Herbert Marcuse (1898-1979) – È possibile distinguere tra bisogni veri e bisogni falsi

Bisogni falsi

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È possibile distinguere tra bisogni veri e bisogni falsi. I bisogni «falsi» sono quelli che vengono sovraimposti all’individuo da parte di interessi sociali particolari cui preme la repressione: sono i bisogni che perpetuano la fatica, l’aggressività, la miseria e l’ingiustizia. […] il risultato è pertanto un’euforia nel mezzo dell’infelicità.

La maggior parte dei bisogni che oggi prevalgono, il bisogno di rilassarsi, di divertirsi, di comportarsi e di consumare in accordo con gli annunci pubblicitari, di amare e odiare ciò che altri amano e odiano, appartengono a questa categoria di falsi bisogni.

Herbert Marcuse, L’uomo a una dimensione.
L’ideologia della società industriale avanzata
, Torino, Einaudi, 1967. (1964)

L'uomo a una dimensione

 

 

Herbert Marcuse – L’uomo ad una dimensione riconosce se stesso nelle proprie merci; l’apparato produttivo assume il ruolo di un’agente morale

 

Marcuse, L’uomo a una dimensione. Una recensione di Stefano Lechiara

 

Immagine in evidenza: Un fotogramma di Metropolis, 1927, di-Fritz Lang.

 


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Andrea Bulgarelli – «Costanzo Preve marxiano», intervista a cura di Luigi Tedeschi sul libro “Invito allo Straniamento” II.

Intervista ad Andrea Bulgarelli sul libro a cura di Alessandro Monchietto:

Costanzo Preve marxiano

“Invito allo Straniamento” II, Editrice Petite Plaisance, 2016

 

254 ISBN

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Il concetto marxiano secondo cui “Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza”, viene ad essere reintepretato da Preve alla luce della dialettica della filosofia idealista. L’interpretazione di Preve contraddice il determinismo ideologico marxista, in quanto contesta l’interpretazione economicista del rapporto tra socialità ed individualità umana. La coscienza è un prodotto sociale, ma si determina attraverso un processo dialettico che si istituisce tra individuo e la comunità in cui vive. Qualora la coscienza individuale fosse unicamente determinata dall’essere sociale inteso come rispecchiamento della propria condizione di appartenenza ad una classe sociale, la libera individualità verrebbe annullata. L’uomo è un ente naturale generico e la comunità in cui vive, è il prodotto della interazione solidale tra libere individualità. Quindi le finalità dell’uomo e della comunità non sono né determinabili né prevedibili a priori: l’uomo è “potenzialità immanente”. Tuttavia, vorrei osservare che nella società capitalista contemporanea, sembra invece inverarsi proprio quel principio determinista criticato da Preve. Si è infatti determinata una stratificazione sociale che ha creato una divaricazione sempre più accentuata tra le classi sociali, in termini di redditi, consumi, diritti. Sono quindi i differenziali di produzione e consumo e la cultura mediatica di massa a creare diversi bisogni, desideri indotti inappagati diversificati a creare una differente coscienza negli individui, in coerenza con la condizione sociale dell’individuo nell’ambito della società capitalista.

La tua domanda è molto impegnativa, in quanto chiama in causa non solo il dibattito (ormai consegnato ai libri di storia della filosofia, ma in passato estremamente acceso) interno al marxismo tra determinismo meccanicistico e autonomia della prassi umana, ma anche quello assai più antico sul libero arbitrio. Preve ha tentato una sintesi originale che la coniuga deduzione sociale della produzione intellettuale di stampo marxista con la libera individualità, che di per sé non è “deducibile” in maniera lineare dal contesto sociale. Questa sintesi è esposta in maniera articolata nella sua Una nuova storia alternativa della filosofia, senza però essere sistematizzata fino in fondo. Le ragioni di questa mancata sistematizzazione possono avere a che fare con il percorso filosofico di Preve, ma a mio avviso dipendono anche dalla materia stessa, che non si presta a schematizzazioni: la tensione tra determinazione sociale e libera individualità non può essere risolta da formule astratte. Tuttavia Preve ci ha indicato due concetti che possono fungere da bussola: quello di “ente naturale generico” ripreso da Marx e quello di “potenzialità immanente” ripreso da Aristotele. Sostenere che l’uomo sia un ente generico significa rifiutare il determinismo, ma anche riconoscere che le potenzialità di cui l’umanità è portatrice si coniugano in maniera differente a seconda del quadro storico e sociale. Proprio perché è potenziale, la libertà non è mai indeterminata. E questo ci porta alla seconda parte della tua domanda, in cui ti chiedi se la società capitalistica contemporanea non sia in realtà il trionfo del principio deterministico su quello della libertà. La logica mercantile ha ormai colonizzato tutto lo spazio dell’esistenza quotidiana, compresa la dimensione dei desideri e dell’immaginario. Nel XIX e XX secolo sopravvivevano residui pre-capitalistici o comunque non capitalistici, sia tra la borghesia (cultura aristocratica) che tra le classi popolari (cultura solidale contadina e artigianale). La società attuale appare molto più coerente e meno contraddittoria, il che lascia meno spazi a disposizione del libero sviluppo individuale e comunitario. Ciò non vuol dire però che tali spazi siano scomparsi. [Leggi tutto]

 

 

 

Costanzo Preve marxiano
Intervista ad Andrea Bulgarelli sul libro a cura di Alessandro Monchietto
“Invito allo Straniamento” II

Intervista a cura di Luigi Tedeschi già pubblicata su:

Italicum_2015_0910 1Periodico di cultura, attualità e informazione del Centro Culturale ITALICUM


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Ulrich Duchrow – Il mercato globale rende assoluto il meccanismo dell’accumulazione del capitale basato sulla proprietà privata

Ulrich Duchrow

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«Il mercato globale rende assoluto il meccanismo dell’accumulazione del capitale basato sulla proprietà privata, idolatra se stesso ed esclude tutti coloro che sono senza proprietà. E sempre più distrugge la vita di tante persone e la Terra stessa».

Ulrich Duchrow, Property, for People, Not for Profit, Zed Books, 2004.

 

 


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Vincent Van Gogh (1853-1890) – Preferisco la malinconia che aspira e che cerca

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VINCENT VAN GOGH RITRATTO DEL DOTTOR GACHET *** Local Caption *** 00040539

VINCENT VAN GOGH
RITRATTO DEL DOTT. GACHET

***

«[…] Invece di abbandonarmi alla disperazione, ho optato per la malinconia attiva […] ho preferito la malinconia che aspira e che cerca a quell’altra che, cupa e stagnante, dispera».

                                                     Vincent Van Gogh, 1880

 

 


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Georg Simmel (1858-1918) – Nell’essenza del denaro si percepisce qualche cosa dell’essenza della prostituzione

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«Nell’essenza del denaro si percepisce qualche cosa dell’essenza della prostituzione. L’indifferenza con cui si presta ad ogni utiizzazione, l’infedeltà con cui si separa da ogni soggetto, perché non era veramente legato a nessuno, l’oggettività, che esclude qualsiasi rapporto affettivo e lo rende adatto ad essere un puro mezzo, tutto ciò che determina un’analogia fatale fra danaro e prostituzione».

Georg Simmel, Filosofia del denaro, Utet,  1984, p. 112.

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John Berger – L’attività dei ricchi è costruire muri, compreso il muro del denaro. La strategia della resistenza è questa …

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«L’attesa appartiene al corpo, mentre la speranza appartiene all’anima».
J. Berger

Da A a X. Lettere di una storia

Da A a X.

***

Risvolto di copertina

Che cosa fa la scrittura se non convocare gli assenti, riportare a noi chi è lontano, trattenere al nostro fianco i morti e i non ancora nati, tessere e ritessere il nostro passato, immaginare il futuro e le persone con cui vorremmo condividerlo? A'ida, la A del titolo di questo romanzo d'amore lieve e incandescente, duro e gioioso, scrive per non arrendersi alla separazione. Perché l'opposto dell'amore non è l'odio, ma il distacco, che cancella i corpi e sbarra l'orizzonte al qui e ora della vita, ai suoi dolcissimi "nel frattempo". X, Xavier, l'uomo amato, è in carcere, condannato a due ergastoli per presunte attività terroristiche. La sorda giustizia del più forte lavora sui sensi, sulla progressiva perdita di contatto con il reale, sull'amnesia dei sentimenti. Mira a disconnettere, a creare dei vuoti di memoria, a cancellare. A la combatte scrivendo le lettere stupefacenti che fanno da spina dorsale a un romanzo che sembra arrivare dalle periferie dolenti del mondo contemporaneo e insieme dal suo cuore malato. Scrive per vivere e far vivere a X non solo il loro amore "interrotto", ma i progetti, i desideri e le speranze che li hanno uniti e - attraverso un vero e proprio miracolo narrativo - il senso atmosferico della realtà, della natura, dei corpi e delle voci che non possono più raggiungerlo se non grazie a lei e alla sua capacità di fargli sperimentare la vita attraverso il racconto.

 

«Parole torturate

Dire la verità? Parole torturate finché non si arrendono al loro esatto opposto. Democrazia, Libertà, Progresso, quando vengono rimandate nelle loro celle, sono incoerenti. Poi ci sono altre parole, Imperialismo, Capitalismo, Schiavitù, alle quali è negato l’ingresso, che vengono ricacciate indietro ad ogni posto di frontiera e i cui documenti sono confiscati e consegnati a impostori come Globalizzazione, Libero Mercato, Ordine Naturale.

Soluzione: la lingua notturna dei poveri. Chi la usa riesce a dire e avere qualche verità.

 

La strategia della resistenza è questa...

Il nemico non può essere affrontato in modo diretto. Avvicinato frontalmente, è invincibile. Avvicinato frontalmente, non si può che riconoscerlo vincitore. Per continuare a essere vincitore il nemico ha bisogno di nuovi nemici frontali. Dal momento che non esistono, li inventa. La aspettiamo come la nostra occasione per innumerevoli attacchi laterali. La strategia della resistenza è questa… I poveri sono collettivamente inafferabili. Non sono soltanto la maggioranza del pianeta, sono dappertutto, e anche il più piccolo evento parla in qualche modo di loro. Di conseguenza l’attività dei ricchi è costruire muri: muri di cemento, di sorveglianza elettronica, sbarramenti missilistici, campi minati, frontiere armate, disinformazione mediatica, e infine il muro del denaro …».

            John Berger, Da A a X. Lettere di una storia.

 

Ilaria Rabatti – Un libro di John Berger: «Da A a X. Lettere di una storia»

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Philippe Jaccottet – La pazienza che significa aver vissuto, aver pensato, aver “resistito”

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Risvolto di copertina

La ciotola del pellegrino è insieme un'opera di poesia, un saggio sulla pittura di Giorgio Morandi e una meditazione sulla pazienza e la concentrazione, nell'arte e nella vita. Se è vero, come diceva Kafka, che tutti gli errori umani sono frutto d'impazienza, allora queste poche ma intense pagine di Jaccottet potrebbero essere molto utili. E se è vero che questa è l'epoca della dispersione, della dissipatezza, allora queste pagine potrebbero anche essere interpretate come un invito a resistere allo spirito del tempo: «Come se qualcosa meritasse ancora di essere tentata, persino al termine di una così lunga storia, come se tutto non fosse assolutamente perduto e si potesse ancora fare altro che gridare, balbettare di paura o, peggio, tacere». Ma il punto centrale rimane un altro, e cioè l'enigma delle emozioni suscitate dalle opere del pittore, che è poi uno dei modi in cui si declina l'enigma dell'esistenza di quell'universo naturale che Jaccottet insegue da sempre con gli strumenti della poesia.

 

 

«[…] la bella parola “pazienza” […] che ti fa pensare alla pazienza dei vecchi contadini […]. La pazienza che significa aver vissuto, aver pensato, aver “resistito” con modestia, sopportazione, ma senza indifferenza, né disperazione; come se, dentro questa pazienza, si attendesse nonostante tutto una sorta di arricchimento; quasi che la pazienza permettesse di impregnarsi sordamente dell’unica luce che conta».

 

Philippe Jaccottet, La ciotola del pellegrino (Morandi), traduzione di Fabio Pusterla, Bellinzona, Casagrande, 2007.

 

 


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Plutarco (45 d.C.-120 d.C.) – Lo sguardo ininterrotto sui soli nostri pensieri, specie se in preda all’ira, impedendoci di guadagnare una distanza prospettica, può nascondere alla vista errori e discordanze

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Busto di Plutarco, oggi conservato al museo archeologico di Delfi.

Busto di Plutarco, oggi conservato al museo archeologico di Delfi.

***

«Un buon metodo, mi sembra, […] è quello seguito dai pittori, che osservano di tanto in tanto i loro dipinti prima di considerarli finiti. Fanno così perché, allontanando lo sguardo ed osservando spesso il lavoro, sono in grado di farsi un giudizio preciso, capace di soffermarsi sulla più piccola divergenza, che invece la familiarità di uno sguardo ininterrotto potrebbe nascondere alla vista».

Plutarco, Sul controllo dell’ira, 452f-453a)

 

 


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Gabriella Putignano – In Carlo Michelstaedter c’è una potente richiesta di parresìa, una autentica serietà teoretica ed esistenziale, l’esortazione ad una purissima coerenza etica

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Gabriella Putignano,

L’esistenza al bivio. «La persuasione e la rettorica» di Carlo Michelstaedter, Stamen, 2015.

L'esistenza al bivio

Risvolto di copertina

La principale e più nota opera di Carlo Michelstaedter, scrittore e filosofo goriziano morto suicida a ventritré anni, una delle figure più originali e tragiche della filosofia contemporanea, è “La persuasione e la rettorica”, tesi di laurea atipica e disarmante, che ruota attorno al doppio binario indicato nel titolo. “Persuasione” e “rettorica” non sono semplicemente due figure linguistico-retoriche, ma vanno intese quali stringenti ed antitetiche possibilità esistenziali. La sfida teoretica, che questo saggio si pone, è proprio quella di afferrare il senso profondo di questa alternativa, di scavare all’interno delle sue conseguenze ed implicazioni.

 

Prefazione

«Ci sono volte nella vita in cui ci si sente messi con le spalle al muro, la trama tranquillizzante della quotidianità si squarcia, esplode come una mina ripiena di perturbamento e d’inquietudine. È il momento in cui l’esistenza è al bivio: o destarsi in una
palingenesi catartica o ricostruire in tutti i modi un’armatura monotona e sordida. Solitamente questo vertiginoso aut-aut è provocato da una persona in carne ed ossa oppure da un particolare ed indescrivibile evento intramondano. Per noi non è andata così: la possibilità di un’altra vita, la conversione ad un altro atteggiamento, ci è stata posta da un giovane goriziano, di origine ebrea, Carlo Michelstaedter (Gorizia, 1887-1910). I suoi scritti sono state pugnalate all’interno del nostro grigiore e della nostra mollezza, un ferro rovente che ci ha tolto il respiro, una colata lavica che ha mozzato ogni vacua adulazione.
La principale opera del ventitreenne, oggetto della nostra analisi, è La persuasione e la rettorica, una tesi di laurea atipica e disarmante, che ruota tutta attorno ad un doppio binario: la Persuasione o la Rettorica. Tertium non datur. Persuasione e rettorica non sono semplicemente due figure linguistiche/filologiche, poiché vanno intese – lo comprenderemo nel prosieguo – quali stringenti ed antitetiche possibilità esistenziali. La sfida teoretica, che ci proponiamo in questo lavoro, è quindi quella di afferrare, anzitutto, il senso profondo di siffatta alternativa, di scavare dentro le sue decisive conseguenze ed implicazioni. In secondo luogo – ma non perché sia meno importante – intendiamo seguire un metodo ben preciso e determinato.
Difatti La persuasione e la rettorica è un testo che non giunse alla discussione e fu pubblicato postumo: il Nostro si tolse la vita con un assordante colpo di rivoltella, che gli traforò la tempia, ed il cui rimbombo continua tutt’oggi ad interpellarci. Il pericolo, in un caso talmente delicato, è quello di cadere in un fatuo psicologismo o di leggere la sua teoresi in un modo aprioristico, troppo condizionato dal gesto del suicidio.
Nonostante intellettuali del calibro di Eugenio Garin e di Giovanni Amendola abbiano insistito nel sottolineare l’indissociabile continuità fra pensiero e biografia michelstaedteriana, noi procederemo spezzando tale consueta unione. Riteniamo che, proprio perché fare filosofia significava – per questo giovane studente – “venire ai ferri corti” con la vita, con se stessi, occorra cogliere lo iato fra il filosofo e l’uomo, fra le sue parole e le sue azioni. Ed in tale dissonanza scorgere il pericolo della tragedia e del fallimento. Senza avere la pretesa (rettorica) d’innalzarci a ‘signori benpensanti’, con un giudizio già pronto o un pietismo lacrimevole e falso, preferiamo piuttosto recepire lucidamente cosa ci comunichi l’opera del goriziano. E quanto questa possa ancora dischiudere l’energia di un risveglio, la potenza di un riscatto».

Gabriella Putignano, L’esistenza al bivio. “La persuasione e la rettorica” di Carlo Michelstaedter, Stamen, 2015.

***

INDICE
Presentazione, di Corrado De Benedittis
PREFAZIONE

I. IL FILOSOFO MICHELSTAEDTER
Il primo bivio – La gabbia della rettorica
I. La vita che (s)fugge
2. La conoscenza rettorica come «tecnica di rassicuramento»
3. L’apparato sociale rettorico. Ovvero un’esistenza da galera

II. IL SECONDO BIVIO
La fiamma della persuasione
I. Il sublime virtuosismo del tempo persuaso
2. La conoscenza delle «anime ignude»
3. Dal consistere al coesistere amorizzante

III. L’UOMO MICHELSTAEDTER
Il terzo bivio – Fare i conti con se stessi
I. Un’esigenza incondizionata di purezza
2. Il contesto storico-letterario
3. Carlo Michelstaedter, “l’uomo che non poté essere imperatore”

CONCLUSIONI
Cosa può dirci oggi quello sparo

APPENDICE
L’uomo che non poté essere imperatore, di G. Papini

RlFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

 

 


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Eraclito (535 a.C. – 475 a.C.) – Unico e comune è il mondo per coloro che sono desti

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I presocratici

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«Unico e comune è il mondo per coloro che sono desti,
mentre nel sonno ciascuno si rinchiude
in un mondo suo proprio e particolare
».

Eraclito, Diels – Kranz 22 B 89; trad. it. di G. Giannantoni, in I presocratici. Testimonianze e frammenti, Laterza, Bari 1975, vol. I, p. 215.

***

 

I presocratici, Bompiani

***

 

 

Eraclito, ritratto da Raffaello ne La scuola di Atene, con le fattezze di Michelangelo Buonarroti

Eraclito, ritratto da Raffaello ne La scuola di Atene, con le fattezze di Michelangelo Buonarroti

***

Nell’immagine in evidenza: Paulus Utrecht Moreelse (1571 – 1638), Eraclito.


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