«Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada». Eraclito
N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo:
Aristotele, La ricerca psicologica. Antologia, Scelta, introduzione e note di Diego Lanza. Postfazione di Lucia Palpacelli: «Psyché: una realtà dalla profondità insondabile».
ISBN 978-88-7588- 387-4, 2024, pp. 224, formato 140×210 mm., Euro 20 – Collana “il giogo” [175]. In copertina: Joan Mirò, Ciphers and Constellations in Love with a Woman, 1941, Art Institute of Chicago, Chicago, Illinois.
Sinossi
Questa antologia degli scritti psicologici aristotelici a cura di Diego Lanza è preziosa perché ci guida con perizia alla scoperta di un «oggetto illustre e ingombrante», quale la psyché: «Il soffio vitale, la vita, quindi anche l’anima secondo il tradizionale significato di entità legata al corpo». Aristotele studia l’anima a partire da una prospettiva del tutto nuova nella sua epoca: la analizza come oggetto della scienza della natura e apre quindi il suo studio a «un nuovo campo di fenomeni, quelli appunto che interessano contemporaneamente anima e corpo». Lucia Palpacelli, nella postfazione all’antologia, intreccia con Diego Lanza un ideale e importante dialogo dialettico che tocca i punti nevralgici dell’analisi aristotelica intorno alla psyché. Un tale riattraversamento mostra come i problemi evidenziati da Lanza continuino a nutrire il dibattito critico odierno; inoltre coglie, nell’atteggiamento aristotelico rispetto all’anima, un insegnamento che è un “possesso per sempre”: «Gli Antichi continuano a insegnarci il modo di guardare e interrogare il mondo e noi stessi, gesto profondamente ed esclusivamente umano e che ci fa riscoprire nella bellezza di essere esseri umani».
Diego Lanza
Diego Lanza(1937-2018), grecista e accademico dei Lincei, già titolare della cattedra di Letteratura greca all’Università di Pavia. Studioso di rara sensibilità, nel corso della sua prolifica carriera ha curato edizioni con commento di Anassagora e Aristotele e ha contribuito a opere collettive come Lo spazio letterario della Grecia antica (1992-1996) e I Greci. Storia, cultura, arte, società 1996-2002). È autore di opere e saggi di grande respiro storico-letterario. Nel 2013 esce Interrogare il passato. Lo studio dell’antico tra Ottocento e Novecento, e nel 2017 Tempo senza tempo. La riflessione sul mito dal Settecento ad oggi. Nel 2018 Bompiani ha pubblicato la nuova edizione delle Opere biologiche di Aristotele a cura di Lanza/Vegetti, con il titolo Aristotele, La vita. Testo greco a fronte. Nel 2019 vedono nuova luce La disciplina dell’emozione e Lo stolto. Di Socrate, Eulenspiegel, Pinocchio e altri trasgressori del senso comune; nel 2020 Il tiranno e il suo pubblico; nel 2022 Nous e thanatos. Scritti su Anassagora e sulla filosofia antica; nel 2023 Dramata I. Scritti sulla drammaturgia euripidea, Dramata II. Scritti sulla tragedia antica e le teorie del tragico, Dramata III. Scritti sulla commedia antica; sua unica prova narrativa, uscito postumo, Il gatto di piazza Wagner (2019).
Lucia Palpacelli
Lucia Palpacelliè docente di Storia della Filosofia Antica all’Università di Macerata. Per Bompiani ha curato l’appendice bibliografica e lessicografica del volume di Aristotele, Fisica (2011); la revisione, aggiornamento e saggio bibliografico del volume di Aristotele, La generazione e la corruzione (2013) e il saggio introduttivo, traduzione e note del De interpretatione all’interno dell’Organon aristotelico (2016). Tra i suoi scritti: L’Eutidemo di Platone. Una commedia straordinariamente seria (2009); Aristotele interprete di Platone. Anima e cosmo (2013); Zenone di Elea. Frammenti e testimonianze (2022).
2022 Palpacelli, L., Il desiderio come motore: dal De anima alla Metafisica sulle tracce di un concetto complesso in RIVISTA DI FILOSOFIA NEOSCOLASTICA; 114; Milano, Vita e Pensiero; pp. 349 – 356 (ISSN: 0035-6247) 01.01 Articolo in Rivista » scheda U-PAD
2022 Palpacelli, L., L’argomento dello stadio: il mistero della testimonianza aristotelica in RIVISTA DI FILOSOFIA NEOSCOLASTICA; Online first Article; Milano, Vita e Pensiero; pp. 1 – 17 (ISSN: 1827-7926) [» web resource] 01.01 Articolo in Rivista » scheda U-PAD
2021 Palpacelli, L., Aristotele, De interpretatione Brescia, Scholè; pp. 105 – 125 (ISBN: 978-88-284-0301-2) 03.04 Bibliografia » scheda U-PAD
2020 Palpacelli, L., Zenone e Platone: due dialettiche a confronto. Da una realtà aporetica a una realtà unimolteplice in HUMANITAS; 75; Brescia, Morcelliana; pp. 45 – 55 (ISSN: 0018-7461) 01.01 Articolo in Rivista » scheda U-PAD
2020 Palpacelli, L., 5.2. La metafisica e le scienze teoretiche (Aristotele) in Filosofia antica. Una prospettiva multifocale; Brescia, Scholé; pp. 223 – 250 (ISBN: 978-88-284-0215-2) 02.01 Contributo in volume (Capitolo o Saggio) » scheda U-PAD
2020 Palpacelli, L., Il logos apophantikos nel De interpretatione. Tra linguistica e logica sullo sfondo della dialettica in Il Logos nella filosofia antica. Cinque studi; Roma, Edizioni di Storia e Letteratura; pp. 47 – 67 (ISBN: 978-88-9359-470-7) 04.01 Contributo in atti di convegno » scheda U-PAD
2020 Palpacelli, L., 6.1. La filosofia ellenistica. Immanentismo ed etica in un nuovo mondo in Filosofia antica. Una prospettiva multifocale; Brescia, Scholé; pp. 309 – 320 (ISBN: 978-88-284-0215-2) 02.01 Contributo in volume (Capitolo o Saggio) » scheda U-PAD
2019 Palpacelli, L., Dalla materia prima al Big bang. Ragionando con Aristotele su molte vie in Tradizione e innovazione. Storia e progetto nella riflessione filosofica; Bologna, Diogene Multimedia; pp. 169 – 175 (ISBN: 978-88-9363-107-5) 04.01 Contributo in atti di convegno » scheda U-PAD
2018 Palpacelli, L., La pluralità metodologica nel pensiero aristotelico: tra teoria e prassi in Teoria e prassi in Aristotele; Pistoia, Petite Plaisance; pp. 169 – 215 (ISBN: 978-88-7588-254-9) 02.01 Contributo in volume (Capitolo o Saggio) » scheda U-PAD
2017 Palpacelli, L., L’Eutidemo di Platone: un invito alla filosofia e alla virtù. Un dialogo protrettico sulla protrettica in EDUCAÇÃO E FILOSOFIA; v. 31, n. 62; Uberlandia, Universidade Federal de Uberlândia; pp. 865 – 908 (ISSN: 0102-6801) 01.01 Articolo in Rivista » scheda U-PAD
2017 Palpacelli, L., Relazioni diverse per l’anima platonica, una bipartita e tripartita in Assoluto e relativo. Un gioco complesso di relazioni stabili e instabili; Brescia, Morcelliana; pp. 105 – 119 (ISBN: 978-88-372-3031-9) 04.01 Contributo in atti di convegno » scheda U-PAD
2017 Palpacelli, L., I “percorsi” della fisica di Aristotele: il metodo come strumento critico in Per la rinascita di un pensiero critico contemporaneo. Il contributo degli antichi; Milano-Udine, Mimesis Edizioni; pp. 247 – 262 (ISBN: 978-88-5754-618-6) 02.01 Contributo in volume (Capitolo o Saggio) » scheda U-PAD
2017 Palpacelli, L., Maestri brutti e cattivi per insegnare il bene e il bello in Il bello, il brutto e il cattivo; Trieste, Cabinato Editore International; pp. 106 – 127 (ISBN: 978-88-69825-03-3) 02.01 Contributo in volume (Capitolo o Saggio) » scheda U-PAD
2017 Palpacelli, L., Colori, sapori, odori ordinati secondo proporzione. Il ruolo della proporzione matematica nel De sensu in Metafisica e Scienza negli antichi e nei moderni; Lecce, Milella; pp. 63 – 93 (ISBN: 978-88-3329-005-8) 02.01 Contributo in volume (Capitolo o Saggio) » scheda U-PAD
2016 Palpacelli, L., La natura intermedia di Eros. Pausania e Aristofane a confronto con Socrate in RIVISTA DI FILOSOFIA NEOSCOLASTICA; 108; Milano, Vita e Pensiero; pp. 695 – 705 (ISSN: 0035-6247) [» web resource] 01.01 Articolo in Rivista » scheda U-PAD
2016 Palpacelli, L., Vero e falso si apprendono insieme. Il vero e il falso filosofo nell’Eutidemo di Platone in HUMANITAS; 71; Brescia, Morcelliana; pp. 44 – 58 (ISSN: 0018-7461) 01.01 Articolo in Rivista » scheda U-PAD
2016 Palpacelli, L., Time and the Stars: two examples of multifocal approach in Aristotle’s works on physics in By the sophists to Aristotle through Plato: The necessity and utility of a Multifocal Approach; Sankt Augustin, Academia Verlag; pp. 187 – 219 (ISBN: 978-3-89665-671-1) 02.01 Contributo in volume (Capitolo o Saggio) » scheda U-PAD
2016 Palpacelli, L., Saggio introduttivo, traduzione e note al De interpretatione Milano, Bompiani; pp. 159 – 271 (ISBN: 978-88-452-8164-8) 03.07 Commento scientifico » scheda U-PAD
2016 Palpacelli, L., The multifocal approach in Metaphysics Book V in By the sophists to Aristotle through Plato: The necessity and utility of a Multifocal Approach; Sankt Augustin, Academia Verlag; pp. 119 – 151 (ISBN: 978-3-89665-671-1) 02.01 Contributo in volume (Capitolo o Saggio) » scheda U-PAD
2015 Palpacelli, L., Il kosmos in Aristotele, dai luoghi naturali alla negazione del disordine precosmico in Minima Metaphysica. Il divino e l’ordine del mondo; Milano, Vita e Pensiero; pp. 251 – 264 (ISBN: 978-88-343-2673-2) 04.01 Contributo in atti di convegno » scheda U-PAD
2015 Palpacelli, L., Tra etere e motore immobile. Teofrasto testimone di Aristotele in Seconda navigazione, omaggio a Giovanni Reale; Milano, Vita e Pensiero; pp. 469 – 496 (ISBN: 978-88-343-2961-0) 02.01 Contributo in volume (Capitolo o Saggio) » scheda U-PAD
2013 Palpacelli, L., Il nesso tra orexis e facoltà locomotoria nel De anima in REVISTA ARCHAI; 11; Brasilia, Universidade de Brasília; pp. 55 – 62 (ISSN: 1984-249X) 01.01 Articolo in Rivista » scheda U-PAD
2013 Palpacelli, L., Le passioni nel De anima. Un esito estremo del pollachos in EDUCAÇÃO E FILOSOFIA; 27; Uberlandia, Universidade de Uberlandia; pp. 675 – 698 (ISSN: 0102-6801) 01.01 Articolo in Rivista » scheda U-PAD
2011 Palpacelli, L., Um Exemplo de Escritura Protréptica: O Eutidemo in REVISTA ARCHAI; 6; Brasilia, Universidade de Brasília; pp. 45 – 61 (ISSN: 1984-249X) 01.01 Articolo in Rivista » scheda U-PAD
2011 Palpacelli, L., Introduzione in Città e anima nella Repubblica di Platone; Brescia, Morcelliana; pp. 5 – 31 (ISBN: 978-88-372-2513-1) 02.02 Postfazione/Prefazione » scheda U-PAD
2010 Palpacelli, L., L’animazione degli astri e del cosmo in Aristotele, una questione cosmologica tra fisica e metafisica in La filosofia come servizio. Studi in onore di G. Ferretti; Milano, Vita e Pensiero; pp. 122 – 144 (ISBN: 978-88-343-1847-8) 02.01 Contributo in volume (Capitolo o Saggio) » scheda U-PAD
2009 Palpacelli, L., I diversi approcci metodologici nell’opera fisica di Aristotele in EDUCAÇÃO E FILOSOFIA; 23; Uberlandia, Editora da Universidade Federal de Uberlandia; pp. 101 – 164 (ISSN: 0102-6801) [» web resource] 01.01 Articolo in Rivista » scheda U-PAD
2009 Palpacelli, L, Bernardini, M., Migliori, M., The relation of contrariety in the ancient thought and in the Aristotelian formalization in The perception and cognition of contraries; Milano, McGraw-Hill; pp. 3 – 28 (ISBN: 978-88-386-7226-2) 02.01 Contributo in volume (Capitolo o Saggio) » scheda U-PAD
2009 Palpacelli, L., Aristotele e Platone: un confronto critico intorno all’anima in Attività e virtù. Anima e corpo in Aristotele; Milano, Vita e Pensiero; pp. 285 – 360 (ISBN: 978-88-343-1548-4) 02.01 Contributo in volume (Capitolo o Saggio) » scheda U-PAD
2004 Palpacelli, L., L’Eutidemo preludio al Sofista in ANNALI DELLA FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA. UNIVERSITÀ DI MACERATA; 37; Macerata, Università degli Studi di Macerata; pp. 317 – 352 (ISSN: 0076-1818) 01.01 Articolo in Rivista » scheda U-PAD
2003 Palpacelli, L, Andrenacci, E., Una possibile soluzione del rebus di Metafisica I, 10, 1058 b 26-29 in RIVISTA DI FILOSOFIA NEOSCOLASTICA; XCV; Milano, Vita e Pensiero; pp. 615 – 625 (ISSN: 1827-7926) 01.01 Articolo in Rivista » scheda U-PAD
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Diego Lanza, Dramata II.Scritti sulla tragedia antica e le teorie del tragico. Prefazione di Gherardo Ugolini.
ISBN 978-88-7588-414-7, 2023, pp. 448, formato 140×210 mm., Euro 35 – Collana “il giogo” [181].
In copertina: Dioniso con i satiri. Pittura vascolare su coppa attica a figure rosse. Attribuita al Pittore di Brygos. Circa 480 a.C. Parigi, Museo del Louvre. Fonte: Wikipedia.
Il tragico sopravvive alla tragedia. Finita questa anche nelle sue forme più consone ai nuovi tempi, non cessa la riflessione su quella che è ormai considerata questione di natura eminentemente teorica. Il tragico s’impone così come categoria forte, anche se e forse proprio perché il suo statuto disciplinare rimane incerto: filosofico, letterario, psicologico?
Questa riflessione, contenuta nel saggio La tragedia e il tragico (1996),1 fornisce non solo un’efficace chiave di lettura, ma indica anche un filo rosso che accompagna i saggi di Diego Lanza raccolti nel presente volume. Sotto il titolo di Dramata II – Scritti sulla tragedia antica e le teorie del tragico sono compresi diciassette interventi che il grecista dell’ateneo pavese ha pubblicato tra il 1976 e il 2007 su argomenti che spaziano dalle regole della prassi drammaturgica nell’Atene del V secolo a.C. ai grandi modelli ermeneutici che hanno ripensato il “tragico” nella modernità sia nel campo degli studi filologico-antichistici (Wilamowitz, Jaeger, Pohlenz, Schadewaldt, Reinhardt, von Fritz), sia in quello prettamente artistico-drammaturgico (Hölderlin, Schiller, Goethe), sia anche in quello teorico-filosofico (Hegel, Schopenhauer, Nietzsche, Heidegger, Lukàcs, Benjamin, Jaspers).
Il concetto di ‘tragico’ è trattato in particolare nell’ampio studio pubblicato sulla rivista «Belfagor» nel 1976 Alla ricerca del tragico2 e successivamente approfondito in altre due occasioni, nell’intervento La «tragedia» e il «tragico», tenuto nell’ambito di un convegno a Locarno nel 1991 e quindi pubblicato nei «Quaderni di storia,3 e nel saggio La tragedia e il tragico (1996).4
È soprattutto con Hegel, alla fine del XVIII secolo, che la nozione di tragedia si separa dal significato formale che aveva sempre avuto e che rimandava ai testi del teatro attico del V secolo a.C., per divenire una categoria estetica e filosofica, e non più soltanto poetica. La scoperta del ‘tragico’ (nozione di per sé assente nel lessico intellettuale dei Greci antichi) è dunque un’invenzione moderna ed è declinato nelle più varie forme e modelli teorico-esistenziali, fino a denotare un numero sempre maggiore di circostanze che si verificano nella vita quotidiana.
Lanza si chiede e indaga su cosa significhi oggigiorno qualificare come ‘tragedia’ un incidente ferroviario, l’omicidio di un politico eccellente o l’Olocausto. Non siamo di fronte a un semplice degrado semantico del termine, ad una sua totale banalizzazione, bensì si tratta del «supremo logoramento di un paradigma esplicativo».5 Il collegamento con la Shoah, la tragedia per antonomasia del XX secolo, non è casuale. Sulla scorta delle osservazioni di Pierre Vidal Naquet, Lanza s’interroga sulla possibile relazione tra la tragedia greca del V secolo e l’orrore di Auschwitz e conclude che la narrazione in chiave di tragedia dello sterminio, come di altre atrocità storiche, rappresenta una modalità efficace di razionalizzazione e di consolazione, per dare senso a ciò che non può essere concepito e neppure detto:
Pensare tragicamente la storia, cioè applicare la categoria, risemantizzare la categoria del tragico parlando di nimenti storici, significa stabilire un rapporto di interconnessione necessaria del prima con il poi e soprattutto del poi con il prima, quasi che ciò che avviene prima sia in funzione di quello che avviene poi, esattamente come nella vicenda tragica.
Oltre al continuo rimodularsi dei concetti di tragedia e di tragico nel corso dei secoli ci sono altri nuclei tematici che caratterizzano gli studi di Lanza compresi nel presente volume. Uno di questi riguarda la dimensione emozionale del teatro tragico antico ed il suo funzionamento.
Nel saggio Les temps de l’émotion tragique. Malaise et soulagement (1988)6 e in quello successivo I tempi dell’emozione tragica (1995),7 che lo riprendeva e sviluppava, così come anche nella voce Pathos (1977)8 e nell’articolo De l’émotion tragique, aujourd’hui (1999),9 l’analisi s’incentra sui meccanismi drammaturgici mediante i quali i tragediografi rielaboravano le saghe della tradizione mitica al fine di suscitare negli spettatori – attraverso la vista, la parola, la musica e il canto – un forte turbamento emotivo. Gli ingredienti sono quelli consolidati: la morte, la trasgressione, la violenza (reale o soltanto minacciata, ovvero evocata come imminente), la malattia e la follia. Nel momento in cui l’eroe protagonista del dramma realizza l’orrore che lo spettatore già conosceva e temeva, si produce una rottura dell’equilibrio e dell’armonia.
Ma lo sconcerto angoscioso provocato dalla rottura dell’ordine sociale e morale è destinato nel corso dell’azione scenica ad essere in qualche modo riassorbito. In quello che Lanza chiama “ritmo tragico” o anche “curva delle emozioni” subentra nel finale una sorta di ricomposizione. Non si tratta mai di happy end, beninteso, ma di uno sviluppo funzionale che s’indirizza verso momenti di decantazione dell’eccitazione e di sollievo ottenuto per lo più attraverso la mimesi di pratiche rituali ben conosciute al pubblico, per esempio i compianti funebri. L’emozione collettiva, suscitata dagli eventi della messinscena, viene in tal modo riassorbita e disciplinata, convogliata dentro prassi di conforto abituali e consolidate che restituiscono la norma e l’equilibrio.
Non è difficile scorgere dietro questo modello esplicativo, tante volte proposto e approfondito da Lanza e presentato nella forma più compiuta nel volume La disciplina dell’emozione. Un’introduzione alla tragedia greca,10 l’ombra della Poetica di Aristotele e di quella misteriosa nozione di “catarsi” che rimane per gli studiosi un enigma da decifrare, ma che verosimilmente alludeva proprio ad una fase della tragedia successiva a quella dello scatenamento delle emozioni e che prevedeva un disinnesco dei loro effetti. Se ciò avvenisse effettivamente nelle tragedie del V secolo, se riguardasse piuttosto una prassi del secolo successivo, oppure se si tratti di un requisito normativo formulato dallo Stagirita a titolo meramente teorico, è questione su cui la discussione rimane aperta e probabilmente è destinata a rimanerlo per sempre.
Alcuni dei saggi riproposti hanno un taglio prettamente divulgativo, determinato dall’occasione o dalla collocazione editoriale. Mi riferisco, in particolare, a Le regole del giuoco scenico nell’Atene antica. Prime annotazioni (1985) e La poesia drammatica: i caratteri generali, il dramma satiresco, scritti il primo per un convegno di aggiornamento di docenti della scuola media superiore e il secondo come capitolo de Lo spazio letterario della Grecia antica (1992).11 Nello stesso raggruppamento rientrano le due voci Lo spettacolo e L’attore, pubblicate nel I volume dell’Introduzione alle culture antiche (1983).12 Anche in questo caso gran parte del materiale e delle considerazioni è confluito in maniera più organica nella successiva La disciplina dell’emozione. Un’introduzione alla tragedia greca,13 ma rileggendo quei contributi se ne possono apprezzare diversi pregi, a partire dall’attenzione costante che Lanza rivolgeva, parlando e scrivendo di teatro tragico, alla dimensione politica, filosofica e antropologica. Le sue analisi sull’evoluzione del teatro, sulla preistoria, protostoria e storia dei generi drammatici, sul ruolo della scrittura, sulla professione dell’attore nella Grecia classica e sulle forme specifiche della sua recitazione, hanno qualcosa di pioneristico e anticipano di parecchi anni l’affermarsi di approcci centrati sulle nozioni di ‘teatralità’ e ‘performance’.
Se la questione delle origini della tragedia si perde in una lontana ‘preistoria’, sì che risulta impossibile fare luce in modo chiaro e definitivo sul tema in base alle sporadiche e frammentarie testimonianze che possediamo, molto si può ricostruire a proposito della prassi teatrale del V secolo, di quelle “regole del gioco scenico” che investono il rapporto tra poeta e attore, quello tra scrittura e oralità, ma anche l’uso delle didascalie, il ruolo delle partiture musicali, gli oggetti di scena, le maschere, i costumi, i macchinari e la scenografia, la giuria e le modalità di finanziamento. Su tutti questi aspetti, che con una piccola forzatura potremmo definire di ‘cultura materiale’, Lanza ha indagato a fondo, ben consapevole del fatto che la loro conoscenza è una precondizione indispensabile per capire il senso della tragedia greca, cercando di superare i limiti posti dalla Poetica di Aristotele, unico trattato che si sia conservato sull’arte drammatica, ma datato al IV secolo e focalizzato su un approccio decisamente orientato sul versante testuale-letterario del teatro. Tra le tante osservazioni che si potrebbero esprimere a questo proposito, mi pare giusto indicare l’attenzione data alla figura dell’attore. Mentre l’attore comico è l’erede di una tradizione di spettacolo staccato da qualsiasi istituzione civile e non necessariamente legato a testi scritti, l’attore tragico nasce quando il poeta, al tempo stesso tragediografo e regista, decide di introdurre nella rappresentazione una seconda voce che risponda al coro. Lanza indaga in particolare lo statuto specifico dell’attore tragico evidenziando come ben presto egli emerga e si affermi sempre più quale figura di professionista a differenza del tragediografo e dei coreuti.
Gli studi di Lanza, segnati da un approccio mai assiomatico o dogmatico, ma sempre estremamente problematico, prestano costantemente attenzione alla cornice istituzionale e al contesto politico e sociale, il che non significa solo concepire il teatro ateniese come un fenomeno prettamente ‘politico’, saldamente ancorato nel cuore della città (con allusioni più o meno velate ai fatti politici della contemporaneità di allora), ma soprattutto, e più profondamente, mettere in rilievo le modalità di drammatizzazione del mito e l’interazione tra il materiale della tradizione e la sua intelligibilità da parte del pubblico. Fedele al principio per cui non c’è teatro senza pubblico, l’analisi s’interroga su come venivano percepiti gli spettacoli teatrali dagli spettatori dell’epoca per capire cosa rendeva uno spettacolo credibile, riconoscibile e persuasivo per quel pubblico in quel particolare momento.14 Per tale fine è importante conoscere il patrimonio di conoscenze e credenze condivise dal pubblico del quinto secolo, così come anche le pratiche rituali alle quali l’azione drammatica allude o che o mostra esplicitamente sulla scena. L’importanza riconosciuta al pubblico e alla sua ricezione della performance tragica, s’inserisce per altro in un discorso ancora più ampio che punta a ricostruire i codici di ascolto e gli orizzonti d’attesa, tanti differenti rispetto a quelli dell’epoca moderna e attuale.
Tutti i saggi della presente miscellanea si misurano con temi del teatro tragico attico, campo prediletto di ricerca, ma ce n’è uno che si stacca da quell’orizzonte storico e sul quale vale la pena di richiamare l’attenzione. Si intitola Lo spettacolo della parola: riflessioni sulla testualità drammatica di Seneca ed è la versione scritta di un intervento che Lanza pronunciò nel corso di un congresso dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico a Siracusa su Seneca e il teatro.15 Oltre a testimoniare la capacità da parte di Lanza di addentrarsi in un territorio non di sua diretta competenza, il saggio è importante giacché affronta le peculiari caratteristiche di una dimensione tragica in un contesto completamente differente rispetto a quello ateniese di V secolo.
Attraverso numerosi esempi tratti soprattutto dal Thyestes, dall’Oedipus e dalla Phaedra, si evidenzia come la spettacolarità di quelle opere, in assenza di una vera e propria rappresentazione davanti a un pubblico, del tipo di quella che aveva luogo nel teatro di Dioniso ad Atene, è interamente costruita sulla testualità e sul linguaggio. In mancanza di una scenografia, è la parola che si fa spettacolo: dai dialoghi, dai lunghi resoconti, dai canti corali e dalla presenza insistita di sentenze moraleggianti si generano immagini ‘spettacolari’, capaci di condensare il significato di intere scene e personaggi nei loro caratteri essenziali. Più che misurare il rapporto di vicinanza e distanza rispetto agli originali greci, Lanza si concentra sugli aspetti compositivi, verbali e retorici, con i quali il teatro di Seneca riesce a rappresentare concretamente e suggestivamente i momenti topici più significativi della tradizione drammaturgica – in particolare la morte declinata nelle forme più varie e orribili – con un parossistico accumulo di elementi che ne definiscono la tensione drammatica e senza quel riequilibrio conclusivo che nei finali delle tragedie greche segnava un inversione della curva emotiva. Il teatro senechiano è letto in questa prospettiva come un modello che propone via via nel corso dell’azione un massimo di tensione conflittuale senza prevedere alcun meccanismo di compensazione: un modello che ha avuto, per altro, grande fortuna ispirando il teatro elisabettiano e non solo.
La raccolta dei saggi confluiti in questo volume consente al lettore di ritrovare, in una veste tipografica chiara e ordinata, testi che sono stati pubblicati su riviste e miscellanee non facilmente accessibili e di ripercorrere i sentieri delle ricerche compiute da Diego Lanza nei decenni della sua maturità di studioso. Corre l’obbligo di ringraziare i direttori delle riviste e i curatori dei volumi che si sono resi disponibili per la ristampa dei saggi, oltre ai famigliari e a Carmine Fiorillo della casa editrice «petite plaisance» per l’instancabile impegno nell’onorare la memoria di Lanza ristampandone gli scritti. Rimangono esclusi dalla presente miscellanea i saggi dedicati a Euripide, ristampati in Dramata I. Scritti sulla drammaturgia euripidea (petite plaisance, Pistoia 2023), e altri studi su temi tragici che Lanza aveva a suo tempo inserito come appendici nel volume Il tiranno e il suo pubblico (Einaudi, Torino 1977; rist. petite plaisance, Pistoia 2020) e in La disciplina dell’emozione. Un’introduzione alla tragedia greca (il Saggiatore, Milano 1997; rist. petite plaisance, Pistoia 2019).16 Nel volume Dramata IV, di prossima pubblicazione, saranno presentati i saggi ‘minori’ concernenti la Poetica di Aristotele.
1 Pubblicato in I Greci, a cura di S. Settis, vol. I Noi e i Greci, Einaudi, Torino 1996, pp. 469-504, cfr. infra, pp. 267-318. Citazione a p. 291.
2Alla ricerca del tragico, in «Belfagor», 31, 1976, pp. 33-64, cfr. infra, pp. 17-59.
3La «tragedia» e il «tragico», in «Quaderni di storia», 37, gennaio/giugno 1993, pp. 65-73, cfr. infra, pp. 173-183.
4La tragedia e il tragico, in I Greci, a cura di S. Settis, vol. I Noi e i Greci, cit., pp. 469-504, cfr. infra, pp. 267-318.
5La tragedia e il tragico, cfr. infra, p. 318.
6Les temps de l’émotion tragique. Malaise et soulagement, in «Mètis. Anthropologie des mondes grecs anciens», 3, n. 1-2, 1988, pp. 15-39, cfr. infra, pp. 139-172.
7I tempi dell’emozione tragica, in «Elenchos», 16, 1995, pp. 5-22, cfr. infra, pp. 225-243.
8Pathos, in I Greci, a cura di S. Settis, vol. 2 Una storia greca, II Definizione, Einaudi, Torino 1997, pp. 1147-1155, cfr. infra, pp. 319-332.
9De l’émotion tragique, aujourd’hui, in «Europe», janvier-février 1999, pp. 70-81, cfr. infra, p. 333-348.
10 il Saggiatore, Milano 1997; rist. Petite Plaisance, Pistoia 2019. Cfr. soprattutto pp. 187-219.
11Le regole del giuoco scenico nell’Atene antica. Prime annotazioni, (1985) in Mondo classico: percorsi possibili, a cura del CIDI Roma e del CRS, Longo, Ravenna 1985, pp. 109-117, cfr. infra, pp. 109-121; La poesia drammatica: i caratteri generali, il dramma satiresco, in Lo spazio letterario della Grecia antica, a cura di G. Cambiano, L. Canfora, D. Lanza, vol. I La produzione e la circolazione del testo, t.1 La polis, Salerno, Roma 1992, pp. 279-300, cfr. infra, pp. 199-224.
12Lo spettacolo, in Introduzione alle culture antiche, a cura di M. Vegetti, vol. I (Oralità scrittura spettacolo), Torino Boringhieri 1983, pp. 107-126, cfr. infra, pp. 61-88; L’attore, in Introduzione alle culture antiche, a cura di M. Vegetti, vol. I (Oralità scrittura spettacolo), cit., pp. 127-139, cfr. infra, pp. 89-108.
13Op. cit., pp. 23-96.
14 Su questo aspetto cfr. anche il saggio uscito in lingua tedesca Glaubwürdigkeit auf der Bühne als gesellschaftliches Problem, in «Philologus», 135, 1991, pp. 97-104, cfr. infra, pp. 185-197.
15 Pubblicato in «Dioniso», 52, 1981, pp. 463-476, cfr. infra, pp. 387-403.
16 Per completezza li elenchiamo qui di seguito: Clitemestra, i cori dell’Elettra e la gnome (in Il tiranno e il suo pubblico, pp. 331-335), Tiresia sulla scena: l’indovino e il sacerdote (in Il tiranno e il suo pubblico, pp. 337-341); La paura di Edipo (in La disciplina dell’emozione, pp. 243-257), Edipo rivisitato da Sofocle (in La disciplina dell’emozione, pp. 259-279), Una ragazza, offerta in sacrificio … (in La disciplina dell’emozione, pp. 281-301 e in Dramata, I. Scritti sulla drammaturgia euripidea, Petite Plaisance, Pistoia 2023, pp. 133-152), La donna nella tragedia greca (in La disciplina dell’emozione, pp. 303-319), Ridondanze del mito nella tragedia greca (in La disciplina dell’emozione, pp. 321-332), Finis tragoediae (in La disciplina dell’emozione, pp. 351-361).
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«La specializzazione della mano significa lo strumento:
e strumento significa l’attività umana specifica.
La mano dell'uomo è altamente perfezionata
dal lavoro di centinaia di migliaia di anni...
Nessuna mano di scimmia ha mai prodotto il più rozzo coltello di pietra...
La mano dell'uomo ha raggiunto quell'alto grado di perfezione...
solo attraverso il lavoro...
E l’uomo ha fatto tutto ciò, innanzitutto ed essenzialmente,
per mezzo della mano».
F. Engels,
Dialettica della natura,
Editori Riuniti, Roma, 19713, pagg. 49-50
«Anassagora afferma che l’uomo è il più intelligente degli animali grazie all’aver mani; è invece ragionevole dire che ha ottenuto le mani perché è il più intelligente. Le mani sono infatti uno strumento, e la natura, come farebbe una persona intelligente, attribuisce sempre ciascuno di essi a chi può servirsene; giacché è più conveniente dare flauti a chi è già flautista, che non attribuire l’arte del flauto a chi possiede flauti. La natura attribuisce ciò che è minore a ciò che è maggiore e più importante, non il più nobile e il maggiore al minore. Se dunque questa è la via migliore, e la natura nel campo delle possibilità realizza quella migliore, allora non è che l’uomo sia il più intelligente grazie alle mani, ma ha le mani grazie all’esser il più intelligente degli animali. E il più intelligente dev’essere colui che sa opportunamente servirsi del maggior numero di strumenti; ora la mano sembra costituire non uno ma più strumenti: in un certo senso essa è uno strumento preposto ad altri strumenti. A colui dunque che è in grado di impadronirsi del maggior numero di tecniche la natura ha dato, con la mano, lo strumento in grado di utilizzare il più gran numero di altri strumenti. Quanto a coloro che sostengono che l’uomo non è costituito bene, anzi peggio di tutti gli altri animali (dicono infatti che non ha protezione per i piedi, è nudo e sprovvisto di armi da combattimento), il loro discorso non è corretto. Gli altri animali hanno un solo mezzo di difesa, e non è loro concesso di sostituirlo con un altro, anzi devono dormire e fare qualsiasi altra cosa tenendo sempre, per cosÌ dire, le scarpe ai piedi, cioè senza deporre la corazza che hanno sul corpo, né possono cambiare l’arma che gli è toccata in sorte. All’uomo, invece, sono concessi molti mezzi di difesa, ed egli può sempre mutarli, adottando inoltre l’arma che vuole e quando la vuole. La mano infatti può diventare artiglio, chela, corno, o anche lancia, spada e ogni altra arma o strumento: tutto ciò può essere perché tutto può afferrare e impugnare. Anche la forma della mano è stata dalla natura congegnata in questo senso. Essa è articolabile e divisa in più parti, perché nella divisione è implicita anche la capacità di coesione, mentre la prima non è implicita nella seconda. Ed è possibile servirsene come di un sol organo, di due o di molti»
Aristotele, Opere biologiche, Le parti degli animali, Libro IV, 687a-687b, a cura di Diego Lanza e Mario Vegetti Utet, 1971, pp. 710-711.
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Diego Lanza (1937-2018), grecista e accademico dei Lincei, è stato titolare della cattedra di Letteratura greca all’Università di Pavia a partire dal 1968. Studioso di rara sensibilità, nel corso della sua prolifica carriera ha curato edizioni con commento di Anassagora e Aristotele e ha contribuito a opere collettive come Lo spazio letterario della Grecia antica (Salerno Editrice, 1992-1996) e I Greci. Storia, cultura, arte, società (Einaudi, 1996-2002). È autore di opere e saggi di grande respiro storico-letterario. Nel 2013 esce Interrogare il passato. Lo studio dell’antico tra Ottocento e Novecento (Carocci), e nel 2017 Tempo senza tempo. La riflessione sul mito dal Settecento ad oggi (Carocci). Nel 2018 Bompiani ha pubblicato la nuova edizione delle Opere biologiche di Aristotele a cura di D. Lanza e M. Vegetti, con il titolo Aristotele, La vita. Testo greco a fronte. Nel 2019 vedono nuova luce La disciplina dell’emozione e Lo stolto. Di Socrate, Eulenspiegel, Pinocchio e altri trasgressori del senso comune (Petite Plaisance), nel 2020 Il tiranno e il suo pubblico (Petite Plaisance), nel 2022 Nous e thanatos. Scritti su Anassagora e sulla filosofia antica (Petite Plaisance) e, postumo, sua unica prova narrativa, esce Il gatto di piazza Wagner (L’Orma, 2019).
Il piano dellopera prevede quatto volumi di «Dramata»
Dramata, I. Scritti sulla drammaturgia euripidea / Dramata, II. Scritti sulla tragedia antica e le teorie del tragico / Dramata, III. Scritti sulla commedia antica / Dramata, IV. Scritti sulla Poetica di Aristotele
Diego Lanza e Mario Vegetti sono stati due importanti accademici, ma non solo. Sono stati due amici, e questo aspetto ha influito molto sul loro contributo scientifico, che si è reciprocamente arricchito dell’apporto che ciascuno ha fornito all’altro. Solo una profonda amicizia consente una proficua dialettica, e la dialettica costituisce il lievito di ogni dinamica culturale. Lanza e Vegetti, principalmente due storici del pensiero antico, sono stati anche – come ha rilevato Silvia Gastaldi con riferimento soprattutto a Vegetti – due filosofi. Hanno cioè saputo rapportarsi alla realtà non solo contribuendo significativamente ad allargare il proprio ambito specialistico, ma assumendo la realtà anche come un intero complesso, in cui la valutazione dell’elemento sociale e politico risulta imprescindibile, come ha rilevato Fulvia de Luise con riferimento soprattutto all’interpretazione platonica della Repubblica di Vegetti. Il loro pensiero è di una tale ricchezza che non può essere circoscritto nell’ambiente accademico. L’elemento umano, comunitario – come emerge, soprattutto per Lanza, dai ricordi qui presentati da Giusto Picone e da Gherardo Ugolini – che ha unito questi due studiosi per oltre sessanta anni, risulta una chiave importante per comprendere il loro pensiero.
Diego Lanza (1937-2018), grecista e accademico dei Lincei, titolare della cattedra di Letteratura greca all’Università di Pavia a partire dal 1968. Ha curato edizioni con commento di Anassagora e Aristotele e ha contribuito a opere collettive come Lo spazio letterario della Grecia antica (1992-1996) e I Greci. Storia, cultura, arte, società (1996-2002). È autore di opere e saggi di grande respiro storico-letterario. Nel 2013 esce Interrogare il passato. Lo studio dell’antico tra Ottocento e Novecento, e nel 2017 Tempo senza tempo. La riflessione sul mito dal Settecento ad oggi. Nel 2018 Bompiani ha pubblicato la nuova edizione delle Opere biologiche di Aristotele a cura di D. Lanza e M. Vegetti, con il titolo Aristotele, La vita. Testo greco a fronte. Vedono nuova luce La disciplina dell’emozione; Lo stolto. Di Socrate, Eulenspiegel, Pinocchio e altri trasgressori del senso comune; Il tiranno e il suo pubblico e, postumo, esce Il gatto di piazza Wagner.
Mario Vegetti (1937-2018), professore emerito di Storia della filosofia antica presso l’Università di Pavia, è stato membro dell’Istituto Lombardo – Accademia di scienze e lettere. Ha tradotto e commentato opere di Ippocrate (1965) e Galeno (1978) e gli scritti biologici di Aristotele (1971). Tra le sue opere più importanti vanno ricordate: Il coltello e lo stilo (1979), Tra Edipo e Euclide (1983), L’etica degli antichi (1989), Quindici lezioni su Platone (2003), Dialoghi con gli antichi (2007), «Un paradigma in cielo». Platone politico da Aristotele al Novecento (2009), Chi comanda nella città. I Greci e il potere (2017). Ha curato la traduzione e il commento della Repubblica di Platone in sette volumi (Bibliopolis, Napoli 1998-2007), da cui è tratta l’edizione BUR con testo greco a fronte (2007) .
Sommario
Nota editoriale
Silvia Gastaldi : Mario Vegetti: lo studioso e il maestro
Fulvia de Luise : Amicus Plato
Mario Vegetti : La filosofia e la città: processi e assoluzioni
Diego Lanza : Un’insolente familiarità
Gherardo Ugolini : Ricordo di Diego Lanza
Giusto Picone : Con Diego Lanza a Siracusa
Silvia Gastaldi, professore ordinario di Storia della Filosofia antica nel Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Pavia (clicca qui per la pagina dell’Università a lei dedicata), è stata presidente della Società italiana di Storia della Filosofia antica (SISFA) nel triennio 2016-2018. È membro del comitato scientifico della Collane “Symbolon. Studi e testi di Filosofia antica e medievale” e della rivista “Lexis”. Fa anche parte del consiglio direttivo della rivista “Il confronto letterario”. Le sue ricerche riguardano soprattutto la riflessione etico-politica greca tra il V e il IV secolo a. C. Ha pubblicato numerosi studi sulla “Repubblica” e sulle “Leggi” di Platone, sulle “Etiche” e sulla “Politica” di Aristotele. Fa parte del “Collegium Politicum”, un gruppo di ricerca internazionale finalizzato allo studio delle teorie politiche antiche e della loro tradizione. Tra le sue principali pubblicazioni si collocano i volumi: Discorso della città e discorso della scuola. Ricerche sulla “Retorica” di Aristotele (La Nuova Italia 1981); Storia del pensiero politico antico (Laterza, 1998); Bios Hairetotatos. Generi di vita e felicità in Aristotele (Bibliopolis 2003); Introduzione alla storia del pensiero politico antico (Laterza 2008); Aristotele. Retorica, Introduzione, traduzione e commento (Carocci 2014).
Fulvia de Luise insegna Storia della Filosofia Antica presso in Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento (clicca qui per la pagina dell’Università a lei dedicata). Dal 1994 al 2007 ha partecipato al seminario di studio sulla Repubblica di Platone, diretto dal prof. Mario Vegetti presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università agli Studi di Pavia, contribuendo con numerosi saggi alla produzione di un commentario dell’opera (pubblicato in sette volumi, tra il 1998 e il 2007, per i tipi della Bibliopolis, Napoli). Tra il 1989 e il 2001 ha svolto un’intensa attività di ricerca sui modelli antropologici ideali nel pensiero antico e sul tema della felicità nel pensiero antico e moderno, pubblicando due monografie, in collaborazione con G. Farinetti (Felicità socratica, Hildesheim 1997; Storia della felicità. Gli Antichi e i moderni, Torino 2001). I suoi studi si sono rivolti inoltre all’interpretazione della scrittura platonica, con particolare riferimento, oltre che alla Repubblica, al Fedro e al Simposio, di cui ha curato edizioni commentate (clicca qui per le pubblicazioni di Fulvia de Luise).
Gherardo Ugolini, già docente all’Università di Heidelberg e all’Università Humboldt di Berlino, insegna Filologia classica, Storia della tradizione classica e Storia del teatro greco e latino all’università di Verona (clicca qui per la pagina dell’Università a lui dedicata). I suoi interessi scientifici riguardano in modo particolare la tragedia greca antica e le sue interpretazioni, il giovane Nietzsche studioso della cultura greca, la fortuna dell’antico nella tradizione letteraria moderna, la storia degli studi classici. È membro della redazione di Skenè. Journal of Theatre and Drama Studies. Tra le sue pubblicazioni: Friedrich Nietzsche, il mito di Edipo e la polemica con Wilamowitz (1991); Tiresia e i sovrani di Tebe: il topos del litigio (1991); Sofocle e Atene. Vita politica e attività teatrale nella Grecia classica (2000); Guida alla lettura della Nascita della tragedia di Nietzsche (2007). Nel 2017 ha vinto il Premio Nazionale di Editoria Universitaria con il libro Storia della filologia classica (Carocci, 2016), curato e scritto insieme a Diego Lanza.
Giusto Picone ha insegnato Letteratura Latina nell’Università di Palermo dal 1977 al 2017 (clicca qui per la pagina dell’Università a lui dedicata). Ha pubblicato numerosi saggi sulle tragedie di Seneca, sulla storiografia latina (Sallustio, Giulio Ossequente), sull’epica (Virgilio, Lucano), sulle orazioni di Cicerone, sulla poesia d’età augustea, sulla tematica dell’esilio, sulle opere filosofiche di Cicerone e di Seneca, sul Dialogus de oratoribus, sulle problematiche relative alla didattica delle culture classiche. È direttore di Dionysus ex machina, rivista on line di studi sul teatro antico e di ClassicoContemporaneo, rivista on line di studi su antichità classica e cultura contemporanea edita in collaborazione con la Consulta Universitaria di Studi Latini; dirige le collane scientifiche Hermes e Letteratura classica (Palumbo editore). È referente dell’Università di Palermo nel Centro Internazionale di Studi e Ricerca sul Teatro Antico “Progetto Segesta”, del quale è coordinatore scientifico; è inoltre coordinatore scientifico del Centro Interdipartimentale di Ricerca dell’Università di Palermo “Migrare. Mobilità, differenze, dialogo, diritti”.
Nous e thanatos. Scritti su Anassagora e sulla filosofia antica
Prefazione di Gherardo Ugolini: L‘Anassagora di Diego Lanza.
ISBN 978-88-7588-343-0, 2022, pp. 368, formato 140×210 mm., Euro 35 – Collana “Il giogo” [142].
In copertina: Thanatos e Hypnos trasportano il corpo di Sarpedonte via dal campo di battaglia di Troia. L’autore, il cosiddetto Pittore di Thanatos, è vissuto nel V secolo a.C. ad Atene. Dettaglio da una lekythos attica a fondo bianco datata agli anni 440-430 a.C. circa. British Museum, Londra (Cat. Vases D56).
Il νοῦς (‘intelletto’, ‘mente’) è il principio che nel sistema cosmogonico di Anassagora dà origine al turbinoso movimento circolare da cui le sostanze si formano per separazione; θάνατος (‘morte’) è per Epicuro un semplice vuoto, mentre per Aristotele non era possibile intenderne il concetto altrimenti che in chiave biologica. Attorno a questi due temi ruota gran parte dell’analisi di Diego Lanza, presentata in alcuni saggi pubblicati tra il 1963 e il 2005 su riviste specializzate di studi classici e in miscellanee, ed ora raccolti nel presente volume. Nell’approccio al pensiero di Anassagora, come pure nell’indagine su concetti importanti della cultura greca antica quali σοφία, σωφροσύνη, ἀρετή etc., Lanza ricorre ad uno specifico approccio ermeneutico-filologico che muove dall’analisi linguistica e stilistica dei testi, e punta alla comprensione del contesto storico-culturale in cui inquadrare ogni singola testimonianza, con la finalità di smascherare e decostruire i modelli d’interpretazione che si sono costruiti e consolidati nel corso del tempo. Il tutto senza mai ostentare la presunzione di aver raggiunto un’interpretazione oggettivamente vera e definitiva, ma sempre nell’ottica di problematizzare le questioni illuminandole da molteplici punti di vista. Si tratta dello stesso metodo che Lanza ha utilizzato altrove per interpretare la tragedia greca, la figura del tiranno nel teatro, la Poetica e gli scritti biologici di Aristotele, gli snodi teorici della storia degli studi classici.
N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo:
Nous e thanatos. Scritti su Anassagora e sulla filosofia antica
Prefazione di Gherardo Ugolini: L‘Anassagora di Diego Lanza.
ISBN 978-88-7588-343-0, 2022, pp. 368, formato 140×210 mm., Euro 35 – Collana “Il giogo” [142].
In copertina: Thanatos e Hypnos trasportano il corpo di Sarpedonte via dal campo di battaglia di Troia. L’autore, il cosiddetto Pittore di Thanatos, è vissuto nel V secolo a.C. ad Atene. Dettaglio da una lekythos attica a fondo bianco datata agli anni 440-430 a.C. circa. British Museum, Londra (Cat. Vases D56).
Il νοῦς (‘intelletto’, ‘mente’) è il principio che nel sistema cosmogonico di Anassagora dà origine al turbinoso movimento circolare da cui le sostanze si formano per separazione; θάνατος (‘morte’) è per Epicuro un semplice vuoto, mentre per Aristotele non era possibile intenderne il concetto altrimenti che in chiave biologica. Attorno a questi due temi ruota gran parte dell’analisi di Diego Lanza, presentata in alcuni saggi pubblicati tra il 1963 e il 2005 su riviste specializzate di studi classici e in miscellanee, ed ora raccolti nel presente volume. Nell’approccio al pensiero di Anassagora, come pure nell’indagine su concetti importanti della cultura greca antica quali σοφία, σωφροσύνη, ἀρετή etc., Lanza ricorre ad uno specifico approccio ermeneutico-filologico che muove dall’analisi linguistica e stilistica dei testi, e punta alla comprensione del contesto storico-culturale in cui inquadrare ogni singola testimonianza, con la finalità di smascherare e decostruire i modelli d’interpretazione che si sono costruiti e consolidati nel corso del tempo. Il tutto senza mai ostentare la presunzione di aver raggiunto un’interpretazione oggettivamente vera e definitiva, ma sempre nell’ottica di problematizzare le questioni illuminandole da molteplici punti di vista. Si tratta dello stesso metodo che Lanza ha utilizzato altrove per interpretare la tragedia greca, la figura del tiranno nel teatro, la Poetica e gli scritti biologici di Aristotele, gli snodi teorici della storia degli studi classici.
N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo:
Diego Lanza, Lo stolto. Di Socrate, Eulenspiegel, Pinocchio e altri trasgressori del senso comune. Prefazione di M. Stella: La storia incantata. Diego Lanza narratore e antropologo dello ‘stolto’. Postfazione di G. Ugolini: Del ridere e del conoscere: la stultitia secondo Diego Lanza.
ISBN 978-88-7588-255-6, 2020, pp. 448, formato 140×210 mm., Euro 35 – Collana “Il giogo” [118]. In copertina: Anonimo, Il mondo sotto il berretto del matto, 1600 ca. Norimberga, Germanisches Nationalmuseum.
Sotto il segno di Mercurio. Vita di Orazio, Osanna Edizioni 1992.
Johann Wolfgang Goethe, Nausicaa, a cura di Sotera Fornaro, Osanna Edizioni 1994.
ohann Wolfgang Goethe, Achilleide, a cura di Sotera Fornaro, Salerno editore 1998
Percorsi epici. Agli inizi della letteratura greca, Carocci 2003.
L’origine dell’epica va cercata nel bisogno umano di raccontare. Una città, una donna, una guerra, il viaggio: questi i nuclei tematici dei poemi di Omero, che si sviluppano attorno a racconti dalle radici antiche, a lungo tramandati oralmente prima di cristallizzarsi nella scrittura. La poesia omerica, agli inizi della letteratura greca, fu sempre nell’antichità considerata «divina», ed ancora suscita stupore per le sue infinite possibilità di lettura. Questo libro ripercorre alcune questioni e temi epici. Destinato a chi si voglia accostare all’epica greca arcaica, pur non conoscendo necessariamente il greco antico, il suo scopo è fornire un’introduzione alle opere che hanno condizionato l’immaginario letterario occidentale, recuperando perciò il gusto e la necessità della loro lettura, anche solo in traduzione. Nella prima parte sono contenute le premesse indispensabili per avvicinarsi all’epica con consapevolezza storica e letteraria; la seconda, invece, è un itinerario attraverso le immagini della poesia, esplicite e implicite, dei poemi di Omero e di Esiodo, per verificare come l’epica descriva se stessa. Le figure ed i concetti principali della storia degli studi omerici compaiono in forma di lemmi nel repertorio finale.
Introduzione alla filologia greca, a cura di Heinz-Günther Nesselrath e Sotera Fornaro, Salerno editore 2004.
L’Introduzione alla filologia greca fornisce un panorama della scienza dell’antichità greca e dei suoi attuali metodi e compiti. Il curatore si è avvalso della collaborazione di 25 specialisti tedeschi, austriaci, svizzeri, inglesi e italiani, concependo la struttura dell’opera in modo da offrire introduzioni dettagliate, affidabili e aggiornate alle singole discipline che insieme costituiscono un quadro completo della scienza dell’antichità. Questa nuova esposizione complessiva si rivolge agli studiosi di letteratura greca e di discipline affini (filologia classica, storia antica, archeologia): essa costituisce uno strumento per lo studio individuale, un sussidio didattico e una prima introduzione alle singole discipline. Edizione in brossura.
Introduzione alla filologia greca, a cura di Heinz-Günther Nesselrath, Sotera Fornaro, Salerno 2004
L’Introduzione alla filologia greca fornisce un panorama della scienza dell’antichità greca e dei suoi attuali metodi e compiti. Il curatore si è avvalso della collaborazione di 25 specialisti tedeschi, austriaci, svizzeri, inglesi e italiani, concependo la struttura dell’opera in modo da offrire introduzioni dettagliate, affidabili e aggiornate alle singole discipline che insieme costituiscono un quadro completo della scienza dell’antichità. Questa nuova esposizione complessiva si rivolge agli studiosi di letteratura greca e di discipline affini (filologia classica, storia antica, archeologia): essa costituisce uno strumento per lo studio individuale, un sussidio didattico e una prima introduzione alle singole discipline. Edizione rilegata.
Antigone. Storia di un mito, Carocci 2012.
Dalla messa in scena della tragedia di Sofocle ad Atene, nel V secolo a.C, la figura di Antigone non ha più conosciuto momenti di eclissi nella storia della letteratura, del teatro, del pensiero. Il suo mito ha posto e pone domande inderogabili: qual è il rapporto tra potere e giustizia? Quali sono i limiti della legge? Ci si deve opporre all’ingiustizia perpetrata dallo Stato? Il martirio è una forma utile di resistenza? Può il potere disporre del corpo del nemico? In che cosa consiste la diversità politica e di genere di Antigone? Ogni epoca ha risposto diversamente a tali questioni e ha prodotto un’Antigone sua propria: l’amante, la santa, la terrorista, l’ebrea torturata nei campi di concentramento, la ribelle di una gioventù bruciata. “Antigone” è diventato dunque un nome-simbolo, capace di rappresentare situazioni anche lontanissime dalla cultura occidentale e senza più alcun legame con il contesto in cui Sofocle scrisse e rappresentò la sua tragedia. Le ricezioni dell’Antigone sono perciò infinite: il libro offre una guida alle più significative di esse in ambito europeo, dal teatro greco antico sino ad oggi.
Walter Hasenclever, Antigone, a cura di Sotera Fornaro, Mimesis 2013
Scritta in trincea durante la prima guerra mondiale, l’Antigone di Walter Hasenclever denuncia l’insensatezza di tutte le guerre ed è un grido pacifista nel mezzo dell’orrore. L’Antigone greca, che paga con la vita la sua ribellione alle leggi dello Stato in nome di una legge divina non scritta ma inderogabile, diventa in questo dramma espressionista una profetica e rassegnata martire della violenza politica di ogni genere. È la vittima non solo di un sanguinario potere tirannico, ma anche di un proletariato sbandato e assetato di vendetta. Questa tragedia giovanile esprime l’oscuro presagio di una schiera di ‘demoni’ che avrebbero saputo conquistare le masse e portare alla catastrofe il mondo già provato da una prima, terribile guerra. Quella di Hasenclever è dunque la prima Antigone politica del XX secolo, stranamente sfuggita alla censura: va accostata all’Antigone del romanzo Novembre 1918 di Alfred Döblin e alla più celebre Antigone di Bertolt Brecht (1948). L’Antigone di Hasenclever da una parte, quella di Brecht dall’altra, sono infatti erme poste a confine di due momenti decisivi nella storia della cultura tedesca e, pur in una visione pessimistica della storia, esprimono attraverso il riuso di un mito antico la possibilità di ripartire dall’arte dopo essere giunti al punto zero della ‘civiltà’ europea.
Che cos’è un classico? Il classico in J. M. Coetzee, Edizioni di Pagina 2013
Che cos’è un classico? I classici svolgono un ruolo concreto nella vita? Per quale mistero hanno la capacità di infondere coraggio e forza alle vittime di poteri politici aberranti? Perché attraverso i classici accettiamo meglio la malattia e l’avvicinarsi della morte? Sono questi alcuni degli interrogativi a cui lo scrittore di origine sudafricana J.M. Coetzee risponde nei suoi romanzi e nei suoi saggi. Attraverso la scrittura di Coetzee, premio Nobel per la letteratura nel 2003 e oggi uno degli scrittori più famosi al mondo, questo libro riflette sul concetto di classico dal punto di vista di una classicista di mestiere e approda ad alcune seppur provvisorie conclusioni. Classico è ciò che è umano e si oppone alla barbarie; ciò che resiste e aiuta a resistere all’orrore e alla violenza. Classico è sempre un atto d’amore, per la vita, per l’umanità, per l’idea stessa dell’amore. Classico è quel che perdura, passando al vaglio del tempo e di giudici competenti. Classico è il cuore che cerchiamo in un mondo spesso senza cuore.
Antigone ai tempi del terrorismo. Letteratura, teatro, cinema, Pensa Multimedia 2016
Eidolon. Saggi sulla tradizione classica, a cura di Sotera Fornaro e Daniela Summa, Edizioni di Pagina 2013
Il riflesso, l’immagine, l’eidolon dei testi e delle opere ‘classiche’ ha continuato ininterrottamente a riverberarsi nella letteratura e nell’arte occidentale moderna e contemporanea; lo studio dei Greci ha condizionato la nascita e lo sviluppo delle istituzioni universitarie e museali; il confronto con la vita politica e sociale dell’antichità ha plasmato riflessioni filosofiche e storiografiche. I saggi qui raccolti offrono esempi di storia della tradizione classica dal XVIII secolo ad oggi. Marco Castellari scrive dell’Antigone di Bertolt Brecht rivista nel 2006 da George Tabori; Sotera Fornaro affronta il frammento drammatico Prometeo di Goethe; Mario Marino esamina un manoscritto inedito di Johann Gottfried Herder con annotazioni sul De rerum natura; Corinne Bonnet ricostruisce il ruolo attribuito a Cartagine nella Storia romana di Theodor Mommsen; Daniela Summa disegna un panorama delle vicende storiche e individuali che hanno accompagnato dagli inizi dell’Ottocento l’elaborazione del corpus epigrafico di Cipro; Carlotta Santini delinea il confronto sul mito tra Thomas Mann, Karoly Kerényi e Furio Jesi; Eleonora Cavallini tratta dei Dialoghi con Leucò di Cesare Pavese e del giudizio che ne dette Italo Calvino.
Bernhard Zimmermann, La commedia greca. Dalle origini all’età ellenistica, a cura di Sotera Fornaro, Carocci 2016
Il libro è una storia della commedia greca, dei suoi autori, delle sue occasioni rappresentative e dei suoi contesti politici e sociali, dalle origini sino al III secolo a.C. Questa traduzione è condotta sulla nuova edizione del 2006 ed è arricchita da un’appendice originale sulle testimonianze epigrafiche della commedia greca, a cura di Daniela Summa, ricercatrice all’Accademia delle Scienze di Berlino. Zimmermann affronta la questione dell’origine della commedia greca, delinea le tappe del suo assurgere a genere letterario, ne esamina la struttura, la metrica, la musica, dà indispensabili notizie sull’architettura teatrale, la messa in scena, le maschere e i costumi; passa quindi in rassegna, con numerosi riferimenti antologici, i drammi traditi di Aristofane e quelli di Menandro, ma anche i frammenti degli autori della commedia “di mezzo” e “nuova”. Il volume si conclude con un panorama, in parte inedito, di storia della ricezione.
Agosto, Edizioni di Pagina 2017
Un ragazzo, Ahmed, dorme per strada; una donna lo scorge dalla sua finestra e decide di aiutarlo. Ha inizio così, in una notte d’estate, un legame difficile, che va avanti tra la comprensione e l’ostilità. Intanto, tra i vicoli stretti di una piccola città vicino al mare, accadono violenze inspiegabili e circolano misteri: forse si sta preparando un attentato. E chi è davvero l’enigmatica Bintou, la sorella silenziosa e discreta, che prega nella moschea e sembra animata da una irremovibile fede? In un crescendo d’ansia e di solitudine, trascorre un feroce agosto assolato. Dopo quel mese vissuto in sospeso tra desideri d’amore ed acute nostalgie del passato, nessuno sarà più lo stesso di prima.
Un uomo senza volto. Introduzione alla lettura di Luciano di Samosata, Pàtron 2019.
«Non conosco classico più classico di questo classico seriore, minore e manierista», scriveva nel 1974 Pier Paolo Pasolini recensendo i Dialoghi di Luciano, apparsi per i ‘Millenni’ di Einaudi con la prefazione di Leonardo Sciascia. Con la definizione di ‘classico’, il poeta di Casarsa intendeva descrivere la capacità di Luciano di vedere i «dettagli reali in modo tanto economico quanto incantevole», e di vederli con «occhio acuto e metallico», teso a incidere nella realtà a lui contemporanea, senza compassione, con l’attenzione alle piccole cose e alle meno appariscenti delle creature. Pasolini si identificava con lo scrittore antico, perché come lui soffriva della consapevolezza di trovarsi in un «vicolo cieco della storia, e della storia letteraria», e guardava all’ormai irrecuperabile passato con nostalgia: in tale buio della storia, presagio anche della fine imminente della propria vicenda individuale, Pasolini rileggeva Luciano, ritrovando e condividendo quel riso satirico impietoso della cultura del proprio tempo, con l’amara coscienza che, come lui stesso, Luciano «anziché corrodere, minare, demistificare – da filosofo ‘cane’ come il suo mitico Menippo – la propria cultura, corrode, mina e demistifica la vita stessa». Oggi, in un periodo che forse può definirsi da ‘fine del mondo’, nell’era della realtà virtuale e della post-verità, si vuole con questa introduzione invitare ancora alla lettura di quest’autore, di cui pure non sappiamo quasi nulla, tranne che veniva da Samosata, lontana città sull’Eufrate e che visse nel pieno II sec.d.C.. Un autore su cui l’antichità stese il silenzio, e che nei secoli è stato oggetto di giudizi antitetici, dall’ammirazione allo spregio. Un autore, dunque, destinato a restare un «uomo senza volto», come scriveva Alberto Savinio: ma i cui discorsi e dialoghi offrono ancora infinito materiale di riflessione, con il loro caleidoscopio di tipi umani e di caratteri, la derisione delle manie intellettuali e delle mode culturali, l’intelligenza nel comprendere il libro della vita per trarne mondi di fantasia, l’accuratezza con cui rappresentano la fenomenologia delle emozioni, l’uso delle immagini e della loro evocazione, il confronto originale con temi e generi tradizionali, l’esperienza delle arti non verbali e per-formative, la profonda umanità e la disincantata filosofia morale.
Berlino. Tra passato e futuro, Cue Press 2019
Il genere testuale della ‘guida turistica’ viene applicato alla materia del teatro. Un percorso attraverso i luoghi dove si consuma il rapporto con la cultura materiale, nello spazio vivo della comunità. Ma i teatri sono anche spazi e architetture capaci di svelare tracce di civiltà passate, luoghi meravigliosi per passare una serata e lasciarci raccontare, attraverso la loro storia e i loro spettacoli, la vita stessa della città. Poi lo spettacolo finisce, e la vita continua, allora saremo pronti a consigliarvi locali e ottimi ristoranti. Ancora, quindi, il teatro e la città: un luogo continuo e dinamico, energicamente legato all’epoca e al tessuto urbano in cui si inserisce, ecco quello che si respira nei teatri del mondo. Quante volte, visitando una capitale europea, vi siete chiesti: «Ma dove saranno i teatri?», «Quali saranno gli spettacoli più vicini al mio gusto?», «Quali artisti?». Allora, o restate in albergo, oppure leggete la nostra guida teatrale. Una serie progettata e realizzata insieme ad Andrea Porcheddu, che ci porterà in giro per il mondo: New York, Berlino, Londra, Tunisi, Hong Kong, Buenos Aires, Milano, Praga… Benvenuti a Berlino! Una città che è cambiata molto nel corso degli anni e in particolar modo nel secolo scorso, in cui si è trovata divisa in due sfere d’influenza; caotica ma meravigliosa, ricca d’arte e soprattutto di teatro, dal Berliner Ensemble di Brecht alla Volksbühne [teatro del popolo], nati nella DDR e tuttora teatri per antonomasia della capitale tedesca. Un tuffo nella peculiarità di questa città, di questa cultura che ha conosciuto artisti tra i più grandi di tutti i tempi.
Saffo, Ode all’amata, a cura di Sotera Fornaro, Mucchi 2020
Dei nove libri della poetessa greca Saffo ci sono rimasti solo sparuti frammenti, e solo una poesia per intero. Tuttavia quei versi attraversano i secoli, segnando la lirica amorosa e imponendo persino una nuova misura del sentimento d’amore; la figura evanescente di Saffo, amante disperata e donna teneramente innamorata, ha segnato l’immaginario occidentale ed è diventata l’archetipo del dissidio tra arte e vita, tra letteratura e sentimento. Anche i più celebri dei frammenti di Saffo, però, restano enigmi: così il fr. 31 Voigt, che è stato interpretato sia come l’ode della follia erotica e dei suoi sintomi fisici, sia come il canto più addolorato della gelosia. Innumerevoli sono le traduzioni di quest’ode, che ci è giunta mutila proprio alla fine, a partire da quella latina di Catullo. La prima traduzione italiana a noi nota data 1572, ed è di uno sconosciuto letterato dal nome Francesco Anguilla. In questa storia infinita, gli interpreti e i traduttori sono per lo più gli uomini: eppure l’ode di Saffo canta delle sensazioni, forti sino alla morte, provocate dall’amore di una donna verso un’altra donna. Così in questo libro si propongono 10 versioni, più o meno libere, talora riscritture, di dieci donne, dalla ‘Saffo del Cinquecento’, Gaspara Stampa, sino alle più vicine Iolanda Insana e Alda Merini.
Antigone. Usi e abusi di un mito dal V secolo a. C. alla contemporaneità, a cura di Sotera Fornaro e Raffaella Viccei, Edizioni di Pagina 2021
La figura di Antigone si aggira da secoli nelle culture e nei contesti più lontani e diversi: ripercorrere tutte le metamorfosi della figlia di Edipo appare perciò impresa impossibile. Molte zone d’ombra restano nella storia delle Antigoni e molte domande irrisolte. Ad esempio, poco note sono le rappresentazioni iconografiche del mito; quasi sconosciuta è l’Antigone sororale e politica del teatro italiano del Cinquecento. Cosa significano nel pensiero giuridico le ‘leggi non scritte’ di Antigone? Perché Antigone oggi può perdere la statura eroica e diventare personaggio da melodramma? Si può parlare di un ‘modello Antigone’ nella critica letteraria e nella scrittura delle donne? Altri interrogativi insoluti ci pone il testo stesso della tragedia di Sofocle, un classico globale quant’altri mai. Con alcuni di tali argomenti e questioni si misurano i saggi che abbiamo qui raccolto, conclusi dalle considerazioni di Massimiliano Civica per la ‘sua’ “Antigone” in scena.
N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo:
http://www.petiteplaisance.it/libri/371-380/378/int378.html371 Silvia Gastaldi, Fulvia de Luise w Mario Vegetti / Diego Lanza v Gherardo Ugolini, Giusto Picone, In ricordo di una amicizia filosofica. ISBN 978–88–7588-282-2, 2021, pp. 120, formato 140×210 mm, Euro 13 – Collana “Il giogo” [128]. In copertina: Raffaello Sanzio, Autoritratto con un amico, Parigi, Museo del Louvre, 1518-1520 circa.
372 Costanzo Preve, Hegel Marx Heidegger. Un percorso nella filosofia contemporanea. II Edizione.
ISBN 978-88-7588-284-6, 2021, pp. 96, formato 140×210 mm., Euro 10 – Collana “Divergenze” [72]. In copertina: Elaborazione creativa dell’opera di Eduardo Chillida, Elogio del Horizonte, Gijón (1990).
373 Aldo Lo Schiavo, Il contributo della tragedia attica al razionalismo antico. ISBN 978–88–7588-286-0, 2021, pp. 96, formato 140×210 mm, Euro 10 – Collana “Il giogo” [129].
In copertina: Epigrafe scolpita sulla pietra, Teatro antico della Acropoli di Atene.
374 Livio Rossetti, Strategie macro-retoriche. Prefazione di Mauro Serra.
ISBN 978–88–7588-280-8, 2021, pp. 192, formato 130×200 mm, Euro 16 – Collana “Il giogo” [130].
In copertina: Joan Mirò, Il mio Alfabeto, 1972.
376 Costanzo Preve, Marxismo Filosofia Verità. Seconda Edizione.
ISBN 978-88-7588-290-7, 2021, pp. 112, formato 140×210 mm., Euro 10 – Collana “Divergenze” [74]. In copertina: Gustav Klimt, Nuda Veritas, olio su tela, 1899, Österreichisches Theatermuseum, Vienna. In quarta: G. Klimt, Nuda Veritas, tavola pubblicata nel 1898 sulla rivista viennese “Ver Sacrum”.
377 Claudio Lucchini, La scuola della merce e le esigenze della libera individualità. ISBN 978-88-7588-292-1, 2021, pp. 80, formato 140×210 mm., Euro 10 – Collana “Il giogo” [131]. In copertina: Andy Warhol, Campbell’s Soup Cans, 1962 e Henri Matisse, La Danse, 1910.
378 Salvatore A. Bravo, Pilocchio. Storia di un Pinocchio dei nostri giorni. ISBN 978-88-7588-294-5, 2021, pp. 128, formato 140×210 mm., Euro 15 – Collana “Divergenze” [75]. In copertina: Antonio de Curtis, Totò nel quadro «Pinocchio e Lucignolo», Rivista teatrale Volumineide, 1942.
379 Aldo Lo Schiavo, Filosofia del mito greco. In Appendice: Themis, la dea del giusto consiglio.
ISBN 978–88–7588-296-9, 2021, pp. 80, formato 140×210 mm, Euro 10 – Collana “Il giogo” [132].
In copertina: Themis di Ramnunte, dal tempio di Nemesi (ca. 300 a.C.), Museo Archeologico Nazionale di Atene. In quarta: Charites (grazie), rilievo votivo, periodo arcaico. Glyptothek, Monaco di Baviera, Germania.
380 Margherita Guidacci, Lato di ponente. A cura di Ilaria Rabatti.
ISBN 978–88–7588-267-9, 2021, pp. 112, formato 140×210 mm, Euro 13 – Collana “Egeria” [20].
In copertina: Giorgione, La vecchia, 1506 circa, part. Gallerie dell’Accademia, Venezia.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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