Renato Curcio – È tempo di ridare la fiducia e la dignità che meritano al pensiero critico e alle pratiche di conflitto indispensabili per poter ristabilire il primato dell’umano sull’artificiale, dell’intelligenza relazionale sull’intelligenza artificiale, della laicità comunista sulla religione cibernetica.

Renato Curcio - Identità cibernetiche


Quarta di copertina

Il paradigma della dissociazione identitaria, così come è stato posto da Janet sul finire dell’Ottocento e sviluppato da Hilgard, Ludwig, Lapassade e altri nel Novecento, si misura oggi con l’utilizzo dei più comuni dispositivi digitali da parte di un numero crescente di umani. La tesi sulla quale si incardina questo lavoro mette in luce una nuova forma di dissociazione adattativa, qui definita sdoppiamento digitale, indotta dal progressivo spostamento della vita di ciascuno dalle relazioni in presenza alle connessioni. Lavoro da casa, didattica a distanza, politica social-mediata, obbligando all’accesso a piattaforme e all’uso di dispositivi digitali, richiedono all’individuo di dissociarsi in una o più identità di connessione. Come queste identità siano vulnerabili a essere manipolate e, in prospettiva, comandate a distanza, riducendo progressivamente l’autonomia di pensiero e di azione, è il territorio su cui questo libro si affaccia per avviare una riflessione collettiva e un confronto con quanti si augurano che la tecnologia digitale possa un giorno essere messa al servizio degli umani, all’opposto di quanto oggi accade.


«[…] le tecno-scienze digitali fanno ormai parte della nostra vita quotidiana e, a loro modo, stanno modificando alla radice gli assetti identitari che hanno caratterizzato l’era precedente e in particolare gli anni dell’industrializzazione capitalistica. Oggi, non prendersi cura delle proprie identità di connessione, esposte all’insidia permanente della colonizzazione cibernetica, disinteressarsene – come viene fatto purtroppo da molti sotto l’effetto abbagliante della chincaglieria digitale e delle sue suggestioni – vuole dire affidare fideisticamente il proprio destino agli ingegneri e agli alchimisti digitali di aziende come Google, Amazon, Microsoft e Apple. D’altra parte, prendersi cura delle nostre identità di connessione significa dedicare a esse il tempo necessario alla loro più approfondita conoscenza e all’esplorazione delle trappole progettate e disseminate dai nuovi colonizzatori per catturarle e metterle al loro servizio. A questo compito, nelle pagine che seguono, proverò a dare il mio piccolo contributo. […]» (p. 8).

«[…] Ciò che vedremo […] non sarà altro che l’espansione abnorme di quanto già stiamo vedendo e riproducendo: l’accrescimento a dismisura della posizione dominante di un numero sempre più esiguo di gruppi capitalistici digitali multimiliardari e l’impoverimento, anzi, l’immiserimento, di una porzione maggioritaria e crescente della popolazione, la crescita esponenziale delle disuguaglianze. In ogni caso non potremo evitare una evoluzione digitalizzata della nostra configurazione identitaria poiché l’insieme delle nostre identità di connessione verrà spronato ad articolare e a rafforzare sempre più la sua posizione già oggi quasi “dominante” rispetto all’insieme delle nostre identità di relazione.
Una dialettica conflittuale e intracorporea dalla quale – come molti segni già ci hanno mostrato – usciremo tutti profondamente marchiati e trasformati. Ciò che però va qui urgentemente compreso e criticamente affrontato è il fatto che questa duplicità identitaria non si sta istituendo nella forma di “o l’una o l’altra” […] bensì in quella assai più complessa e sconosciuta nei suoi esiti di “l’una e l’altra”, ovvero nella stabilizzazione permanente di una dissociazione identitaria strutturata stabilmente, simultanea e bidimensionale. E già oggi per molti, se non ancora per tutti, di un inquietante sdoppia mento.
In questa duplicità complessa si radica forse la questione più scottante, perché dal grado di consapevolezza delle sue implicazioni dipendono la deriva distruttiva dello sdoppiamento o l’assunzione di una allerta critica e conflittuale. Nel primo caso, infatti, prevarrebbe l’obbedienza passiva agli algoritmi proprietari, nel secondo, invece, la disposizione a battersi per una Internet degli umani.
[…] Anche i dispositivi dell’obbedienza sociale in questa espansione del continente digitale si vanno radicalmente riconfigurando. […] Obbedire in presenza, obbedire a distanza. Ma in ogni caso obbedire. […] Nel continente digitale il comando diventa a tal punto istantaneo, diretto e personalizzato che a esso si può opporre solo un “sì” o un “no”; dove al “no” corrisponde l’estromissione immediata dal sistema. Intendo dire che per restare nel sistema diventa necessario “praticare il sì”. Si può forse disobbedire agli automatismi dell’intelligenza artificiale che organizza il traffico dei messaggi di una chat? Solo uscendo da essa lo si può fare. Ubbidendo, invece, si assume e si fa propria una condotta sociale standardizzata che prevede la cessione di dati all’azienda proprietaria; la rinuncia alla privacy barattando in cambio «tutte le comodità che oggi i giganti del web ci assicurano» . Non solo un comportamento, dunque, ma anche la muta sottomissione a uno sfruttamento e il coinvolgimento attivo nella propria colonizzazione.
[…] Non possiamo ignorare che, nel bene e nel male, la società digitale […] ci chiede di abbracciare la fede nella capacità delle tecno-scienze digitali e delle loro applicazioni, di sollevarci a uno stadio più maturo della convivenza sociale e di ridurre la forbice delle disuguaglianze sociali.
Certo, così non potrà essere proprio “per tutti”. D’altra parte, per il modo di produzione capitalista, gli obsoleti, gli inadeguati, gli inutili e gli indesiderabili sono sempre stati, e restano ancora, nient’altro che un costo e una disdetta.
Che il pensiero critico possa però avere la meglio su questa nuova religione cibernetica è un assunto che, per il momento, non trova conferme nella storia e nel presente. […]
Prendere atto di questo stato di cose – ovvero del fatto che il capitalismo digitale, in assenza di resistenze e altri immaginari istituenti, ci sta sospingendo nel vortice di una ulteriore e più profonda mutazione – sembra essere il presupposto elementare e necessario per riconsiderare il continente virtuale come un campo di battaglia entro cui le identità umane di connessione, per restare umane, dovranno assumere una posizione critica e un atteggiamento istituente.
A fronte dell’obbedienza vilmente barattata si dovranno disporre ad affrontare nuove domande sui fondamenti della convivenza sociale. Questo, del resto, è ciò che sta facendo quell’internazionale battagliera composta oggi da tutti coloro che in un modo o nell’altro, senza il confallo di una “appartenenza” si battono comunque per una “Internet di tutti” contro chi persegue una “Internet del tutto”.
Una Internet al servizio dei corpi viventi e non orientata al loro controllo cibernetico, alla predazione dei loro dati e, in definitiva, al loro sfruttamento e alloro dominio.
È tempo, per concludere, di ridare la fiducia e la dignità che meritano al pensiero critico e alle pratiche di conflitto indispensabili per poter ristabilire il primato dell’umano sull’artificiale, dell’intelligenza relazionale sull’intelligenza artificiale, della laicità comunista sulla religione cibernetica. È tempo di dedicarsi a pratiche reinventate di confronto in presenza e alla più ampia e approfondita ricerca collettiva di istituzioni liberate dal codice sorgente dello scambio ineguale e, soprattutto, creativamente autogestite.
Oggi più che mai tutto ciò è diventato urgente e necessario anche se soltanto un vasto e globale processo istituente riuscirà a immaginare davvero cosa comporti questa nuova sfida. Ma sappiamo che da essa dipende quantomeno la sopravvivenza della nostra personale ed elementare libertà di decidere come affrontare e vivere i piccoli e i grandi momenti della nostra vita quotidiana, territori strategici del conflitto e fondamento irrinunciabile di ogni altra libertà» (pp. 108-113).

Renato Curcio, Identità cibernetiche. Dissociazioni indotte, contesti obbliganti e comandi furtivi, Sensibili alle foglie, Roma 2020.


Indice



L’ impero virtuale. Colonizzazione dell’immaginario e controllo sociale, 2015

Alcune aziende che quindici anni fa non esistevano, come Google e Facebook, oggi costituiscono la nuova e potente oligarchia planetaria del capitalismo digitale. Internet ne rappresenta l’intelaiatura, e i suoi utenti, vale a dire circa tre miliardi di persone, la forza lavoro utilizzata. Le nuove tecnologie digitali fanno ormai parte della nostra vita quotidiana, le portiamo addosso e controllano tutti gli ambienti della vita sociale, dai luoghi di lavoro ai templi del consumo. Questo libro propone una riflessione sui dispositivi attraverso i quali questa oligarchia e queste tecnologie catturano e colonizzano il nostro immaginario a fini di profitto economico e di controllo sociale. E mette in luce il risvolto di tutto ciò, ovvero l’emergere di una nuova e impercepita sudditanza di quel popolo virtuale che, riversando ingenuamente messaggi, fotografie, selfie, e desideri su piattaforme e social-network, contribuisce con le sue stesse pratiche a rafforzare il dominio del nuovo impero. Non conosciamo ancora le conseguenze sui tempi lunghi di questo ulteriore passaggio del modo di produzione capitalistico. Chiara invece appare la necessità di immaginare pratiche di decolonizzazione.


L’ egemonia digitale. L’impatto delle nuove tecnologie nel mondo del lavoro, 2016.

Il percorso di un cantiere socioanalitico sui modi in cui l’impero virtuale cerca di costruire la sua capacità egemonica nel mondo del lavoro. Ripercorrendo la micro-fisica dei processi innescati dai dispositivi digitali che mediano l’attività lavorativa – smartphone, piattaforme, sistemi gestionali, registri elettronici – si esplorano alcune metamorfosi radicali che, mentre rovesciano il rapporto millenario tra gli umani e i loro strumenti, sconvolgono ciò che fino a ieri abbiamo chiamato “lavoro”. Alcuni territori chiave – la digitalizzazione della scuola, della professione medica, dei servizi, dei trasporti condivisi, dei grandi studi legali e delle banche assunti come analizzatori, ci raccontano l’impatto trasformativo delle nuove tecnologie e il disorientamento dei lavoratori. Ma fanno anche emergere le linee liberticide su cui questo processo procede: la cattura degli atti, la dittatura dei dati, il trionfo della quantità e le narrazioni sostitutive con cui esso si racconta. Analizzando le tendenze – l’autismo digitale, l’obesità tecnologica, l’ethos della quantità, lo smarrimento dei limiti – ci si interroga sulla differenza tra progresso sociale e progresso tecnologico.


La società artificiale. Miti e derive dell’impero virtuale, 2017.

Questo libro s’interessa delle implicazioni sociali dei nuovi strumenti digitali e del significato concreto che nella vita di relazione quotidiana, nella politica, negli stati di coscienza e nel mondo del lavoro espressioni come big data, profilazione predittiva, intelligenza artificiale, cloud, robot umanoidi, internet delle cose, vengono realmente a configurare. Più in generale questa esplorazione cerca di mostrare come “progresso sociale” e “tecnologie digitali” non siano affatto sinonimi. E anzi, come queste ultime innervino l’architettura di classe capitalistica invadendo e aggredendo dall’interno lo spazio vitale essenziale delle relazioni umane. Ben oltre la società industriale, la società dello spettacolo e la modernità liquida, la società artificiale ci mette dunque di fronte al germe accattivante e vorace di un nuovo totalitarismo. Un totalitarismo tecnologico che, a differenza di quelli ideologici del Novecento, invade e colonizza il luogo più “sacro” e fondamentale della libertà. D’altra parte, una matura consapevolezza di questa estrema deriva può essere anche il punto di partenza per un’ulteriore rimessa in discussione delle classi sociali e del destino di specie.


L’ algoritmo sovrano. Metamorfosi identitarie e rischi totalitari nella società artificiale, 2018.

Ripercorrendo le tappe salienti della colonizzazione della rete e delle identità virtuali dei suoi frequentatori, nella prima parte del libro si porta l’attenzione su alcuni dei dispositivi nascosti che stanno velocemente dissodando il terreno di una nuova e inedita deriva totalitaria. Nella seconda parte, si spinge lo sguardo sulle frontiere opache in cui gli Stati a più alta propensione digitale provano a difendere da questa sfida transumanista il loro stesso futuro, ma in una prospettiva cieca, “al rialzo”. Come in un incubo – documentato e niente affatto distopico – si profilano così i contorni di simil-democrazie dalle libertà sostanziali vacillanti in cui i cittadini, assoggettati biometricamente a un codice unico personale, si dispongono a riprodursi come cloni volontari di un algoritmo sovrano. Naturalmente, un’alternativa c’è ancora: prendere atto della nostra incompiutezza come specie e riportare la barra della nostra vita sociale anzitutto sui legami, sulle comunità istituenti e sulle relazioni faccia-a-faccia. Non “contro le tecnologie digitali” ma portando la critica direttamente alla radice del modo di produzione capitalistico che esse riproducono.


Il futuro colonizzato. Dalla virtualizzazione del futuro al presente addomesticato, 2019.

Dopo aver passato in rassegna i vari modelli di futuro che vengono avanzati dalle grandi aziende dell’oligarchia digitale, l’Autore si sofferma e s’interroga in particolare su alcuni fondamentali territori: le biotecnologie faustiane di intervento sul DNA; le ambigue previsioni sull’intelligenza artificiale; gli approcci disciplinari a cui si ispirano i nuovi paradigmi della sorveglianza; le ridefinizioni del lavoro – stretto tra l’obsolescenza di alcune sue figure novecentesche e l’emersione di nuove professioni dalla vita breve – e infine, le retoriche sulla necessità di un riallineamento dei cittadini al nuovo contesto digitale attraverso strategie di formazione lungo l’arco dell’intera vita. Nel contesto iper-capitalistico in cui viviamo, l’oligarchia digitale, assumendo nei fatti i propositi dell’ideologia transumanista, si è data l’obiettivo di colonizzare il pianeta, superando definitivamente i limiti dell’umano. A fronte di questa prospettiva, sembrerebbe urgente e necessario cominciare un percorso di decolonizzazione della rete e dell’immaginario.


Identità cibernetiche. Dissociazioni indotte, contesti obbliganti e comandi furtivi, 2020

Il paradigma della dissociazione identitaria, così come è stato posto da Janet sul finire dell’Ottocento e sviluppato da Hilgard, Ludwig, Lapassade e altri nel Novecento, si misura oggi con l’utilizzo dei più comuni dispositivi digitali da parte di un numero crescente di umani. La tesi sulla quale si incardina questo lavoro mette in luce una nuova forma di dissociazione adattativa, qui definita sdoppiamento digitale, indotta dal progressivo spostamento della vita di ciascuno dalle relazioni in presenza alle connessioni. Lavoro da casa, didattica a distanza, politica social-mediata, obbligando all’accesso a piattaforme e all’uso di dispositivi digitali, richiedono all’individuo di dissociarsi in una o più identità di connessione. Come queste identità siano vulnerabili a essere manipolate e, in prospettiva, comandate a distanza, riducendo progressivamente l’autonomia di pensiero e di azione, è il territorio su cui questo libro si affaccia per avviare una riflessione collettiva e un confronto con quanti si augurano che la tecnologia digitale possa un giorno essere messa al servizio degli umani, all’opposto di quanto oggi accade.

Renato Curcio – Introduzione al libro di Franco Del Moro, «Il dubbio necessario»: “Le persone che si adattano ad attività di pura sopravvivenza non raggiungono mai una piena realizzazione dei propri desideri, delle proprie capacità e aspirazioni: la vastità identitaria è la vera dimensione dell’esperienza umana nella creazione di nuovi mondi di senso”.
Renato Curcio – La materia più preziosa al mondo è l’anima degli umani, il loro immaginario. L’impero virtuale non è che la storia recente di una nuova e più insidiosa strategia di colonizzazione dell’immaginario.
Renato Curcio – Ben oltre la società industriale, la società dello spettacolo e la modernità liquida, la società artificiale ci mette dunque di fronte al germe accattivante e vorace di un nuovo totalitarismo. Sapremo scegliere o ci accontenteremo di essere scelti?
Renato Curcio – L’algoritmo sovrano. Metamorfosi identitarie e rischi totalitari nella società artificiale. Occorre riportare la barra della nostra vita sociale anzitutto sui legami, sulle comunità istituenti e sulle relazioni faccia-a-faccia. La critica va portata direttamente alla radice del modo di produzione capitalistico.

indicepresentazioneautoresintesi

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

Petite Plaisance – Pubblicazioni recenti

E-Books gratuiti

Livio Rossetti – Strategie macro-retoriche. Prefazione di Mauro Serra.

Rossetti Livio, Strategie macro-retoriche 01

Livio Rossetti, Strategie macro-retoriche.
Prefazione di Mauro Serra.
ISBN 978–88–7588-280-8, 2021, pp. 192, formato 130×200 mm, Euro 16 – Collana “Il giogo” [130].
In copertina: Joan Mirò, Il mio Alfabeto, 1972.


È strano che in una società invasa da forme di comunicazione sapiente e anche astuta (quindi insidiosa) qual è la nostra non si registri una congrua offerta di strumenti analitici sulle procedure cui è normale ricorrere in ogni momento.
In effetti, nel rivolgere la parola, nello scrivere o anche soltanto nel rispondere al telefono si manifestano moltissime scelte, alcune involontarie e altre consapevoli. Queste scelte delineano l’impostazione e il senso di ciò che io, per esempio, ho finito per dire o scrivere. Quindi parlano di me, del mio stato d’animo, dell’idea che mi ero fatta sul conto della persona o delle persone cui mi sono rivolto, dell’idea che mi ero fatta della situazione, di cosa credevo di fare e dei criteri che ho saputo adottare nel decidere cosa dire e come esprimermi, di cosa tacere, che cosa lasciare intendere etc. E a essere carica di tutti questi impliciti è ogni iniziativa comunicazionale, semplice o impegnativa che sia.
Per cercare di penetrare nei segreti della comunicazione e individuare anche ciò che transita sotto traccia, c’è poco da fare: bisogna attrezzarsi e prendere confidenza con cose così diverse come la ‘retorica dell’anti-retorica’, il feedback comunicazionale, la soglia critica, la saturazione, i meta-segnali e altro ancora. Questo libro fornisce l’apparato concettuale di cui c’è bisogno per mettersi a scavare in profondità.

Il nome di Livio Rossetti è facilmente associato alla filosofia greca – Socrate e Platone, Parmenide e Zenone – mentre non è intuitivo associarlo al tema della retorica, che è rimasta un filone leggermente in ombra della sua produzione scientifica. In effetti il volume sulle strategie macro-retoriche (1994), ora in seconda edizione, è nato a margine dei suoi studi sul dialogo socratico (alcuni dei quali figurano in Le dialogue socratique, Paris 2011) e avrebbe dovuto fornire le premesse concettuali per indagini più specifiche sull’insidiosa sapienza comunicazionale di Platone, indagini che però… devono ancora materializzarsi.
Docente di filosofia greca all’Università di Perugia per decenni, Rossetti ha pubblicato, da ultimo, Verso la filosofia: nuove prospettive su Parmenide, Zenone e Melisso (Baden Baden 2020), che si può considerare l’editio maior di Parmenide e Zenone sophoi ad Elea (in questa stessa collana, Pistoia 2020), mentre



Sommario

Questo libro

Prefazione di Mauro Serra

I. Iniziative comunicazionali, strategie comunicazionali e retorica

1. L’iniziativa comunicazionale
2. Individuare gli ‘incantesimi’ di ordine comunicazionale
3. Impostazione dell’iniziativa comunicazionale e forme di finissage
4. Progettare una iniziativa comunicazionali significa…
5. Identificare e analizzare l’impianto macroretorico

II. La formattazione dell ’unità comunicazionale

1.Una formattazione a molti livelli. Il feedback comunicazionale
2. Gli obiettivi da raggiungere

III. Ricettore ideale, distanza critica, dissimulazione. Il contratto comunicazionale

1. Lettore ideale e ricettore ideale. Il ruolo della dissimulazione
2. Contratto letterario e contratto comunicazionale. Il foedus iniquus

IV.  Gestione dell a soglia critica e forme di saturazione

1. Orizzonte di attesa, soglia critica e forme di saturazione
2. La pretesa di incidere sulla soglia critica
3. Risalire alla soglia critica prefigurata dal locutore

V. La comunicazione form attante. Il ‘sottotesto’

1. Farsi largo nella mente altrui; la pretesa di ‘comandare a casa nostra’
2. La semplificazione: grimaldello con cui si aggirano le difese altrui
3. Quando l’intreccio di contenuti epistemici e valori comunicazionali resiste all’analisi

VI. Formattazione e obsolescenza degli standard comunicazionali.
Come difendersi dall a formattazione sapiente?

1. Siamo sicuri che la magia dell’evento comunicazionale funzioni ancora?
2. Understatement, autoironia e ‘retorica dell’anti-retorica’
3. Le difese su cui possono contare i ricettori
4. Identificare il sovraccarico comunicazionale

VII. Conclusioni. Oltre la formattazione

Bibliografia

Appendice – Verso una rhetorica universalis

1. La mia comunicazione non è mai del tutto spontanea
2. Platone e la retorica degli altri
3. Le ossessioni dei moderni e le loro ‘aggressioni’ alla retorica
4. Oltre il mero arrocco. Nuovi aspetti della relazione retorica-filosofia nel Novecento
5.Verso una nuova idea di verità
6. Verso una nuova idea di retorica: la rhetorica universalis
Nota bibliografica

Soggettario

Indice dei nomi


Livio Rossetti – Parmenide e Zenone “sophoi” a Elea
Livio Rossetti – Rodolfo Mondolfo storico della filosofia antica
Livio Rossetti – Due falsI originali d autori di «qualità»: Enrico Berti (Arisotele) e Mario Vegetti (Platone).
Livio Rossetti – Anche i bambini pensano: tre modalità primarie di favorire lo sviluppo della filosofia germinale. Il libro di Dorella Cianci e Massimo Iiritano, «Pensare da bambini».

Livio Rossetti 01

Livio Rossetti

Parmenide e Zenone, sophoi ad Elea

Presentazione di Mariana Gardella Hueso.

ISBN 978-88-7588-256-3, 2020, pp. 160, Euro 15

indicepresentazioneautoresintesi

In questo Parmenide e Zenone sophoi a Elea Livio Rossetti ci propone una marcia di avvicinamento a due pensatori antichi di primissimo ordine. Il suo proposito è stato di lavorare su due ‘pezzi da museo’ che ci sono stati trasmessi pieni di polvere e di incrostazioni esegetiche, riportarli alla luce e tornare a osservarli da vicino.
Pretesa eccessiva? Non proprio, perché di Parmenide si sta riscoprendo solo ora lo stupefacente sapere naturalistico che pure formava parte integrante del suo poema, e di conseguenza il suo insegnamento richiede di essere visto da una prospettiva profondamente rinnovata. Quanto poi ai paradossi di Zenone, essi sono stati per lo più trattati come problemi da risolvere o calcoli da eseguire, senza considerare che Zenone avrà avuto interesse a idearli, non certo a risolverli e dissolverli. Quindi, anche qui, netto cambio di prospettiva.
L’autore ci invita dunque a guardare a questi due personaggi estremamente creativi senza pensare alle tradizioni interpretative, con la mente sgombra, con rinnovata curiosità. Lo fa con competenza, ma usando un linguaggio piano, cordiale, arioso, partendo dai luoghi e dal contesto. Avvicinarsi a quel mondo sarà una scoperta.


Un tuffo …

… tra alcuni dei  libri di Livio Rossetti …


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

Petite Plaisance – Pubblicazioni recenti

E-Books gratuiti