«Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada». Eraclito
N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo:
Il problema Gesù: il Gesù storico e il Cristo della fede
– Bibliografia minima –
Parte seconda
Dal Medioevo all’età moderna
Capitolo I – Dante, Machiavelli, Shakespeare, Goethe
Dante, La Divina Commedia
– Bibliografia minima –
Niccolò Machiavelli, Il principe
– Bibliografia minima –
William Shakespeare
– Bibliografia minima –
W. Shakespeare, Amleto, Re Lear
– Bibliografia minima –
W. Shakespeare, Giulio Cesare, Il mercante di Venezia
– Bibliografia minima –
W. Shakespeare, Macbeth, La tempesta
– Bibliografia minima –
W. Shakespeare, Sogno di una notte di mezza estate,
Saggio di Laura Cantelmo
– Bibliografia minima –
Johann Wolfgang Goethe, Faust
– Bibliografia minima –
Capitolo II – Il Settecento e l’Illuminismo
Jean-Jacques Rousseau, Discorso sulle scienze e sulle arti, Discorso sull’origine e i fondamenti della diseguaglianza tra gli uomini, Fantasticherie di un passeggiatore solitario
Bibliografia minima –
Parte terza
La grande stagione del romanzo realistico
Capitolo I – I francesi
Honoré de Balzac
Premessa
Vita e opere
Balzac, Illusioni perdute, Splendori e miserie delle cortigiane
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Balzac, Eugénie Grandet
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Balzac, Papà Goriot
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Stendhal, Il rosso e il nero
– Bibliografia minima –
Capitolo II – I russi
Nikolaj V. Gogol’, Racconti di Pietroburgo
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Fëdor M. Dostoevskij
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Dostoevskij, Delitto e castigo
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Dostoevskij, L’idiota
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Dostoevskij, I demoni
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Dostoevskij, I fratelli Karamazov
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Lev N. Tolstoj
Tolstoj, Tre morti, I cosacchi, Dopo il ballo
Tolstoj, Padrone e lavorante
Tolstoj, La cedola falsa
Tolstoj, La morte di Ivan Ilic
Tolstoj, Il divino e l’umano
Tolstoj, Padre Sergio
Tolstoj, La sonata a Kreuzer
Tolstoj, Hadzi Murat
Tolstoj, Guerra e pace
Tolstoj, Anna Karenina
Tolstoj, Resurrezione
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Anton P. Cechov
Cechov, Racconti
(La steppa, La signora col cagnolino, Reparto N. 6)
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Capitolo III – Thomas Mann
Thomas Mann, I Buddenbrook
Thomas Mann, Tonio Kröger
Thomas Mann, La morte a Venezia
Thomas Mann, Tristano
Thomas Mann, Disordine e dolore precoce
Thomas Mann, La montagna incantata
Thomas Mann, Doctor Faustus
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Capitolo IV – L’Ottocento italiano
Alessandro Manzoni, I promessi sposi
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Giacomo Leopardi, Canti, Operette morali
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Giovanni Verga, Novelle
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Parte quarta
La grande letteratura italiana del secondo dopoguerra
Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il gattopardo
– Bibliografia minima –
Elio Vittorini, Conversazione in Sicilia
– Bibliografia minima –
Primo Levi, Se questo è un uomo, I sommersi e i salvati
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Italo Calvino, La giornata di uno scrutatore
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Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli
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Cesare Pavese, La luna e i falò
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Beppe Fenoglio, Il partigiano Johnny, Una questione privata
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Francesco Jovine, Le terre del Sacramento
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Ignazio Silone, Uscita di sicurezza
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Leonardo Sciascia, Le parrocchie di Regalpetra, Il contesto,
Todo modo, Gli zii di Sicilia, Il mare colore del vino
– Bibliografia minima –
Pier Paolo Pasolini, Scritti corsari e Lettere luterane
– Bibliografia minima –
don Lorenzo Milani, Lettera a una professoressa
– Bibliografia minima –
Parte quinta
Marguerite Yourcenar
Marguerite Yourcenar, Memorie di Adriano
– Bibliografia minima –
Parte sesta
La storia
Edward H. Carr, Sei lezioni sulla storia
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Marc Bloch, Apologia della storia o mestiere di storico
– Bibliografia minima –
AA.VV. Lettere di condannati a morte della Resistenza europea
– Bibliografia minima –
Massimo M. Salvadori, Storia d’Italia.
Il cammino tormentato di una nazione. 1861-2016
– Bibliografia minima –
Parte settima
Il pensiero critico
Karl Marx, Opere
– Bibliografia minima –
Antonio Gramsci, Alcuni temi della quistione meridionale,
Lettere dal carcere, Quaderni del carcere
– Bibliografia minima –
György Lukács, Il marxismo e la critica letteraria,
Estetica
– Il fascino delle origini
– L’intermezzo moscovita
– Le concezioni estetiche di Marx ed Engels
– Il realismo critico, la particolarità e il “tipo”
– Lo scoiattolo e l’elefante
– Il rigore della maturità
– Dalla vita quotidiana alla vita quotidiana
– La catarsi, dall’antica Atene alle moderne metropoli
– La catarsi nella vita e nella letteratura: Lev Tolstoj
– Bibliografia minima –
Ernst Bloch, Il principio speranza
– Ernst Bloch e il marxismo critico
– Il principio speranza
– Il diritto degli esseri umani a “camminare eretti” e il socialismo
– Il Sessantotto e oltre
– La vita e l’opera
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Simone Weil, La prima radice
– Bibliografia minima –
Frantz Fanon, I dannati della terra
– Bibliografia minima –
Indice dei nomi
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Equilibrio e civiltà nello spirito di M. Zambrano. L’etica dell’amicizia e del dono non solo un ideale, ma è una pratica che stabilisce il cammino verso cui orientarsi. A noi tutti spetta il lavoro dello spirito, affinché l’Aurora di M. Zambrano risorga e la “nascita” possa sostituire la morte. Ogni nascita è un ponte verso la vita, ogni nascita reca con sé la dimensione del dono
La parola civiltà deriva da civitas, ovverossia la città. Il luogo dove vivono le buone relazioni è la città nella quale le idee si sviluppano parallelamente alle buone relazioni. Anche il conflitto rientra nelle buone relazioni, se esso non è mortifero, ma è fecondo scontro dialettico. La civitas è luogo urbano e simbolico della civiltà. Le buone relazioni presuppongono la stabilità e la valutazione etica. La stabilità è data dal reciproco riconoscimento della comune umanità sempre mediata dalla consapevolezza delle differenze, mentre la valutazione etica è la condizione che pone la geometria delle buone relazioni; è lo spazio ideale all’interno delle quali esse devono essere fondate. Si pensi alla sfera di Parmenide metafora dell’essere. Ogni punto della superficie è equidistante dal centro. La sfera è il simbolo della civitas-polis, l’uguaglianza senza stabilità e reciprocità è solo vuoto ciarlare. La sfera è indivisibile, come la civitas, se in essa subentra la divisione non è più tale, ma è semplice giustapposizione di individui. L’etica dell’amicizia e del dono non è, dunque, solo un ideale, ma è una pratica che stabilisce il cammino verso cui orientarsi. La madre è archetipo del dono e della mediazione della legge, mentre il padre è la legge che pone il limite entro cui è necessario disporsi. La civiltà necessita della complementarietà dei due archetipi, i quali sono incarnati in figure reali, il padre e la madre, o in figure simboliche e istituzionali. L’equilibrio fonda la possibilità della civiltà. Già Empedocle affermava che solo l’equilibrio tra forze contrastanti consente la vita.
Disarmonie
L’occidente ha rotto ogni equilibrio, l’archetipo della madre trova il suo senso nella tensione feconda col padre. Ancora una volta la cultura classica ci svela e rivela la verità: il polemos eracliteo è armonia degli opposti. L’armonia dinamica consente il fiorire della vita e delle vite nell’equilibrio tra gli opposti. La relazione tra gli opposti pone il senso e il significato. L’occidente a tutto questo ha rinunciato. Il logos, relazione dialogica, in cui i dialoganti attraversano gli spazi che li divide per ritrovarsi nella verità è già civitas-civiltà. Non a caso dialoghi socratici con una sola eccezione sono sempre ambientati nella città. L’occidente muore nell’efferatezza, perché ha rinunciato alla civitas, al logos e alla relazione dialettica tra gli archetipi. Non è un evento indeterminato, ma la rinuncia alla civiltà è l’effetto finale del momentaneo trionfo del capitalismo. Quest’ultimo deve trasformare ogni creatura in un essere consumante e in carriera. Esso ha sollevato con successo l’atomistica delle solitudini e governa mediante l’illimitata conflittualità. Tutto è odio e tutto è indifferenza verso l’umano. In questo clima di guerra e di solitudine competitiva l’efferatezza delle relazioni non meraviglia. I generi si guardano con sospetto e la perpetua campagna di denigrazione del maschile non può che favorire con la solitudine generale. L’occidente si frammenta e si disperde nella guerra di tutti contro tutti. Le nuove generazioni sono nutrite col cattivo cibo del desiderio che rende indifferenti al bisogno altrui e insegna ad ascoltare solo il proprio immediato desiderio; differirlo e pensarlo è considerato “il male”. I padri e le madri non ci sono. Il senso dell’uno e dell’altro è nella relazione tra le differenze. La rottura dell’equilibrio ha comportato il tramonto di entrambe le figure. Non resta che il mercato, il quale è diventato “il cattivo maestro” di tutti, poiché assimila nell’illimitato, in quanto si nutre dei desideri indotti e deforma la natura razionale ed etica dell’essere umano. La civiltà declina e all’orizzonte non si profila una nuova civitas, ma il “niente” nel presente appare con la sua incomparabile efferatezza. L’Occidente è, di conseguenza, sterile, produce guerre e non vita. La vita biologica e le nascite spirituali sono fortemente osteggiate, in quanto sono il consumo e la logica della morte a governare.
Coscienza e viscere in Maria Zambrano
Dove non vi è equilibrio e stabilità come i classici ci hanno insegnato regna la negazione. Tutto questo non è un destino, ma una contingenza storica. Innumerevoli sono i percorsi della prassi, uno dei fondamentali è riconnettere la “coscienza al viscere”, ovvero alla vita sentita come Maria Zambrano nel suo esilio filosofico e politico ci ha indicato.Bisogna ricongiungere interiormente e nelle relazioni ciò che la civiltà del globish ha diviso per innalzare gli altari della competizione-dominio in cui tutto muore e nulla nasce:
«E la terra le servirà da appoggio, da spazio illimitato. Ma la superficie, il piano, non le basta, alla vita già dotata di un corpo, per assimilato che questo sia alla pianura, alla desolazione della semplice superficie. Essa ritorna nella cavità della grotta iniziale protetta dalla luce e da qualsiasi elemento che non sia lei, torna alla terra, alla terra come tale, al viscere terrestre. In seguito, il corpo vivo otterrà di recare in sé questo viscere. E la grandezza delle viscere, la loro molteplicità, la loro ricchezza, il loro rigore, anche, contrassegneranno la scala della vita, la scala in cui l’essere vivente mostra già il suo viso. Al sembiante dell’essere vivo fa riscontro l’oscurità delle viscere; al sembiante, fattosi chiaro, del mammifero, e al suo luminoso volto, corrisponde il viscere vivo, tesoro che ormai la caverna terrestre non avrà più il privilegio di contenere. Viscere, ha la terra, in cui la luce è custodita scintillante, indelebile. La luce formata di acqua e di fuoco, di aria e di sale. Il sale della terra che assorbe e fissa la luce».1
Civiltà è nel sentire la presenza dell’altro, il quale nella sua sacralità ci riconnette con la vita consentendo la comunicazione tra il sentire delle viscere e il pensare. Il taglio sanguinoso tra il sentire e il pensare produce individui che hanno sostituito il logos con il calcolo dell’immediato e con l’abbaglio dei risultati da ottenere subito in termini di piacere, denaro e potere. In questo contesto uccidere è un’azione banale, è un mezzo tra i tanti, tanto più che la vita non è più un valore sacrale, ma è anch’essa assoggettata al desiderio. L’Occidente ha perso l’Aurora, ancora una volta le parola della filosofia poetante di Maria Zambrano sono preziose per riorientarci tra le macerie del presente. L’Aurora è il pensiero che emerge dall’equilibrio tra il femminile e il maschile, l’Aurora è la condizione chiaroscurale del sentire nella quale è possibile la nascita del “nuovo”:
«L’Aurora, che ha risvegliato il germe – preesistente ma quasi normalmente assopito – dell’illimitato e dell’ardente, ci appare come un limite, un confine che ci arresta e ci chiama in modo ineludibile. È un sogno, un luogo dove i semplici sentire, con il loro naturale fantasticare, sembrano sul punto di essere soppressi […]. L’apparizione dell’Aurora unifica i sentire trasformandoli in senso, reca il senso. […] In nome di quale ragione occulta, sconosciuta, l’Aurora appare e scompare? Appare così, senza ragione, si mostra all’improvviso, oscillando tra la purezza massima della ragione e il suo apparente opposto […]. Improvvisamente qualcosa che sembrerebbe naturale si manifesta come una rivelazione: il fatto che abbia colore. […] Ci sembra allora inevitabile che l’Aurora apra il senso, l’orizzonte e la luce di ogni giorno […], che la luce debba anch’essa farsi ogni giorno di nuovo, perché la vita, a sua volta, ogni giorno si faccia; perché l’essere e la vita uniti non muoiano una volta per sempre, come se fossero stati creati […] una volta sola e per sempre qui, dove siamo: se l’eternità ci si offrisse fin dal principio, se questo principio non fosse una gloriosa, impensabile rivelazione. Se il pensiero non dovesse alimentarsi respirando, anche solo per lievi istanti, l’eternità; un inconfondibile tremore, e quell’inconcepibile fiore che a volta è l’Aurora […]. È lei, l’Aurora, che fugge nell’istante in cui viene percepita, che si nega ad avere un corpo, che annuncia, tremando, questo sì, un mondo altro, in cui i sensi si trovano in un tempo proprio […]; poiché il tempo ci appare come il primo datore dell’essere, e non come il suo rivale. […] Il vuoto in cui la bellezza appare, sarà a sua volta proprio esso a manifestarsi? Essere, essere in altro modo, o essere in verità, o oltre la verità, o oltre l’essere; vuoto e bellezza annunciano qualcosa che non si perde ma che non si dà. E lei è, così immaginiamo, l’unica tra tutti gli dèi e le parole che un tempo furono come dèi; lei è, ci sembra, la sola ad aver conservato quella condizione. Lei, l’Aurora».2
A noi tutti spetta il lavoro dello spirito, affinché l’Aurora risorga e la “nascita” possa sostituire la morte. Ogni nascita è un ponte verso la vita e le vite, ogni nascita reca con sé la dimensione del dono. L’alternativa al comunismo deve fondarsi sulla Metafisica della vita e dell’intero. Se ciò non accadrà il futuro non sarà che la fosca ripetizione del passato da cui dobbiamo congedarci già nel presente. Il compito è grande, ma il percorso è necessario.
1 M. Zambrano, I Beati, a cura di Carlo Ferrucci, SE Edizioni, Milano 2010.
2 M. Zambrano, Dell’Aurora, Marietti, 2020, pp. 27-29
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Il testo che pubblichiamo è la versione italiana della recensione, scritta da Carlo Natali originariamente in lingua francese, al libro di Pierre-Marie MOREL, La nature et le bien. L’Éthique d’Aristote et la question naturaliste, Louvain-La-Neuve, Peeters, 2021 (Aristote. Traductions et études), p. 279, e pubblicata sulla rivista «Philosophie antique [En ligne]», 22, 2022. Ringraziamo la direzione e la redazione di «Philosophie antique» per aver concesso l’autorizzazione alla pubblicazion anche della versione italiana.
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È professore ordinario di Fisica Matematica presso l’Università di Camerino, ed è autore di numerose pubblicazioni scientifiche su temi di sistemi dinamici, probabilità, epistemologia, storia della scienza e teoria musicale, e di libri e saggi divulgativi di storia e critica sociale.
Ha svolto anche attività di editore, agricoltore, musicista e compositore.
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ISBN 978-88-7588-359-1, 2022, pp. 416, formato 170×240 mm., Euro 35 .
Salvatore A. Bravo
Rodolfo Mondolfo tra K. Marx e G.B. Vico
L’Umanesimo marxiano ha i suoi eroi. Rodolfo Mondolfo1 nella sua lunga vita ha lottato contro il totalitarismo fascista, ma la democrazia non gli ha donato giustizia. Pensatore fuori da schemi e da correnti politiche ha vissuto la sua lunga parabola culturale all’ombra della società dello spettacolo, e ciò gli ha consentito di sviluppare una visione di Marx e del comunismo divergente e originale. Sin da subito espresse dubbi sulla dittatura del proletariato in Unione Sovietica, constatando che tale “configurazione politica” avrebbe eroso il comunismo dall’interno. Fu critico verso i crollisti e i deterministi, in quanto riducevano l’essere umano e la storia e semplice effetto delle leggi economiche, in tal modo il semplicismo fatalistico si sostituiva alla storia degli uomini e delle donne.
L’Umanesimo marxiano è la via della complessità e della correlazione nella quale l’essere umano non è il semplice prodotto di forze superiori, ma è coscienza che risponde e si forma nella realtà materiale. Si tratta di una relazione olistica nella quale il soggetto pensa il proprio tempo e la propria condizione al fine di porre in atto ciò che è in potenza. Marx dunque fu hegeliano e vichiano, in quanto la storia è il “mondo degli esseri umani”, e in essa gli esseri umani, pur condizionati, pensano la propria condizione per poterla trasformare. Decodificare Marx è un’operazione ermeneutica che ci deve condurre sulle sue “orme” attraverso una difficile ricostruzione per approssimazione del “cantiere Marx”. Prassi e materialismo storico sono dunque i nuclei irrinunciabili, nella lettura di Rodolfo Mondolfo per accostarsi a Marx e smentire coloro che ne fecero “un positivista”.
La storia è processo vitale e concettuale, in cui l’umanità si modifica qualitativamente. La storia è il luogo e il tempo in cui la speranza del ribaltamento dialettico è progettualità politica, in quanto la trasformazione sociale non è mai atto e gesto solo individuale ma corale e di classe. La storia è nell’interiorità dell’essere umano, è pensata, è concettualizzata, pertanto senza tali processi nulla è possibile, non vi è storia, ma solo attesa alienante. La storia è la dimensione dell’uomo nella quale l’essere umano conosce se stesso e pone significati. La prassi è questo processo di liberazione dai condizionamenti che sussistono senza determinismo. La fatica del concetto è l’apertura all’orizzonte del “possibile”. La liberà prende forma gradualmente attraverso il superamento del dato immediato:
“La mentalità rivoluzionaria pertanto, secondo Marx, è la sola capace di affermare e possedere il vero concetto storico (che è poi per Marx l’unico vero concetto della realtà) in quanto contro ogni Selbstentfremdung dell’umano torna alla raffermazione dell’interiorità di esso; e può così sostituire alla separazione degli elementi la concezione della loro unità, alla interruzione dei momenti successivi la visione della loro continuità2”.
L’interpretazione di Marx coglie un aspetto, spesso poco noto e poco studiato nella ricostruzione genetica del pensiero di Marx, ovvero la “presenza risemantizzata” di G. B. Vico nella concezione della storia e della prassi nel pensatore di Treviri.
Marx idealista, dunque, poiché la prassi è categoria della filosofia idealista. La prassi in Vico è la storia posta dagli esseri umani, non è “vuoto ciarlare” o “attivismo dell’insensato”, in quanto è la traduzione del vero nella realtà e tale operazione spetta unicamente agli esseri umani. Nulla accade senza l’intervento consapevole e fattuale di essi, anzi è il “fare concettualizzato” che determina il progresso. Marx vichiano, dunque, malgrado i cedimenti al positivismo e all’economicismo. Rodolfo Mondolfo individua nella prassi il filo rosso senza il quale Marx diviene filosofo non compreso nella sua struttura portante. Marx è “il filosofo della libertà” mediante la prassi:
“Marx riprende il principio di Vico: il vero si converte col fatto; la realtà è nella praxis3”.
Prassi e storia
Ancor più chiaramente Rodolfo Mondolfo definisce il concetto di prassi, esso è un processo interiore che si esplica nella storia. I bisogni e le condizioni storiche devono attraversare un lungo viaggio interiore per diventare concetto. L’immediatezza è l’astratto, mentre il concreto è la coscienza che risemantizza i dati, li configura in concetti per porli nella storia. In tal modo l’individualità si eleva dal particolare all’universale e dall’ideologia alla filosofia. Tale viaggio è la libertà degli esseri umani. Interiorità ed esteriorità sono una unità inscindibile, ogni divisione è artificiale ed astratta; la storia è processo interale:
“La praxis è sviluppo, è storia che nasce dall’impulso perenne del bisogno; e le condizioni che stimolano il bisogno, siano date dalla natura o siano costituite dai risultati, della attività umana precedente, non sono esteriori all’umanità, in quanto o debbono entrare nella vita del suo spirito per rimuoverla e darle l’impulso alla sua attività, o di questa vita ed attività espressione e prodotto: un prodotto che è anche produttore, creatura e creatore insieme nel processo indefinito della unwälzende Praxis4”.
Vico “insegna” a Marx l’eccellenza dell’essere umano. Gli animali non umani si sviluppano mediante l’evoluzione degli organi, come Darwin ha dimostrato, ma la specificità umana è il concetto e la conoscenza della verità che si svelano e rilevano nella storia. La verità consente il discernimento, di conoscersi e progettare il futuro a misura di essere umano. L’esperienza storica è resa viva nel pensiero e da essa si astrae l’eterno, ovvero la verità, in un lungo processo che conosce contraddizioni, lotte e avanzamenti:
“In questa applicazione, pertanto, come della stessa teoria naturalistica, dalla quale ora Marx viene a prende le mosse, due caratteri appaiono essenziali: la concezione economica del processo di sviluppo, inteso nella sua rispondenza ai bisogni vitali; e la interpretazione attivistica di esso, come risultante della continuità della prassi. Ma se il primo carattere nella storia umana non appare con maggior rilievo che in quella delle specie di animali, il secondo al contrario si accentua per la consapevolezza, che Marx trae da G.B. Vico, che noi possiamo aver scienza solo di ciò che facciamo, e che ciò vale precisamente per la storia, in quanto essa è opera nostra5”.
La storia è l’unica scienza concreta, perché è dell’uomo, ne è la sostanza dinamica che non lo imprigiona in strutture inviolabili o in gabbie d’acciaio che diventano il letale sepolcro dell’essere umano, ma la storia è esperienza di libertà, è esodo dalle oppressioni e dal fatalismo in tutte le sue formule evidenti e criptiche:
“E la scienza dell’uomo parimenti può essere concreta, cioè storica, quando concentri, sì, la sua attenzione soprattutto sulla storia degli organi produttivi, ma non dimentichi, per coglierla il suo farsi, e, così, veramente intenderla e conoscerla, che, secondo quanto insegnava G. B. Vico, siamo noi, noi uomini a fare tutta la storia della società umana6”.
Libertà e prassi
La libertà marxiana è nei produttori associati che gestiscono dal basso le attività economiche e sociali. La libertà solidale comunista non è solo condizione materiale, ma è prima di tutto atto interiore e della coscienza nella storia materiale senza il quale nulla è possibile. La coscienza di classe è consapevolezza, è l’in sé per sé realizzato, e dunque la coscienza di classe è agire che ringiovanisce la storia, in quanto le dona senso e finalità oggettiva. La speranza non è nelle leggi della storia, ma nell’uomo che pensa, lotta e realizza il progetto comunista. In questo processo i servi diventano soggetti della storia e compiono la Rivoluzione, la quale se non è, in primis condizione interiore (concetto) ricade su se stessa e riapre le porte alla reazione conservatrice:
“Sicché la coscienza della condizione presente del proletariato, ossia la sua coscienza di classe, implica questa concezione di una società di liberi produttori, organizzata non per il profitto individuale, ma per la produzione sociale in vista dei bisogni sociali: coscienza della realtà attuale ed aspirazione ad un diverso ideale si implicano a vicenda; e per ciò la coscienza di classe, viene ad unificarsi con l’azione7”.
Rodolfo Mondolfo compie dunque una operazione di critica oggettiva, poiché compara il comunismo sovietico con il pensiero marxiano, dopo aver individuato il nucleo vivente e sostanziale del pensiero di Marx: la prassi. Da tale indagine filosofica si deduce in modo manifesto che l’esperienza sovietica è altro rispetto alle autentiche finalità marxiane. La dittatura del proletariato è capitalismo di Stato che ha reso i proletari sudditi e dunque sottoproletari oggetto del dominio dell’oligarchia rossa al potere. Il comunismo, in quanto filosofia della prassi, è forza emancipatrice dalle catene che gravano con le loro miserie sugli ultimi. Il comunismo reale non ha corrispondenza col pensiero marxiano:
“Oggi invece nel concetto di dittatura del proletariato (che del resto lo stesso Manifesto dei comunisti affermava) sembra talora quasi volersi esprimere piuttosto un nuovo dominio di classe, che una abolizione delle classi stesse; e c’è chi l’interpreta nel senso che si voglia la riduzione della classe oggi a una specie di Lumpenproletariat, condannato all’abiezione e alla servitù peggiore8”.
Rileggere Rodolfo Mondolfo nel nostro tempo segnato dal fatalismo tecnocratico è esercizio paideutico di libertà. In “Lui” ricerca, libertà e testimonianza biografica sono coincidenti e, probabilmente, nel tempo della “servitù volontaria e della disperazione”, la sua libertà non gli è stata perdonata. Il dominio agisce per censure mediante forme di ostracismo e rimozioni che dobbiamo imparare ad attraversare per ritrovarci nel concetto con filosofi e autori trasgressivi rispetto all’ordine vigente. Ritrovarsi per riprendere con il dialogo il sentiero della libertà e dell’esodo, oggi poco battuto, ma di cui si sente il vuoto depressivo e acefalo e che rischia di essere l’Apocalisse incompresa del nostro tormentatissimo presente, è urgenza etica non più procrastinabile. Riappropriarsi della storia e rientrare in essa significa effettuare l’esodo da forme di pessimismo e di fatalismo che nel nostro tempo, come allora, sono gli strumenti più efficaci della reazione conservatrice:
“Un programma di azione storica di un partito rivoluzionario deve dunque, se vuol tradursi nella realtà concreta, superare l’oscillazione incoerente fra volontarismo e determinismo, e poggiare sopra una concezione critico-pratica della storia9”.
Il proletariato necessita della prassi marxiana per emanciparsi dalla sussunzione formale e materiale e di questo Rodolfo Mondolfo fu assertore in tutta la sua produzione culturale e politica. Il materialismo storico10 afferma che l’essere umano è il fattore della storia ed insegna che ogni scissione è solo astrazione. L’unità olistica e dinamica è la prassi sempre mediata dall’interiorità del soggetto, pertanto Rivoluzione, prassi, umanesimo e materialismo sono il corpo materiale che si concretizza nella storia. La libertà necessita del faticoso lavoro dello spirito nella coscienza di classe. Lo spirito è la storia divenuta concetto nell’interiorità singolare e di classe. Ogni salto non può che tradursi in pericoloso fallimento, pertanto è necessaria una profonda azione paideutica e politica per dare futuro alla rivoluzione.
Note
1 Rodolfo Mondolfo (Senigallia, 20 agosto 1877 – Buenos Aires, 16 luglio 1976) è stato un filosofo italiano. Fu esule durante il fascismo perché ebreo. In Argentina visse l’esperienza tragica della dittatura militare. Si interessò della Grecia antica e dell’Umanesimo marxiano. Rilevanti sono gli studi su Engels nei quali mostra il nucleo filosofico di Engels, non più ritenuto dunque “secondo violino” rispetto a Marx.
2 Rodolfo Mondolfo, Spirito rivoluzionario e senso storico in Sulle orme di Marx, Petite Plaisance Pistoia, 2022 pag. 151.
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