Arianna Fermani – Quanto il rischio è bello. Strategie operative, gestione della complessità e “decision making” in dialogo con Aristotele. L’assunzione del rischio e la sua adeguata collocazione all’interno di una vita “riuscita” implica la continua individuazione di priorità in vista della costituzione il più possibile armonica dell’esistenza.

Arianna Fermani - Il rischio è bello
Che cosa vuoi dire affermare che “il rischio è bello?”.
L’assunzione del rischio e la sua adeguata collocazione all’interno di una vita “riuscita” implica la continua individuazione di priorità in vista della costituzione il più possibile armonica dell’esistenza.
Centrale risulta essere la questione del discernimento.
Cogliere il kairós, come far fiorire la propria esistenza, è un fatto strategico.
 

«[…] Che cosa vuoi dire affermare, seppur provocatoriamente, che “il rischio è bello?” E, ancora prima: che cos’è il rischio? Innanzitutto, sulla scorta del testo aristotelico, occorre rilevare che il rischio che siamo chiamati ad amministrare non è un azzardo, o un “salto nel buio”. Si tratta di uno snodo che emerge chiaramente in Etica Nicomachea IJI 6, quando vengono esaminate le varie forme del coraggio, ovvero di quella virtù che consiste nel “provar bene” la paura. Il coraggio, infatti, non indica l’eliminazione della paura, ma la sua “saggia amministrazione”: “È necessario avere paura dei pericoli ma fronteggiarli. Se, infatti, colui che fronteggia il pericolo non ha paura, non è coraggioso” (Grande Etica I, 20,1191 a 29-31). […]  Essere coraggiosi, pertanto, significa “saper calcolare” – per quanto è possibile – lucidamente il rischio e quindi, ad esempio, saper distinguere rischi prevedibili e rischi non prevedibili […] La saggezza come amministrazione del rischio: La capacità di scegliere bene, infatti, è resa possibile, secondo lo Stagirita, proprio dal possesso della saggezza. […] La saggezza o prudenza è infatti quella virtù che ci impone calma e lucidità, in un mondo straordinariamente complesso, incerto e frenetico come il nostro. L’incertezza, il rischio, vanno allora amministrati, e vanno amministrati proprio tram ite la saggezza […].
Per gestire il rischio e per affrontare la complessità del mondo, pertanto, occorre tenere gli occhi ben aperti, è necessario non lasciarsi ingannare dalle apparenze e anche essere visionari, ovvero essere dotati di quelIa capacità di immaginazione che i greci chiamavano phantasia. Peraltro, oltre che “immaginazione”, la phantasia è anche “rappresentazione”, indicando cioè uno sporgersi al di fuori dell’immediato, da quello che vedo qui e ora, configurandosi come una pre-visione, ovvero come la capacità di costruire nuovi scenari rispetto a quelli attestati dalla sensazione. “Scegliere”, in questo senso, significa anche rappresentarsi il mondo come potrebbe essere […]. Perché, nella decisione, l’essere umano è chiamato […] a costruire, a farsi demiurgo della propria esistenza. […] Scegliere e prendere decisioni è rischioso, dunque, ma è proprio dalla scelta che si giudica il calibro di un individuo. […] La tensione originaria che costituisce l’essenza stessa di ogni felicità umana, cioè la tensione fra una stabilità interiore (anche se costantemente da rinsaldare) del proprio io e la mutevolezza degli eventi esterni, ovvero […] costituisce un ulteriore ambito di indagne.

[…] Da questo breve itinerario, è emerso come l’assunzione del rischio e la sua adeguata collocazione all’interno di una vita “riuscita”, renda necessari tagli, implichi la continua individuazione di priorità in vista della costituzione il più possibile armonica dell’esistenza. Centrare il bersaglio, come è evidente, è un compito difficilissimo: alcune volte sbagliamo e facciamo prendere il predominio a parti che ci fanno perdere di vita l’intero e l’obiettivo a cui mirare: e allora perdiamo tempo, non cogliamo il kairós, il momento opportuno.
D’altra parte il kairós, collegato al verbo κρινω, che significa “separare”, “giudicare”, “discernere” […].  Centrale, ancora una volta, risulta essere la questione del discernimento, che rimanda a quel dis-cérnere (dis = due volte + cérnere = separare), quindi letteralmente al separare due volte, al separare con attenzione e, in senso più ampio, al giudicare, stimare, soppesare, valutare. Operazione insieme difficile ma essenziale, soprattutto nei momenti di crisi (κρισις), nozione a sua volta collegata, anche etimologicamente, a quella di kairós. La stessa krisis, in questo senso, può essere definita nei tennini di una saggia e feconda amministrazione del proprio disorientamento difronte alla complessità del mondo. D’altra parte, più in generale, cogliere il kairós, come far fiorire la propria esistenza, è un fatto strategico […].

ARIANNA FERMANI, QUANDO IL RISCHIO È BELLO Strategie operative, gestione della complessità e decision making in dialogo con Aristotele, in «Humanitas», Rivista bimestrale di cultura, fondata nel 1946, Anno LXXV – N. 1-2 – Gennaio-Aprile 2020, pp. 93-102.




Arianna Fermani – L’educazione come cura e come piena fioritura dell’essere umano. Riflessioni sulla Paideia in Aristotele
Arianna Fermani – La nostra vita prende forma mediante il processo educativo, con una paideia profondamente attenta alla formazione armonica dell’intera personalità umana per renderla libera e felice.
Arianna Fermani – L’armonia è il punto in cui si incontra e si realizza la meraviglia. Da sempre armonia e bellezza vanno insieme.
Arianna Fermani – VITA FELICE UMANA. In dialogo con Platone e Aristotele. il confronto con le riflessioni etiche di Platone e Aristotele permette di dipanare i numerosi fili che costituiscono la trama di ogni esistenza umana
Arianna Fermani – Divorati dal pentimento. Sguardi sulla nozione di metameleia in Aristotele
Arianna Fermani – Mino Ianne, Quando il vino e l’olio erano doni degli dèi. La filosofia della natura nel mondo antico
Arianna Fermani – Nel coraggio, nella capacità di vincere o di contenere il proprio dolore, l’uomo riacquisisce tutta la propria potenza, la propria forza, la propria dignità di uomo. Senza coraggio l’uomo non può salvarsi, non può garantirsi un’autentica salus.
Arianna Fermani – Fare di se stessi la propria opera significa realizzarsi, dar forma a ciò che si è solo in potenza. attraverso l’energeia, e nell’energeia, l’essere umano si realizza come ergon, si fa opera. Chi ama, nutrendosi di quell’energeia incessante che è l’amore, scrive la sua storia d’amore, realizza il suo ergon, la sua opera. È solo amando che un amore può essere realizzato, esattamente come è solo vivendo bene che la vita buona prende forma
Arianna Fermani – Recensione al volume di Enrico Berti, «Nuovi studi aristotelici. III – Filosofia pratica».
Arianna Fermani – «Vita felice umana. In dialogo con Platone e Aristotele». Si è felici perché la vita ha acquisito un orientamento, si è affrancata dalla sua nudità, dalla sua esposizione alla morte, dalla semplice sussistenza. Una vita dotata di senso. Felicità come pienezza, come attingimento pieno del ‘telos’ lungo tutto il tragitto della vita.
Arianna Fermani – «Senza la speranza è impossibile trovare l’insperato». La speranza “antica”, tra páthos e areté.
Arianna Fermani – Aristotele e l’infinità del male. Patimenti, vizi e debolezze degli esseri umani

Fermani Arianna 002

Coperta 307

 Arianna Fermani
L’educazione come cura e come piena fioritura dell’essere umano
Riflessioni sulla paideia in Aristotele
 ***
*
 
 
Coppa di Duride, V secolo a.C. Kunsthistorisches Museum, Antikensammlung, Vienna.

Coppa di Duride, V secolo a.C.

 
 
Contrariamente ad un certo filone interpretativo che ritiene Aristotele scarsamente interessante dal punto di vista pedagogico, l’Autrice ritiene che il tema della paideia, nella riflessione dello Stagirita, rappresenti un elemento cruciale a molti livelli, avendo egli fornito imprescindibili elementi – di assoluto interesse e attualità – sul tema dell’educazione. Aristotele dunque come uno dei momenti fondamentali del pensiero pedagogico: la sua riflessione infatti mette a tema, in molti modi e su più piani, la questione della formazione del soggetto, che costituisce uno dei pensieri aurorali della filosofia occidentale.
Più nello specifico, l’Autrice ha cercato di esplorare i molteplici nessi fra etica ed educazione, mostrando come, nel discorso dello Stagirita, il tema della paideia costituisca, insieme e a livelli diversi, uno snodo cruciale. L’educazione, cioè, si configura per il filosofo greco come una nozione intrinsecamente ricca e polivoca, che instaura con l’etica una complessa serie di legami.
 
Particolare della coppa di Duride, lato alto.

Particolare della coppa di Duride, lato alto.

 
 
Particolare della coppa di Duride, lato basso

Particolare della coppa di Duride, lato basso.

Sommario

Osservazioni preliminari
Originalità e attualità della riflessione aristotelica sull’educazione
Primo scenario educativo: l’educazione precede l’etica
L’insegnabilità della virtù: limiti e caratteristiche
L’emotional training e l’educazione “delle” passioni
Ulteriori articolazioni del modello educativo
Secondo scenario educativo: l’educazione è l’etica
Educazione e metodo della ricerca
Riflessioni conclusive


Fermani Arianna 005


Arianna Fermani

Divorati dal pentimento

Sguardi sulla nozione di metameleia in Aristotele

In copertina: William A. Bouguereau,The Remorse of Orestes (1862).

indicepresentazioneautoresintesi

Questo saggio intende attraversare quel complesso crocevia di emozioni, desideri e memorie rappresentato dalla spinosa questione del pentimento, su cui Aristotele si impegna in alcuni passaggi delle sue riflessioni. Tali passaggi si rivelano di grande interesse per la serie di implicazioni e ripercussioni, nel campo etico, antropologico e anche giuridico. Dopo una ricerca lessicografica sui termini del campo semantico della nozione in questione (metameleia, metamelo, metameletikos, e anche, e contrario, ametameletos) all’interno del corpus aristotelicum, l’Autrice studia il tema del pentimento sulla scorta del modello teorico (già verificato su altri terreni), del Multifocal Approach, “approccio multifocale”. Questo è il paradigma, tipicamente aristotelico (e, più in generale, caratteristico del pensiero antico), consistente nella costante moltiplicazione dei modelli esplicativi della realtà e nel rifiuto della logica alternativa aut-aut. Ecco l’orizzonte concettuale in cui si ricostruiscono le molteplici connessioni e le diverse cornici concettuali della nozione di pentimento in rapporto con altre cruciali nozioni: la passione (pathos) – e, più in particolare, con la passione del dolore (lype) –, il pudore (aidos), la vergogna (aischyne), ignoranza, scelta, vizio e incontinenza (akrasia). Viene inotre offerta una riflessione sulle diverse valutazioni espresse da Aristotele sul pentimento, che in un certo senso rappresenta un segno del rincrescimento dell’agente, mentre, in un altro senso, viene collegato all’errore e alla consapevolezza avere compiuto un’azione sbagliata.

Introduzione

«Le persone malvagie (phauloi) sono divorate (gemousin) dal pentimento (metameleias)»,

scrive Aristotele in Etica Nicomachea.1 Chi è malvagio, dunque, è così (letteralmente) «pieno di pentimento»2 da esserne «disgustato».3 Ma tale sensazione, che nausea il soggetto che la sperimenta, insieme, lo “divora”, facendogli provare, contemporaneamente, sensazioni di “riempimento” e di “svuotamento” estremi.
La penosa situazione di chi si pente, in realtà, era stata già anticipata poche righe prima, in cui, mediante un’immagine estremamente icastica, lo si descrive come un soggetto vittima di una dolorosa scissione interiore:

una parte [dell’anima] prova dolore a causa del suo vizio e si astiene da certe azioni, mentre una parte prova piacere, e una parte tira da un lato, l’altra da un altro, come se volessero farlo a pezzi.4

Ci troviamo, insomma, di fronte a individui lacerati e sofferenti («le passioni lacerano il loro animo e il pentimento li soffoca» commenta San Tommaso),5 come “spezzati in due”, sospesi tra il ricordo del piacere sperimentato e il dolore del rimorso derivante dal fatto di aver provato quello stesso piacere.6
In questo complesso e intricato crocevia di emozioni, desideri e ricordi, si situa la delicata questione del pentimento, su cui Aristotele si sofferma in alcuni passaggi della propria riflessione, passaggi che risultano essere di grande interesse per la serie di implicazioni e di ricadute, sul terreno etico, antropologico, sociale e anche giuridico.
D’altro canto, come emerge anche dal recente saggio di Laurel Fulkerson, No Regrets: Remorse in Classical Antiquity,7 il tema del pentimento, nel suo difficile rapporto con il variegato mondo delle passioni, individuali e sociali, costituisce uno degli assi portanti della morale e dell’antropologia sin dall’età omerica,8 sebbene al tema, come è stato rilevato, non sia finora stata prestata la necessaria attenzione.9
Questo contributo intende concentrarsi sulla questione del pentimento (metameleia) nella riflessione di Aristotele, ricostruendo gli “scenari concettuali di appartenenza” e i suoi crocevia più significativi.
Inoltre si intende attraversare il tema del pentimento sulla scorta del modello teorico (già verificato su altri terreni) del Multifocal Approach:10 ovvero mediante quel paradigma, tipicamente aristotelico (e, più in generale, caratteristico del pensiero antico), consistente nella costante moltiplicazione degli schemi esplicativi della realtà e nel rifiuto della logica alternativa dell’aut-aut, a favore della continua associazione di possibilità (sia-sia, et-et).

Note

1 Aristotele, Etica Nicomachea, IX, 4, 1166 b 24-25. La traduzione di questa e delle altre Etiche aristoteliche è di chi scrive in Aristotele, Le tre Etiche (con testo greco a fronte), presentazione di M. Migliori; traduzione integrale dal greco, saggio introduttivo, indici e apparati di A. Fermani, Bompiani “Il Pensiero Occidentale”, Milano 2008.
2 La presenza della terza persona plurale (ghemousin) del verbo ghemo (“essere pieno”, “essere carico”) legittima pienamente traduzioni letterali, come ad esempio quella di Carlo Natali, in Aristotele, Etica Nicomachea, Laterza, Roma-Bari 1999 («le persone ignobili sono piene di pentimenti») o di Marcello Zanatta, in Aristotele, Etica Nicomachea, 2 voll., Biblioteca Universale Rizzoli, Milano 1986, 20022 («i malvagi sono pieni di pentimento»). La traduzione (certamente più libera) di ghemousin con “sono divorati” intende restituire in italiano anche l’elemento del tormento interiore determinato da tale dolorosa “pienezza”.
3 «Le mot gemousin fait image: il ne veut pas dire seulement être plein, mais être rassasié jusqu’au dégoût, jusqu’à vomir» (R.A. Gauthier – J.Y. Jolif, in Aristote, Éthique à Nicomaque, Paris 2002, 4 voll., II, 2, p. 735).
4 Aristotele, Etica Nicomachea, IX, 4, 1166 b 19-22.
5 Tommaso d’Aquino, Commento all’Etica Nicomachea di Aristotele (a cura di L. Perotto), 2 voll., Edizioni Studio Domenicano, Bologna 1998.
6 Naturalmente non ogni forma di pentimento deriva dalla sperimentazione di un piacere precedente. Ad esempio si può provar rimorso per il fatto di non aver compiuto azioni che erano sì moralmente corrette ma che per il soggetto si sarebbero rivelate dolorose. In questo caso il dolore del pentimento deriverebbe, a sua volta, dal tentativo di evitare un altro dolore. Il modello (presentato qui e nelle pagine che seguono) del pentimento come dolore che segue un piacere rap­presenta, pertanto, una semplificazione (realizzata sulla scia dell’esempio riferito dallo stesso Aristotele), di una questione estremamente più ampia e complessa. Per una complessificazione di tale quadro risulta utile, ad esempio, S. De Wijze, Tragic-Remorse–the Anguish of Dirty Hands, «Ethical Theory and Moral Practice», 7 (2005), pp. 453-471.
7 L. Fulkerson, No Regrets: Remorse in Classical Antiquity, Oxford University Press, Oxford 2013.
8 Ivi, p. 5: «This book is based on the premise that the remorse plays a significant role in ancient classical literature, and therefore, in ancient ethical life».
9 Ivi, pp. 5-6: «Its importance has not previously noted, I suspect primarily due to the fact that regret and remorse have rather different roles to play in ancient and modern cultures». Sul tema del pentimento in generale cfr. anche I. Thalberg, Remorse, «Mind», 72 (1963), pp. 545-555.
10 Cfr. M. Migliori, E. Cattanei, A. Fermani (eds.), By the Sophists to Aristotle through Plato. The necessity and utility of a Multifocal Approach, Academia Verlag, Sankt Augustin.

Sommario

Riflessioni introduttive
I nomi del pentimento e le declinazioni della “cura di sé”
Tra “pentimento” e “patimento”: lungo i molteplici legami tra metameleia e pathos
Tra metameleia, pudore e vergogna
I nessi fra pentimento e responsabilità dell’agire
Riflessioni conclusive
Riferimenti bibliografici



Arianna Fermani
«Senza la speranza è impossibile trovare l’insperato»

La speranza “antica”, tra páthos e areté

ISBN 978-88-7588-258-7, 2020

indicepresentazioneautoresintesi


Questo contributo intende riflettere sulla – antica e, insieme, attualissima – nozione di speranza a partire da una breve indagine etimologico-semantica (a cui si torna, chiudendo il cerchio, al termine del saggio), nella convinzione che la riflessione sulle parole e sulle loro origini possa donare alcune feconde piste al pensiero.

Il breve saggio si snoda lungo due linee direttrici fondamentali: la speranza come páthos, ovvero come passione, sentimento o desiderio, e la speranza come areté, ovvero come “virtù”, nozione che, nel senso greco e, più nello specifico, aristotelico del termine, implica la capacità di amministrare correttamente la passione. In questo secondo caso, inoltre, si assiste alla messa in campo di un “versante attivo della speranza”, che chiama in causa il soggetto agente e volente, che ha il compito di dare forma al suo desiderio. Qui il “sogno ad occhi aperti” diventa prassi, si fa progetto.

L’itinerario si interseca in molti modi ad altre fondamentali nozioni, tra cui, solo per indicarne alcune, quella di paura (che si configura come una passione che dirige il soggetto nella direzione opposta rispetto alla speranza), quella di rischio (a cui la originaria vocazione all’“apertura” prodotta dalla speranza è intimamente connesso e che richiede, a sua volta, un’opera di “saggia amministrazione”) e quella di fiducia (a cui la speranza è costitutivamente intrecciata e che chiama in causa un altro profilo della riflessione, affrontato al termine del saggio, quale quello educativo).


«La felicità è la vita stessa quando viene vissuta al meglio: si è felici perché si vive bene, perché la vita ha acquisito un peso, una direzione, un orientamento, perché la vita si è affrancata dalla sua nudità, dalla sua esposizione alla morte, dalla semplice e anonima sussistenza, trasformandosi in una vita dotata di senso, in una individuale e particolarissima consistenza. […] felicità intesa come pienezza, come attingimento pieno del telos. Se il telos è interno all’energeia che lo produce, se il fine è contenuto nell’azione ed è indistinguibile da essa, allora è impossibile pensare ad una felicità che risieda escludivamente nel bersagio e non anche lungo i passi che conducono al suo raggiungimento […] lungo tutto il tragitto della vita».
                                                         Arianna Fermani, Vita felice umana, 2006.

***

«[…] il problema della vita nel suo complesso a qualcuno di noi può sembrare meno impellente di quanto non sembrasse a Socrate. Epure la sua domanda ci incalza ancora oggi e reclama l’impegno a riflettere sulla nostra vita nel suo complesso, e cioè nella totalità dei suoi aspetti e in tutta la sua profondità».
                                                                                                    Bernard Williams, L’etica e i limiti della filosofia, 1985.

***

Nel concetto della filosofia come domanda totale, problematicità pura, e perciò metafisica, risiede la classicità del pensiero antico. […] Se la filosofia rinuncia al suo carattere di domanda totale rinuncia al […] senso antico della filosofia, intesa come acquisizione perenne dello spirito, come vero κτῆμα εἰς ε [possesso pe sempre]».
                                                          Enrico Berti, Quale senso ha oggi studiare la filosofia antica, 1965.

***

«ὡς ἡδὺ καὶ μακάριον τὸ κτῆμα» [quanto soave e felice è il possesso della filosofia].
                                                                                                    Platone, Repubblica, 496 c.

***

«[…] il movimento nel quale è contenuto anche il fine è anche azione. […] Uno che vive bene, ad esempio, ad un tempo ha anche ben vissuto, ed uno che è felice, ad un tempo è stato anche felice».
                                                         Aristotele, Metafisica, IX, 6, 1048 b.

***

«κτῆμά τε ἐς αἰεὶ μᾶλλον ἢ ἀγώνισμα ἐς τὸ παραχρῆμα ἀκούειν ξύγκειται».
Tucidide, Storie, I, 22.

Note sul testo
Il saggio si propone di riflettere sul modello classico del bios teleios, cioè della felicità della vita nella sua totalità, cercando di mostrare come il dialogo con gli antichi fornisca ancora “utili” schemi concettuali. Più in particolare si cerca di mostrare come il confronto con le riflessioni etiche di Platone e Aristotele permetta di dipanare i numerosi fili che costituiscono la trama di ogni esistenza umana (come i dolori, i piaceri, l’ampia gamma di beni e di risorse che la costituiscono), e di individuare alcuni rilevanti nodi concettuali (tra cui, ad esempio, quello di “misura”) che costituiscono la semantica della nozione di eudaimonia. Il modello antico di eudaimonia come eu prattein, inoltre, cioè come capacità strategica di “giocar bene”, sembra risultare particolarmente fecondo, invitando ad interrogarsi sulle modalità di attuazione della vita felice e sulla gestione di tutto ciò che ad ogni esistenza si offre per una “prassi di felicità”.

Note sull’autore
Arianna Fermani insegna Storia della Filosofia Antica all’Università di Macerata. Tra le sue pubblicazioni: L’etica di Aristotele. Il mondo della vita umana, Brescia, Morcelliana, 2012; By the Sophists to Aristotle through Plato. The necessity and utility of a Multifocal Approach, a cura di E. Cattanei, A. Fermani, M. Migliori, Sankt Augustin, Academia Verlag, 2016; Aristotele e l’infinità del male. Patimenti, vizi e debolezze degli esseri umani, Brescia, Morcelliana, 2019. Ha tradotto integralmente le Etiche di Aristotele (Aristotele, Le tre Etiche, Milano, Bompiani, 2008; Giunti, 2018) e ha collaborato all’edizione dell’Organon (a cura di M. Migliori, Milano, Bompiani, 2016).
 
Indice
Prefazione di Salvatore Natoli
 
Introduzione
 
Parte prima. Semantica della felicità
 
Capitolo primo. La felicità come domanda originaria
1.1. Domanda “di” felicità
1.2. Domande “sulla” felicità
1.2.1. Felicità: una questione terminologica
1.2.2. Felicità e forme di vita
 
Capitolo secondo. Felicità e dolore
2.1. L’esperienza del dolore
2.1.1. Il dolore come accadimento
2.1.2. Le forme del dolore
2.2. Cicatrizzazione del dolore e cura di sé
2.2.1. Approcci al dolore
2.2.2. Cura del dolore e cura di sé
2.2.3. L’assunzione del dolore
2.3. Concludendo
 
Capitolo terzo. Felicità e piacere
3.1. L’esperienza del piacere
3.2. Fenomenologia del piacere
3.2.1. Il piacere nell’orizzonte della corporeità
3.2.2. Dinamiche piacevoli e dolorose
3.2.3. Il corpo e i desideri: la veemenza di un fiume in piena
3.2.4. Anima e corpo di fronte al piacere
3.2.5. Piaceri e criteri di scelta
3.3. Il ruolo del piacere nella vita felice
 
Capitolo quarto. Felicità e realizzazione di sé
4.1. Profili della virtù: tentativi di un recupero
4.1.1. Virtù come eccellenza
4.1.2. Virtù come forza
4.1.3. Virtù come disposizione
4.1.4. Virtù come giusto mezzo
4.2. La virtù come architettonica della felicità
4.2.1. Vita felice e accordata: la virtù come musica
4.2.2. Vita felice e ordinata: la virtù come misura
4.2.3. La virtù come arte del vivere bene
 
Capitolo quinto. Felicità e beni esteriori
5.1. Primi approcci al problema
5.2. Felicità e fortuna
5.2.1. Lampi di felicità, colpi di fortuna
5.2.2. Fortuna e virtù
5.2.3. Felicità e fortuna: osservazioni conclusive
5.3. Felicità e amministrazione dei beni
5.3.1. Il possesso e l’utilizzo di due beni supremi: la sophia e la phronesis
 
Parte seconda. Prassi di felicità
 
Capitolo primo. Felicità e valorizzazione delle proprie risorse
1.1. Vita felice e buon utilizzo dei propri talenti
1.1.1. Per una eudaimonia nell’orizzonte della physis
1.1.2. Felicità al singolare, felicità al plurale
1.2. Eudaimonia come ritrovamento e buona allocazione del proprio daimon
1.2.1. Felicità come consapevolezza
1.2.2. Percorsi esistenziali e traiettorie di felicità
1.3. Saggezza e sapienza di fronte alla felicità
 
Capitolo secondo. Felicità come conquista di pienezza
2.1. Felicità tra esperienze di pienezza e pienezza di vita
2.1.1. Tentativi di articolazione della nozione di pienezza
2.2. Per una pienezza nell’orizzonte dell’energeia
2.3. La difficoltà di far spuntare le ali: la felicità come conquista
2.3.1. Felicità pienamente consapevole e pienamente umana
2.4. Riflessioni conclusive
 
Conclusioni
1. Per concludere
2. Vita felice umana: appunti di viaggio
 
Bibliografia
1. Dizionari e lessici
2. Testi antichi
3. Testi moderni e contemporanei
4. Letteratura critica e studi generali
 
Indice degli autori antichi e moderni
 
Note
In copertina: immagine di Alessandra Mallamo ©2019
Eudaimonia

«Le ferite non scompaiono mai del tutto, soprattutto se profonde […] tuttavia, anche se non scompaiono, possono cicatrizzare. In questa cicatrice, che è, contemporaneamente, segno del patimento e sintomo di guarigione, si gioca la possibilità, per l’uomo che ha incontrato la morte e il dolore e che di fronte ad essi ha sofferto, di “ricominciare” a vivere», A. Fermani, Vita felice umana. In dialogo con Platone e Aristotele.

1341311
 

Tra le molte pubblicazioni di Arianna Fermani


Arianna Fermani

L’educazione come cura e come piena fioritura dell’essere umano. Riflessioni sulla Paideia in Aristote

indicepresentazioneautoresintesi

Sem título-1

 «Non è una differenza da poco il fatto che subito fin dalla nascita veniamo abituati in un modo piuttosto che in un altro ma, al contrario, è importantissimo o, meglio, è tutto» (Etica Nicomachea, II, 1, 1103 b 23-25).

Questo contributo mira a mettere a fuoco il tema dell’educazione di Aristotele, mostrando come tale riflessione risulti essere originale ed attuale. L’indagine prende avvio dall’esame delle occorrenze di alcuni lemmi all’interno del corpus del filosofo particolarmente significativi rispetto al tema della educazione, come ad esempio

paideia

Si intende mostrare come la riflessione aristotelica sulla paideia, oltre ad un utilizzare una specifica metodologia di indagine, si muova all’interno di due fondamentali scenari educativi: nel primo (che a sua volta si articola in una serie di sotto-questioni, come ad esempio il tema dell’insegnabilità della virtù o quello dell’emotional training e dell’educazione delle passioni) l’educazione precede l’etica, mentre nel secondo l’educazione consiste nell’etica, secondo il fondamentale modello teorico dell’energeia.


Arianna Fermani è Professoressa Associata in Storia della Filosofia Antica all’Università di Macerata. Le sue ricerche vertono principalmente sull’etica antica e, più in particolare, aristotelica, e su alcuni snodi del pensiero politico e antropologico di Platone e di Aristotele. È Membro dell’Associazione Internazionale “Collegium Politicum” e dell’ “International Plato Society”. È membro del Consiglio Direttivo Nazionale della SISFA (Società Italiana di Storia della Filosofia Antica), e Direttrice della Scuola Invernale di Filosofia Roccella Scholé: Scuola di Alta Formazione in Filosofia “Mario Alcaro”. È Presidente della Sezione di Macerata della Società Filosofica Italiana. Ecco, cliccando qui, l’elenco delle sue pubblicazioni.


Vita felice umana. In dialogo con Platone e Aristotele

Arianna Fermani, Vita felice umana. In dialogo con Platone e Aristotele, Editore: eum, 2006 [prima edizione]

Il saggio si propone di riflettere sul modello classico del bios teleios, cioè della felicità della vita nella sua totalità, cercando di mostrare come il dialogo con gli antichi fornisca ancora “utili” schemi concettuali. Più in particolare si cerca di mostrare come il confronto con le riflessioni etiche di Platone e Aristotele permetta di dipanare i numerosi fili che costituiscono la trama di ogni esistenza umana (come i dolori, i piaceri, l’ampia gamma di beni e di risorse che la costituiscono), e di individuare alcuni rilevanti nodi concettuali (tra cui, ad esempio, quello di “misura”) che costituiscono la semantica della nozione di eudaimonia. Il modello antico di eudaimonia come eu prattein, inoltre, cioè come capacità strategica di “giocar bene”, sembra risultare particolarmente fecondo, invitando ad interrogarsi sulle modalità di attuazione della vita felice e sulla gestione di tutto ciò che ad ogni esistenza si offre per una “prassi di felicità”.

***

L'etica di Aristotele
 

Arianna Fermani, L’etica di Aristotele: il mondo della vita umana, Editore: Morcelliana, 2012

Utilizzando tutte e tre le Etiche aristoteliche, Arianna Fermani, con questo volume, offre un’ulteriore prova dell’attualità e utilità dell’etica dello Stagirita e di un pensiero che, esplicitamente e costitutivamente, mostra che ogni realtà “si dice in molti modi”. Gli schemi che l’intelligenza umana elabora devono essere molteplici e vanno tenuti, per quanto possibile, “aperti”. Questo determina la presenza di “figure” concettuali estremamente mobili e intrinsecamente polimorfe, figure che il Filosofo attraversa lasciando che i loro profili, pur nella loro diversità e, talvolta, persino nella loro incompatibilità, convivano.
La verifica di questa metodologia passa attraverso l’approfondimento di alcune nozioni-chiave, dando vita ad un percorso che, con proposte innovative e valorizzazioni di elementi finora sottovalutati dagli studiosi, si snoda lungo tre linee direttrici fondamentali: quelle di vizio e virtù, quella di passione e, infine, quella di vita buona.

Sommario

Ringraziamenti
Premessa
I “Pensiero occidentale” vs “pensiero orientale”: alcune precisazioni
II “Essere” e “dirsi in molti modi”
Introduzione
I. Per un “approccio unitario” ad Aristotele
II. Autenticità delle tre Etiche
III. Obiettivi e struttura del lavoro

PRIMA PARTE Percorsi di attraversamento delle figure di vizio e virtù
Capitolo primo: Giustizia e giustizie
Capitolo secondo: La fierezza
Capitolo terzo: Sui molti modi di dire “amicizia
Capitolo quarto: Lungo i sentieri della continenza e dell’incontinenza
Capitolo quinto: La philautia: tra “egoismo” e “amor proprio”
Capitolo sesto: Modulazioni della nozione di vizio

SECONDA PARTE: Percorsi di attraversamento della nozione di passione
Capitolo primo: La passione come nozione “in molti modi polivoca”
Capitolo secondo: Le metamorfosi del piacere
Capitolo terzo: Articolazioni della nozione di pudore

TERZA PARTE: Percorsi di attraversamento della nozione di vita buona
Capitolo primo: Dio, il divino e l’essere umano: sui molti modi di essere virtuosi e felici
Capitolo secondo: La questione dell’autosufficienza
Capitolo terzo: Natura/nature, virtù, felicità
Capitolo quarto: Verso la felicitàlungo le molteplici rotte della phronesis
Capitolo quinto: La felicità si dice in molti modi
Conclusioni
Bibliografia
Indice dei nomi

***

Le tre etiche

Aristotele, Le tre etiche. Testo greco a fronte, Editore: Bompiani, 2008.

In un unico volume e con testo greco a fronte le tre grandi opere morali di Aristotele: l’”Etica niconomachea”, l”Etica eudemia” e la “Grande etica”. Questi tre scritti rappresentano tutta la riflessione etica dell’Occidente, e il punto di partenza di ogni discorso filosofico sul fine della vita umana e sui mezzi per raggiungerlo, sul bene e sul male, sulla libertà e sulla scelta morale, sul significato di virtù e di vizio. La raccolta costituisce un unicum, poichè contiene la prima traduzione in italiano moderno del trattato “Sulle virtù e sui vizi”. Un ampio indice ragionato dei concetti permette di individuare le articolazioni fondamentali delle nozioni e degli snodi più significativi della riflessione etica artistotelica. Tramite la presentazione, contenuta nel seggio introduttivo, dei principali problemi storico-ermeneutici legati alla composizione e alla trasmissione delle quattro opere, e di un quadro sinottico dei contenuti delle opere stesse, è possibile visualizzare la struttura complessiva degli scritti e le loro reciproche connessioni.

***

Platone e Aristotele

Platone e Aristotele. Dialettica e logica

Curatori: M. Migliori, A. Fermani

Editore:Morcelliana, 2008

Il confronto tra Platone ed Aristotele è stato interpretato, per lo più, come una opposizione tra modelli conoscitivi: da un lato la dialettica, intesa come il culmine del sapere, dall’altro la logica, intesa come l’insieme delle tecniche per ben argomentare, al di là delle pretese platoniche di una supremazia della dialettica. Ma ha ancora un fondamento filologico e storico questa contrapposizione? Un interrogativo che – nei saggi qui raccolti di alcuni dei più autorevoli interpreti del pensiero antico – mette capo a una pluralità di scavi, storiografici e teoretici. Scavi che invitano a una lettura dei testi platonici ed aristotelici nella loro complessità: emergono inaspettati intrecci e molteplici significati dei termini stessi di dialettica e logica in entrambi i pensatori. Non solo la dialettica platonica ha un suo rigore, ma la stessa logica aristotelica ha affinità, pur nelle differenze, con le procedure argomentative della dialettica. Una prospettiva ermeneutica che interessa non solo lo storico della filosofia antica, ma chiunque abbia a cuore le radici greche delle nostra immagine di ragione.

***

Interiorità e animae
 

Maurizio Migliori, Linda M. Napolitano Valditara, Arianna Fermani, Interiorità e anima: la psychè in Platone

Vita e Pensiero, 2007

Il concetto di anima, una delle più grandi “invenzioni” del mondo greco, figura teorica che ha attraversato e segnato la storia dell’intero Occidente, trova in Platone il primo fondamentale inquadramento filosofico. Non si tratta solo di una tematica dal significato metafisico e religioso: nell’approfondire i molteplici temi che questo concetto attiva emergono naturalmente, già nel filosofo ateniese, tutte le questioni connesse alla spiritualità e allo psichismo umano, con le loro conseguenze etiche. In questo senso l’”anima” apre la strada a un infinito processo di approfondimento e di scoperta dell’interiorità del soggetto. Non a caso questo tema compare in molti testi platonici, in particolare nei dialoghi. Da questa prima elaborazione scaturirono luci e ombre, soluzioni di antichi problemi e nuove domande, di non meno difficile soluzione, anzi tanto complesse da essere ancora oggi messe a tema. Sui molteplici aspetti di queste tematiche filosofiche alcuni tra i maggiori studiosi di Platone si confrontano nel presente volume, avanzando proposte spesso assolutamente innovative, anche per quanto riguarda l’utilizzo di testi sottovalutati, o addirittura quasi ignorati dagli studi precedenti, con una dialettica che dà modo al lettore sia di verificare la capacità ermeneutica delle diverse impostazioni, sia di riscoprire la ricchezza del contributo platonico rispetto a problemi con cui lo stesso pensiero contemporaneo torna positivamente a misurarsi.

***

Humanitas

Humanitas (2016). Vol. 1: L’inquietante verità nel pensiero antico.

Curatore: A. Fermani, M. Migliori

Editore: Morcelliana, 2016

Editoriale: I. BertolettI, “Humanitas” 1946-2016. Identità e trasformazioni di un’idea l’inquietante verità. La riflessione anticaa cura di Arianna Fermani e Maurizio Migliori M. Migliori, Presentazione F. Eustacchi, Vero-falso in Protagora e Gorgia. Una posizione aporetica ma non relativista M. Migliori, Platone e la dimensione umana del verol. Palpacelli, Vero e falso si apprendono insieme. Il vero e il falso filosofo nell’Eutidemo di Platonea. Fermani, Aristotele e le verità dell’etica G.A. Lucchetta, Dire il falso per conoscere il vero. Aristotele, Fisica ii 1, 193a7) F. Mié, Truth, Facts, and Demonstration in Aristotle. Revisiting Dialectical Art and Methoda. longo, I paradossi nell’Ippia minore di Platone. La critica di Aristotele, Alessandro di Afrodisia e Asclepioe. Spinelli, Sesto Empirico contro alcuni strumenti dogmatici del vero. Note e rassegne F. De Giorgi, Il dialogo nel pontificato di Paolo VI G. Cittadini, Filippo Neri. Una spiritualità per il nostro tempo.

***

Il Simposio di Platone

J. Rowe, Arianna Fermani, Il ‘simposio’ di Platon

Academia Verlag, 1998

Cinque lezioni sul dialogo con un ulteriore contributo sul ‘Fedone’ e una breve discussione con Maurizio Migliori e Arianna Fermani; 27-29 marzo 1996, Università di Macerata, Dipartimento di filosofia e scienze umane, in collaborazione con l’Istituto Italiano per gli studi filosofici.

***

Arianna Fermani, “Brividi di bellezza” e desiderio di verità

Arianna Fermani, “Brividi di bellezza” e desiderio di verità

“Brividi di bellezza” e desiderio di verità in Bellezza e Verità;
Brescia, Morcelliana, 2017; pp. 195 – 203

***

rivista di

ARISTOTELE E I PROFILI DEL PUDORE

Arianna Fermani

Vita e Pensiero, Rivista di Filosofia Neo-Scolastica

Rivista di Filosofia Neo-Scolastica

Vol. 100, No. 2/3 (Aprile-Settembre 2008), pp. 183-202

***

Studi su ellenismo e filosofia romana

Studi su ellenismo e filosofia romana

Curatori: F. Alesse, A. Fermani, S. Maso

Editore: Storia e Letteratura, 2017

In questo volume vengono raccolti cinque saggi sul pensiero filosofico greco nell’età romana. Le linee di ricerca qui proposte toccano nello specifico questioni attinenti alla filosofia stoica, a quella epicurea, a quella cinico-sofistica e all’aristotelismo di epoca imperiale.

***

Thaumazein cop

Arianna Fermani,
Essere “divorati dal pentimento”.
Sguardi sulla nozione di metameleia in Aristotele

in THAUMÀZEIN; n. 2 (2014); Verona, pp. 225-246

 


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

Petite Plaisance – Pubblicazioni recenti

E-Books gratuiti

Luigi Nono (1924-1990) – Il tema della Resistenza è potenzialmente presente in ogni espressione dove la verità e la novità di ricerca, di inventiva e di realizzazione ampliano e sviluppano la capacità fantastica, l’intelligenza ricettiva e la coscienza dell’uomo teso all’eliminazione delle varie “garrote” della società neocapitalista.

Luigi Nono 02
Luigi Nono, Ecrits, Editions Contrechaps, Ginevra 2007

«La Resistenza, come fatto concretamente rivoluzionario e fondamentale della nostra vita, provoca e forma scelte precise, una coscienza innovatrice […]. Anche il musicista partecipa a questa lotta. Anzi, proprio nella misura in cui egli vi contribuisce – non come specchio concavo o convesso ma in modo originale e autonomo con i suoi studi, le sue ricerche, i suoi esperimenti, con la sua fantasia inventiva, in quanto insomma dialettizza il momento ideale con quello tecnico-linguistico, proprio in tal modo il musicista può realizzarsi compiutamente. Il tema della Resistenza, nella musica, non va perciò collegato unicamente all’uso di testi e di situazioni di lotta partigiana, ma è potenzialmente presente in ogni espressione dove la verità e la novità di ricerca, di inventiva e di realizzazione ampliano e sviluppano la capacità fantastica, l’intelligenza ricettiva e la coscienza dell’uomo teso all’eliminazione delle varie garrote della società neocapitalista, teso cioè alla liberazione socialista».

Luigi Nono, Musica e Resistenza, in «Rinascita», 7 settembre 1963, p. 27; ripubblicata in Id., Ecrits, Bourgois, Paris 1993, pp. 236-39. 1963, p. 27, ed. I993, p. 237] ripubblicata in Id., Ecrits, Editions Contrechaps, Ginevra 2007


Tout au long de sa vie, Luigi Nono (1924-1990) a défendu l’idée selon laquelle la musique la plus avancée devait être aussi une musique engagée dans son temps. La sienne est nourrie par l’esprit de la résistance antifasciste en Italie, élargie aux luttes contre toutes les formes de domination et d’impérialisme dans le monde. Les moyens nouveaux, ceux du sérialisme puis ceux de la technologie, visent une forme d’utopie sensible à travers laquelle se dessine la possibilité d’une autre société et d’un « homme nouveau ». Jusqu’ici, on connaissait les textes dans lesquels Nono traite des questions esthétiques et musicales, même si celles-ci sont toujours traversées chez lui par des considérations politiques. Mais Nono a écrit une quantité considérable d’autres textes qui, après sa mort, ont été regroupés et archivés. Certains sont liés à son activité politique : reportages, prises de position, polémiques, interventions… D’autres traitent de la musique : conférences, présentations, préfaces, discussions… Ils sont publiés ici pour la première fois en français, de même que les textes connus ont été repris à partir des versions originales, permettant d’enrichir considérablement l’image d’un compositeur qui compte parmi les personnalités les plus importantes de son époque. Cette édition paraît à l’occasion du trentième anniversaire de Contrechamps. Elle a été réalisée par Laurent Feneyrou, qui a traduit lui-même l’ensemble des textes. Elle comporte un enregistrement sur CD d’une conférence donnée par Luigi Nono à la Salle Patiño de Genève, lors d’un concert Contrechamps, le 17 mars 1983.


Luigi Nono (1924-1990) – La musica, una partitura, è in grado, esattamente come un quadro, una poesia o un libro, di fondare una coscienza. Con aperture, studi, rinunciando alla sicurezza e alle garanzie, sapendo di poter precipitare in ogni momento, ma cercare, comunque, cercare, sempre, l’ignoto.


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

Petite Plaisance – Pubblicazioni recenti

E-Books gratuiti

Gustav Mahler (1860-1911) – Lo spirito può affermarsi solo attraverso il mezzo di una forma chiara. La tradizione è la custodia del fuoco, non l’adorazione della cenere.

Gustav Mahler 02
Gustav Mahler-Richard Strauss, Carteggio 1888-1911, SE, 2012
«La tradizione è la custodia del fuoco, non l’adorazione della cenere».
«Lo spirito può affermarsi solo attraverso il mezzo di una forma chiara».
Gustav Mahler

Caro collega. Lettere a compositori, direttori d’orchestra, intendenti teatrali, il Saggiatore, 2017
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

Petite Plaisance – Pubblicazioni recenti

E-Books gratuiti

Carlo Serra – Come suono di natura. Metafisica della melodia nella Prima Sinfonia di Gustav Mahler. Un percorso di filosofia della musica. Ogni volta che la musica mette in scena un testo, ne condensa le immagini, ne riarticola il senso, il piano semantico delle parole si modifica, si amplia, riverbera.

Carlo Serra

«[…] ogni volta che la musica mette in scena un testo, ne condensa le immagini, ne riarticola il senso, il piano semantico delle parole si modifica, si amplia, riverbera, pur non essendo la musica un linguaggio, e pur non essendo le strutture che ne articolano la grammatica delle strutture linguistiche».

Carlo Serra, in  A due voci. Dialoghi di Musica e Filosofia, 17-11-2019.


Carlo Serra insegna Estetica e Filosofia della Musica presso l’Università della Calabria. È laureato in filosofia su relazione di Giovanni Piana con una tesi su La concezione dello spazio musicale nel pensiero di Jacques Chailley. Dall’anno 2001 all’anno 2008 è stato Coordinatore del Seminario Permanente di Filosofia della Musica. Sempre sino al 2008 ha avuto il ruolo di direttore della Collana “Il Dodecaedro”, con Giovanni Piana, Paolo Spinicci ed Elio Franzini. Il suo campo di interesse ruota attorno alle componenti narrative del suono, le morfologie scalari e il tema della voce. A questi ambiti ha dedicato numerose pubblicazioni, fra cui Musica Corpo Espressione (Quodlibet, 2008), La voce e lo spazio (Il Saggiatore, 2011), L’ascoltatore in cammino. Hegel e il tema dell’ascolto (Scripta Web, 2012). Nel 2012 ha vinto l’Abilitazione Nazionale come Professore Associato nel Settore M/FIL-04, fa parte del Comitato Scientifico di Materiali di Estetica, e dirige la Rivista On Line De Musica, unica pubblicazione italiana esplicitamente dedicata alla Filosofia della Musica. Dal 2015 fa parte del Comitato Scientifico del Centro di Ricerca dell’Università della Calabria mentre dal 2017  fa parte del Comitato Scientifico del Laboratorio di Ricerche Fenomenologiche dell’Università della Calabria.

Curriculum e pubblicazioni 

Un tuffo …

… tra alcuni dei  libri di Carlo Serra…



Intendere l’unità degli opposti. La dimensione musicale nel concetto eracliteo di armonia, CUEM, 2003

La rappresentazione fra paesaggio sonoro e spazio musicale, CUEM, 2005

Musica corpo espressione, Quodlibet, 2007

Musica corpo espressione, Quodlibet, 2007.

Che rapporti intreccia la musica con lo spazio in cui risuona? Quali tracce lascia la vibrazione del corpo quando appare un suono? “Musica Corpo Espressione” cerca di raccontare la vicenda novecentesca della nozione di corpo sonoro, prendendo le mosse dalle ricerche di André Schaeffner sulle forme della risonanza del corpo, attraverso i gesti che fondono la pratica della danza alla risonanza del corpo nello spazio, e cercando i tratti comuni che legano le ricerche vocali di Artaud alle costruzioni prospettiche di Edgar Varèse, le scelte espressive delle orchestrazioni mahleriane ai giochi linguistici che sostengono la ritualizzazione dei luoghi sonori presso la cultura Kaluli studiata da Steven Feld. Vi è un filo che stringe i capitoli di questa vicenda, legato alla retorica del sublime musicale, che si dipana attraverso le immagini della luttuosità e delle modalizzazioni attraverso cui esse divengono un oggetto musicale, o una pratica socialmente condivisa: le forme simboliche ed espressive, che accompagnano il loro emergere, aprono la via ad una ricerca fenomenologica, volta a individuare i nessi che legano l’ascoltatore alle sintesi dell’immaginazione prodotte dalla musica.


La voce e lo spazio. Per un’estetica della voce, il Saggiatore, 2011

La voce e lo spazio. Per un’estetica della voce, il Saggiatore, 2011

Come la voce racconta il mondo circostante: questo è il tema del libro. Voce come richiamo che attraversa lo spazio e accompagna la caccia dei pigmei, che porta dal “qui”, il centro del villaggio, luogo di riconoscimento di una comunità, al “là”, spazio ignoto, lontano, dove si muovono le prede. Voce del vento, come nella cultura mongola, che trasfigura l’orografia dei luoghi in un paesaggio simbolico scosso dalla metamorfosi della materia, dove l’acqua può trasformarsi in pietra e il canto in diplofonia. Voce di morte e di godimento, quella delle sirene, che allevia e smarrisce, seduce e uccide il viaggiatore. Suono che accarezza, quello dell’auleta, o voce che scortica, come nel mito di Marsia. La voce e lo spazio: voci disperse nel mondo e voci racchiuse, che proteggono luoghi e corpi, come accade nella cultura eschimese, dove abbraccio e polifonia narrano la nascita del tempo. Il rapporto che stringe la voce allo spazio si esprime in una serie di immagini che raccontano il modo in cui ogni cultura, attraverso il suono, s’appropria del mondo. Ogni forma di vita elabora la propria visione della materia vocale, della sostanza fonetica con cui narra la propria storia, creando tecniche di emissione del suono dove si annida un’interpretazione simbolica della natura. Gli oggetti si trasformano in suono, la loro presenza si espande nello spazio. Nel testo codici QR-Code per visualizzare sul cellulare contenuti inediti.


Voce. Un incontro tra filosofia e psicoanalisi, Mimesis, 2018

Voce. Un incontro tra filosofia e psicoanalisi, Mimesis, 2018

Il tema della voce è un invito ad abbandonare qualsiasi speranza di semplicità, qualsiasi illusione di poter far filosofia senza accettare il fatto che si vada incontro alla complessità, alla densità dell’esperienza. La voce, da un lato, ci spinge dentro il magma plurimateriale dell’esperienza e, dall’altro, si presenta con una sua vividezza pulsionale senza pari: è lì, ci parla da molto vicino, dice del nostro modo di godere, mette in moto il nostro corpo portandoci al limite del pudore, di una vergogna ontologica, della vertigine dell’esposizione. “Si è troppo esposti alla voce e la voce espone troppo, si incorpora e espelle troppo”, per dirla con le precise e suggestive parole di Dolar. Quando la filosofia si accosta seriamente, con l’aiuto della psicoanalisi, a questo spazio intermedio, a questo punto topologico paradossale e ambiguo, tra complessità materica e vividezza pulsionale, trova, per così dire, la sua voce


Come suono di natura. Metafisica della melodia nella Prima Sinfonia di Gustav Mahler, Galaad Edizioni, 2020

Come suono di natura. Metafisica della melodia nella Prima Sinfonia di Gustav Mahler, Galaad Edizioni, 2020

Il movimento che apre la Prima Sinfonia di Gustav Mahler sollecita interrogativi inquietanti, a cominciare dall’indicazione espressiva “Come un suono di natura” posta all’inizio della partitura: con quel gesto, che crea un ponte fra gli aspetti più nascosti del mondo e il suono musicale, capace di svelarli, il compositore fa entrare l’ascoltatore nella dimensione più intima del farsi della natura, mettendolo di fronte alla sua voce più nascosta. La Prima Sinfonia deriva da un Lied composto nel 1884, “Ging heut’ morgen übers Feld” (“Questa mattina andavo per i prati”), un canto che affronta il topos dell’irraggiungibile bellezza del mondo, a cui l’uomo vorrebbe partecipare, ma che lo vede sempre bloccato su una soglia che non riesce a superare: il destino umano sembra così giocato dalle luminescenze di una natura che attrae, senza mai farsi penetrare sino in fondo.

Gustav Mahler
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

Petite Plaisance – Pubblicazioni recenti

E-Books gratuiti

Salvatore Bravo – La scuola virtuale del ministro Azzolina vuole studenti che ricevano pochi contenuti, ma edotti nell’uso non consapevole del digitale, dispersi in un presente senza passato.

Lucia Azzolina
Salvatore Bravo

La scuola virtuale del ministro Azzolina
vuole studenti che ricevano pochi contenuti,
ma edotti nell’uso non consapevole del digitale, dispersi in un presente senza passato

***

Presente e Futuro senza Passato
La lettera del ministro della pubblica istruzione Azzolina del 27 Giugno 2020 non lascia dubbi: la pandemia è stata ghiotta occasione per dare la spallata finale alla scuola ed alla comunità. Azzolina si rivolge alla comunità, ma omettendo un dettaglio sostanziale: vi è comunità solo nel radicamento dialogico, nella storia, nel passato. Il presente ed il futuro sono dimensioni progettanti, solo se una comunità ha la chiarezza del proprio passato, degli errori, delle potenzialità inespresse come dei valori non contrattabili. Nel testo della lettera non vi è cenno all’importanza del passato, ma il tutto è schiacciato sulla dimensione del presente, con un miope mercificante sguardo sul futuro. La lingua e l’educazione classica fondano la comunità, si può leggere il presente e stabilire le finalità ontologiche ed assiologiche per il futuro, se il passato è parte integrante del presente. La lettera fa appello alla Costituzione, ma nei fatti di essa non vi è traccia, poiché lo sguardo è appannaggio del solo presente retoricamente reso anche futuro. Un popolo-comunità senza passato non esiste, è solo disperso nella globalizzazione-glebalizzazione. La lingua italiana ne è un esempio: è ormai giudicata retaggio del passato: l’inglese dei mercati divora la nostra lingua, sostituisce il lessico italiano con l’inglese. È l’esempio lapalissiano della didattica che punta sul presente e non ha memoria della propria identità che si radica in un arco temporale che unisce passato, presente e futuro. Le comunità possono comunicare se hanno un’identità, se hanno un passato. Se si disperdono nel “liquido” presente sono solo simulacri, per cui sono interscambiabili: pertanto la comunicazione è sostituita con il nichilismo passivo nel quale i popoli come le persone sono interscambiabili:

“Sarà una scuola radicata nel presente, ma con lo sguardo rivolto al futuro, perché ogni pietra che metteremo in questa ripresa sarà la base su cui costruire la scuola di domani. Abbiamo la straordinaria occasione di puntare sul digitale, sulla formazione del personale scolastico, sull’innovazione della didattica e degli ambienti di apprendimento, sul miglioramento dell’edilizia scolastica. Ambienti di apprendimento che non devono essere intesi solo in senso fisico, ma come spazi mentali ed emotivi che incoraggino l’apprendimento collaborativo”.

 

Mondo digitale
L’appello al digitale come opportunità didattica non è supportata da nessun dato scientifico. È un dogma che si abbraccia acriticamente, funzionale ai bisogni del mercato globale, il quale esige ed ordina che le nuove leve del capitale ricevano pochi contenuti, ma siano edotti nell’uso non consapevole del digitale. All’interno della scuola non vi è stato nessun dibattito, nessuna discussione sulla trasformazione che cade dall’alto ed a cui bisogna adeguarsi. Nessuna riflessione sugli effetti a breve o a lunga durata del digitale da un punto di vista fisico e psichico, ma solo accoglienza entusiastica e senza discussione in una scuola definita presidio di democrazia. Le novità che incidono nella vita delle persone, qualora esse siano il centro dell’azione, non possono essere introdotte senza sperimentarne e capirne gli effetti. Si inneggia al successo senza aver ascoltato docenti, genitori ed alunni. L’ascolto democratico è difficile, richiede tempo, e dev’essere argomentato con il concetto ed i dati oggettivi. Se ci si limita pertanto ad una propaganda da campagna elettorale non vi è democrazia, ma una parvenza di essa. Ancora una volta si deve rottamare il passato in nome del progresso. Il dubbio è d’obbligo: siamo sicuri che il nuovo nella forma del digitale formi maggiormente della didattica tradizionale già molto “innovata” negli ultimi decenni? Una comunità sana non procede per slogan, ma per domande e dubbi, ed in questi tempi terribili dubbi e domande profonde paiono assenti, mentre le risposte semplici sembrano prevalere.

Sempre più flessibili
La scuola di settembre sarà flessibile e aperta, dice il ministro, ma non si rende conto che i nostri alunni sono nelle classi per poter imparare i contenuti, per vivere un’esperienza di comunità che è ormai rara, in quanto le lezioni sono continuamente interrotte da PCTO, orientamento, Pon e … Lo scopo, si sospetta, non è di formare, ma di rendere i nostri alunni flessibili, pronti ad essere usati dal mercato:

“La scuola di settembre sarà responsabile, flessibile, aperta, rinnovata, rafforzata. Responsabile nell’accompagnare la comunità scolastica a comportamenti coerenti con le misure di sicurezza: istituti puliti e igienizzati, personale scolastico formato, famiglie, studenti e studentesse informati. Flessibile nella valorizzazione delle potenzialità derivanti dall’autonomia scolastica, per la rimodulazione degli orari e delle classi, per l’organizzazione degli ingressi e degli spostamenti. Aperta per la ricerca di nuovi spazi, anche oltre il perimetro scolastico, in un’ottica di integrazione e di alleanza con il territorio. Rinnovata nei locali e negli arredi scolastici, che consentano di modificare le metodologie didattiche e siano funzionali a creare geometrie d’aula variabili, a facilitare la collaborazione tra gruppi omogenei ed eterogenei per competenze e livelli. Rafforzata attraverso il potenziamento dell’organico del personale scolastico, in particolare per le classi di alunni più piccoli”.

 

Nessun dio verrà a salvarci. C’è da augurarsi che le comunità scolastiche possano concettualizzare il presente e le parole per poter difendere la formazione e la comunità da una disumanizzazione che avanza in mille forme e che richiede risposte a domande a cui non possiamo sottrarci.

Salvatore Bravo

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

Petite Plaisance – Pubblicazioni recenti

E-Books gratuiti

Martha Nussbaum – La scuola insegna cose utili per diventare uomini d’affari piuttosto che cittadini responsabili. Sfoltiamo proprio quelle parti dello sforzo formativo che sono essenziali per una società sana, producendo un’ottusa grettezza e una docilità in tecnici obbedienti e ammaestrati che minacciano la vita stessa della democrazia.

Nussbaum Martha 01

«Le democrazie hanno grandi risorse di intelligenza e di immaginazione. Ma sono anche esposte ad alcuni seri rischi: scarsa capacità di ragionamento, provincialismo, fretta, inerzia, egoismo e povertà dello spirito. L’istruzione volta esclusivamente al tornaconto sul mercato globale esalta queste carenze, producendo un’ottusa grettezza e una docilità in tecnici obbedienti e ammaestrati che minacciano la vita stessa della democrazia, e che di sicuro impediscono la creazione di una degna cultura mondiale» (p. 153).

«Oggi possiamo ancora dire che ci piacciono le democrazie e la partecipazione politica, e ci piacciono anche la libertà di parola, il rispetto della differenza e la comprensione dell’altro. Formalmente rispettiamo questi valori, ma non pensiamo abbastanza a ciò che dovremmo fare per trasmetterli alla generazione futura e per garantirne la sopravvivenza. Distratti dall’obiettivo del benessere, chiediamo sempre più alle nostre scuole di insegnare cose utili per diventare uomini d’affari piuttosto che cittadini responsabili. Sotto la pressione del taglio dei costi, sfoltiamo proprio quelle parti dello sforzo formativo che sono essenziali per una società sana» ( p. 154).

Martha Nussbaum, Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, il Mulino, Milano 2014.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

Petite Plaisance – Pubblicazioni recenti

E-Books gratuiti

Lucio Anneo Seneca (4 a.C. – 65 d.C.) – Le letture sono necessarie anzitutto perché io non sia pago di me stesso. Poi perché, quando avrò conosciuto ciò che altri hanno trovato, allora possa riflettere su ciò che essi hanno scoperto e rifletta su ciò che ancora devo imparare.

Lucio Anneo Seneca 008x

«Le letture ritengo siano necessarie anzitutto perché io non sia pago di me stesso; poi perché, quando avrò conosciuto ciò che altri hanno trovato, allora possa riflettere su ciò che essi hanno scoperto e rifletta su ciò che ancora devo imparare».

Lucio Anneo Seneca, Lettere a Lucilio, XI, 84,1, voI. II, a cura di L. Canali e G. Monti, Rizzoli, Milano 1992, p. 602.


Seneca – De brevitate vitae. Non è breve la vita, ma tale la rendiamo
Lucio Anneo Seneca (4 a.C. – 65 d.C.) – Da quando il denaro ha iniziato a venire in onore, il reale valore delle cose è caduto in discredito. Gli uomini consacrano il denaro come espressione massima delle cose umane.
Lucio Anneo Seneca (4 a.C. – 65) – Quale è la natura specifica dell’uomo? La ragione, che quando è retta e perfetta dà all’uomo la pienezza della felicità. Una tale ragione perfetta prende il nome di virtù, e altro non è che la coerenza morale.
Lucio Anneo Seneca (4 a.C. – 65) – La filosofia non è un’arte di cui si possa fare ostentazione: essa non consiste nelle parole, ma nelle azioni. La filosofia forma e foggia l’animo, regola la vita, governa le azioni, insegna ciò che si deve fare e ciò che si deve evitare, sta al timone e dirige il corso delle navi.
A. Seneca (4 a.C. – 65) – La filosofia si divide in sapere e disposizione d’animo. chi ha imparato e compreso che cosa si deve fare e che cosa si deve evitare non è ancora saggio, se il suo animo non si è trasformato in base a quanto ha appreso
Lucio Anneo Seneca (4 a.C. – 65) – Insistere su certi scrittori e nutrirsi di loro, per ricavarne un profitto spirituale duraturo. Chi è dappertutto, non è da nessuna parte. Quando uno passa la vita a vagabondare, avrà molte relazioni ospitali, ma nessun amico.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

Petite Plaisance – Pubblicazioni recenti

E-Books gratuiti

Alvaro Barbieri – Il «Milione» in un’edizione completa e nella traduzione latina dell’opera, accompagnata da una moderna traduzione in italiano appositamente preparata, con numerosi passi del perduto originale dettato da Marco Polo.

Alvaro Barbieri

Il celebre Milione in un’edizione completa e nella traduzione latina dell’opera, accompagnata da una moderna traduzione in italiano appositamente preparata. La redazione contiene anche numerosi passi del perduto originale dettato da Marco Polo (1254-1324), assenti nella versione trecentesca che viene correntemente pubblicata. Il favoloso rendiconto del lungo viaggio di Marco, compiuto tra il 1271 e il 1295, si arricchisce di nuovi particolari riguardanti soprattutto l’etnografia, il folklore e la vita delle popolazioni orientali.

Marco Polo, Il milione. A cura di Alvaro Barbieri, Redazione latina del manoscritto Z. Versione italiana a fronte, Guanda, 1998.


Alvaro Barbieri

I suoi interessi sono rivolti prevalentemente alla letteratura arturiana e alle scritture odeporiche medievali, con speciale riguardo alla tradizione manoscritta del Milione. Ha pubblicato in edizione critica due versioni del libro di Marco Polo: Milione. Redazione latina del manoscritto Z (1998); Il «Milione» veneto. Ms. CM 211 della Biblioteca Civica di Padova (1999). All’opera poliana ha dedicato anche contributi di taglio antropologico, dove le notizie fornite dal viaggiatore veneziano sulle popolazioni asiatiche sono studiate nella prospettiva dell’etnologia e della religionistica.


Un tuffo …

… tra alcuni dei  libri di Alvaro Barbieri…

Il milione. Redazione latina del manoscritto Z. Versione italiana a fronte, Guanda, 1998

Il Milione veneto, Marsilio, 1999

L’ eclissi dell’artefice. Sondaggi sull’anonimato nei canzonieri medievali romanzi, Edizioni dell’Orso, 2002

Dal viaggio al libro. Studi sul Milione, Fiorini, 2004

Culture, livelli di cultura e ambienti nel Medioevo occidentale, Atti del IX Convegno della Società Italiana di Filologia Romanza Bologna, 5-8 ottobre 2009, Aracne editrice, 205

Angeli sterminatori. Paradigmi della violenza in Chrétien De Troyes e nella letteratura cavalleresca in lingua d’oïl, Esedra, 2017

Eroi dell’estasi. Lo sciamanesimo come artefatto culturale e sinopia letteraria, Fiorini, 2017

L’ immagine riflessa. Testi, società, culture (2018). Ediz. critica. Vol. 1-2. A cura di Alvaro Barbieri, Massimo Bonafin, Rita Caprini, Edizioni dell’Orso, 2018

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

Petite Plaisance – Pubblicazioni recenti

E-Books gratuiti

Honoré de Balzac (1799-1850) – Quale bel libro non si potrebbe scrivere raccontando la vita e le avventure di una parola, le cui risonanze, così belle ancora nella Grecia, s’indeboliscono attraverso i progressi delle nostre successive civiltà.

Honoré de Balzac 02

«Quale bel libro non si potrebbe scrivere raccontando la vita e le avventure di una parola?

Per certo essa ha ricevuto impressioni varie dagli eventi cui ha servito; secondo i luoghi, ha destato idee differenti; ma non è forse più grande ancora considerandola sotto il triplice aspetto dell’anima, del corpo e del movimento? Nell’esaminarla, a prescindere dalle sue funzioni, dai suoi effetti e dai suoi atti, come non cadere in un oceano di
La maggior parte delle parole non sono colorate dall’idea che rappresentano esteriormente? A qual genio esse son dovute! Se è necessaria una grande intelligenza per creare una parola, quale età ha dunque la parola umana?
L’insieme delle lettere, le loro forme, la figura che danno a una parola, disegnano esattamente, secondo il carattere di ciascun popolo, esseri ignoti il cui ricordo è in noi. Chi ci spiegherà filosoficamente il passaggio dalla sensazione al pensiero, dal pensiero al verbo, dal verbo alla sua espressione geroglifica, dai geroglifici all’alfabeto, dall’alfabeto all’eloquenza scritta, la bellezza della quale consiste in una serie di immagini classificate dai retori, e che sono come i geroglifici del pensiero?
L’antica pittura delle idee umane configurate dalle forme zoologiche non potrebbe aver determinato i primi segni di cui si è servito l’Oriente per scrivere i suoi linguaggi? E poi non potrebbe essa aver tradizionalmente lasciato qualche traccia nelle nostre lingue moderne, le quali tutte si sono divise i resti del verbo primitivo delle nazioni, verbo maestoso e solenne, la cui maestà, la cui solennità decrescono man mano che le società invecchiano; le cui risonanze così sonore nella Bibbia ebraica, così belle ancora nella Grecia, s’indeboliscono attraverso i progressi delle nostre successive civiltà? È forse a quell’antico Spirito che dobbiamo i misteri nascosti in ogni parola umana?»ı.

Honoré de Balzac, Louis Lambert, Paris, Èditions Grosselin, 1832, trad. it. Louis Lambert, in I capolavori della «Commedia umana», VI, Roma, Edizioni Casini, 1960, pp. 193-194.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

Petite Plaisance – Pubblicazioni recenti

E-Books gratuiti

Immanuel Kant (1724-1804) – Il melanconico ha dominante il sentimento del sublime.

Immanuel Kant 030

«La persona il cui sentire tende al melanconico non viene così definita perché, priva delle gioie della vita, si strugge in una oscura malinconia, ma perché le sue sensazioni, quando si dilatano oltre una certa misura, o imboccano una direzione errata, approdano a questa tristezza dell’anima più facilmente che ad altre condizioni di spirito. Il melanconico ha dominante il sentimento del sublime».

Immanuel Kant, Osservazioni sul sentimento del bello e del sublime, a cura di L. Novati, Fabbri, Milano 2003, p. 95.


Immanuel Kant (1724-1804)  – Nell’uomo esiste un tribunale interno: è la coscienza. Egli può magari cadere in un grado tale d’abbiezione da non prestare più alcuna attenzione a questa voce, ma non può evitare di udirla
Immanuel Kant (1724-1804) – Lo studente non deve imparare dei “pensieri”, ma a “pensare”. Non lo si deve “portare” ma “guidare”, se si vuole che in seguito sia capace di camminare da solo. Rovesciando questo metodo, lo studente acciuffa una sorta di ragione prima ancora che in lui si sia formato “l’intelletto” e s’appropria d’una “scienza” posticcia che in lui è soltanto appiccicata , non maturata.
Immanuel Kant (1724-1804) – Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me.
Immanuel Kant (1724-1804)  – Lettera di Kant a Marcus Herz. «Parlo dell’obiettivo di diffondere disposizioni d’animo buone, basate su princìpi solidi, e di salvaguardare queste disposizioni assicurandole fermamente nelle anime ricettive, indirizzando gli altri a coltivare i propri talenti solo in direzioni utili».
Immanuel Kant (1724-1804)  – Ho imparato che la scienza è inutile, se non serve a mettere in valore l’umanità. Agisci in modo da trattare l’uomo così in te come negli altri sempre anche come fine, non mai solo come mezzo. Agisci in modo che ogni tuo atto sia degno di diventare un ricordo.

Joaquín Rodrigo, Concierto de Aranjuez (1939)

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

Petite Plaisance – Pubblicazioni recenti

E-Books gratuiti

1 2 3 8