Claudia Baracchi – «Aristotele. Il pensiero e l’animale». L’appassionata, inedita riflessione, della studiosa che ha saputo «affinare l’ascolto» del pensiero di Aristotele tra “logos” e “nous”. Qui una pagina su “desiderio”, sulla domanda del “desiderio” che è domanda su di sé, su “vera eccellenza” e “mera continenza”.

Claudia Baracchi, Aristotele. Il pensiero e l’animale, Feltrinelli, Milano 2023


Aristotele è l’erede per eccellenza. Nessuno ha valorizzato di più i predecessori, riconoscendo il debito nei loro confronti. La sua è una grande lezione sul pieno e sul vuoto della trasmissione, sulla consapevolezza di appartenere a un tempo e a un luogo in cui riecheggiano altri tempi e altri luoghi.


Cosa può significare, oggi, ereditare Aristotele? È possibile accogliere l’antico senza finire vittime della commemorazione, intrappolati nei tediosi codici del canone? O non è forse tempo di disfarci di figure ingombranti del passato, proprio per emanciparci e far spazio al futuro? Eppure il passato non ha esaurito il suo corso vitale, non è stato compreso a fondo. Potrebbe così accadere che le figure dell’antico ci appaiano meno evidenti del previsto, che a ben vedere non si prestino a sommarie riduzioni. Ereditare, di Aristotele, insieme a dottrine e assiomi anche i dubbi, le aperture, il mutismo, comporta prendere atto che la persistenza dei problemi non indica fallimento o paralisi. È un segnale della gravità delle domande fondamentali e della serietà richiesta nell’affrontarle. Comporta disimparare l’Aristotele ricevuto, sottrarlo dall’edificio della trasmissione tradizionale, riconoscere impasse e difficoltà, affinare l’ascolto. E, così facendo, tentare di cogliere nella parola antica l’alterità, la lontananza, ciò che deve essere ancora udito e che, forse, resta a venire. Nella coscienza che la cristallina elaborazione del pensiero razionale si fonda nella vita, non viceversa; e che la vita, a un tempo vulnerabile e immensa, resta indefinitamente eccedente rispetto al logos che pure la attraversa e le appartiene.



Curriculum vitae della Professoressa Claudia Baracchi

Claudia Baracchi


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Lukáš Houdek – «Filosofia dal naso rosso. Il travaglio di un clown, la nascita di un trickster». «Philosophy with a red nose. Clown labour, trickster birth». Prelude di Rodrigo Morganti: «Il Clown è l’emanazione della gioia, della condivisione … il suo linguaggio è il gioco … è la celebrazione della meraviglosa perfezione dell’inperfezione umana». «Clowning the of joy, sharing, of being allowed to show one’s vulnarability while staying open to the point of accepting that people laugh with us. Its language consists of playing games … It’s the celebration of the wonderful perfection of human imperfection».

Lukáš Houdek,
Filosofia dal naso rosso. Il travaglio di un clown, la nascita di un trickster.
Clown Labour – Trickster Birth.
Preludio di Rodrigo Morganti.
Traduzione di Alessandra Filannino Indelicato.

ISBN 978-88-7588-337-9, 2023, pp. 120, formato 130×170 mm., Euro 15 – Collana “coralli di vita” [3].

In copertina: Autore ignoto, Disegno di un Court Jester, probabilmente di epoca medievale.


AUTHOR’S NOTE

I finished writing in Piran – a Slovenian town on the border with Italy and Croatia. A peninsula surrounded by the sea, yet another border, this time between the land and the air. I steadily grew weary of the sentences that have until now accompanied us, as they kept washing me up against a very different but always familiar shore. I realise what I have attempted and, inadvertently, failed at. I tried to describe an experience, to incarnate thought, to touch by conjuring up ghosts of words. I made a leap and bounced back, much like a fly that is ignorant of the concept of transparency. Thresholds are impossible to inhabit and even paradox itself will eventually have to invite its opposite if it seeks a meaningful conversation. I will now go out and look for you, my reader, despite all I had said in the beginning. We will meet in the old town, in the filled-up harbour, by the long-since demolished drawbridge, in the dry scent of the sea to utter the afterword together.

Lukáš Houdek

Praha-Padova-Piran, summer 2023

NOTA DELL’AUTORE

Ho finito di scrivere a Piran – una città slovena sul confine tra Italia e Croazia. Una piccola penisola circondata dal mare, l’ennesimo confine, questa volta quello tra terra e cielo. Ho sentito molto fortemente che mi sono venute a noia le parole che ci hanno finora accompagnato, mentre continuavano a farmi rilavare su una costa davvero differente dalla mia, e tuttavia in qualche modo familiare. Mi rendo conto solo ora del mio tentativo, involontariamente fallito. Ho provato a descrivere un’esperienza, a incarnare un pensiero, di allenare il tocco mentre evocavo fantasmi di parole. Ho fatto un salto e poi sono tornato indietro, più o meno come una mosca che ignora il concetto di invisibilità. Le soglie sono dimensioni impossibili da abitare e anche i paradossi, alla fine, richiamano sempre il loro opposto, se si cerca una conversazione di senso. Ora, caro lettore, esco di casa, e andrò cercandoti, nonostante tutto quello che ti ho detto finora. Ci incontreremo in centro storico, in un porto affollatissimo, al ponte levatoio – quello che hanno demolito da tempo –, nel profumo secco e salato del vento di mare. Pronunceremo insieme la postfazione.

Lukáš Houdek

Praga, Padova, Piran; estate 2023



Preludio di Rodrigo Morganti

Clowning is the emanation of joy, sharing, of being allowed to show one’s vulnerability while staying open to the point of accepting that people laugh with us.

Its language consists of playing games.

It’s everything and its opposite.

It’s the celebration of the wonderful perfection of human imperfection.

It’s a difficult subject for a book: difficult but not impossible. And Lukáš, aware of that, succeeded in this task, breaking the fourth wall, and esta-blishing a direct relationship with the reader.

I hope that you will enjoy this book as I did.

 

Il Clown è l’emanazione della gioia, della condivisione, del poter mostrare la propria vulnerabilità in un’apertura tale da accettare che la gente rida con noi senza chiuderci.

Il suo linguaggio è il gioco.

È il tutto e il contrario di tutto.

È la celebrazione della meravigliosa perfezione dell’imperfezione umana.

Difficile farci un libro, e proprio perché è difficile non è impossibile, e Lukáš lo sapeva e ci è riuscito, rompendo la quarta parete e istituendo una relazione diretta col lettore.

Spero che ve lo godiate come me lo sono goduto io.

(Rodrigo Morganti, clown, clown-dottore e formatore. É stato il primo in Italia (1995) a portare il naso rosso in ospedale, ha girato l’Italia e il mondo formando nuovi health-care clowns, e facendo aggiornamento e formazione continua per clown, personale medico, scuola, aziende e privati. Attualmente è direttore artistico della “Fondazione Dottor Sorriso” e dell’ Ong libanese “Ibtissama”.)




M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Giovanni Casertano – «Morte (e Vita). Viaggio dal concetto all’incantesimo, ovvero dai Presocratici a Platone». Pensare ed agire con bellezza e con amore, con eccellenza e verità. È questa la mortale immortalità degli uomini.

Giovanni Casertano, Morte (e Vita). Viaggio dal concetto all’incantesimo, ovvero dai Presocratici a Platone.

ISBN 978-88-7588-419-2, 2023, pp. 160, formato 140×210 mm., Euro 15 – Collana “il giogo” [179].

In copertina: La Tomba del Tuffatore a Paestum (480-470 a.C.), Museo Archeologico Nazionale di Paestum.




M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Valentino Saccà – Le armi della commedia per scardinare i paradigmi di una guerra assurda e senza fine e per giungere alla “soluzione dei due Stati”, uno arabo e uno ebraico.

Valentino Saccà

Le armi della commedia per scardinare i paradigmi
di una guerra assurda e senza fine,
e per giungere alla
“soluzione dei due Stati”, uno arabo e uno ebraico

 

Mentre ascolto le notizie dell’ultima ora sul fronte del conflitto Israeliano-Palestinese, e avendo negli occhi quanto si verifica a Gaza, ripenso due film palestinesi come Intervento divino (2001) di Elia Suleiman e Tutti Pazzi a Tel Aviv (2018) di Sameh Zoabi, ambedue legati al tema della sanguinosa  eterna guerra. Ma attenzione! Entrambi i film sono delle commedie!

La commedia, viene troppo spesso considerata un genere cinematografico minore e relegato al semplice e immediato intrattenimento umoristico, quando invece la storia del cinema (e della cultura in genere) ci insegna che a volte l’umorismo può avere uno sguardo profondo che va oltre la superficie, in grado di scardinare con il sorriso a fior di battuta stereotipi e convenzioni che alimentano l’odio ideologico, culturale o più semplicemente l’odio tout court. Un tema delicato e tragico come il genocidio ebraico, che ancora oggi ci tocca da vicino, è stato riletto attraverso la lente della commedia per esempio con La vita è bella (1997) di Roberto Benigni, o con il geniale delicatissimo Train de vie. Un treno per vivere (1998) del romeno Radu Mihăileanu, e possiamo risalire fino a capolavori come Vogliamo vivere! (1942) di Ernest Lubitsch e Il grande dittatore (1940) di Charlie Chaplin (più legato all’ascesa del nazionalsocialismo). Tutti film che hanno saputo usare la chiave del riso e della commedia a un tema profondamente serio come quello della shoah, senza svilirne il portato tragico.

Nelle commedie di Suleiman e Zoabi avviene lo stesso. Se applicato al conflitto arabo-israeliano e rivedendo oggi quelle pellicole, quando si è aperta una nuova e sanguinosa pagina di questo scontro senza fine, si fa più evidente lo spettro della tragedia che aleggia sinistramente dietro il velo dell’umorismo.

Elia Suleiman resta uno degli ultimi grandi comici della storia del cinema, la sua maschera candida e imperturbabile, che fonde Buster Keaton con Harry Langdon, attraversa le tragedie politico-sociali del suo paese facendone emergere le assurdità e le incongruenze, attraverso un humor surreale e lunare, che non nasconde la sua profonda umana tenerezza.

Intervento divino è sicuramente il suo film più noto in Occidente (vincitore del premio della giuria al 55° Festival di Cannes) e racconta le difficoltà del protagonista diviso tra un padre malato e la donna che ama, mentre nella città di Nazareth le tensioni tra arabi e israeliani si fanno sempre più accese. Il film di Suleiman è un gioiello di umorismo nonsense, puntellato di gag che ricordano Jacques Tati, in grado di far riflettere sulla demenzialità di una guerra che sta spersonalizzando gli individui e prosciugando i sentimenti umani.

Tutti pazzi a Tel Aviv presenta invece una doppia struttura temporale e narrativa, il film è ambientato nell’odierna Gerusalemme, ma in parallelo viene riscostruita in forma di soap opera la Palestina del 1967, durante la «Guerra dei sei giorni».

Due piani narrativi, la realtà contemporanea e la rappresentazione di un fatto storico in forma di serie televisiva. Il gioco che mette in scena Sameh Zoabi tra passato e presente e finzione nella finzione, permette di rileggere e reinterpretare la Storia attualizzandola e di smontare (attraverso l’ironia satirica della scrittura di una finta soap) i paradigmi assurdi che muovono il conflitto. Il protagonista si improvvisa sceneggiatore della serie Tel Aviv brucia (che nella finzione filmica monopolizza l’attenzione collettiva), per poter cavarsela durante un interrogatorio al check point israeliano, diventando realmente uno sceneggiatore del programma Tv ma scrivendo i dialoghi su ordine del militare israeliano.

Il meccanismo comico-brillante che avvia la storia può ricordare quello di Pallottole su Broadway (1994) di Woody Allen, ma Zoabi evita qualsiasi forma derivativa, creando una scrittura intelligente, limpida e originale, in grado di rovesciare con sarcasmo i fondamenti culturali e politici che proseguono a dilaniare il Medio Oriente.


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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In memoriam di Giancarlo Paciello. Uno sguardo sul Medio Oriente. Giovedì 16 novembre 2023, ore 20,45. Sarà ospite Sami Hallac, originario dei territori palestinesi occupati nel 1967.


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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