«Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada». Eraclito
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L.A. Seneca, Lettere a Lucilio. Tragedie. Questioni naturali, UTET
«[…] Per te è evidente, o mio Lucilio, lo so, che nessuno può vivere sereno se non si cura della sapienza, anzi neppure in modo sopportabile; ed inoltre che la sapienza perfetta rende la vita felice, mentre anche quando è appena all’inizio la rende tollerabile. Ma ciò che è evidente bisogna rafforzarlo e con l’assidua meditazione imprimerlo più profondamente nell’animo: è più difficile mantenere i buoni propositi che farli. Devi perservare e con l’incessante applicazione accrescere le energie spirituali, finché la buona volontà non si sia trasformata in saggezza. Dunque non è affatto necessario che tu adoperi con me molte parole e molte assicurazioni: riconosco che tu hai già fatto progressi assai notevoli. So di dove scaturisce quanto mi scrivi: le tue non sono frasi false né artificiose. Tuttavia ti dirò il mio pensiero: riguardo a te già nutro buona speranza, ma non ancora una fiducia proprio salda. Vorrei che tu facessi la stessa cosa: non c’è ragione, per cui ti debba fidare tanto presto e facilmente di te stesso. Esamina la tua coscienza, scrutala da ogni parte e sta ben attento: innanzi tutto considera se hai progredito solo nella filosofia o anche nel modo di vivere.
La filosofia non è già un’arte atta a procacciarsi il favore del popolo e di cui si possa fare ostentazione: essa non consiste nelle parole, ma nelle azioni. E non si ricorre a lei per passare con un certo diletto le giornate, perché il tempo libero non sia rattristato dalla noia: la filosofia forma e foggia l’animo, regola la vita, governa le azioni, insegna ciò che si deve fare e ciò che si deve evitare, sta al timone e dirige il corso delle navi in balia delle onde attraverso i pericoli. Senza questa nessuno può vivere libero da timori e tranquillo; ad ogni istante accadono innumerevoli fatti, i quali esigono consigli che solo essa può dare […]».
Lucio Anneo Seneca, Lettere a Lucilio, XVI, 1-3, a cura di Umberto Boella, UTET, Torino 1983, pp. 109-111.
Pasolini e il tempo della violenza genocidiaria. L’architrave dell’attuale indifferenza patrocinata dall’accumulo crematistico è l’edonismo massificante che erode il pensiero e la consapevolezza spingendoci nel precipizio del vuoto metafisico
L’indifferenza sostanziale al genocidio in corso in Palestina necessita di risposte e di ricerca. Anche se ci sono manifestazioni di solidarietà con il popolo palestinese, la passività di tanti cheassistono “indiffferenti” al ripetersi di un genocidio sono il sintomo della marcescenza occidentale. La crisi etica è palese e con essa la politica si inabissa fino ad evaporare dall’esistenza dei singoli e dei popoli. La politica è stata sostituita dal calcolo edonistico e degli interessi personali. La creatività, il pensiero e l’empatia muoiono sotto il cono d’ombra del capitalismo senza Katechon.
La Risposta che a suo tempo, nel 1963, diede Hannah Arendt ne “La banalità del male” oggi appare assai insoddisfacente. La filosofa individuò nell’assenza di pensiero critico la causa della complicità con cui uomini ordinarisi lasciarono coinvolgere nel genocidio. Uomini come Adolf Eichmann erano affetti dal “non pensiero”, in quanto il totalitarismo aveva divorato i corpi medi e assorbito ogni dimensione all’interno dello Stato-Partito. La tesi della Arendt, discutibile già a suo tempo, appare oggi impraticabile per leggere il nostro tragico presente. Il genocidio è crimine contro l’umanità e risponde a genetiche storiche che mutano nel tempo. L’indifferenza del nostro tempo non è sovrapponibile alla criminale complicità che si consumò durante il genocidio ebraico. Cercare le ragioni della normalizzazione del male, ormai percepitocome fatale, significa individuare il “male” nella sua nuova forma e metamorfosi.Il sistema procede nella sua marcia atomistica e coloro che “cadono” sono solo gli sconfitti e i perdenti. L’indifferenza del nostro tempo è il peso inerte della storia, e specialmente sostiene il sistema con i suoi crimini. Innocenza e colpa si fondono e confondono. La ragione di tale profonda “patologia strutturale” che attraversa in modo conclamato le società e gli Stati a capitalismo pienamente realizzato è stata analizzata da Pier Paolo Pasolini.
In occasione del referendum sul divorzio nel 1974, lo scrittore palesa che la vittoria non è il “segno” della crescita qualitativa degli italiani, ma la ragione della vittoria è da identificarsi, a prescindere dallo schieramento politico, nella conversione degli italiani al consumismo. Il divorzio è parte della logica dell’«usa e getta», organica all’edonismo di massa.Un principio condiviso in una cornice segnata dall’utilitarismo e dall’individualismo acefalo e che diventa un mezzo per affermare il personale narcisismo. Il diritto si trasforma in un’arma. Il capitalismo è dunque il nuovo fascismo, in quantoomologa e divide e nel contempo coltiva in ogni individuo la sudditanza al consumismo. Ne consegue la regressione del “senso sociale e della sensibilità politica”. Il narcisismo edonistico è il nuovo fascismo che ha abbandonato limiti e divieti imposti per dominare con “l’atomistica delle solitudini”:
Sia il Vaticano che il partito comunista hanno dimostrato di aver osservato male gli italiani e di non aver creduto alla loro possibilità di evolversi anche molto rapidamente, al di là di ogni calcolo possibile. Ora il Vaticano piange sul proprio errore. Il PCI, invece, finge di non averlo commesso ed esulta per l’insperato trionfo. Ma è stato proprio un vero trionfo? Io ho delle buone ragioni per dubitarne. Ormai è passato quasi un mese da quel felice 12 maggio e posso perciò permettermi di esercitare la mia critica senza temere di fare del disfattismo inopportuno. La mia opinione è che il cinquantanove per cento dei «no», non sta a dimostrare, miracolisticamente, una vittoria del laicismo, del progresso e della democrazia: niente affatto: esso sta a dimostrare invece due cose:
che i «ceti medi» sono radicalmente – direi antropologicamente – cambiati: i loro valori positivi non sono più i valori sanfedisti e clericali ma sono i valori (ancora vissuti solo esistenzialmente e non «nominati») dell’ideologia edonistica del consumo e della conseguente tolleranza modernistica di tipo americano. È stato lo stesso Potere – attraverso lo «sviluppo» della produzione di beni superflui, l’imposizione della smania del consumo, la moda, l’informazione (soprattutto, in maniera imponente, la televisione) – a creare tali valori, gettando a mare cinicamente i valori tradizionali e la Chiesa stessa, che ne era il simbolo.
che l’Italia contadina e paleoindustriale è crollata, si è disfatta, non c’è più, e al suo posto c’è un vuoto che aspetta probabilmente di essere colmato da una completa borghesizzazione, del tipo che ho accennato qui sopra (modernizzante, falsamente tollerante, americaneggiante ecc.)1.
Differenze nominali
Fascisti e antifascisti post 1968 si ritrovano eguali nell’idolatrico culto del consumo e nella pratica del solo interesse personale. Il “primitivismo di massa”con i suoi belati sempre pronti ad accogliere l’ultima novità che il mercato somministra abilmente è il risultato finale di tale regressione di massa, in cui il popolo si trasforma in suddito incapace di pensare e di desiderare un mondo altro. In tale contesto le differenze sono solo nominali. Fascisti e antifascisti sono intercambiabili, ciò ha anticipato la perfetta simmetria tra destra e sinistra. Il fascismo non è più da identificare con un sistema che aveva il suo punto di riferimento nel nazionalismo, nella Chiesa e nella borghesia con i suoi valori/disvalori. Oggi il fascismo è nel nominalismo, ovvero nella pratica di un nichilismo assoluto in cui il soggetto si obnubila nella corsa furibonda e bellicosaverso il consumo. Il capitalismo è stato il cattivo maestro che ha insegnato a ”non riconoscere l’altro”; l’altro è il competitore che potrebbe impedire l’ultimo piacere e un po’ di luce nella società dello spettacolo. L’omologazione è trasversale, e dunque il capitale è riuscito ad ottenere una massificazione impensabile a cui il “fascismo” non era giunto:
Tale salto «qualitativo» riguarda dunque sia i fascisti che gli antifascisti: si tratta infatti del passaggio di una cultura, fatta di analfabetismo (il popolo) e di umanesimo cencioso (i ceti medi) da un’organizzazione culturale arcaica, all’organizzazione moderna della «cultura di massa». La cosa, in realtà, è enorme: è un fenomeno, insisto, di «mutazione» antropologica. Soprattutto forse perché ciò ha mutato i caratteri necessari del Potere. La «cultura di massa», per esempio, non può essere una cultura ecclesiastica, moralistica e patriottica: essa è infatti direttamente legata al consumo, che ha delle sue leggi interne e una sua autosufficienza ideologica, tali da creare automaticamente un Potere che non sa più che farsene di Chiesa, Patria, Famiglia e altre ubbìe affini. L’omologazione «culturale» che ne è derivata riguarda tutti: popolo e borghesia, operai e sottoproletari. Il contesto sociale è mutato nel senso che si è estremamente unificato. La matrice che genera tutti gli italiani è ormai la stessa. Non c’è più dunque differenza apprezzabile – al di fuori di una scelta politica come schema morto da riempire gesticolando – tra un qualsiasi cittadino italiano fascista e un qualsiasi cittadino italiano antifascista. Essi sono culturalmente, psicologicamente e, quel che è più impressionante, fisicamente, interscambiabili. Nel comportamento quotidiano, mimico, somatico non c’è niente che distingua – ripeto, al di fuori di uncomizio o di un’azione politica – un fascista da un antifascista (di mezza età o giovane: i vecchi, in tal senso possono ancora esser distinti tra loro). Questo per quel che riguarda i fascisti e gli antifascisti medi. Per quel che riguarda gli estremisti, l’omologazione è ancor più radicale2.
Nuovo fascismo
Il nuovo fascismo è nel senso di penuria introiettato, per cui si è sempre alla ricerca dell’ultimo piacere e dell’accumulo crematistico. Si è presi da un automatismo belligerante, in cui conta solo il proprio desiderio, mentre “il mondo applaude ai nuovi vincenti”. Si aderisce ad un’ideologia in modo aprioristico e si ripete un modello nell’azione del tutto privo di ogni senso, e pertanto non resta che la violenza. L’architrave dell’ipotesi di Pasolini è l’edonismo che erode il pensiero e la consapevolezza e in tale vuoto metafisico generalizzato le differenze sono solo scenografia a cui non corrisponde nulla. Il nuovo fascismo che ha causato la mutazione antropologica è il nuovo capitalismo post 1968 con il suo edonismo massificante. La grammatica emotiva conseguente è l’incapacità acquisita di indignarsi dinanzi al male:
Dunque il fascismo non è più il fascismo tradizionale. Che cos’è, allora?I giovani dei campi fascisti, i giovani delle SAM, i giovani che sequestrano persone e mettono bombe sui treni, si chiamano e vengono chiamati «fascisti»: ma si tratta di una definizione puramente nominalistica. Infatti essi sono in tutto e per tutto identici all’enorme maggioranza dei loro coetanei. Culturalmente, psicologicamente, somaticamente – ripeto – non c’è niente che li distingua. Li distingue solo una «decisione» astratta e aprioristica che, per essere conosciuta, deve essere detta. Si può parlare casualmente per ore con un giovane fascista dinamitardo e non accorgersi che è un fascista. Mentre solo fino a dieci anni fa bastava non dico una parola, ma uno sguardo, per distinguerlo e riconoscerlo. Il contesto culturale da cui questi fascisti vengono fuori è enormemente diverso da quello tradizionale. Questi dieci anni di storia italiana che hanno portato gli italiani a votare «no» al referendum, hanno prodotto – attraverso lo stesso meccanismo profondo – questi nuovi fascisti la cui cultura è identica a quella di coloro che hanno votato «no» al referendum. Essi sono del resto poche centinaia o migliaia: e, se il governo e la polizia l’avessero voluto, essi sarebbero scomparsi totalmente dalla scena già dal 1969. Il fascismo delle stragi è dunque un fascismo nominale, senza un’ideologia propria (perché vanificata dalla qualità di vita reale vissuta da quei fascisti), e, inoltre, artificiale: esso è cioè voluto da quel Potere, che dopo aver liquidato, sempre pragmaticamente, il fascismo tradizionale e la Chiesa (il clerico-fascismo che era effettivamente una realtà culturale italiana) ha poi deciso di mantenere in vita delle forze da opporre – secondo una strategia mafiosa e da Commissariato di Pubblica Sicurezza – all’eversione comunista. I veri responsabili delle stragi di Milano e di Brescia non sono i giovani mostri che hanno messo le bombe, né i loro sinistri mandanti e finanziatori3.
Se il nuovo fascismo (capitalismo) prevarrà, sarà un fascismo assolutamente nuovo per il quale non abbiamo mappe e bussole per decoficarlo, o meglio non possiamo usare le categorie del passato per comprenderlo. La resistenza è sempre possibile, ma è necessario ridisegnare le mappe e rafforzare il carattere per poter porre in atto la resistenza al nuovo fascismo:
Se il loro fascismo dovesse prevalere, sarebbe il fascismo di Spinola, non quello di Caetano: cioè sarebbe un fascismo ancora peggiore di quello tradizionale, ma non sarebbe più precisamente fascismo. Sarebbe qualcosa che già in realtà viviamo, e che i fascisti vivono in modo esasperato e mostruoso: ma non senza ragione4.
Il fascismo pienamente realizzato è il grande successo del capitalismo. Per la prima volta siamo innanzi ad una omologazione totale nei gusti, nei gesti, nel linguaggio e nei corpi. Con tale tragedia bisogna confrontarsi per defatalizzare la storia. La natura umana non la si può cancellare, essa resta anche se inespressa, da questo dato bisogna partire per uscire dal dramma dell’indifferenza. Il nuovo fascismo ottunde la mente e i corpi, ma la natura etica e razionale dell’essere umano è la speranza onto-assiologica della rinascita.
1 P.P. Pasolini, sul «Corriere della sera» (10 giugno 1974) e in Scritti Corsari. Studio sulla rivoluzione antropologica in Italia. 2Ibidem. 3Ibidem. 4Ibidem.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Il volume analizza il ruolo dell’anima nella filosofia dei primi scolarchi dell’Accademia antica dopo Platone, Speusippo e Senocrate, ricostruendone le dottrine attraverso testimonianze frammentarie, indirette e spesso di controversa interpretazione. Alla luce del rigoroso metodo storico-critico e sistematico, sono qui indagati i legami tra psicologia, “ontologia”, cosmologia, epistemologia ed etica, evidenziando le innovazioni teoriche rispetto a Platone e al dibattito veteroaccademico. Si tratta di un’opera che tenta di colmare una lacuna negli studi, offrendo nuove prospettive di ricerca sulla psicologia antica.
Flavia Palmieri è dottoressa di ricerca in Filosofia presso Sapienza Università di Roma. È stata assegnista di ricerca presso il medesimo ateneo, dove è anche cultrice della materia in Storia della filosofia antica. I suoi interessi si concentrano principalmente sull’Accademia platonica antica e sul pensiero economico dell’antichità.
Review of Richard Schorlemmer: Transmission und Transformation. Überlieferungsanalysen und Rekons… more
M. Catapano, Sesto Empirico e i tropi della sospensione del giudizio, Hakkert, («Lexis Ancient Philosophy», 13), Amsterdam 2018, in «Rivista di Cultura Classica e Medievale», LXIII, 2, 2021, pp. 619-623.
Forcignanò, F. (ed.), Platone: Settima lettera, Carocci, Roma 2020, in Syzetesis VIII (2021) 439-445.
M. .Bonazzi, F. Forcigranò, A. Ulacco (eds.), “Thinking, Knowing, Acting. Epistemology and Ethics in Plato and Ancient Platonism”, Brill, Leiden-Boston, in “BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ FILOSOFICA ITALIANA”, 229 (2020), pp. 92-95.
S. Marchand, Le Scepticisme: Vivre sans opinions, “Syzetesis – Rivista di filosofia” VI/1 (2019) pp. 279-286, ISSN 1974-5044
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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L’intelligenza artificiale del capitalismo globalizzato.
La cancel culture totale a Gaza
Il Washington Post ha rivelato i piani di Trump e dei suoi alleati sul futuro di Gaza. L’obiettivo è incentivare il trasferimento della popolazione con una mancia di poche migliaia di dollari per trasformare Gaza in un “Paese del balocchi per ricchi”. Il genocidio è ormai evidente nella sua configurazione e nelle sue complicità oligarchiche. Per risolvere le contraddizioni del capitalismo, in particolare, l’insabbiarsi degli investimenti, Gaza è l’attuale vittima sacrificale. Il capitalismo senza limiti etici e politici riduce tutto a mezzo e merce, per cui si chiede ai palestinesi sopravvissuti di vendere la loro terra, il loro sangue e la loro storia per una manciata di dollari.
Quentin Metsys (1466-1530), Gli usurai, olio su tavola
Il mostruoso senza limiti è tra di noi in fogge anche inedite. Si afferma il principio secondo cui (con l’impego preliminare di armi genocidarie) si può “chiedere” (che è unicamente un “pretendere”, un “esigere”) ad un popolo sconfitto e assassinato di lasciare il proprio territorio nell’indifferenza globale. Si umiliano gli sconfitti nel “chiedere-esigere-pretendere” da essi la volontaria auto-deportazione, dopo aver venduto non solo la loro carne martirizzata anche il loro spirito. Li si vuole trasformare forzatamente in complici di un sistema che ormai concepisce solo il transumanesimo della sussunzione totale dello spirito umano nella dimensione fagocitante dell’unico valore consentito: il valore di scambio.
L’essere umano in tale perversa logica è solo un essere che pratica il valore di scambio. La madre (la terra-la storia) sono niente, sono solo mezzi sul mercato “usuraio” delle contrattazioni. Chi vince compra determinando il prezzo, colui che perde accetta la transazione: sembra che non possa fare altro.
Marinus van Roelmerswaelen, Usurai, data incerta
Ognuno di noi dovrebbe vergognarsi al pensiero di essere parte di questa realtà. Il capitalismo deterritorializzato sta facendo passare il principio nichilistico secondo il quale il legame tra un popolo e la sua terra è niente. Dopo aver annichilito ogni legame sociale, anche il più sacro, la relazione madre-figlio (maternità surrogata), si passa ora all’ultimo salto verso l’abisso: la storia di un popolo è niente, le identità culturali e territoriali devono essere piegate alla logica degli investimenti. E così si può chiedere ad un popolo di abbandonare il proprio territorio per consentire investimenti finanziari e controllo delle materie prime.
Quentin Metsys, Cambiavalute co la Moglie (1514 circa) Parigi, Museo del Louvre
Oggi tocca ai palestinesi domani tale sorte potrebbe toccare a qualsiasi altro popolo. La tragedia palestinese è solo la manifestazione massima di tale mostruoso principio di distruzione.
Nelle nostre città italiane – in modo più edulcorato – i centri storici sono preda delle multinazionali del turismo: li si svuota di reale umanità, e si annienta il legame secolare tra lingua, territorio e popolo.
La violenza è multiforme e conosce gradualità che non smentiscono la verità del nostro tempo. I turisti del futuro di Gaza e i turisti del nostro tempo hanno lo stesso fugace sguardo che si perde in un selfie.
La cancel culture avanza con la violenza della guerra e degli affari.
Con tale processo si vorrebbe mutare l’antropologia umana: creare un nuovo tipo di essere umano capace di pensare solo il valore di scambio. Di tale diabolica (-divisoria) realtà bisogna prendere atto per comprendere la prassi da attuare per combattere e cercare di neutralizzare il “male”. Il piano Trump potrebbe scontrarsi con variabili e resistenze che la logica del profitto non contempla, questa è la nostra speranza.
Il capitalismo ha mezzi straordinari, ma essi possono essere sconfitti dalla resistenza dei popoli e da riserve spirituali che il capitale non può comprendere.
Salvatore Bravo
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Il problema Gesù: il Gesù storico e il Cristo della fede
– Bibliografia minima –
Parte seconda
Dal Medioevo all’età moderna
Capitolo I – Dante, Machiavelli, Shakespeare, Goethe
Dante, La Divina Commedia
– Bibliografia minima –
Niccolò Machiavelli, Il principe
– Bibliografia minima –
William Shakespeare
– Bibliografia minima –
W. Shakespeare, Amleto, Re Lear
– Bibliografia minima –
W. Shakespeare, Giulio Cesare, Il mercante di Venezia
– Bibliografia minima –
W. Shakespeare, Macbeth, La tempesta
– Bibliografia minima –
W. Shakespeare, Sogno di una notte di mezza estate,
Saggio di Laura Cantelmo
– Bibliografia minima –
Johann Wolfgang Goethe, Faust
– Bibliografia minima –
Capitolo II – Il Settecento e l’Illuminismo
Jean-Jacques Rousseau, Discorso sulle scienze e sulle arti, Discorso sull’origine e i fondamenti della diseguaglianza tra gli uomini, Fantasticherie di un passeggiatore solitario
Bibliografia minima –
Parte terza
La grande stagione del romanzo realistico
Capitolo I – I francesi
Honoré de Balzac
Premessa
Vita e opere
Balzac, Illusioni perdute, Splendori e miserie delle cortigiane
– Bibliografia minima –
Balzac, Eugénie Grandet
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Balzac, Papà Goriot
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Stendhal, Il rosso e il nero
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Capitolo II – I russi
Nikolaj V. Gogol’, Racconti di Pietroburgo
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Fëdor M. Dostoevskij
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Dostoevskij, Delitto e castigo
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Dostoevskij, L’idiota
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Dostoevskij, I demoni
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Dostoevskij, I fratelli Karamazov
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Lev N. Tolstoj
Tolstoj, Tre morti, I cosacchi, Dopo il ballo
Tolstoj, Padrone e lavorante
Tolstoj, La cedola falsa
Tolstoj, La morte di Ivan Ilic
Tolstoj, Il divino e l’umano
Tolstoj, Padre Sergio
Tolstoj, La sonata a Kreuzer
Tolstoj, Hadzi Murat
Tolstoj, Guerra e pace
Tolstoj, Anna Karenina
Tolstoj, Resurrezione
– Bibliografia minima –
Anton P. Cechov
Cechov, Racconti
(La steppa, La signora col cagnolino, Reparto N. 6)
– Bibliografia minima –
Capitolo III – Thomas Mann
Thomas Mann, I Buddenbrook
Thomas Mann, Tonio Kröger
Thomas Mann, La morte a Venezia
Thomas Mann, Tristano
Thomas Mann, Disordine e dolore precoce
Thomas Mann, La montagna incantata
Thomas Mann, Doctor Faustus
– Bibliografia minima –
Capitolo IV – L’Ottocento italiano
Alessandro Manzoni, I promessi sposi
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Giacomo Leopardi, Canti, Operette morali
– Bibliografia minima –
Giovanni Verga, Novelle
– Bibliografia minima –
Parte quarta
La grande letteratura italiana del secondo dopoguerra
Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il gattopardo
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Elio Vittorini, Conversazione in Sicilia
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Primo Levi, Se questo è un uomo, I sommersi e i salvati
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Italo Calvino, La giornata di uno scrutatore
– Bibliografia minima –
Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli
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Cesare Pavese, La luna e i falò
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Beppe Fenoglio, Il partigiano Johnny, Una questione privata
– Bibliografia minima –
Francesco Jovine, Le terre del Sacramento
– Bibliografia minima –
Ignazio Silone, Uscita di sicurezza
– Bibliografia minima –
Leonardo Sciascia, Le parrocchie di Regalpetra, Il contesto,
Todo modo, Gli zii di Sicilia, Il mare colore del vino
– Bibliografia minima –
Pier Paolo Pasolini, Scritti corsari e Lettere luterane
– Bibliografia minima –
don Lorenzo Milani, Lettera a una professoressa
– Bibliografia minima –
Parte quinta
Marguerite Yourcenar
Marguerite Yourcenar, Memorie di Adriano
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Parte sesta
La storia
Edward H. Carr, Sei lezioni sulla storia
– Bibliografia minima –
Marc Bloch, Apologia della storia o mestiere di storico
– Bibliografia minima –
AA.VV. Lettere di condannati a morte della Resistenza europea
– Bibliografia minima –
Massimo M. Salvadori, Storia d’Italia.
Il cammino tormentato di una nazione. 1861-2016
– Bibliografia minima –
Parte settima
Il pensiero critico
Karl Marx, Opere
– Bibliografia minima –
Antonio Gramsci, Alcuni temi della quistione meridionale,
Lettere dal carcere, Quaderni del carcere
– Bibliografia minima –
György Lukács, Il marxismo e la critica letteraria,
Estetica
– Il fascino delle origini
– L’intermezzo moscovita
– Le concezioni estetiche di Marx ed Engels
– Il realismo critico, la particolarità e il “tipo”
– Lo scoiattolo e l’elefante
– Il rigore della maturità
– Dalla vita quotidiana alla vita quotidiana
– La catarsi, dall’antica Atene alle moderne metropoli
– La catarsi nella vita e nella letteratura: Lev Tolstoj
– Bibliografia minima –
Ernst Bloch, Il principio speranza
– Ernst Bloch e il marxismo critico
– Il principio speranza
– Il diritto degli esseri umani a “camminare eretti” e il socialismo
– Il Sessantotto e oltre
– La vita e l’opera
– Bibliografia minima –
Simone Weil, La prima radice
– Bibliografia minima –
Frantz Fanon, I dannati della terra
– Bibliografia minima –
Indice dei nomi
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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