sarà che la fosca ripetizione del passato da cui dobbiamo congedarci già nel presente. Il compito è grande, ma il percorso è necessario.
1 M. Zambrano, I Beati, a cura di Carlo Ferrucci, SE Edizioni, Milano 2010.
2 M. Zambrano, Dell’Aurora, Marietti, 2020, pp. 27-29
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo:
Da una guerra all’altra nel diario di un viaggiatore. Criminalizzare la guerra, ogni guerra, è il primo – seppur fragile ma comunque indispensabile – passo per camminare insieme su sentieri di pace.
Arrivato in Argentina qualche anno dopo la “guerra sporca” (“sucia” in spagnolo) ho visto gli effetti della dittatura militare degli anni Settanta e Ottanta del Novecento. Ricordo le timide dimostrazioni nella città di Cordoba per fare memoria degli scomparsi a causa del terrorismo di Stato. Si chiamavano in Argentina “desaparecidos”: i loro nomi e le loro foto erano esibite dalle madri e dalle nonne nella Piazza di Maggio nella capitale Buenos Aires.
Questa non sarebbe stata che l’avvisaglia di quello che mi aspettava in Liberia, proprio l’anno seguente dalla partenza dall’Argentina. Inviato in Liberia ho ascoltato, visto e toccato la parte conclusiva della guerra civile in questo Paese: una guerra durata, con alcuni intervalli, per quindici anni.
Sono solito dire che quando gli occhi sono stati feriti da una guerra rimane loro ancora molto poco da vedere. Da quella lacerazione, ne sono testimone, non si guarirà mai più.
A dire il vero anche in Costa d’Avorio, il mio primo e indimenticabile soggiorno in Africa occidentale, erano affiorati i sintomi di ciò che avrebbe prodotto il primo colpo di Stato militare: anticipo di una crisi post-elettorale che sarebbe sfociata in una – fomentata – guerra civile che porterà il Paese ad essere diviso in due.
Di questa crisi ebbi modo di toccare gli effetti con le conseguenze subite dai rifugiati che, a decine, approdarono nel Niger, dove nel frattempo mi trovavo da circa un anno. Madri, padri, bambini che avevano perso tutto e che cercavano di ripartire nell’allora accogliente sabbia e polvere del Paese, in quegli anni modello di stabilità. Ancora lei, la guerra, nei suoi più evidenti, drammatici e spesso inosservati effetti (globalizzazione dell’indifferenza). La sofferenza silenziosa di chi deve di nuovo ricominciare a credere nella vita e negli altri, malgrado le ambiguità del così detto mondo umanitario. Troppo spesso rifugiati, ma senza un vero rifugio.
Il Sahel – fascia convenzionale di territorio che cinge l’Africa dall’Oceano Atlantico al Mar Rosso – è diventato, nella sua zona centrale, uno degli epicentri del terrorismo ‘islamista’ globale. La distruzione della Libia ad opera dell’intervento della Nato, con l’assassinio di Mu’ammar Gheddafi nel 2011, ha contribuito in modo forse determinante a creare una guerra che, ormai da anni, insanguina questa porzione del Continente.
Migliaia di morti, contadini e dunque invisibili, per lo più, assieme a giovani militari spesso mandati allo sbaraglio da capi militari che hanno preso il potere. Naturalmente questi ultimi preferiscono il fresco degli uffici e i redditi dei vari ministeri che hanno abusivamente occupato alla durezza del “fronte”. Questa è appunto l’altra guerra convissuta con la gente terrorizzata, sfollata, perduta e, troppo spesso abbandonata e venduta nelle geopolitiche del momento.
Poi si torna al Nord, in Occidente e allora la guerra è lontana, vicina, accanto e, soprattutto, dentro. Non se n’era mai andata, lei. Esportata, fabbricata, venduta, commercializzata e soprattutto voluta e subita ad un tempo.
Nell’Europa del Nord dove ancora lei, la Nato, continua una guerra per procura e di sudditanza al maggiore Stato terrorista dell’ultima porzione di storia, gli Stati Uniti dall’autoproclamato destino manifesto.
Dall’altra sponda del Mediterraneo lo Stato di Israele che, ormai da anni, organizza un laboratorio armato di controllo, esclusione, espulsione ed eliminazione che poco ha da invidiare alla politica nazista di cui, eppure, il popolo ebraico è stato una delle tragiche vittime.
La guerra nella testa, nel cuore e nell’immaginario che scorre dai fabbricanti d’armi, ai politici collusi e ai religiosi ammutoliti, non fosse per la triste ovazione di cui ha beneficiato la prima ministra del Paese nel recente Meeting di Rimini.
Poi riappare dall’oblio la dichiarazione di Kuala Lumpur, capitale della Malesia e crocevia di culture, religioni e lingue. Nel mese di dicembre del 2005, venti anni or sono, ci fu chi ebbe la saggia follia di scrivere che le guerre, che uccidono persone innocenti, sono criminali. E aggiunge che uccidere in guerra è altrettanto criminale che uccidere in tempo di pace.
Criminalizzare la guerra, ogni guerra, è il primo – seppur fragile ma comunque indispensabile – passo per camminare insieme su sentieri di pace.
Mauro Armanino, Casarza Ligure, agosto 2025
Salvador Dalì, Il Volto della Guerra (El Rostro de la Guerra, Le visage de la guerre)
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo:
«Oggi gli ideali socialisti stanno attraversando il deserto, ma dire che l’idea socialista è morta nel 1989 significa cadere in una tentazione molto comune all’uomo che, avendo una vita breve, tende sempre a pensare che qualche altra cosa muoia prima di lui».
«Qualche volta ho riflettuto sul fatto che io sono ancora comunista. Certo che lo sono e non riesco a immaginare me stesso essere qualcosa di diverso. Ma ho capito che avevo bisogno di aggiungere qualcosa a questo dire “io sono un comunista,” e quello che sto aggiungendo è che io sono un comunista libertario. Il comunismo in Unione Sovietica è crollato per le stesse ragioni per cui crollerà la democrazia: perché non si può sopportare un sistema che si suppone sia democratico, che viene proclamato come un governo del popolo, che mette ogni giorno in bocca alla gente la parola democrazia, senza che nessuno si fermi per lo meno a chiedere se davvero quella che stiamo vivendo abbia qualcosa a che vedere con la realtà che avrebbe dovuto creare. Viviamo in un epoca in cui tutto può essere discusso, tranne la democrazia. Nessuno in questo mondo si domanda se davvero la democrazia sta facendo ciò che per sua stessa definizione è chiamata ad essere. Il nome della democrazia non si tocca, la sua fallacia non si disvela e rimaniamo con gli occhi bendati, riempiendo la bocca con una parola che funziona come una rappresentazione falsata di qualcosa che non ha cominciato a esistere. La democrazia non può essere limitata alla semplice sostituzione di un governo con un altro. Abbiamo una democrazia formale, abbiamo bisogno di una democrazia sostanziale. Io ero ospite del programma di Bernard Pivot, il giornalista francese, e mi ha chiesto: “Come mai sei diventato un comunista?”. E io, che non ci avevo pensato, ho detto: “voglio lasciare un importante contributo al marxismo e alle idee di sinistra ed è che, come la barba o hanno alcuni tratti genetici attribuiti agli ormoni maschili, io sono un comunista ormonale “. Può essere attribuito agli ormoni, anche se senza dubbio, sarebbe meglio attribuirli alla coscienza. Ultimamente sto dicendo: comunista sì, però credo che si debba cambiare il qualificativo: sono un comunista libertario. Marx ed Engels hanno scritto nella Sacra famiglia: «se l’uomo è formato dalle circostanze, allora bisogna formare le circostanze umanamente». Niente di più chiaro, niente di più eloquente, niente di più ricco di senso. Non avevo ancora trent’anni quando, per la prima volta, lessi quelle parole. Furono, per così dire, la mia via di Damasco. Capii che mi sarebbe stato impossibile tracciare una rotta per la mia vita al di fuori di quel principio e che solo un socialismo integralmente inteso (dunque, il comunismo) avrebbe potuto soddisfare i miei aneliti di giustizia sociale. Molti anni più tardi, in una intervista con Bernard Pivot, che voleva sapere perché continuassi a essere comunista dopo gli errori, i disastri e i crimini del sistema sovietico, risposi che, essendo un comunista «ormonale», mi era impossibile avere delle idee diverse: gli ormoni avevano deciso. La spiegazione è più seria di quanto sembri: e forse si capisce meglio se dico che, in qualche modo, ha un equivalente nel «non possumus» biblico. Recentemente, suscitando lo scandalo di certi compagni dediti alla più canonica ortodossia, ho osato scrivere che il socialismo – e a maggior ragione il comunismo – è uno stato dello spirito. Continuo a pensarlo. E la realtà si incarica giorno dopo giorno di darmi ragione. Come è che dopo la caduta dell’Unione Sovietica, il crollo del muro di Berlino, i processi di Mosca, l’invasione dell’Ungheria, come si continua a essere comunista? Mi piacerebbe rispondere chiedendo: ‘Voi siete cattolica? Come è che siete ancora cattolica dopo l’Inquisizione? ‘ Io sono quello che si potrebbe chiamare un’ comunista ormonale ‘. Che cosa significa questo? Proprio come nel corpo ho un ormone che mi fa crescere la barba, c’è un altro ormone che mi obbliga che lo voglia o no , per una sorta di fatalità biologica, ad essere comunista. E’ molto semplice. Più tardi, ho cominciato a dire che essere un comunista è uno stato d’animo. E lo è. Potete leggere Marx, le opere più importanti che Lenin scrisse, ma in fondo, in fondo, è uno stato d’animo. (…) Marx non ha mai avuto tanta ragione come ora. Nella mia vita ho capito che l’alienazione è uguale che provenga da un potere o da un altro, da un colore o un altro. Ecco perché sto dicendo che sono un comunista libertario. Forse si può credere che tra questi due termini vi sia una contraddizione, ma io l’ho piuttosto bene risolta. Io dico comunismo, sì, io dico che si può. Però non per ripetere quanto è stato fatto. Alcune cose sì. Quello che ho capito è che non si può, nel nome di qualsiasi cosa, cercare di imporre quella che si suppone sia la felicità senza ascoltare l’altro. Non sei più importante o migliore dell’altro. Lui potrebbe aver ragione. Il socialismo non può essere costruito contro cittadini o senza i cittadini, e per non aver compreso questo che a sinistra c’è oggi un campo di rovine, dove, dopo tutto, alcuni ancora insistono a cercare e incollare i frammenti delle vecchie idee con la speranza di essere in grado di creare qualcosa di nuovo … ‘riusciranno a farlo?’, mi hanno chiesto, e ho detto, ‘Sì, un giorno, ma io già qui non ci sarò a vederlo …’ Come scrittore, credo di non essermi mai separato dalla mia coscienza di cittadino. Ritengo che dove va l’uno dovrà andare l’altro. Non rammento di aver scritto una sola parola che fosse in contraddizione con le convinzioni politiche che difendo, ma questo non significa che abbia mai messo la letteratura al servizio diretto dell’ideologia che è la mia. Vuol dire, questo sì, che quando scrivo cerco, in ogni parola di esprimere la totalità dell’uomo che sono. Lo ripeto: non separo la condizione di scrittore da quella di cittadino, ma non confondo la condizione di scrittore con quella del militante politico».
N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo:
N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo:
Il testo che pubblichiamo è la versione italiana della recensione, scritta da Carlo Natali originariamente in lingua francese, al libro di Pierre-Marie MOREL, La nature et le bien. L’Éthique d’Aristote et la question naturaliste, Louvain-La-Neuve, Peeters, 2021 (Aristote. Traductions et études), p. 279, e pubblicata sulla rivista «Philosophie antique [En ligne]», 22, 2022. Ringraziamo la direzione e la redazione di «Philosophie antique» per aver concesso l’autorizzazione alla pubblicazion anche della versione italiana.
N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo:
N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo:
This website uses cookies to improve your experience. We'll assume you're ok with this, but you can opt-out if you wish.AcceptRead More
Privacy & Cookies Policy
Privacy Overview
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.