Günter Anders (1902-1992) – L’Apprendista stregone è invidiabile perché fa ancora il tentativo di fermare ciò che ha provocato o che è sul punto di provocare. Oggi viviamo in una foresta di manici di scopa che diventa sempre più fitta

Anders06

Illustrazione di Ferdinand Barth dall'edizione di Der Zauberlehrling di Goethe del 1882

Illustrazione di Ferdinand Barth dall’edizione di Der Zauberlehrling di Goethe del 1882.


Parliamoci chiaro. Ciò che Goethe* ha messo in poesia come un qualcosa che provoca terrore, come un evento di eccezione, degno di una ballata avventurosa, questo qualcosa a noi capita ininterrottamente, a noi accade senza tregua, per quanto si possa ancora parlare di «accadere». Parlare di «accadere», infatti, ha senso solo se ciò che accade si stacca come un fatto eccezionale dallo sfondo di una innocua e regolare quotidianità. Ma, oggigiorno, non è questo il caso. Ciò che rende il nostro tempo avventuroso è, al contrario, il fatto che lo straordinario, invece di dare nell’occhio, è proprio la regola; che i «manici di scopa» divenuti autonomi, cioè gli apparati (sia in senso amministrativo che in senso fisico-tecnico), come le centrali elettriche, i missili atomici, gli apparecchi spaziali e i grandi impianti industriali necessari per la loro produzione, formano tutti insieme il nostro mondo quotidiano. Milioni di persone vivono del fatto che la produzione di questi apparecchi è divenuta autonoma; l’economia d’interi continenti crollerebbe se la loro fabbricazione improvvisamente venisse a cessare: tutte queste cose oggi non sono eccezioni né sensazioni che si possano cantare a mo’ di ballata, come l’avvenimento sensazionale cantato da Goethe.

E allo stesso modo fa parte delle regole della quotidianità che non pensiamo neppure a ribellarci contro ciò che i nostri «spiriti» fanno e pretendono da noi. Al contrario vediamo nell’autonoma, ovvero automatica efficacia di ciò che abbiamo prodotto che agli occhi di Goethe era parso ancora qualcosa di terrorizzante qualcosa di normale, anzi, persino qualcosa che ci rallegra: cioè la garanzia che anche la nostra esistenza personale continuerà a funzionare in modo piano, e che il peso della responsabilità personale (che sentiamo già come qualcosa di antiquato, come una moda di avantieri) ci verrà tolto una volta per sempre.

Oltre a ciò, infine, c’è il fatto che i nostri «spiriti» hanno la mania di diffondersi e di moltiplicarsi; che essi, cioè, non solo restano indipendenti da noi, così come già erano subito dopo la loro «nascita», ma diventano sempre più indipendenti; e al contrario rendono noi, per l’accumularsi del loro potere e della loro indipendenza, sempre più dipendenti. Goethe, allorché continuò a far lavorare un robot tagliato in due metà come un doppio robot, aveva già in vista una tale accumulazione. Noi sappiamo, oggi, che gli apparati sono sempre spinti dalla tendenza a collegarsi gli uni con gli altri e unificarsi in «rete» (come si dice in elettrotecnica). E ciò vale anche per ciò che riguarda le reti, dato che anch’esse s’intrecciano di nuovo in reti di odine superiore, senza riguardo per ciò che in tal modo potrebbero provocarci. In breve: mentre in Goethe entra in scena un unico e solitario manico di scopa, divenuto autonomo in modo straordinario (e poi una coppia di manici di scopa), oggi viviamo in una foresta di manici di scopa che diventa sempre più fitta. E visto che non esiste alcuna possibilità di tagliare questo bosco o di scappare da esso, questo è il nostro mondo.

Tempi felici erano dunque quelli in cui, come Goethe, si poteva rappresentare un robot come un orripilante caso a sé e non come il quotidiano modus operandi del mondo; e nei quali ancora si aveva la possibilità di trattare un tale evento in forma di poesia, il che oggi (nel senso del detto di Adorno sulla poesia dopo Auschwitz) sarebbe già problematico, forse persino disdicevole. Tempi felici, nei quali ci si poteva permettere, senza rischiare di essere scherniti come ingenui e non realistici, di creare la figura di un maestro, cioè di un uomo che padroneggiava l’antidoto e al quale bastava aprire le labbra per rendere ancora possibile lo happy ending. Tempi felici davvero! Paragonato a noi, uomini d’oggi, persino l’Apprendista stregone, nonostante la situazione calamitosa in cui si era messo da sé, e nonostante l’acuta disperazione con la quale grida aiuto, è ancora una figura invidiabile.

Ma che cosa significa qui «nonostante»? Infatti, al contrario, egli è invidiabile proprio perché, a differenza degli uomini d’oggi, percepisce con i propri occhi il pericolo da lui stesso evocato; perché ancora capisce che esiste un motivo di disperazione; e perché, per tale motivo, fa ancora il tentativo di fermare ciò che ha provocato o che è sul punto di provocare. Confrontata con la nostra situazione attuale, quella dell’Apprendista stregone di Goethe era una semplice calamità; un episodio eccitante.

Günter Anders, L’uomo è antiquato, Bollati Boringhieri, 1992, pp. 374-376.


* L’apprendista stregone (in tedesco Der Zauberlehrling) è una ballata composta nel 1797 da Wolfgang Goethe, ispirata a un episodio del Φιλοψευδής (Philopseudḗs, ovvero “l’amante del falso”) di Luciano di Samosata. Cfr. «Luciano di Samosata e l’apprendista stregone». Nelle Philopseudes, dello scrittore satirico greco Luciano di Samosata, si narra, infatti, di Eucrate, giovane apprendista del mago Pancrate, desideroso di carpire i segreti del suo maestro. Trovatosi un giorno da solo, il ragazzo sperimenta un sortilegio che aveva visto fare allo stregone che, grazie ad alcune parole magiche, riusciva ad animare un pestello ed inviarlo ad attingere acqua con un’anfora. L’incantesimo riesce e il pestello svolge il suo compito, ma Eucrate, ignorando la formula necessaria per riportare l’oggetto allo stato iniziale, non è in grado di fermarlo, per cui esso continua imperterrito a prendere l’acqua e a versarla dentro la casa del mago. A questo punto il giovane tenta di risolvere il problema tagliando il pestello con un’accetta, ma ottiene come unico risultato la formazione di due “gemelli”, di dimensioni più piccole, che si muovono ancora più velocemente. Solo il ritorno del mago porrà fine a quella situazione incresciosa ed anche all’apprendistato di Eucrate. La storia fu ripresa nel 1797 da Wolfgang Goethe, che la trasformò in una ballata di 14 strofe dal titolo Der Zauberlehrling dove, rispetto all’originale, il pestello era sostituito da una scopa, che doveva riempire d’acqua la vasca situata nella casa del mago ed il finale non specificava la sorte toccata all’apprendista. Giusto un secolo dopo, il francese Paul Dukas (1865-1935), ispirandosi a Goethe, compose L’apprendista stregone. La composizione ebbe subito successo e la sua notorietà proseguì negli anni successivi, raggiungendo la consacrazione definitiva quando fu utilizzata da Walt Disney, che affidò a Topolino il ruolo dell’apprendista, in uno degli episodi più riusciti del cartone animato “Fantasia”.

andersstern_bb

andersstern

      Günter Anders, L’Apprendista stregone invidiabile

 


PAUL DUKAS (1865-1935) “L’Apprenti sorcier” – YouTube


Cernicchiaro Alessio – Günther Anders. La Cassandra della filosofia. Dall’uomo senza mondo al mondo senza uomo. Prefazione di Giacomo Pezzano

Coperta-G.-Anders-200x300

indicepresentazioneautoresintesi

Alessio Cernicchiaro,

Günther Anders. La Cassandra della filosofia.
Dall’uomo senza mondo al mondo senza uomo
.
Prefazione di Giacomo Pezzano: Anders e noi.
ISBN 978-88-7588-132-0, 2014, pp. 400, formato 140×210 mm., Euro 25
Collana “Il giogo” [59]. In copertina: Günther Anders ottantenne, 1982.


Si può accedere  ad ogni singola pagina pubblicata aprendo il file word     

  logo-wordIndice completo delle pagine pubblicate (ordine alfabetico per autore) al 20-02-2016


N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo: info@petiteplaisance.it, e saranno immediatamente rimossi.


 

***********************************************
Seguici sul sito web 

cicogna petite***********************************************

Henri Poincaré (1854-1912) – L’utile è unicamente ciò che può rendere l’uomo migliore. L’uomo di scienza non studia la natura perché ciò è utile; la studia perché ci prova gusto, e ci prova gusto perché la natura è bella. Chi lavora soltanto in vista di applicazioni immediate non lascia niente dietro di sé.

Poincare01

Il valore della scienza



a che accumulare tante ricchezze

l'utile è unicamente ciò che può rendere l'uomo migliore

le verità non sono feconde se non sono concatenate le une alle altre

Henri Poincaré, nel suo saggio Il valore della scienza (1904) distingue nettamente tra «pratici intransigenti» e «curiosi della natura»: i primi pensano soltanto al guadagno, mentre i secondi cercano di capire in che maniera possiamo indagare per conoscere. Dice Poincaré:

«Senza dubbio vi hanno spesso domandato a che servono le matematiche e se queste delicate costruzioni, ricavate interamente dalla nostra mente, non siano artificiali e non siano che un parto del nostro capriccio. Fra le persone che fanno tale domanda devo distinguere: la gente pratica ci chiede solamente il mezzo di guadagnare denaro. Essa non merita una risposta. Converrebbe piuttosto domandarle a che accumulare tante ricchezze, e se valga la pena, per avere il tempo di conquistarle, trascurare l’arte e la scienza le quali soltanto ci fanno spiriti capaci di gioirne, et propter vitam vivendi perdere causas» (p. 99).

«Una scienza fatta unicamente in vista delle applicazioni» è una scienza «impossibile», perché «le verità non sono feconde se non sono concatenate le une alle altre» (ibidem). E se «ci si attiene soltanto a quelle [verità] da cui si spera un risultato immediato, mancheranno gli anelli intermedi e non vi sarà più catena» (ibidem).

A fianco «dei pratici intransigenti», Poincaré colloca «quelli che sono soltanto curiosi della natura e ci domandano se siamo in grado di farla conoscere loro meglio» (p. 100).

«Le matematiche hanno un triplice scopo. Esse devono fornire uno strumento per lo studio della natura. Ma non è tutto: esse hanno uno scopo filosofico, e, oso dirlo, uno scopo estetico. Devono aiutare il filosofo ad approfondire le nozioni di numero, di spazio, di tempo. E soprattutto i loro adepti vi trovano un godimento analogo a quello che danno la pittura e la musica» (p. 100).

I matematici «ammirano la delicata armonia dei numeri e delle forme» e si «meravigliano quando una nuova scoperta apre loro un’inattesa prospettiva».

Per queste ragioni, “«le matematiche meritano di essere coltivate per se stesse e le teorie che non possono essere applicate alla fisica devono essere coltivate come le altre». Per Poincaré, insomma, anche «quando lo scopo fisico e lo scopo estetico non fossero solidali, non dovremmo sacrificare né l’uno né l’altro» (p. 100).

Vi è analogia tra matematici e scrittori: «Gli scrittori che abbelliscono una lingua, che la trattano come un oggetto d’arte, ne fanno nello stesso tempo uno strumento più docile, più atto a rendere le sfumature del pensiero», come «l’analista, che persegue uno scopo puramente estetico, contribuisca per ciò stesso a creare una lingua più atta a soddisfare il fisico» (p. 102).

Nell’introduzione all’edizione americana de Il valore della scienza – pubblicata a New York nel 1907 e poi ripresa nel volume Scienza e metodo nel 1908 – Poincaré scrive:

«Per Tolstoj la parola “utilità” non ha chiaramente lo stesso significato che le viene attribuito dagli uomini d’affari, e con loro dalla maggior parte dei nostri contemporanei. Egli si preoccupa poco delle applicazioni industriali, delle meraviglie dell’elettricità o dell’automobilismo, che considera piuttosto come ostacoli al progresso morale; l’utile è unicamente ciò che può rendere l’uomo migliore» (p. 9).

Se le nostre scelte vengono determinate «soltanto dal capriccio o dall’utilità immediata non vi può essere ‘scienza per la scienza’, né, di conseguenza, scienza». Chi lavora «soltanto in vista di applicazioni immediate non lascerebbe niente dietro di sé» (p. 10):

«Basta aprire gli occhi per rendersi conto che tutte le conquiste dell’industria, che hanno arricchito un così gran numero di “uomini pratici” non sarebbero mai state realizzate se fossero esistiti solo questi uomini pratici, se costoro non fossero stati preceduti da pazzi disinteressati, morti in miseria, che non hanno mai pensato al profitto e ciò nondimeno avevano una guida diversa dal proprio esclusivo capriccio» (p. 10).

«Supponiamo che si voglia determinare una curva osservando alcuni dei suoi punti: l’uomo pratico, interessato soltanto all’utilità immediata, si limiterebbe a osservare soltanto i punti di cui avesse bisogno per qualche fine particolare», mentre «l’uomo di scienza, dato che vuole studiare la curva di per se stessa, suddividerà in maniera regolare i punti da osservare, e non appena ne conoscerà alcuni li unirà con un grafico regolare, e in tal modo otterrà la curva completa» (pp. 13-14).

L’uomo di scienza, non solo non «sceglie a caso i fatti che deve osservare” (p. 14), ma soprattutto non studia la natura per scopi utilitaristici:

«L’uomo di scienza non studia la natura perché ciò è utile; la studia perché ci prova gusto, e ci prova gusto perché la natura è bella. Se la natura non fosse bella, non varrebbe la pena conoscerla, né varrebbe la pena vivere la nostra vita. Non intendo parlare, naturalmente, di quella bellezza che colpisce i sensi, della bellezza delle apparenze qualitative; non che la disdegni, tutt’altro, ma essa non ha nientea che vedere con la scienza. Intendo invece parlare di quella bellezza più riposta che deriva dall’ordine armonioso delle parti, e che può essere colta dalla pura intelligenza. Essa dà un corpo, uno scheletro per così dire, alle cangianti apparenze che deliziano i nostri sensi, e senza questo sostegno la bellezza di quei sogni fugaci non sarebbe che imperfetta, perché confusa e sempre fuggitiva» (p. 15).

 

Henri Poincaré, L’analisi e la fisica, in Id., Il valore della scienza, La Nuova Italia, 1984.

 

 

copj170-1


Si può accedere  ad ogni singola pagina pubblicata aprendo il file word     

  logo-wordIndice completo delle pagine pubblicate (ordine alfabetico per autore) al 19-02-2016


N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo: info@petiteplaisance.it, e saranno immediatamente rimossi.


 

***********************************************
Seguici sul sito web 

cicogna petite***********************************************

Pseudo-Longino – L’amore per il denaro è un malattia che rimpicciolisce l’animo. Genera insolenza, illegalità, spudoratezza.

Sublime

Del+Sublime

«[…] la brama di ricchezze […] ci porta alla schiavitù, o, si potrebbe dir meglio, mandano a picco i nostri beni con tutto l’equipaggio.

L’amore per il denaro è un malattia che rimpicciolisce l’animo.

[…] Benché ci pensi sopra, non riesco a trovar la ragione per cui non debba esser possibile (a tal punto stimiamo una ricchezzasenza limiti, o, per parlar più schietto, l’abbiamo divinizzata) non subire nell’animo nostro le conseguenze malefiche della stessa natura che con questa si fanno avanti. […]

E se per giunta si lascia che questi discendenti della ricchezza vadano avanti negli anni, generano rapidamente negli animi dei tiranni inesorabili: l’insolenza, l’illegalità e la spudoratezza».

Pseudo-Longino, Del sublime, testo greco a fronte, trad. di Francesco Durante, Introduzione di N. Ordine, Milano, Rizzoli [Edizione speciale per il “Corriere della Sera”], 2012, XLIV, 6-7, p. 209.

2_sub_6


pseudo-Longino  Nome ‒ consacrato da una lunga tradizione ‒ dell’autore non noto del celebre trattato Del sublime (Περὶ ὕψους). Attribuito erroneamente a Cassio Longino, nel titolo del Codex Parisinus graecus 2036, del 10° sec., lo scritto viene detto «Διονυσίου Λογγίνου», ma nell’indice del contenuto del medesimo codice, e in un manoscritto vaticano di età rinascimentale, si legge la più dubbiosa, e perciò rivelatrice, indicazione «Διονυσίου ἢ Λογγίνου» («di Dionisio o di Longino»). Tale scritto è uno dei più importanti documenti della critica letteraria nell’antichità, composto da un ignoto filologo dei primi decenni del 1° sec. d.C.

Dizionario di Filosofia Treccani



Si può accedere  ad ogni singola pagina pubblicata aprendo il file word     

  logo-wordIndice completo delle pagine pubblicate (ordine alfabetico per autore) al 19-02-2016


N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo: info@petiteplaisance.it, e saranno immediatamente rimossi.


 

***********************************************
Seguici sul sito web 

cicogna petite***********************************************

Adolfo Sánchez Vázquez (1915-2011) – Il lavoro può avere una prorpia natura artistica solo se si avvicina a un’attività attraverso la quale l’uomo realizza e oggettiva la sua essenza umana.

Sanchez
«Di fatto, il regno della libertà comincia soltanto
 là dove cessa il lavoro determinato dalla necessità e dalla finalità esterna;
 si trova quindi per sua natura
 oltre la sfera della produzione materiale vera e propria».
                                                        K. Marx, Il Capitale, III.

 

La tesi centrale di questo libro è
la concezione dell’arte come prassi e lavoro creativo,
non riducibile a ideologia o al suo aspetto sociologico.

 

las-ideas-esteticas-de-marx-adolfo-sanchez-vazquez-9325-MLM20014959293_122013-F

las-ideas-esteticas-de-marx-adolfo-sanchez-vazquez-9398-MLM20014959270_122013-F

«Più viene affermata la natura artistica del lavoro, più esso si avvicina all’arte, ovvero più si avvicina a un’attività attraverso la quale l’uomo realizza e oggettiva la sua essenza umana. Più il lavoro perde il suo carattere artistico, più esso si allontana dall’arte, fino a divenire un’attività puramente formale e meccanica che è diametralmente opposta all’arte. L’arte appare quindi come sfera appropriata per quella ricchezza spirituale che la sfera del lavoro ha perduto.
[…] ridurre l’arte a ideologia o a mera forma di conoscenza porta a dimenticare che l’opera d’arte è prima di tutto creazione, manifestazione del potere creativo dell’uomo».

Adolfo Sánchez Vázquez, Las ideas estiticas de Marx: ensayos de estética marxista, Ed. Era, il Messico, 1965 pp. 206, 44.

homenaje4.1

«L’esperienza estetica e la pratica artistica non sono qualcosa superfluo, un ornamento della nostra esistenza, ma un elemento vitale in ogni società, una necessità umana che ha bisogno di essere soddisfatta». (10)

Adolfo Sanchez Vazquez, Invito all’estetica, Grijalbo, Mexico, 1992, p. 34

 

 

present+mineria


Si può accedere  ad ogni singola pagina pubblicata aprendo il file word     

  logo-wordIndice completo delle pagine pubblicate (ordine alfabetico per autore) al 17-02-2016


N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo: info@petiteplaisance.it, e saranno immediatamente rimossi.


 

***********************************************
Seguici sul sito web 

cicogna petite***********************************************

Luca Grecchi – Scienza, religione (e filosofia) alle scuole elementari.

Scienza filosofia

Mia figlia Benedetta frequenta la terza elementare. Fra i suoi libri di testo, che leggo talvolta insieme a lei, ho notato una interessante definizione dei rapporti fra scienza e religione. Ribadendo un cliché molto diffuso nel senso comune, tale testo afferma che scienza e religione non sono fra loro in contrasto, in quanto la scienza si occupa di descrivere la realtà, mentre la religione si occupa di mostrare il senso ed il valore della realtà: rispondendo a domande differenti, le due discipline non si sovrapporrebbero, e non entrerebbero dunque in conflitto.

Conosco la difficoltà di trasmettere contenuti complessi a bambini di otto anni. Non critico dunque la necessità di semplificare. Tuttavia, nessuna semplificazione può eccedere un limite, costituito dalla verità. Non si può, cioè, semplificare sostenendo una tesi falsa, per quanto apparentemente bonario sia il fine di questa operazione. La tesi della armonica ripartizione dei compiti fra scienza e religione è infatti falsa per almeno due motivi: a) la religione confligge con la scienza, come la storia della filosofia dimostra in abbondanza (pensiamo solo al dibattito medievale sulla eternità del mondo), proprio in merito alla descrizione della realtà; b) la religione confligge con la matrice originaria delle scienze, ossia con la filosofia, anche in merito alla attribuzione di senso e valore alla realtà, processo di cui tende a ritenersi come l’unica o più accreditata depositaria.

La filosofia è matrice originaria delle scienze, poiché è sul tronco della filosofia che nacquero le scienze. Si tratta di un contenuto importante, che non può essere omesso, almeno in un testo – per quanto elementare – che desideri trattare questi temi. Se si omette questo contenuto, la filosofia diventa una sorta di “materia marginale” frequentata soltanto da alcuni studenti al Liceo, e da un gruppo ancor più sparuto di giovani idealisti in università. Poiché le opinioni comuni influenzano molto il pensiero dei bambini, può essere opportuno dire qualche parola circa i reali rapporti fra religione, scienze e filosofia.

Religione e filosofia, sempre che non siano ridotte a racconto dossografico (ossia, come scriveva Hegel, a “filastrocca di opinioni”), confliggono per un contenuto centrale: la religione, come tale, si affida alla fede, dunque richiede di credere; la filosofia, come tale, si basa invece sulla ragione, dunque richiede di ragionare. Ovviamente, molti credenti fanno ampio uso della ragione (come molti filosofi fanno ampio uso della fede, intesa in senso ampio); tuttavia, sui temi – di solito i principali – in cui accettano di essere credenti, la ragione rimane limitata, vincolata appunto ai contenuti essenziali del dogma.

La filosofia, oggi, non gode di buona fama, né rispetto alla religione, cui le masse affidano ancora in prevalenza (sebbene, mi pare, in maniera decrescente) la ricerca del senso e del valore della realtà, né rispetto alle scienze, cui le masse delegano invece in maniera crescente la comprensione della realtà (per porre in essere interventi pratici). Le scienze ritengono di solito che la filosofia non serva a nulla, ed è questo – dato che oggi esse dominano – uno dei principali motivi della sua sostanziale marginalità. Tuttavia, anche nelle proposizioni scientifiche basilari, ovvero quelle che affermano la verità o falsità di una certa tesi, è implicito quanto meno, appunto, il concetto di verità, che è un concetto chiaramente filosofico.

Chiediamoci infatti: quale scienza, ovvero quale sapere che si occupa solo di descrivere parti di realtà, è in grado di definire la verità? Nessuna. Solo la filosofia, che si occupa dell’intero, lo è. In effetti, ancora oggi, le scienze adottano un concetto logico-fenomenologico di verità come corrispondenza delle parole ai fatti, che risale a Platone ed Aristotele. Le scienze, dunque, necessitano della filosofia proprio per costituirsi. Peraltro, non solo l’analisi del senso della realtà è oggetto della filosofia, ma anche l’analisi del suo valore. Quale scienza è infatti in grado di dire – con verità – cosa sia bene o male in campo etico-politico, se non un sapere onto-assiologico dell’intero quale è la filosofia?

 

Luca Grecchi

Scarica il testo in PDF
Luca Grecchi, Scienza, religione (e filosofia) alle scuole elementari

Già pubblicato su “Sicilia Journal” del 16-02-2016.

logosiciliajournal-per-sito


Si può accedere  ad ogni singola pagina pubblicata aprendo il file word     

  logo-wordIndice completo delle pagine pubblicate (ordine alfabetico per autore) al 17-02-2016


N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo: info@petiteplaisance.it, e saranno immediatamente rimossi.


Dello stesso autore nel Blog di Petite Plaisance:

A cosa non servono le “riforme” di stampo renziano e qual è la vera riforma da realizzare
Platone e il piacere: la felicità nell’era del consumismo
Cosa direbbe oggi Aristotele a un elettore (deluso) del PD
 Socrate in Tv. Quando il “sapere di non sapere” diventa un alibi per il disimpegno
Un mondo migliore è possibile. Ma per immaginarlo ci vuole filosofia
L’Italia che corre di Renzi, ed il «Motore immobile» di Aristotele
L’assoluto di Platone? Sostituito dal mercato e dalle sue leggi.
Luca Grecchi – La natura politica della filosofia, tra verità e felicità
Luca Grecchi – In filosofia parlate o scrivete, purché tocchiate l’anima.
Luca Grecchi – Quando il più non è meglio. Pochi insegnamenti, ma buoni: avere chiari i fondamenti, ovvero quei contenuti culturali cardinali che faranno dei nostri giovani degli uomini, in grado di avere rispetto e cura di se stessi e del mondo.

Luca Grecchi

Luca Grecchi (1972), direttore della rivista di filosofia Koinè e della collana di studi filosofici Il giogo presso la casa editrice Petite Plaisance di Pistoia, insegna Storia della Filosofia presso la Università degli Studi di Milano Bicocca. Da alcuni anni sta strutturando un sistema onto-assiologico definito “metafisica umanistica”, che vorrebbe costituire una sintesi della struttura sistematica della verità dell’essere. Esso rappresenta, nella sua opera, la base teoretica di riferimento sia per la fondazione di una progettualità sociale anticrematistica, sia per la interpretazione dei principali pensieri filosofici. Grecchi è soprattutto autore di una ampia interpretazione umanistica dell’antico pensiero greco, nonché di alcuni studi monografici su filosofi moderni e contemporanei, e di libri tematici su importanti argomenti (la metafisica, la felicità, il bene, la morte, l’Occidente). Collabora con la rivista on line Diogene Magazine e con il quotidiano on line Sicilia Journal. Ha pubblicato libri-dialogo con alcuni fra i maggiori filosofi italiani, quali Enrico Berti, Umberto Galimberti, Costanzo Preve, Carmelo Vigna.

Libri di Luca Grecchi

Cliccando

L’anima umana come fondamento della verità (2002) è il primo libro di Grecchi, che pone, in maniera stilizzata, il sistema metafisico umanistico su cui sono poi strutturati i suoi libri successivi. La tesi centrale di questo libro è appunto che l’anima umana, intesa come la natura razionale e morale dell’uomo, è il fondamento onto-assiologico della verità dell’essere. Questo sistema metafisico costituisce la base per una analisi critica della attuale totalità sociale, e per una progettualità comunitaria finalizzata alla realizzazione di un modo di produzione sociale conforme alle esigenze della natura umana. (Invito alla lettura: Scarica alcune pagine del libro)

Karl Marx nel sentiero della verità (2003) costituisce una interpretazione metafisico-umanistica del pensiero di Marx, che viene analizzato nei suoi nodi essenziali, spesso in aperta critica con la secolare tradizione marxista. Nato originariamente come elaborazione degli studi di economia politica dell’autore compiuti negli anni novanta del Novecento, il testo assume carattere filosofico-politico. Marx è analizzato come il pensatore moderno che, rifacendosi implicitamente al pensiero greco, realizza la migliore critica al modo di produzione capitalistico, pur non elaborando – per carenza di fondazione filosofica – un adeguato discorso progettuale.

Verità e dialettica. La dialettica di Hegel e la teoria di Marx costituisce in un certo senso una integrazione del precedente Karl Marx nel sentiero della verità. Il testo effettua una sintesi originale, appunto, sia della dialettica di Hegel che della teoria di Marx. Pur riconoscendo l’influenza del pensiero di Hegel nelle opere del Marx maturo, Grecchi propone la tesi che il pensiero di Marx, strutturatosi nei suoi punti cardinali prima del suo studio attento ed approfondito della Scienza della Logica, sia nella sua essenza non dialettico. Una versione sintetica di questo libro è stata pubblicata sulla rivista Il Protagora nel 2007.

La verità umana nel pensiero religioso di Sergio Quinzio (2004) con introduzione di Franco Toscani, è una sintesi monografica sul pensiero del grande teologo scomparso nel 1996. Il testo presenta al proprio interno una analisi del pensiero ebraico e cristiano, unita ad una rilettura poetica ed umanistica del testo biblico. Il tema centrale è quello della morte, e della speranza nella resurrezione su cui Quinzio ripetutamente riflette, e che vede continuamente delusa. Al di là dei riferimenti religiosi, la riflessione del teologo si presta ad una profonda considerazione sulla fragilità della vita umana.

Nel pensiero filosofico di Emanuele Severino (2005) con introduzione di Alberto Giovanni Biuso, è una sintesi monografica sul pensiero del grande filosofo italiano. Il testo presenta al proprio interno una analisi critica del nucleo essenziale della ontologia di Severino e delle sue analisi storico-filosofiche e politiche. Esiste uno scambio di lettere fra Severino e Grecchi in cui il filosofo bresciano mostra la sua netta contrarietà alla interpretazione ricevuta. Il testo, tuttavia, è segnalato nella Enciclopedia filosofica Bompiani come uno dei libri di riferimento per la interpretazione del pensiero severiniano.

Il necessario fondamento umanistico della metafisica (2005) è un breve saggio in cui, prendendo come riferimento la metafisica classica (ed in particolare le posizioni di Carmelo Vigna), l’autore critica la centralità dell’approccio logico-fenomenologico rispetto al tema della verità, ritenendo necessario anche l’approccio onto-assiologico. Per Grecchi infatti la verità consiste non solo nella descrizione corretta di come la realtà è, ma anche di come essa – la parte che può modificarsi – deve essere per conformarsi alla natura umana. Si tratta del primo confronto esplicito fra la proposta di Grecchi della metafisica umanistica e la metafisica classica di matrice aristotelico-tomista.

Filosofia e biografia (2005) è un libro-dialogo composto con uno dei maggiori filosofi italiani, Umberto Galimberti. Nel testo si ripercorre il pensiero galimbertiano nei suoi contenuti essenziali, ma si pone in essere anche una serrata analisi di molti temi filosofici, politici e sociali, in cui spesso emerge una sostanziale differenza di posizioni fra i due autori. Di particolare interesse le pagine dedicate al pensiero simbolico, all’analisi della società, ed alla interpretazione dell’opera di Emanuele Severino. Percorre il testo la tesi per cui la genesi di un pensiero filosofico deve necessariamente essere indagata, per giungere alla piena comprensione dell’opera di un autore.

Il pensiero filosofico di Umberto Galimberti (2005), con introduzione di Carmelo Vigna, è un testo monografico completo sul pensiero di questo importante filosofo contemporaneo. Si tratta di un testo in cui Grecchi, sintetizzando la complessa opera di questo autore, prende al contempo posizione non solo nei confronti della medesima, ma anche di filosofi quali Nietzsche, Heidegger, Jaspers, che nel pensiero di Galimberti costituiscono riferimento imprescindibili. Vigna, nella sua introduzione, ha definito il libro «una ricostruzione seria ed attendibile del pensiero del filosofo» in esame.

Conoscenza della felicità (2005), con introduzione di Mario Vegetti, è uno dei testi principali di Grecchi, in cui l’autore applica il proprio approccio classico umanistico alla società attuale, mostrando come essa si ponga in radicale opposizione alle possibilità di felicità. L’autore, seguendo la matrice onto-assiologica del pensiero greco, mostra che solo conoscendo che cosa è l’uomo risulta possibile conoscere cosa è la felicità. Scrive Vegetti, nel testo, che Grecchi è «pensatore a suo modo classico», per il suo «andar diritto verso il cuore dei problemi». Il libro è assunto come riferimento bibliografico, per il tema in oggetto, dalla Enciclopedia filosofica Bompiani. .

Marx e gli antichi Greci (2006) è un libro-dialogo composto con uno dei maggiori filosofi italiani, Costanzo Preve. Nel testo viene effettuata una analisi non tanto filologica, quanto ermeneutica e teoretica dei rapporti del pensiero di Marx col pensiero greco. I due autori, concordando su molti punti, colmano così in parte una lacuna della pubblicistica su questo tema, che risulta essere stato nel tempo assai poco indagato. Di particolare interesse l’analisi effettuata dai due autori di quale potrebbe essere, sulla base insieme del pensiero dei Greci e di Marx, il miglior modo di produzione sociale alternativo rispetto a quello attuale. (Invito alla lettura: Scarica alcune pagine del libro)

Vivere o morire. Dialogo sul senso dell’esistenza fra Platone e Nietzsche (2006), con introduzione di Enrico Berti, è un saggio composto ponendo in ideale dialogo Platone e Nietzsche su importanti temi filosofici, politico e morali: l’amore, la morte, la metafisica, la vita ed altro ancora. Scrive Berti, nella sua introduzione, che, come accadeva nel genere letterario antico dell’invenzione, Grecchi non nasconde lo scopo “politico” della sua opera, la quale «risulta essere innanzitutto un documento significativo di amore per la filosofia e di vitalità di quest’ultima, in un momento in cui l’epoca della filosofia sembrava conclusa».  

Il filosofo e la politica. I consigli di Platone, e dei classici Greci, per la vita politica (2006) è una ricostruzione del pensiero filosofico-politico di Platone effettuata in un continuo confronto con le vicende della attualità. In questo libro Grecchi pone esplicitamente Platone, in maniera insieme divulgativa ed originale, come proprio pensatore di riferimento. Il filosofo ateniese infatti, a suo avviso, pur scrivendo molti secoli or sono, rimane tuttora colui che ha offerto le migliori analisi, e le migliori soluzioni, per pensare una migliore totalità sociale, ossia un ambiente comunitario adatto alla buona vita dell’uomo.

La filosofia politica di Eschilo. Il pensiero “filosofico-politico” del più grande tragediografo greco (2007) costituisce una interpretazione, in chiave appunto filosofico-politica, dell’opera di Eschilo. Lo scopo principale di questo libro è quello di “togliere” Eschilo dallo specialismo degli studi poetico-letterari, per inserirlo – come si dovrebbe fare per tutti i tragici greci – nell’ambito del pensiero filosofico-politico. Nel testo viene presa in carico l’analisi precedentemente svolta da Emanuele Severino ne Il giogo (1988), ritenendone validi molti aspetti ma giungendo, alla fine, a conclusioni opposte circa il presunto “nichilismo” di Eschilo.

Il presente della filosofia italiana (2007) è un libro in cui vengono analizzati testi di alcuni fra i più importanti filosofi italiani contemporanei pubblicati dopo il 2000. Gli autori analizzati vengono ripartiti in quattro categorie: 1) pensatori “ermeneutici-simbolici” (Sini, Vattimo, Cacciari, Natoli); 2) pensatori “scientifici-razionalisti” (Tarca, Antiseri, Giorello); 3) pensatori “marxisti-radicali” (Preve, Losurdo); 4) pensatori “metafisici-teologici” (Reale). Il testo è arricchito da due appendici e da una ampia postfazione di Costanzo Preve. In questi testi Grecchi oppone criticamente, ai vari approcci, il proprio discorso metafisico-umanistico.

Corrispondenze di metafisica umanistica (2007) è una raccolta di testi in cui sono contenuti scambi epistolari, nonché risposte di Grecchi ad introduzioni e recensioni di suoi libri. Il testo rispecchia la tendenza dell’autore a prendere sempre seriamente in carico le altrui posizioni; secondo Grecchi, infatti, di fronte a critiche intelligenti, sono solo due gli atteggiamenti filosofici possibili: o fornire argomentate risposte, o prendere atto della correttezza delle critiche e rivedere le proprie posizioni. Il tema caratterizzante il testo è dunque la “lotta amichevole” per la emersione della verità.

L’umanesimo della antica filosofia greca (2007) è un libro in cui Grecchi effettua, in sintesi, la propria interpretazione complessiva della Grecità. Partendo da Omero, e giungendo fino al pensiero ellenistico, l’autore mostra come non la natura, né il divino, né l’essere furono i temi principali del pensiero greco, bensì l’uomo, soprattutto nella sua dimensione politico-sociale. L’uomo infatti assume centralità, in vario modo, in tutti i vari filoni culturali della Grecità, dal pensiero omerico a quello presocratico, dal teatro fino all’ellenismo.

L’umanesimo di Platone (2007) è un testo monografico sul pensiero di Platone, da Grecchi in quegli anni ritenuto come il più rappresentativo della Grecità. Ponendo in essere una analisi complessiva delle diverse interpretazioni finora effettuate del pensiero platonico, Grecchi applica al medesimo il proprio paradigma ermeneutico metafisico-umanistico, cogliendo in Platone la centralità del ruolo filosofico-politico dell’uomo, ed insieme la centralità della posizione anti-crematistica, all’interno di una considerazione progettuale e della totalità sociale.

L’umanesimo di Aristotele (2008) è un testo monografico sul pensiero di Aristotele, che sarà poi da Grecchi ripreso negli anni successivi come struttura teoretica di riferimento. Ponendo in essere una analisi complessiva delle diverse tematiche del pensiero aristotelico, Grecchi applica al medesimo il proprio paradigma ermeneutico metafisico-umanistico, cogliendo in Aristotele – così come in Platone, ma in forma differente – la centralità del ruolo filosofico-politico dell’uomo, ed insieme la centralità della posizione anti-crematistica, all’interno di una considerazione progettuale della totalità sociale.

Chi fu il primo filosofo? E dunque: cos’è la filosofia? (2008), con introduzione di Giovanni Casertano, è un libro suddiviso in due parti. Nella prima parte, prendendo come riferimento alcuni fra i principali manuali di storia della filosofia italiani, Grecchi mostra come essi spesso non definiscano l’oggetto del loro studio, ossia la filosofia, dichiarandola talvolta addirittura indefinibile. L’autore, invece, offre in questo libro la propria definizione di filosofia come caratterizzata da due contenuti imprescindibili: a) la centralità dell’uomo; b) la ricerca, il più possibile fondata ed argomentata, della verità dell’intero. Nella seconda parte l’autore esamina dieci possibilità alternative su “chi fu il primo filosofo”, giungendo a concludere che, pur all’interno del contesto comunitario della riflessione greca, il candidato più accreditato risulta essere Socrate.

Socrate. Discorso su Le Nuvole di Aristofane (2008) è una ricostruzione di fantasia, pubblicata nella collana Autentici falsi d’autore dell’editore Guida, di un discorso che avrebbe potuto essere tenuto da Socrate ad Atene l’indomani della rappresentazione della famosa commedia di Aristofane. Si tratta, come è nello stile della collana, di una ricostruzione al contempo verosimile e spiritosa, in cui Grecchi coglie l’occasione per offrire la propria interpretazione, insieme umanistica ed anticrematistica, del pensiero socratico. Tale interpretazione risulta convergente con quelle offerte, nella medesima collana, da Mario Vegetti su Platone e da Enrico Berti su Aristotele.

Occidente: radici, essenza, futuro (2009), con introduzione di Diego Fusaro, è un testo in cui l’autore analizza il concetto di Occidente e le sue tradizioni culturali costitutive, sempre in base al proprio sistema metafisico-umanistico. Analizzando le radici greche, ebraiche, cristiane, romane e moderne, ma soprattutto l’attuale contesto storico-sociale, Grecchi coglie nella prevaricazione derivante dalla smodata ricerca crematistica l’essenza dell’Occidente, ed individua per lo stesso un futuro cupo. Il testo è arricchito dal dialogo con Fusaro, alla cui introduzione Grecchi risponde in una appendice finale.

Il filosofo e la vita. I consigli di Platone, e dei classici Greci, per la buona vita (2009), è una raccolta di brevi saggi in cui l’autore, prendendo spunto da alcuni passi del pensiero platonico, e più in generale del pensiero greco classico, affronta sinteticamente alcune tematiche centrali per la vita umana (l’amore, la famiglia, la filosofia, la storia, le leggi, la democrazia, l’educazione, l’università, la mafia, la libertà, ecc.), col consueto approccio attualizzante, ovvero facendo interagire – nel rispetto del contesto storico-sociale dell’epoca in cui tale pensiero nacque – il pensiero platonico col nostro tempo. Il libro è arricchito da un lungo saggio finale di Costanzo Preve, intitolato “Luca Grecchi interprete dei filosofi classici Greci” (con risposta), in cui il filosofo torinese sintetizza le posizioni dell’autore.

L’umanesimo della antica filosofia cinese (2009) costituisce il primo volume di una trilogia sull’umanesimo dell’antico pensiero orientale (l’unica nel nostro paese effettuata da un solo autore). Il libro parte dalla constatazione che l’Oriente risulta essere pressoché assente dalle principali storie della filosofia occidentali. Tuttavia, in base alla definizione di filosofia fornita dall’autore, l’antico pensiero cinese risulta possedere, nei contenuti e talvolta anche nei metodi, caratteristiche tali da non poter essere considerato pregiudizialmente assente dal quadro filosofico. Non si tratta, comunque, di un manuale di storia della filosofia cinese, ma di una interpretazione umanistica dei principali contenuti costitutivi dell’antico pensiero cinese.

L’umanesimo della antica filosofia indiana (2009) costituisce il secondo volume di una trilogia sull’umanesimo dell’antico pensiero orientale. Il libro parte dalla constatazione che l’Oriente risulta essere pressoché assente dalle principali storie della filosofia occidentali. Tuttavia, in base alla definizione di filosofia fornita dall’autore, l’antico pensiero indiano risulta possedere, nei contenuti e talvolta anche nei metodi, caratteristiche tali da non poter essere considerato pregiudizialmente assente dal quadro filosofico. Non si tratta, comunque, di un manuale di storia della filosofia indiana, ma di una interpretazione umanistica dei principali contenuti costitutivi dell’antico pensiero indiano.

L’umanesimo della antica filosofia islamica (2009) costituisce il terzo volume di una trilogia sull’umanesimo dell’antico pensiero orientale. Il libro parte dalla constatazione che l’Oriente risulta essere pressoché assente dalle principali storie della filosofia occidentali. Tuttavia, in base alla definizione di filosofia fornita dall’autore, l’antico pensiero islamico risulta possedere, nei contenuti e talvolta anche nei metodi, caratteristiche tali da non poter essere considerato pregiudizialmente assente dal quadro filosofico. Non si tratta, comunque, di un manuale di storia della filosofia islamica, ma di una interpretazione umanistica dei principali contenuti costitutivi dell’antico pensiero islamico.

A partire dai filosofi antichi (2010), con introduzione di Carmelo Vigna, è un libro-dialogo composto con uno dei maggiori filosofi italiani, Enrico Berti. In questo testo viene ripercorsa l’intera storia della filosofia, apportando interpretazioni originali non soltanto – anche se soprattutto – dei principali filosofi antichi, ma anche di quelli moderni e contemporanei. Non mancano inoltre considerazioni su temi di attualità, nonché su temi di interesse generale, quali l’educazione, la scuola e la politica. Scrive Vigna, nella introduzione, che «questo testo è tra le cose più interessanti che si possano leggere oggi nel panorama della filosofia italiana».

L’umanesimo di Plotino (2010) è un libro in cui l’autore colma una distanza temporale fra il periodo classico ed il periodo ellenistico della Roma imperiale. Il testo si divide in due parti. Nella prima, in ossequio alla tesi per cui ogni pensiero filosofico deve essere inserito all’interno del proprio contesto storico-sociale (anche in quanto è all’interno del medesimo che esso spesso “deduce” le proprie categorie), l’autore realizza una analisi del modo di produzione sociale greco e di quello romano, per tracciare alcune differenze importanti fra l’epoca classica e l’epoca ellenistica. Nella seconda parte, che è la più ampia, è invece analizzato, in base alle dieci tematiche ritenute centrali, il pensiero di Plotino.

Perché non possiamo non dirci Greci (2010) è un libro in cui l’autore sintetizza, in termini divulgativi, le proprie posizioni generali sui Greci. Il testo prende spunto dalla rilettura, in controluce, del classico di Benedetto Croce intitolato Perché non possiamo non dirci cristiani, per mostrare non solo come le radici greche siano almeno altrettanto importanti di quelle cristiane per la cultura europea, ma soprattutto che una loro ripresa sarebbe fortemente auspicabile. Il testo è completato da una ampia appendice inedita che costituisce una analisi critica del pensiero ellenistico (in rapporto a quello classico) incentrata sulle opere di Epicuro e di Luciano di Samosata.

La filosofia della storia nella Grecia classica (2010) è il testo ermeneutico forse più originale di Grecchi. Alla cultura greca si attribuisce infatti, solitamente, la nascita dei tronchi di pressoché tutte le discipline filosofiche e scientifiche tuttora studiate nella modernità (con varie ramificazioni). Tradizionalmente, tuttavia, la filosofia della storia è ritenuta essere disciplina moderna, senza precedenti antichi. Analizzando l’opera di storici, letterati e filosofi dell’epoca preclassica e classica, l’autore mostra invece le radici antiche anche di questo campo di studi, contribuendo ad un chiarimento teoretico della disciplina stessa.

Sulla verità e sul bene (2011), con introduzione di Enrico Berti e postfazione di Costanzo Preve, è un libro-dialogo con uno dei maggiori filosofi italiani, Carmelo Vigna. In questo testo viene ripercorsa l’intera storia della filosofia, insieme agli importanti temi teoretici ed etici che danno il titolo al volume. Scrive Berti, nella introduzione, che si tratta di «una serie di discussioni oltremodo interessanti tra due filosofi che sono divisi da due diverse, anzi opposte, concezioni della metafisica, ma sono accomunati dalla considerazione per la filosofia classica e soprattutto da un grande amore per la filosofia in sé stessa».

Gli stranieri nella Grecia classica (2011) è un libro in cui l’autore, prendendo distanza dalle interpretazioni tradizionali che caratterizzano gli antichi Greci come vicini alla xenofobia, mostra che, sin dall’epoca omerica, essi furono invece aperti all’ospitalità verso gli stranieri. Preceduto da una analisi anti-ideologica delle categorie di “razza”, “etnia”, “multiculturalismo” ed altre, Grecchi rimarca come sia stato centrale, nel pensiero greco classico, il concetto di “natura umana”, il quale possiede basi teoretiche salde ed una costante presenza nella riflessione greca, che l’autore appunto caratterizza come “umanistica”.

Diritto e proprietà nella Grecia classica (2011) è un libro in cui l’autore prende in carico i temi poco indagati del diritto e della proprietà nella antica Grecia. Si tratta di temi molto importanti per comprendere il contesto storico-sociale in cui nacque la cultura greca, e che pertanto non possono essere ignorati da chi studia la filosofia di questo periodo. Il testo sviluppa inoltre un confronto con il diritto romano – che si rivela assai meno comunitario di quello greco – e con il nostro tempo, per mostrare come la cultura greca possieda, anche sul piano giuridico, contenuti che sarebbero tuttora importanti da applicare.

L’umanesimo di Omero (2012) è un libro in cui l’autore effettua una analisi teoretica ed etica del pensiero omerico, inserendo l’antico poeta nel novero del pensiero filosofico, rompendo il tradizionale isolamento nel campo letterario che da secoli caratterizza questo autore. Grecchi insiste in particolare sul carattere di educazione filosofica dei poemi omerici, mostrando come essi abbozzino temi ontologici e soprattutto assiologici poi elaborati dalla intera riflessione classica. Il testo si distingue per il continuo aggancio dei miti omerici alla contemporaneità.

L’umanesimo politico dei “Presocratici” (2012) è un libro in cui l’autore, centralizzando il carattere politico-sociale del loro pensiero, prende distanza dalle interpretazioni tradizionali che caratterizzano questi pensatori come “naturalisti”, e che li separano sia dalla poesia e dal teatro precedenti, sia dalla filosofia e dalla scienza successive. L’autore, facendo riferimento agli studi di Mondolfo, Capizzi, Bontempelli e soprattutto Preve, mostra il nesso di continuità del pensiero presocratico con l’intero pensiero greco classico. Risultano centrali, in questa trattazione, le figure di Solone e Clistene, oltre a quelle più consuete di Eraclito, Parmenide e Pitagora.

Il presente della filosofia nel mondo (2012), con postfazione di Giacomo Pezzano, è un libro in cui vengono analizzati testi di alcuni fra i maggiori filosofi contemporanei non italiani (fra gli altri Bauman, Habermas, Hobsbawm, Latouche, Nussbaum, Onfray, Zizek). Nella introduzione si rileva, come caratteristica principale della filosofia del nostro tempo, la presenza in solidarietà antitetico-polare di una corrente scientifico-razionalistica ed, al contempo, di una corrente aurorale-simbolica. Esse occupano il centro della scena escludendo dal “campo di gioco” la filosofia onto-assiologica di matrice classica, presente oramai solo in un numero limitato di studiosi.

Il pensiero filosofico di Enrico Berti (2013), con presentazione di Carmelo Vigna e postfazione di Enrico Berti, è un testo monografico introduttivo sul pensiero di questo importante filosofo contemporaneo, uno dei maggiori studiosi mondiali del pensiero di Aristotele. Rapportandosi a tematiche quali l’interpretazione degli antichi, la storia della filosofia, l’educazione, l’etica, la politica, la metafisica, la religione, Grecchi non si limita a descrivere il pensiero dell’autore considerato ma, come è nel suo approccio, valuta; in maniera solitamente concorde, eppure talvolta anche critica, in particolare nella opposizione fra metafisica classica e metafisica umanistica.

Il necessario fondamento umanistico del “comunismo” (2013) è un libro scritto a quattro mani con Carmine Fiorillo, in cui gli autori mostrano come la diffusa critica (marxista e non) al modo di produzione capitalistico, priva di una fondata progettualità, risulti sterile ed inefficace. Assumendo come base principalmente il pensiero greco classico (ma anche le componenti umanistiche di altri orizzonti culturali), gli autori mostrano che solo mediante una solida fondazione filosofica è possibile favorire la progettualità di un ideale modo di produzione sociale in cui vivere, che gli autori appunto definiscono – ma differenziandosi fortemente dalla tradizione marxista – “comunismo”.

Perché, nelle aule universitarie di filosofia, non si fa (quasi) più filosofia (2013) è un pamphlet in cui si mostra che le attuali modalità accademiche di insegnamento della filosofia, incentrate sullo specialismo, non ripropongono più il modello greco classico della filosofia come ricerca fondata ed argomentata della verità onto-assiologica dell’intero, che Grecchi assume invece ancora come centrale. L’autore mostra come la causa principale di questa situazione sia attribuibile ai processi socio-culturali del modo di produzione capitalistico.

La musa metafisica. Lettere su filosofia e università (2013), con Giovanni Stelli, costituisce uno scambio epistolare nato dal commento di Stelli al pamphlet Perché, nelle aule universitarie di filosofia, non si fa (quasi) più filosofia. A partire da questo tema lo scambio ha assunto una rilevanza ed una ampiezza tale, estendendosi a contenuti storici, culturali e politici, da renderne di qualche utilità la pubblicazione. In esso Grecchi anticipa alcuni temi portanti del suo testo che sarà intitolato Metafisica umanistica. La struttura sistematica della verità dell’essere, cui sta lavorando dal 2003.

Discorsi di filosofia antica (2014) è un libro che raccoglie i testi del corso di lezioni sull’uomo nella cultura greca, da Omero all’ellenismo, tenuto dall’autore alla università degli studi di Milano Bicocca nel 2013. Esso accoglie inoltre i testi di alcune conferenze sul pensiero antico svolte dall’autore nel 2013 e 2014, ed in particolare, in appendice, un saggio inedito sulla alienazione nella antica Grecia. Quest’ultimo è un tema poco indagato in quanto mancano, alla mentalità filologica – poco teoretica – tipica del mondo accademico di oggi, i necessari riferimenti testuali (i Greci non avevano nemmeno la parola “alienazione”); questo saggio tuttavia può aprire un filone di ricerca su una tematica tuttora inesplorata.

Omero tra padre e figlia (2014) è un libro-dialogo con Benedetta Grecchi, figlia di 6 anni dell’autore, sulle vicende di Odisseo narrate appunto nella Odissea di Omero. Il testo costituisce – come recita il sottotitolo – una “piccola introduzione alla filosofia”, passando attraverso i contenuti educativi dell’opera omerica già delineati dall’autore nel libro L’umanesimo di Omero. Questo dialogo tra padre e figlia mostra come la filosofia possa passare anche ai bambini evitando, da un lato, di essere ridotta a “gioco logico”, e dal lato opposto di essere presentata come “chiacchiera inconcludente”.

Discorsi sul bene (2015) è un libro che raccoglie i testi del corso di lezioni sul Bene tenuto dall’autore alla università degli studi di Milano Bicocca nel 2014. In appendice sono aggiunte una intervista filosofica e due relazioni su temi etico-politici. Il testo si rivela importante in quanto, all’interno di un approccio aristotelico – in cui in sostanza il Bene è il fine verso cui ogni ente, per natura, tende –, Grecchi indica nel rispetto e nella cura dell’uomo (e del cosmo: gli elementi portanti del suo Umanesimo) i contenuti fondamentali del Bene.

Discorsi sulla morte (2015) è un libro che raccoglie i testi del corso di lezioni tenuto dall’autore alla università degli studi di Milano Bicocca nel 2015. L’autore, delineando le principali concezioni della morte presenti nella storia della filosofia, con particolare riferimento agli antichi Greci ed a Giacomo Leopardi, mostra come la rimozione di questo tema costituisca una delle principali concause di alcune psicopatologie del nostro tempo.

L’umanesimo della cultura medievale (2016) è un libro che raccoglie i contenuti umanistici del pensiero medievale. Rispetto alle interpretazioni tradizionali, ancora caratterizzate da una descrizione del Medioevo come età oscura, questo testo mostra il carattere umanistico in particolare della Scolastica aristotelica. Rispetto ai consueti autori di riferimento, ossia Agostino e Tommaso, particolare importanza è attribuita in questo volume a due autori del XIII secolo, Sigieri di Brabante e Boezio di Dacia (solitamente poco considerati), nonché alle ripetute condanne ecclesiastico-accademiche dell’aristotelismo che ebbero il loro punto culminante nel 1277.

L’umanesimo della cultura rinascimentale (2016) è un libro che critica la tradizionale interpretazione umanistica del pensiero rinascimentale del XIV e XV secolo. Rispetto, infatti, alla vulgata comune, che ritiene centrale in questo periodo la riscoperta filologica ed ermeneutica dei testi di Platone e di altri autori antichi, Grecchi reputa centrale la filocrematistica, e dunque la rottura – operata da modalità sociali sempre più privatistiche e mercificate, cui la cultura dell’epoca si adeguò – del legame sociale comunitario proprio dell’epoca medievale. Il Rinascimento costituì dunque, a suo avviso, la prima apertura culturale verso la modernità capitalistica.

In preparazione:

Umanesimo ed antiumanesimo nella filosofia moderna (e contemporanea);

L’umanesimo greco-classico di Spinoza;

Il sistema filosofico di Aristotele;

Metafisica umanistica. La struttura sistematica della verità dell’essere.

***********************************************
Seguici sul sito web 

cicogna petite***********************************************

Edward W. Saïd (1935-2003) – L’essenza dell’umanesimo coincide con la comprensione della storia umana come un processo continuo di autocomprensione e autorealizzazione: un mezzo per interrogare, mettere in discussione e riformulare ciò che ci viene presentato sotto forma di certezze già mercificate, impacchettate, epurate da ogni elemento controverso e acriticamente codificate.

Said

Edward W. Said
Umanesimo e critica democratica

umanesimo-355x550

logo_saggiatore

Il cambiamento è la storia umana, e la storia umana, in quanto fatta da azioni umane che le conferiscono senso, costituisce la base delle discipline umanistiche.

[…] è ora sufficiente ricordare che nel cuore dell’umanesimo si trova la convinzione, laica, che il mondo storico è fatto dagli uomini e dalle donne, e non da Dio, e che può essere compreso […] Gli studi umanistici non implicano affatto la rinuncia e l’esclusione. È piuttosto vero il contrario: il loro scopo è quello di rendere ogni cosa disponibile per l’indagine critica in quanto prodotto sia del lavoro e delle energie umane per l’emancipazione e la diffusione della cultura e, cosa altrettanto importante, sia dell’umano fraintendimento e dell’errata interpretazione del passato e del presente collettivo.

Non esiste errata interpretazione che non possa essere rivista, modificata o rovesciata. Non esiste storia che non possa essere in qualche misura recuperata e rispettosamente compresa in tutte le sue sofferenze e in tutte le sue conquiste. Per converso, non esiste vergognosa e segreta ingiustizia o crudele punizione collettiva, o piano manifestamente imperiale di dominio, che non possa essere esposto, spiegato e criticato. Di certo, tutto ciò rappresenta il cuore dell’educazione umanistica […].

Non appena si prende in considerazione la presenza storica delle discipline umanistiche, si incontrano […] due posizioni in continua lotta tra loro. Una interpreta il passato come una storia fondamentalmente compiuta, l’altra vede la storia, e il passato stesso, come irrisolta, ancora in formazione, aperta alla presenza e alle sfide di ciò che emerge via via e risulta ancora inesplorato, degno di attenzione.

[…] Non vedere che l’essenza dell’umanesimo coincide con la comprensione della storia umana come un processo continuo di autocomprensione e autorealizzazione, non solo per noi, maschi, europei e americani, ma per tutti, significa non vedere nulla. Ci sono altre tradizioni nel mondo, altre culture, altri genii. Una stupenda frase di Leo Spitzer, uno dei più brillanti lettori che il Novecento abbia prodotto, che trascorse i suoi ultimi anni lavorando in America come studioso delle origini e degli sviluppi della cultura europea, mi pare particolarmente appropriata: «L’umanista» dice «crede nel potere che la mente umana ha di indagare se stessa» (Leo Spitzer, Critica linguistica e storia del linguaggio, Laterza, 1954, p. 138). Notate bene che Spitzer non dice la mente europea o solo il canone occidentale. Parla della mente umana tout court.

[…] non esiste vero umanesimo il cui obiettivo sia limitato alla patriottica celebrazione delle virtù della nostra cultura, della nostra lingua, dei nostri monumenti. L’umanesimo è l’esercizio delle facoltà di ognuno, attraverso il linguaggio, per capire, reinterpretare e cimentarsi con i prodotti della lingua nella storia, in altre lingue e in altre storie. La sua grande rilevanza per me oggi consiste nel fatto che non è un modo per consolidare e affermare quello che «noi» abbiamo sempre saputo e sentito, ma piuttosto un mezzo per interrogare, mettere in discussione e riformulare ciò che ci viene presentato sotto forma di certezze già mercificate, impacchettate, epurate da ogni elemento controverso e acriticamente codificate. Incluse quelle contenute nei capolavori archiviati sotto la rubrica «classici».

Edward W. Saïd, Umanesimo e critica democratica, il Saggiatore, 2004, pp. 40,51-52, 55-56, 57.


Risvolto di copertina

Dopo aver assistito al crollo delle torri gemelle nel 2001 e un anno prima della morte, Edward Said rivendica la possibilità di «criticare l’umanesimo in nome dell’umanesimo». In contrapposizione a un cosmopolitismo elitario e a una deriva nazionalistica chiusa su se stessa, Said rilancia un nuovo umanesimo che recupera la precisione filologica, l’interpretazione critica delle fonti, la sensibilità storica della tradizione umanistica europea, aprendosi al dialogo con culture distanti.
Ripercorrere la storia della cultura con lo sguardo filologico significa per l’autore ricostruire gli intrecci e le condivisioni che caratterizzano i rapporti tra tradizioni diverse, sia pure nella conflittualità, come i rapporti tra mondo arabo, ebraico e cristiano. La filologia, come scienza critica della lettura, risulta quindi fondamentale per una conoscenza umanistica, in quanto antidoto contro lo stravolgimento dei testi sacri e profani quotidianamente operato dal linguaggio del potere e dei media. Inizialmente concepiti per il pubblico accademico, estinatario privilegiato di tutta la sua vita e principale referente del suo insegnamento umanistico, questi scritti presentano un viaggio affascinante fra i testi e le parole. Insieme ad alcune delle voci più autorevoli del dibattito critico-filologico del Novecento Auerbach, Spitzer, Poirier Said definisce i tratti di un nuovo umanesimo militante adeguato a una visione autenticamente universalistica.


 logo-wordIndice completo delle pagine pubblicate (ordine alfabetico per autore) al 16-02-2016


N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo: info@petiteplaisance.it, e saranno immediatamente rimossi.

***********************************************

Seguici sul sito web 

cicogna petite

Siegbert Salomon Prawer (1925-2012) – Pochissimi hanno letto tanto e, devo aggiungere, così intelligentemente come Karl Marx. Per lui i libri erano strumenti di lavoro, non oggetti di lusso

Prawer

La biblioteca di Marx

Siegbert Salomon Prawer, La biblioteca di Marx, Garzanti, 1978.

«Pochissimi hanno letto tanto e, devo aggiungere, così intelligentemente come Karl Marx,» ha scritto Michail Bakunin. Come documenta puntualmente questo studio di S.S. Prawer, la presenza costante della grande letteratura mondiale nell’opera di Marx filosofo, economista, uomo politico e polemista, sta a testimoniare non soltanto la sua devozione per i grandi scrittori e personaggi letterari, ma anche e soprattutto la sua concezione non statica e accademica, ma viva e «vissuta» della conoscenza e della cultura. Una concezione che si esprime, in particolare, nella trasposizione ripetuta, martellante, ma non fastidiosa, di figure e protagonisti della grande letteratura negli avvenimenti del tempo, nella sua visione della storia e del mondo, attraverso un fitto e divertito gioco di allusioni, paragoni, parafrasi, allegorie, che non è mai uggiosa esibizione fine a se stessa, ma strumento per lui indispensabile di comunicazione del pensiero. «Per lui,» ricordava il genero Paul Lafargue, «i libri erano strumenti di lavoro, non oggetti di lusso».


Cervantes e don Chisciotte, Omero e Tersite, Eschilo e Prometeo, Shakespeare e Shylock, Rabelais e Gargantua, Goethe e Mefistofele, Dante e il conte Ugolino, l’Arioso e Rodomonte, Swift e Gulliver, Dickens e Pecksniff, Balzac e Mercadet, Defoe e Robinson Crusoe, insieme con la Bibbia, le Mille e una notte, e il folclore popolare, si trasformano così, nell’opera di Marx, in presenze vive e reali che, spogliate del loro carattere «paludato», diventano alleate preziose che suggeriscono spunti alle sue polemiche e si rivelano componente vitale e imprescindibile nella storia e nell’evoluzione dell’umanità.


I figli del dottor Caligari

Da quando abbiamo cominciato a spaventarci al cinema, l'ingrediente dell'adrenalina sembra indispensabile per il successo di un film. Ma com'è cominciata questa luna di miele tra grande schermo e paura? I figli del dottar Calligari racconta le origini di un rapporto virtuoso di cui non possiamo più fare a meno. La prima ispiratrice dell'horror è la letteratura, messa in scena mirabilmente, ad esempio nel film di Robert Wiene Il gabinetto del dottor Caligari. Tutti i trucchi tecnici e narrativi che fanno della magia del cinema, l'incubo delle notti più nere sono messi allo scoperto in questo libro che sa intrattenerci con uno stile avvincente e con un grande apparato di ricerca. Da Nosferatu a Dracula principe delle tenebre l'autore traccia l'evoluzione del film del genere nel cinema, prendendo in esame sequenze filmiche precise in cui il terrore gioca un ruolo dominante; suggerisce i legami tra il racconto del terrore letterario e quello cinematografico e mostra come il primo si trasformi nel secondo.

 


  logo-wordIndice completo delle pagine pubblicate (ordine alfabetico per autore) al 13-02-2016


N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo: info@petiteplaisance.it, e saranno immediatamente rimossi.

***********************************************

Seguici sul sito web 

cicogna petite

Koinè – Diciamoci la verità, oltre l’orizzonte del pensiero dominante

Diciamoci-in-verita

Diciamoci oltreSommario

***
***  Logo Adobe AcrobatLa società ad una dimensione

I. Società articolata ma non complessa / II. Società di mercato / III. L’ideologia dell’aziendalismo / IV. La tecnica come orizzonte storico / V. L’ideologia tecnocratica / VI. La falsità dell’idea della fine delle ideologie / VII. Una mitologia spiritualmente arida / VIII. L’economia come religione / IX. L’occultamento dell’economia umana concreta / X. Un universo tecnico che aggiunge problemi a problemi / XI. Il progresso capitalistico come regresso umano / XII. L’economia capitalistica come economia asociale / XIII. L’urgenza di un’economia che risponda ai bisogni umani / XIV. L’ambiente naturale come ambiente tecnico / XV. La lesione dell’integrità personale.

***  Logo Adobe AcrobatCritica dell’uomo ad una dimensione

XVI. Le strutture della personalità umana nella società di mercato / XVII. I cinque assiomi di un modo di pensare capace di contrastare la barbarie sociale /XVIII. L’assolutizzazione dell’orizzonte storico contemporaneo / XIX. Tecnica del plusvalore e valori umani / XX. Relativizzazione dell’economia del plusvalore / XXI. Da dove trarre le motivazioni per una nuova interpretazione del mondo? / XXII. L’uomo morale / XXIII. Una categoria esclusivamente umana: la fragilità / XXIV. Il nucleo essenziale di ogni morale / XXV. L’uomo che non si misura con la morale / XXVI. Narcisismo e concretismo / XXVII. La tecnica come potenza deprivatrice di senso / XXVIII. La tecnicizzazione della vita come espressione dell’odio dell’uomo per la propria umanità.

***  Logo Adobe AcrobatUna concezione forte della verità
come fondamento di una pratica anticapitalistica 

XXIX. Economia del plusvalore e costituzione della personalità / XXX. Forme di organizzazione della personalità individuale / XXXI. Il capitalismo si impone abbattendo ogni limite / XXXII. La storia insegna la storicità di ogni sua prospettiva / XXXIII. L’idea ultracapitalistica della illimitata plasmabilità della natura / XXXIV. Lo scopo morale / XXXV. L’orizzonte nichilistico della modernità / XXXVI. La riduzione dell’ontologia ad empiria / XXXVII. La concezione metafisica della verità / XXXVIII. La metafisica come dimensione entro la quale si costituiscono ragione e verità / XXXIX. Miseria del realitivismo antimetafisico / XL. La superficialità: cifra del relativismo antimetafisico / XLI. La concezione metafisica della verità non è un nuovo fondamentalismo / XLII. Concezione metafisica della verità e gerarchia di valori / XLIII. La verità oggettiva della ragione è la fonte dell’eticità umana / XLIV. La verità oggettiva della ragione è la fonte della dialogicità umana.

***  Logo Adobe AcrobatL’essere della libera comunità e l’amore  

XLV. Comunità arcaica e libera comunità / XLVI. Lo spazio dialogico / XLVII. L’uomo universale / XLVIII. La libera comunità come universalità umana / XLIX. Libera comunità e resistenza / L. L’inesistenza di un soggetto sociale anticapitalistico/ LI. L’amore: rapporto dell’uomo con la fragilità / LII. Le quattro condizioni ontologiche dell’amore / LIII. La radice ontologica dell’amore.


L’intero testo di 49 pagine in PDF.

Diciamoci oltre

Logo Adobe AcrobatDiciamoci la verità oltre l’orizzonte del pensiero dominante


Chi non spera quello
che non sembra sperabile
non potrà scoprirne la realtà,
poiché lo avrà fatto diventare,
con il suo non sperarlo,
qualcosa che non può essere trovato
e a cui non porta nessuna strada.
 Eraclito



 

Si può accedere  ad ogni singola pagina pubblicata aprendo il file word     

  logo-wordIndice completo delle pagine pubblicate
(ordine alfabetico per autore)
al 11-02-2016

N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo: info@petiteplaisance.it, e saranno immediatamente rimossi.

***********************************************

Seguici sul sito web 

cicogna petite

Iris Murdoch (1919-1999) – La virtù che eccelle gratuitamente ci sorprende nell’arte così come fa spesso nella vita reale. Bisogna essere buoni senza secondi fini

Murdoch

Esistenzialisti e mistici

La virtù che eccelle gratuitamente, senza un fine preciso, slegata dalla religione e dalla società, ci sorprende nell’arte così come fa spesso nella vita reale: la gentilezza di Patroclo nel pieno di una guerra cruenta, la fedeltà di Cordelia in una corte di adulatori. L’estrema casualità della vita umana e l’evidenza della morte rendono forse sempre la virtù, nel momento in cui vengono rimossi i suoi illusori fondamenti, qualcosa di gratuito, ma anche qualcosa che è assolutamente in primo piano nella nostra esistenza, insieme a beni evidenti come mangiare e non avere paura. Ed è in questo modo, credo, che essa si manifesta nella migliore letteratura. La bontà è indispensabile, bisogna essere buoni senza secondi fini, per ragioni immediate e ovvie, perché qualcuno ha fame o qualcuno sta piangendo.

Iris Murdoch, Esistenzialisti e mistici. Scritti di filosofia e letteratura, a cura di P. Corradi, Il Saggiatore, Milano, 2006, p. 241.



 

Si può accedere  ad ogni singola pagina pubblicata aprendo il file word     

  logo-wordIndice completo delle pagine pubblicate
(ordine alfabetico per autore)
al 10-02-2016

N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo: info@petiteplaisance.it, e saranno immediatamente rimossi.

***********************************************

Seguici sul sito web 

cicogna petite

Ruth E. Groenhout – Senza relazioni di cura la vita umana cessa di fiorire: una cura adeguata richiede un forte senso della giustizia.

Groenhout
«Per la struttura generale di un'etica della cura,
 sono stata fortemente influenzata da
Nel Noddings, Virginia Held, e Joan Tronto».

Ruth E. Groenhout

Vite collegate (Rowman & Littlefield, 2004)

 

«Senza relazioni di cura la vita umana cesserebbe di fiorire. Senza relazioni di cura nutrite con attenzione la vita umana non potrebbe realizzarsi nella sua pienezza. La cura è finalizzata, nella sua prospettiva ideale, a promuovere il pieno benessere intellettuale, emozionale, spirituale e fisico di chi-riceve-cura: essa ha luogo in un contesto di strutture sociali che incoraggiano lo sviluppo delle capacità di dare e di ricevere cura. […] Occorre dare fondamento rigoroso all’idea che la cura è essenziale all’esistenza in quanto gli esseri umani sono esseri sociali, con una naturale tendenza a offrire e ricevere cura da altri. […] La cura non è in opposizione alla giustizia; invece, una cura adeguata richiede un forte senso della giustizia».

 

 

Connected Lives [Vite collegate]: Human Nature and an Ethics of Care
Rowman & Littlefield Publishers, 2004, p. 24, 27, 29.


 

Si può accedere  ad ogni singola pagina pubblicata aprendo il file word     

  logo-wordIndice completo delle pagine pubblicate
(ordine alfabetico per autore)
al 10-02-2016

N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo: info@petiteplaisance.it, e saranno immediatamente rimossi.

***********************************************

Seguici sul sito web 

cicogna petite

1 102 103 104 105 106 110