Barbara Rossi, «Anna Magnani. Un’attrice dai mille volti tra Roma e Hollywood». Presentazione del libro il 10 ottobre 2023 presso la Biblioteca civica “Francesca Calvo” di Alessandria.

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Barbara Rossi, Anna Magnani. Un’attrice dai mille volti tra Roma e Hollywood. Contributi di Nuccio Lodato (Magnanima Magnani), di Michele Maranzana (Anna: l’eclisse della persona e la verità della maschera), Enrico Cerasuolo (La passione di Anna Magnani). In Appendice: Pasolini e Mamma Roma – Anna Magnani: un difficile incontro / Mia madre Anna Magnani: dialogo con Luca Magnani.

ISBN 978–88–7588-363-8, 2022, pp. 520, formato 140×210 mm, Euro 30 – Collana “Il pensiero e il suo schermo” [8].

In copertina: Anna Magnani.





M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Sergio Arecco – «Docu doc. La non fiction delle meraviglie». Il lettore vedrà sfilare davanti a sé un centinaio di film e di letture esaustive del genere documentario, con una selezione dei suoi maggiori esponenti di ieri e di oggi.

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M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Barbara Rossi – «Anna Magnani. Un’attrice dai mille volti tra Roma e Hollywood». Contributi di Nuccio Lodato, Michele Maranzana, Enrico Cerasuolo). In Appendice: Pasolini e “Mamma Roma” – Anna Magnani: un difficile incontro / Mia madre Anna Magnani: dialogo con Luca Magnani.


Barbara Rossi

Anna Magnani. Un’attrice dai mille volti tra Roma e Hollywood

Contributi di:

Nuccio Lodato (Magnanima Magnani),
di Michele Maranzana (Anna: l’eclisse della persona e la verità della maschera),
Enrico Cerasuolo (La passione di Anna Magnani).

In Appendice:

Pasolini e “Mamma Roma” – Anna Magnani: un difficile incontro
Mia madre Anna Magnani: dialogo con Luca Magnani

ISBN 978–88–7588-363-8, 2022, pp. 520, Euro 30

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«Sono trascorsi sette anni dalla prima edizione di questo libro, […] che ha rappresentato non solo la mia prima pubblicazione di critica cinematografica, ma anche un’esperienza di studio, di ricerca e di vita fondamentale, impossibile da dimenticare. Come, del resto, è impossibile scordarsi di lei, la Magnani (Nannarella, per il suo pubblico più affezionato e fedele), protagonista di una stagione neorealistica irripetibile per il nostro cinema e poi anche di una parabola hollywoodiana di breve durata, tra poche luci e moltissime ombre, che il presente volume cerca di raccontare con la maggior dovizia di particolari possibile e, sempre, con enorme stima e ammirazione per una diva riluttante, un’artista completa, portatrice di un’irrimediabile alterità nella declinazione al femminile dell’arte dell’attore».

Barbara Rossi

 

«La recitazione di Anna Magnani non è mai casuale e si esprime al meglio quando può anche essere libera. Una libertà che nasce dal profondo lavoro creativo sul testo e sul personaggio e dalla consapevolezza del racconto e del film nel suo complesso. In que­sto senso è molto interessante l’approfondimento di Barbara Rossi sull’esperienza americana di Anna. Esperienza straordinaria da un lato, che la porta ad essere premiata con un Oscar per la migliore interpretazione femminile in un ruolo recitato in una lingua che non conosceva, l’inglese, unica attrice italiana ad oggi ad esserci riuscita. Esperienza controversa dall’altro, come sottolinea Luca Magnani.

Enrico Cerasuolo

 

Ha anticipato i tempi. Ma li ha anticipati sia fisicamente che nel modo di comportarsi. Fisicamente perché all’epoca andavano di moda tutte queste attrici bionde, platinate, con la boccuccia a cuore, il rossetto. Lei, invece, era molto naturale… […] E poi il suo colore preferito era il nero. Insomma, non andava vestita come – invece – all’epoca, le attricette, ma anche le attrici importanti. […] Mia madre ha anticipato tutto quanto un periodo, forse anche il femminismo, in un certo senso. È una persona che si è fatta tutta da sola, che non si è mai appoggiata a nessuno se non a sé stessa. All’epoca, ma anche dopo, accanto alle attrici c’era sempre il produttore-marito, o il regista-marito. Invece con lei è avvenuto il contrario, ossia sono stati gli uomini ad appoggiarsi a lei.

Luca Magnani


Barbara Rossi, media educator e studiosa indipendente, è laureata in Storia e Critica del Cinema presso l’Università degli Studi di Torino; presidente dell’Associazione di cultura cinematografica e umanistica “La Voce della Luna” di Alessandria, con la quale propone corsi e rassegne sulla storia e il linguaggio del cinema, è vicepresidente della FIC (Federazione Italiana Cineforum). Ha organizzato incontri di formazione riservati ai docenti per il Museo Nazionale del Cinema di Torino e ha collaborato con il gruppo di ricerca “Memofilm, la creatività contro l’Alzheimer”, facente capo alla Cineteca di Bologna.

Giornalista pubblicista, ha curato la rubrica Le lune del cinema per la rivista “Cineforum”, con la quale attualmente collabora. Suoi saggi di argomento cinematografico sono stati pubblicati in diversi volumi antologici: nel 2015 è uscito, in prima edizione per l’editore Le Mani, il volume Anna Magnani, un’attrice dai mille volti tra Roma e Hollywood; nel 2019, all’interno della collana Bietti Heterotopia, Edgar Reitz. Uno sguardo fatto di tempo. Cura annualmente, in collaborazione con l’Associazione Culturale Italo-Tedesca di Alessandria, una rassegna che porta sul grande schermo il meglio della produzione cinematografica tedesca contemporanea. Ha organizzato, in collaborazione con l’Università delle Tre Età di Alessandria, la proiezione della trilogia di Heimat di Edgar Reitz. Nel 2021 Petite Plaisance ha pubblicato il suo Recitare il tempo. Le voci della Heimat di Edgar Reitz. Di imminente uscita nel 2022 la sua silloge poetica Paesaggi del tempo, Intermedia Edizioni.






Quanto prezioso e irrimediabilmente perduto sia ogni secondo della nostra vita, solo un film ce lo può mettere davanti agli occhi. Solo nel momento in cui qualcuno ci ha raccontato la nostra storia, come la storia del nostro battito del cuore, sappiamo chi siamo. […] Il tempo di solito lavora contro di noi, contrasta i nostri piani, manda a monte i progetti e pone un limite alla felicità di ognuno. L’arte cinematografica è figlia della tecnica e il prodotto di un mondo senza Dio […]: visto che viviamo nel secolo che ci ha regalato la macchina del tempo, allora vogliamo anche utilizzarla per strappare al flusso del tempo pezzi del suo bottino. Proprio in quanto uomini non religiosi, noi registi vogliamo lasciare le nostre tracce nell’universo-tempo, vogliamo conferire durata agli istanti della vita. “Verweile doch, du bist so schön” si dice con struggente desiderio nel Faust di Goethe.

Edgar Reitz, Film e tempo, 2006

 

Barbara Rossi

Recitare il tempo. Le voci della Heimat di Edgar Reitz

Prefazione di Henry Arnold. Introduzione di Cristina Jandelli.
Postfazione di Sergio Arecco.

In Appendice:
Michele Maranzana, Reitz e la macchina del tempo: appunti per un itinerario filosofico.

ISBN 978–88–7588-279-2, 2021, pp. 208,  Euro 20 – Collana “Il pensiero e il suo schermo” [5].

In copertina: Un’immagine emblematica di Edgar Reitz sul set.

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«La trilogia di Heimat, il romanzo familiare dal respiro epico e, insieme Bildungsroman, sterminata narrazione dove la ‘cronaca’ si intreccia alla finzione, la microstoria alla macrostoria, le memorie e i destini individuali a quelli collettivi, è anche un ineffabile palinsesto sull’arte di raccontare: quella capacità narrativa definita dal nonno ferroviere – lui non aveva una teoria per la sua arte di narrare e tuttavia era fermo nei suoi principi: i luoghi dell’azione dovevano essere reali […], i protagonisti dei suoi racconti avanzavano la pretesa di essere vissuti davvero – che Edgar Reitz ricorda con affetto, basandola su un principio di verità» (Barbara Rossi, Edgar Reitz. Uno sguardo fatto di tempo, Bietti, Milano 2019, p. 20).


Barbara Rossi, media educator e studiosa indipendente, è laureata in Storia e Critica del Cinema presso l’Università degli Studi di Torino; presidente dell’Associazione di cultura cinematografica e umanistica “La Voce della Luna” di Alessandria, con la quale propone corsi e rassegne sulla storia e il linguaggio del cinema, è vicepresidente della FIC (Fede­razione Italiana Cineforum). Ha organizzato incontri di formazione riservati ai docenti per il Museo Nazionale del Cinema di Torino e ha collaborato con il gruppo di ricerca “Memofilm, la creatività contro l’Alzheimer”, facente capo alla Cineteca di Bologna.

Giornalista pubblicista, ha curato la rubrica Le lune del cinema per la rivista “Cineforum”, con la quale attualmente collabora. Suoi saggi di argomento cinematografico sono stati pubblicati in diversi volumi antologici: nel 2015 è uscito, per l’editore Le Mani, il volume Anna Magnani, un’attrice dai mille volti tra Roma e Hollywood; nel 2019, all’interno della collana Bietti Heterotopia, Edgar Reitz. Uno sguardo fatto di tempo. Cura annualmente, in collaborazione con l’Associazione Culturale Italo-Tedesca di Alessandria, una rasse­gna che porta sul grande schermo il meglio della produzione cinematografica tedesca contemporanea. Ha organizzato, in collaborazione con l’Università delle Tre Età di Alessandria, la proiezione della trilogia di Heimat di Edgar Reitz.


«Il racconto-fiume seriale di Edgar Reitz impiega personaggi-attori che compongono la Heimat degli spettatori. Una patria di finzione disseminata di figure che si rincorrono nei primi tre cicli e infine, in Heimat-Fragmente: Die Frauen (2006), viene sostituita dalla soggettività della protagonista, Lulu, che incorpora frammenti dell’opera-mondo come atti di memoria filmica riattualizzata. Per comprendere chi sono i principali attori di Heimat e cosa fanno in questo grande ciclo, che abbraccia (e oltrepassa) l’arco cronologico 1919-2000, occorre, come fa Barbara Rossi nel suo saggio introduttivo, ricordare sia la loro formazione che ripercorrerne le biografie artistiche: tutte si definiscono infatti a partire dall’incontro con Edgar Reitz».

Cristina Jandelli


«Il tempo è un fenomeno inspiegabile. Il tempo è vita e la vita è un viaggio verso la fine del tempo. Quello che stiamo vivendo diventa qualcosa che abbiamo vissuto. Tempo si trasforma subito in tempo passato. Gone … Il film ha lo scandaloso privilegio di uscire dal tempo. Per giocarci, accelerarlo o fermarlo, a suo piacimento. Il film è tempo compresso: le lunghe 26 ore di Zweite Heimat corrispondono – in realtà – a 10 anni. Il film salta, omette e scorre in avanti, per fermarsi all’improvviso. In un momento, un attimo “così bello…”; oppure doloroso. E può fare anche di più: rende il tempo ripetibile. Detto in modo diverso, fa fermare completamente il tempo. Il ventenne Hermann Simon è ancora tra di noi. Il film non invecchia. Invecchia solo attraverso noi spettatori. Incontra in noi un‘altra vita e diventa, così, un altro film. Rimane lo stesso e tuttavia emerge sempre di nuovo. Ma deve essere visto. Se il film non viene visto, muoiono anche Maria, Clarissa o Hermann. È il grande merito di questo libro non solo evidenziare e riaccendere un aspetto essenziale della trilogia di Heimat, ma anche mantenere vivo il film. E quindi è stato un onore e un piacere per me far parte di questo libro, oggi, nell’anno 2021. Come mi ero amalgamato con la figura di Hermann Simon 30 anni fa, così sono uno spettatore oggi. Hermann può essere vivo, l’Henry Arnold di allora non esiste più. Il “tempo delle prime canzoni” è ormai passato. […] Il “buon tempo antico” è un’altra chimera. I film di Edgar Reitz, invece – così si spera – rimarranno».

Henry Arnold


Barbara Rossi, profonda studiosa del regista tedesco, nonché sperimentata didatta del linguaggio cinematografico, mette, all’inizio della sua riflessione, e fin già dal bellissimo sottotitolo della sua monografia, Uno sguardo fatto di tempo, immediatamente le carte in tavola. Il lettore deve familiarizzare senza indugi con la materia oggetto d’indagine. E deve riconoscere che un lavoro su Reitz non potrà non essere dedicato, in buona parte, all’opera monstrum della sua filmografia, a quell’Heimat che non solo lo ha fatto scoprire al mondo, ma che ha costituito, con le sue dimensioni abnormi – tre parti rispettivamente di 11, 13, 6 episodi, 15h40’ + 25h32’ + 11h32’, più un prologo, un epilogo con Heimat. Frammenti. Le donne e una quarta parte in funzione di prequel, L’altra Heimat. Cronaca di un sogno, alquanto sui generis –, un’esperienza unica, per l’autore come per lo spettatore, nonché un passaggio decisivo nella storia del cinema contemporaneo.

Sergio Arecco


Una esperienza umana fondamentale, quella del tempo: in fondo, viviamo dentro cicli e mutamenti. Qualcosa torna a noi e si ripete, come le stagioni, qualcosa scorre via in maniera irreversibile, come i giorni della nostra vita. Intuiamo collettivamente qualcosa come eterno e qualcosa come caduco, oscuramente sentendo che siamo contenuti e circondati dal tempo. Siamo impastati di tempo. Un tempo imperioso, che si impone alla nostra maniera di stare al mondo, a tal punto da renderci indispensabile pensarlo e cercare di dominarlo. Facciamo calendari e orologi, sogniamo macchine del tempo e sviluppiamo filosofie e fisiche del tempo. Eppure non riusciamo a sottrarci al suo potere, mentre la stessa sconfitta travolge il pensiero raziocinante e sistematico della filosofia e della scienza, questa medicina teoretica dell’angosciosità fondamentale della condizione umana, che nel suo pensare il tempo si scontra con aporie insanabili, dove soluzioni opposte all’interrogativo su che cosa esso sia si fronteggiano eternamente senza possibilità di vittoria.
Cos’ha a che fare il cinema di Edgar Reitz con questo? Tutto. Lo ha in primo luogo in quanto cinema, quindi in quanto cinema di Reitz, regista di cui è stato detto che ha «un meraviglioso sguardo fatto di tempo, intessuto di memorie private e collettive, di racconti veri o fittizi, di storie e di Storia» (Barbara Rossi, Edgar Reitz. Uno sguardo fatto di tempo, Bietti, Milano 2019, p. 209).

Michele Maranzana


Per diffondere la cultura: cinematografica, letteraria, filosofica, artistica…

A cura di Barbara Rossi

Giancarlo Chiariglione, Le forme informi della frontiera. Lo sguardo del cinema western sulla storia americana.

ISBN 978-88-7588-221-1, 2018, pp. 112, formato 140×210 mm., Euro 13 – Collana “il pensiero e il suo schermo” [1]. In copertina: Il giudice E. Cotton Winchell sulla cima del monte californiano a cui diede il suo nome nel 1888: incarnazione dell’autentico “uomo del Wild West”.

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Alessandro Alfieri, Dal simulacro alla Storia. Estetica ed etica in Quentin Tarantino.

ISBN 978-88-7588-218-1, 2018, pp. 128, formato 140×210 mm., Euro 13 – Collana “il pensiero e il suo schermo” [2]. In copertina: Il volto di Django Freeman (Jamie Foxx) in una scena del film Django Unchained, 2012, scritto e diretto da Q. Tarantino.

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Sergio Arecco, Fisica e metafisica del cinema. Il battle study dal muto al digitale.

ISBN 978-88-7588-253-2, 2019, pp. 224, formato 140×210 mm., Euro 20 – Collana “il pensiero e il suo schermo” [3]. In copertina: Charlie Chaplin, Charlot soldato (Shoulder Arms), 1918, fotogramma.

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Giangiuseppe Pili, Anche Kant amava Arancia meccanica. La filosofia del cinema di Stanley Kubrick.
Prefazione di Silvano Tagliagambe.

ISBN 978-88-7588-230-3, 2019, pp. 128, formato 140×210 mm., Euro 15 – Collana “il pensiero e il suo schermo” [4]. In copertina: Stanley Kubrick sullo sfondo di una sequenza di 2001. Odissea nello spazio, con l’astronauta David Bowman (interpretato da Keir Dullea). In quarta: il monolito nero.

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Barbara Rossi, Recitare il tempo. Le voci della Heimat di Edgar Reitz. Prefazione di Henry Arnold. Introduzione di Cristina Jandelli. Postfazione di Sergio Arecco. In Appendice: Michele Maranzana, Reitz e la macchina del tempo: appunti per un itinerario filosofico.

ISBN 978–88–7588-279-2, 2021, pp. 208, formato 140×210 mm, Euro 20 – Collana “Il pensiero e il suo schermo” [5]. In copertina: Un’immagine emblematica di Edgar Reitz sul set.

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M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio.
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Sergio Arecco – Quando il cinema era giovane. I fantasmi dell’opera, i fantasmi all’opera.

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Sergio Arecco

Quando il cinema era giovane. I fantasmi dell’opera, i fantasmi all’opera

ISBN 978–88–7588-287-7, 2021, pp. 232, Euro 20 – Collana “Il pensiero e il suo schermo” [6].

In copertina: Andreij Tarkovskij, Solaris (1972): Kris e il fantasma della moglie Hari. Nel taglio basso di copertina fotogrammi da: Un chien andalou (L. Buñuel) – Big Eyes (T. Burton) – La promessa dell’assassino (D. Cronenberg) – Teresa Venerdì (V. De Sica) – Millennium. Uomini che odiano le donne (D. Fincher) – Les carabiniers (J.-L. Go­dard) – Zatoichi (T. Kitano) – Turner (M. Leigh) – Porcile (P.P. Pasolini) – I racconti di Canterbury (P.P. Pasolini) – Racconto d’inverno (É. Rohmer) – Arca russa (A. Sokurov) – Sacrificio (A. Tarkovskij) – Melancholia (L. von Trier).

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Che cosa è successo? Perché un titolo come il nostro: Quando il cinema era giovane? È successo che è cambiato e sta cambiando tutto quanto, nelle funzionalità del cinema. Intendiamoci. Non è affatto un male. L’ampliamento smisurato della ricezione video e della potenzialità diffusionale della tecnologia digitale ha reso inevitabile un fenomeno di tale portata, la cui entità si misurerà in termini ancor più espansivi nell’immediato futuro, quantomeno in quello prevedibile. La qualità del prodotto è oggi altissima. Sicuramente innovatrice del linguaggio visivo e delle modalità espressive del mezzo – ancora e sempre, nel XXI secolo come un secolo fa, il mezzo è il messaggio. E non è affatto una manifestazione di rincrescimento, la nostra. È una constatazione, elementare e necessaria, di una mutazione epocale. Infatti, quando il cinema era giovane, l’opera passava comunque, in prima istanza, per la sala. Oggi non più, o solo parzialmente. Perché oggi essa arriva perlopiù allo spettatore tramite video o addirittura tramite smartphone. Il che cambia tutto nel rapporto del pubblico, chiamiamolo ancora così, con lo schermo e ciò che questo rappresenta, anche in termini di interlocutore adibito alla ricezione del film. Non solo. Oggi molte opere vengono realizzate a priori in digitale, con un semplice smartphone e tutti gli effetti speciali che si desiderano, nonché una molteplicità di soluzioni e invenzioni finora impensabili. Già tre anni fa, Unsane è stato girato da Steven Soderbergh con un iPhone apposito, e ha richiesto appena una settimana di ‘lavorazione’. Ebbene, Unsane è un gioiello. Meccanico? Sì, meccanico.

Qui si parla di: Un chien andalou (L. Buñuel), Big Eyes (T. Burton), La promessa dell’assassino (D. Cronenberg), Teresa Venerdì (V. De Sica), Millennium. Uomini che odiano le donne (D. Fincher), Les carabiniers (J.-L. Godard), Zatoichi (T. Kitano), Turner (M. Leigh), Porcile (P.P. Pasolini), I racconti di Canterbury (P.P. Pasolini), Racconto d’inverno (É. Rohmer), Arca russa (A. Sokurov), Sacrificio (A. Tarkovskij), Melancholia (L. von Trier), Solaris (A. Tarkovskij).

Sergio Arecco, insegnante e studioso di cinema, collaboratore delle principali riviste del settore, può vantare nel suo curriculum una decina di monografie su registi e attori tra i più diversi – da Pasolini, di cui è stato il primo esegeta, a Ôshima, da Cassavetes a Lucas, da Markopoulos a Bergman, su cui ha discusso la tesi di laurea nel 1968, da Resnais e Bresson a Dietrich e Brando, per editori come Il Castoro, Le Mani, Bulzoni, Ets – e una nutrita serie di volumi a tema, tra cui Il paesaggio del cinema, vincitore del premio “Maurizio Grande”, e Anche il tempo sogna. Quando il cinema racconta la storia, vincitore del premio “Umberto Barbaro”. Ha inoltre collaborato, tra l’altro, al Dizionario critico del film Treccani e al Dizionario dei registi del cinema mondiale Einaudi. Per la Cineteca di Bologna ha scritto un ampio repertorio del corto sonoro: Il cinema breve. Da Walt Disney a David Bowie, con prefazione di Goffredo Fofi. E per Petite Plaisance ha già pubblicato nel 2019 Fisica e metafisica del cinema. Svolge anche, da più di vent’anni, un’intensa attività di traduttore per le maggiori case editrici: Einaudi, Mondadori, Bompiani, attualmente La nave di Teseo.

Sergio Arecco – La durevole passione per il cinema con i miei libri in questi ultimi cinquanta anni.
Sergio Arecco – Fisica e metafisica del cinema. Il battle study dal muto al digitale

“Ben oui si on filme pas c’est pas du cinéma.”
“Des conneries! Le cinéma c’est bien avant qu’on filme.
Là cette bouteille elle a pas besoin d’être filmée
pour être du cinéma” .

François Bégaudeau, La blessure la vraie, 14 (2011)

***

317 ISBNSergio Arecco

Fisica e metafisica del cinema. Il battle study dal muto al digitale

ISBN 978-88-7588-253-2, 2019, pp. 224, Euro 20
Collana “il pensiero e il suo schermo”

indicepresentazioneautoresintesi

*****

«Nulla può darsi in qualunque situazione bellica senza l’esatta conoscenza dell’elemento di fondo: l’uomo e la sua morale». È quanto scrive lo stratega Ardant du Picq, morto in battaglia (Longeville-lès-Metz, guerra franco-prussiana), nell’incompiuto Études sur le combat, noto come  Battle Studies, ancora oggi testo di riferimento per chiunque intenda misurarsi con il tema del combattimento in pace o in guerra. Sì, anche in pace. Non sempre, infatti, si tratta di guerra guerreggiata, tra opposti eserciti. Leggendo, nel corso del volume, i capitoli su Napoli o Boston o Parigi, alternati con quelli sulla Grande Guerra o il Vietnam o la Cecenia, il lettore viene infatti chiamato a condividere una visuale complessiva – tipica del cinema, che del tema ha fatto uno dei suoi punti di forza – della nozione etica di conflitto in senso lato. Perché la qualità del grande cinema sta appunto nel suo innalzare, in virtù dell’immagine-movimento, un evento fisico come la battaglia a evento metafisico, a proprietà estetica, tale da esaltarne i principi della metafora e della metonimia, del latente e del manifesto, del connubio tra reale e immaginario. In Fisica e metafisica del cinema. Il battle study dal muto al digitale, l’Autore percorre, attraverso l’analisi di film di ogni epoca, da Charlot soldato a Dunkirk, l’evoluzione di un topos narrativo che ha nutrito la storia della settima arte.

*****

Indice

Nota di percorso

Antoine o la guerra degli ultimi
Napoli o la guerra dei vicoli
Westfront o la guerra delle ombre
Dunkirk/Dunkerque o la guerra degli idiomi
London (blitz) o la guerra dei bambini
Northern o la guerra delle identità
Vietnam o la guerra dei mondi
Boston o la guerra dei sobborghi
Caucaso o la guerra dei paesaggi
Cartoonia o la guerra dei simboli
Parigi o la guerra dei simulacri
Pier Paolo o la guerra delle figure

 Appendice:
Alain/Ingmar/Theo/Jean-Luc/Elisabetta/Marco o la guerra delle fedi

 Indice dei nomi e delle opere

***

Sergio Arecco, insegnante e studioso di cinema, collaboratore delle principali riviste del settore, può vantare nel suo curriculum una decina di monografie su registi o attori tra i più diversi – da Pasolini, di cui è stato il primo esegeta, a Oshima, da Cassavetes a Lucas, da Markopoulos a Bergman, su cui ha discusso la tesi di laurea nel 1968, da Resnais e Bresson a Dietrich e Brando, per editori come Il Castoro, Le Mani o Bulzoni – e una nutrita serie di volumi a tema: da Il paesaggio del cinema, vincitore del premio “Maurizio Grande”, a Anche tempo sogna. Quando il cinema racconta la storia, vincitore del premio “Umberto Barbaro”, da Le città del cinema a Il vampiro nascosto, perlopiù pubblicati da Le Mani. Ha inoltre collaborato al Dizionario critico dei film Treccani e al Dizionario dei registi del cinema mondiale Einaudi. Da ultimo ha pubblicato, per la Cineteca di Bologna, un ampio repertorio del corto sonoro: Il cinema breve. Da Walt Disney a David Bowie. Dizionario del cortometraggio 1928-2015, con la prefazione di Goffredo Fofi.


Il cinema breve

Il cinema breve

Sergio Arecco

Il cinema breve.
Da Walt Disney a David Bowie.
Dizionario del cortometraggio (1928-2015)

Editore Cineteca di Bologna, 2016

Oltre duecento corto e mediometraggi esemplari, selezionati e analizzati dalla perizia critica di Sergio Arecco, compongono nelle pagine di questo libro un’autentica storia parallela del cinema. Una storia che parte dalle origini del sonoro e senza soluzione di continuità arriva fino a noi, una corrente continua di multiformi invenzioni che ci conduce dallo Steamboat Willie di Walt Disney al Blackstar di David Bowie. Film d’avanguardia, film narrativo, film d’animazione, autobiografia, provocazione intellettuale, opera prima e pezzo unico, esordio ed epitaffio, contaminazione estrema e cinema puro. Concentrazione, divagazione, episodio, appunto, colpo d’occhio. Truffaut e Warhol, Antonioni e Park Chan-wook, D.A. Pennebaker e Björk, Shirley Clarke e Dino Risi, Buñuel e Tex Avery, Pasolini e Justin Lin, Mishima e Scorsese, Beckett e Monicelli, Lynch e Miyazaki. Certo, il cinema breve vive spesso di vita segreta. Compaiono nel repertorio anche nomi poco frequentati, titoli misteriosi, e sta forse qui il più forte richiamo di questo dizionario: nel suo proporsi come miniera di scoperte, di film così ben raccontati che avremo voglia di cercarli e di vederli, e che entreranno a far parte del nostro bagaglio cinefilo, della nostra storia personale.


1972_Pier Paolo Pasolini

Pier Paolo Pasolini

Sergio Arecco

Pier Paolo Pasolini

Partisan Edizioni , 1972

Dedicato alle opere di Pier Paolo Pasolini. Pubblicato nel 1972 dalla casa editrice romana «Partisan» in una collana che ospitava, tra l’altro, un saggio di Bordiga su Lenin, un libello di Cabral intitolato Guerriglia: il potere delle armi, una monografia su Godard di Moscariello e Dibattito su Rossellini a cura di Gianni Menon. Il volume comprende una Conversazione con Pier Paolo Pasolini a cura di Sergio Arecco.

Indice

In limine
Staticità dei contenuti: un mondo a metà?
La cultura e la sua rivalsa estetica
Vita come pretestualità della morte: la tecnica fondante e globale
«Tutto il mio folle amore…»: l’io epico
La cronaca ideologica e quella filmica
Biofilmografia


Thodoros Anghelopulos0

Thodoros Anghelopulos

Sergio Arecco

Thodoros Anghelopulos

Il Castoro Cinema, La Nuova Italia , 1978

Storia e mitologia, metafora ed emozione si fondono nell’opera di un grande regista dallo stile rigoroso: La recita (1975), Il volo (1986) e il Leone d’argento Paesaggio nella nebbia (1988).


Nagisa Oshima

Nagisa Oshima

Sergio Arecco

Nagisa Ōshima

Il Castoro Cinema, La Nuova Italia , 1979

Regista scomodo, non solo in patria, per il radicalismo ideologico ed espressivo. Dei suoi film duri e violenti, i più noti sono La cerimonia (1971) ed Ecco l’impero dei sensi (1976).


John Cassavetes

John Cassavetes

Sergio Arecco

John Cassavetes

Il Castoro Cinema, La Nuova Italia , 1981

John Cassavetes (New York, 1929 – Los Angeles, 1989) ha “inventato” l’idea stessa di cinema indipendente. La sua produzione, così coerente e refrattaria a ogni compromesso, ha rappresentato un’inesauribile fonte d’ispirazione per cineasti di tutto il mondo. Il suo stile asciutto, diretto e nervoso gli ha permesso di scavare meglio di chiunque altro tra le emozioni e i turbamenti dei suoi personaggi.
Tra i suoi film: Ombre (1959), Volti (1968), Una moglie (1975), La sera della prima (1977), Gloria – Una notte d’estate (1980).

John Cassavetes

John Cassavetes

Sergio Arecco

John Cassavetes

Il Castoro Cinema, 2009


George Lucas_b

George Lucas

Sergio Arecco

George Lucas

Il Castoro Cinema, 1995

Nasce a Modesto, California, nel 1944. Regista e produttore di genio. Ha dato vita a una scuola di effetti speciali, divenuta centro di produzione: la Industrial Light and Magic. Con le sue Guerre stellari (1977-1983) la fantascienza ha scoperto nuovi confini.

1995_George Lucas

George Lucas


1997_Alain Resnais

Alain Resnais

Sergio Arecco

Alain Resnais o la persistenza della memoria

Le Mani-Microart’S, 1997, 2014


1998_Rober Bresson

Robert Bresson

Sergio Arecco

Robert Bresson. L’anima e la forma

Le Mani-Microart’S, 1998


2000_Igmar Bergman. Segreti e magie

Igmar Bergman

Sergio Arecco

Igmar Bergman. Segreti e magie

Le Mani-Microart’S, 2000


2002_Il paesaggio del cinema

Il paesaggio del cinema

Sergio Arecco

Il paesaggio del cinema. Dieci studi da Ford ad Almodovar

Le Mani-Microart’S, 2002


2003_Il vampiro nascosto

Il vampiro nascosto

Sergio Arecco

Il vampiro nascosto. Suggestioni e dipendenza nel cinema

Le Mani-Microart’S, 2003, 2014


2004_Anche il tempo sogna

Anche il tempo sogna

Sergio Arecco

Anche il tempo sogna. Quando il cinema racconta la storia

ETS, 2004

Trenta film considerati esemplari del rapporto tra cinema e storia. Dai primi capolavori di Griffith – “Nascita di una nazione” – Ejzenstejn – “Ottobre” o Chaplin – “Il grande dittatore” – il volume traccia un itinerario completo, dal cinema classico al cinema contemporaneo, passando per esperienze anche eccentriche come “Hitler” di Syberberg o “Heimat” di Reitz. L’autore studia le forme e le modalità di realizzazione dei primi kolossal, le loro dinamiche interne, il loro impatto sul pubblico e le loro possibili valenze propagandistiche.


2005_Marlene Dietrich

Marlene Dietrich

Sergio Arecco

Marlene Dietrich. I piaceri dipinti

Le Mani-Microart’S, 2005


2007_Marlon Brando

Marlon Brando

Sergio Arecco

Marlon Brando. Il delitto di invecchiare

Le Mani-Microart’S, 2007


2009_Cinema e paesaggio

Cinema e paesaggio

Sergio Arecco

Cinema e paesaggio. Dizionario critico da “Accattone” a “Volver”

Le Mani-Microart’S, 2009, 2014

Dizionario critico in cento film, dalla A alla Z; dalle origini del cinema a oggi; da Il dottor Mabuse (Fritz Lang, 1922-23) a Gomorra (Matteo Garrone, 2008), passando per Via col vento (Victor Fleming, 1939) o Hiroshima, mon amour (Alain Resnais, 1959). Il filo conduttore del libro è il paesaggio del cinema che non è mai sfondo o contorno illustrativo, ma presenza viva, interlocutore privilegiato e speculare ai personaggi, complemento insostituibile alla loro articolazione narrativa e alla loro storia. Il paesaggio con i suoi punti fermi e i suoi punti di fuga, i suoi margini e i suoi sconfinamenti. Il suo filo più segreto e più intimo, è quello delle frontiere del visibile che si spostano, dei confini che non si lasciano definire, che fanno avanzare sempre un po’ di più i loro margini e le loro soglie. In una parola, è quello dello sconfinamento. Un concetto che, pur traendo ispirazione dal cinema di paesaggio, investe il cinema in sé, la sua dinamica, la sua grammatica e la sua sintassi: il paesaggio come una componente intrinseca, peculiare, del cinema, comparabile, per la sua funzione essenziale, alla recitazione degli attori o alla costruzione delle sequenze o alla dinamica del montaggio, vale a dire a quei fondamentali che fanno, materialmente e idealmente, un film. Qualcosa di più, dunque, di una nozione estetica. Quasi una filosofia (se la parola non fosse troppo grossa). Qualcosa che ha a che fare con la vita, con il suo perenne divenire.


2010_Le città del cinema

Le città del cinema

Sergio Arecco

Le città del cinema. Da Metropolis a Hong Kong

L’Epos, 2010

Metropolis e Hong Kong: due città, due icone, una vera e una immaginaria, che solo il cinema ha reso effettivamente reali; paradigmi del moderno e di sé stesse, reinventate dalla mitologia cinematografica e riplasmate come metropoli “assolute”; città virtualmente invisibili o inesistenti chiamate a vivere e a essere sé stesse solo dall’occhio della telecamera che ne legittima l’esistenza e concede loro uno statuto di visibilità.


2013_Le anatomie dell'invisibile

Le anatomie dell’invisibile

Sergio Arecco

Le anatomie dell’invisibile. Il cinema raccontato con il cinema

Città del silenzio, 2013

Sullo sfondo di un cinema che riflette su se stesso – attraverso i generi, gli interpreti o i registri espressivi – l’autore prende in esame alcuni temi, ricomposti in una struttura unitaria e omogenea: la voce fuori campo, il sogno, la favola, la dimensione urbana contrapposta a quella extraurbana, la sessualità. Con una nota di René de Ceccatty.


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

Petite Plaisance – Pubblicazioni recenti

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N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio.
Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo:

info@petiteplaisance.it,

e saranno immediatamente rimossi.

Presentazione del volume: «Recitare il tempo. Le voci della “Heimat” di Edgar Reitz». Giovedì 1 luglio, alle ore 21, presso la sede del Museo Etnografico, Piazza della Gambarina 1, Alessandria. Collegatevi oggi al link: https://fb.me/e/12KmGZvvI

Rossi Barbara - Edgar Reitz 01

Qui sotto link di collegamento all’evento on line di presentazione del libro “Recitare il tempo. Le voci della Heimat di Edgar Reitz”, che avrà luogo oggi, 29 giugno, alle ore 18 sulla pagina FB dell’Associazione Museo Nazionale del Cinema di Torino. Sarà presente Henry Arnold.

Barbara Rossi

https://fb.me/e/12KmGZvvI
Comunicato stampa  

Presentazione del volume
Recitare il tempo.
Le voci della Heimat di Edgar Reitz

Giovedì 1 luglio, alle ore 21,

l’Associazione di cultura cinematografica e umanistica La Voce della Luna, in collaborazione con il Museo Etnografico “C’era una volta”, il Comune di Alessandria, Alegas e FIC (Federazione Italiana Cineforum), presenta “Recitare il tempo. Le voci della Heimat di Edgar Reitz” (edizioni Petite Plaisance), il nuovo saggio a tema cinematografico di Barbara Rossi, media e film educator, studiosa di cinema e giornalista.
Dopo “Edgar Reitz. Uno sguardo fatto di tempo” (Bietti, 2019), l’autrice approfondisce alcuni temi già parzialmente affrontati nel volume precedente, dedicato a uno dei più prestigiosi registi del Nuovo Cinema Tedesco degli anni Sessanta, arricchendo e completando la sua prospettiva critica attraverso interviste esclusive con Edgar Reitz e con gli attori protagonisti della saga di “Heimat” (definita da alcuni ‘la madre di tutte le serie’), da Salome Kammer a Henry Arnold a Marita Breuer.
Impreziosiscono il volume la prefazione a cura di Henry Arnold, l’introduzione di Cristina Jandelli, studiosa del divismo cinematografico e docente di cinema all’Università di Firenze, la postfazione di Sergio Arecco, critico cinematografico e traduttore, e un’appendice di Michele Maranzana, docente di filosofia e dirigente scolastico del Liceo “Amaldi” di Novi Ligure.
La presentazione, a ingresso libero previa prenotazione a causa del numero limitato dei posti disponibili, avrà luogo – nel rispetto delle norme sanitarie in vigore – presso la sede del Museo Etnografico, Piazza della Gambarina 1, Alessandria.
Con l’Autrice saranno presenti il prof.  Sergio Arecco e il prof. Michele Maranzana.

Info e prenotazioni: tel. 340/9418376

www.voceluna.altervista.org; www.museodellagambarina.com

Fb:/VoceLuna/; FB:/museogambarina/

Voci sempre più potenti e – a tratti – minacciose si moltiplicano nella Germania e nell’Europa di oggi, solcate da fratture, violenze ed estremismi in chiave nazionalista che sembravano ormai appartenere al passato.

“Recitare il tempo. Le voci della Heimat di Edgar Reitz” risulta, in questa prospettiva, un testo di grande attualità, la cui riflessione si spinge ben oltre la dimensione propriamente cinematografica, per condurre il lettore e, insieme, lo spettatore a inoltrarsi nei meandri del Tempo, della Storia, della memoria, di tutto ciò che – anche in chiave esistenziale e filosofica – ci fonda e viene da noi dotato di senso.

Come sostiene Henry Arnold: «Il tempo è un fenomeno inspiegabile. Il tempo è vita e la vita è un viaggio verso la fine del tempo. Quello che stiamo vivendo diventa qualcosa che abbiamo vissuto. Tempo si trasforma subito in tempo passato. […] È il grande merito di questo libro non solo evidenziare e riaccendere un aspetto essenziale della trilogia di “Heimat”, ma anche mantenere vivo il film. E quindi è stato un onore e un piacere per me far parte di questo libro, oggi, nell’anno 2021. […] Il ‘tempo delle prime canzoni’ è ormai passato. […] Il ‘buon tempo antico’ è un’altra chimera. I film di Edgar Reitz, invece – così si spera – rimarranno».

Quanto prezioso e irrimediabilmente perduto sia ogni secondo della nostra vita, solo un film ce lo può mettere davanti agli occhi. Solo nel momento in cui qualcuno ci ha raccontato la nostra storia, come la storia del nostro battito del cuore, sappiamo chi siamo. […] Il tempo di solito lavora contro di noi, contrasta i nostri piani, manda a monte i progetti e pone un limite alla felicità di ognuno. L’arte cinematografica è figlia della tecnica e il prodotto di un mondo senza Dio […]: visto che viviamo nel secolo che ci ha regalato la macchina del tempo, allora vogliamo anche utilizzarla per strappare al flusso del tempo pezzi del suo bottino. Proprio in quanto uomini non religiosi, noi registi vogliamo lasciare le nostre tracce nell’universo-tempo, vogliamo conferire durata agli istanti della vita. “Verweile doch, du bist so schön” si dice con struggente desiderio nel Faust di Goethe.

Edgar Reitz, Film e tempo, 2006

Barbara Rossi

Recitare il tempo. Le voci della Heimat di Edgar Reitz

Prefazione di Henry Arnold. Introduzione di Cristina Jandelli.
Postfazione di Sergio Arecco.

In Appendice:
Michele Maranzana, Reitz e la macchina del tempo: appunti per un itinerario filosofico.

ISBN 978–88–7588-279-2, 2021, pp. 208,  Euro 20 – Collana “Il pensiero e il suo schermo” [5].

In copertina: Un’immagine emblematica di Edgar Reitz sul set.

indicepresentazioneautoresintesi

«La trilogia di Heimat, il romanzo familiare dal respiro epico e, insieme Bildungsroman, sterminata narrazione dove la ‘cronaca’ si intreccia alla finzione, la microstoria alla macrostoria, le memorie e i destini individuali a quelli collettivi, è anche un ineffabile palinsesto sull’arte di raccontare: quella capacità narrativa definita dal nonno ferroviere – lui non aveva una teoria per la sua arte di narrare e tuttavia era fermo nei suoi principi: i luoghi dell’azione dovevano essere reali […], i protagonisti dei suoi racconti avanzavano la pretesa di essere vissuti davvero – che Edgar Reitz ricorda con affetto, basandola su un principio di verità» (Barbara Rossi, Edgar Reitz. Uno sguardo fatto di tempo, Bietti, Milano 2019, p. 20).


Barbara Rossi, media educator e studiosa indipendente, è laureata in Storia e Critica del Cinema presso l’Università degli Studi di Torino; presidente dell’Associazione di cultura cinematografica e umanistica “La Voce della Luna” di Alessandria, con la quale propone corsi e rassegne sulla storia e il linguaggio del cinema, è vicepresidente della FIC (Fede­razione Italiana Cineforum). Ha organizzato incontri di formazione riservati ai docenti per il Museo Nazionale del Cinema di Torino e ha collaborato con il gruppo di ricerca “Memofilm, la creatività contro l’Alzheimer”, facente capo alla Cineteca di Bologna.

Giornalista pubblicista, ha curato la rubrica Le lune del cinema per la rivista “Cineforum”, con la quale attualmente collabora. Suoi saggi di argomento cinematografico sono stati pubblicati in diversi volumi antologici: nel 2015 è uscito, per l’editore Le Mani, il volume Anna Magnani, un’attrice dai mille volti tra Roma e Hollywood; nel 2019, all’interno della collana Bietti Heterotopia, Edgar Reitz. Uno sguardo fatto di tempo. Cura annualmente, in collaborazione con l’Associazione Culturale Italo-Tedesca di Alessandria, una rasse­gna che porta sul grande schermo il meglio della produzione cinematografica tedesca contemporanea. Ha organizzato, in collaborazione con l’Università delle Tre Età di Alessandria, la proiezione della trilogia di Heimat di Edgar Reitz.


«Il racconto-fiume seriale di Edgar Reitz impiega personaggi-attori che compongono la Heimat degli spettatori. Una patria di finzione disseminata di figure che si rincorrono nei primi tre cicli e infine, in Heimat-Fragmente: Die Frauen (2006), viene sostituita dalla soggettività della protagonista, Lulu, che incorpora frammenti dell’opera-mondo come atti di memoria filmica riattualizzata. Per comprendere chi sono i principali attori di Heimat e cosa fanno in questo grande ciclo, che abbraccia (e oltrepassa) l’arco cronologico 1919-2000, occorre, come fa Barbara Rossi nel suo saggio introduttivo, ricordare sia la loro formazione che ripercorrerne le biografie artistiche: tutte si definiscono infatti a partire dall’incontro con Edgar Reitz».

Cristina Jandelli


«Il tempo è un fenomeno inspiegabile. Il tempo è vita e la vita è un viaggio verso la fine del tempo. Quello che stiamo vivendo diventa qualcosa che abbiamo vissuto. Tempo si trasforma subito in tempo passato. Gone … Il film ha lo scandaloso privilegio di uscire dal tempo. Per giocarci, accelerarlo o fermarlo, a suo piacimento. Il film è tempo compresso: le lunghe 26 ore di Zweite Heimat corrispondono – in realtà – a 10 anni. Il film salta, omette e scorre in avanti, per fermarsi all’improvviso. In un momento, un attimo “così bello…”; oppure doloroso. E può fare anche di più: rende il tempo ripetibile. Detto in modo diverso, fa fermare completamente il tempo. Il ventenne Hermann Simon è ancora tra di noi. Il film non invecchia. Invecchia solo attraverso noi spettatori. Incontra in noi un‘altra vita e diventa, così, un altro film. Rimane lo stesso e tuttavia emerge sempre di nuovo. Ma deve essere visto. Se il film non viene visto, muoiono anche Maria, Clarissa o Hermann. È il grande merito di questo libro non solo evidenziare e riaccendere un aspetto essenziale della trilogia di Heimat, ma anche mantenere vivo il film. E quindi è stato un onore e un piacere per me far parte di questo libro, oggi, nell’anno 2021. Come mi ero amalgamato con la figura di Hermann Simon 30 anni fa, così sono uno spettatore oggi. Hermann può essere vivo, l’Henry Arnold di allora non esiste più. Il “tempo delle prime canzoni” è ormai passato. […] Il “buon tempo antico” è un’altra chimera. I film di Edgar Reitz, invece – così si spera – rimarranno».

Henry Arnold


Barbara Rossi, profonda studiosa del regista tedesco, nonché sperimentata didatta del linguaggio cinematografico, mette, all’inizio della sua riflessione, e fin già dal bellissimo sottotitolo della sua monografia, Uno sguardo fatto di tempo, immediatamente le carte in tavola. Il lettore deve familiarizzare senza indugi con la materia oggetto d’indagine. E deve riconoscere che un lavoro su Reitz non potrà non essere dedicato, in buona parte, all’opera monstrum della sua filmografia, a quell’Heimat che non solo lo ha fatto scoprire al mondo, ma che ha costituito, con le sue dimensioni abnormi – tre parti rispettivamente di 11, 13, 6 episodi, 15h40’ + 25h32’ + 11h32’, più un prologo, un epilogo con Heimat. Frammenti. Le donne e una quarta parte in funzione di prequel, L’altra Heimat. Cronaca di un sogno, alquanto sui generis –, un’esperienza unica, per l’autore come per lo spettatore, nonché un passaggio decisivo nella storia del cinema contemporaneo.

Sergio Arecco


Una esperienza umana fondamentale, quella del tempo: in fondo, viviamo dentro cicli e mutamenti. Qualcosa torna a noi e si ripete, come le stagioni, qualcosa scorre via in maniera irreversibile, come i giorni della nostra vita. Intuiamo collettivamente qualcosa come eterno e qualcosa come caduco, oscuramente sentendo che siamo contenuti e circondati dal tempo. Siamo impastati di tempo. Un tempo imperioso, che si impone alla nostra maniera di stare al mondo, a tal punto da renderci indispensabile pensarlo e cercare di dominarlo. Facciamo calendari e orologi, sogniamo macchine del tempo e sviluppiamo filosofie e fisiche del tempo. Eppure non riusciamo a sottrarci al suo potere, mentre la stessa sconfitta travolge il pensiero raziocinante e sistematico della filosofia e della scienza, questa medicina teoretica dell’angosciosità fondamentale della condizione umana, che nel suo pensare il tempo si scontra con aporie insanabili, dove soluzioni opposte all’interrogativo su che cosa esso sia si fronteggiano eternamente senza possibilità di vittoria.
Cos’ha a che fare il cinema di Edgar Reitz con questo? Tutto. Lo ha in primo luogo in quanto cinema, quindi in quanto cinema di Reitz, regista di cui è stato detto che ha «un meraviglioso sguardo fatto di tempo, intessuto di memorie private e collettive, di racconti veri o fittizi, di storie e di Storia» (Barbara Rossi, Edgar Reitz. Uno sguardo fatto di tempo, Bietti, Milano 2019, p. 209).

Michele Maranzana


Per diffondere la cultura: cinematografica, letteraria, filosofica, artistica…

A cura di Barbara Rossi

Giancarlo Chiariglione, Le forme informi della frontiera. Lo sguardo del cinema western sulla storia americana.

ISBN 978-88-7588-221-1, 2018, pp. 112, formato 140×210 mm., Euro 13 – Collana “il pensiero e il suo schermo” [1]. In copertina: Il giudice E. Cotton Winchell sulla cima del monte californiano a cui diede il suo nome nel 1888: incarnazione dell’autentico “uomo del Wild West”.

indicepresentazioneautoresintesi

 


Alessandro Alfieri, Dal simulacro alla Storia. Estetica ed etica in Quentin Tarantino.

ISBN 978-88-7588-218-1, 2018, pp. 128, formato 140×210 mm., Euro 13 – Collana “il pensiero e il suo schermo” [2]. In copertina: Il volto di Django Freeman (Jamie Foxx) in una scena del film Django Unchained, 2012, scritto e diretto da Q. Tarantino.

indicepresentazioneautoresintesi


Sergio Arecco, Fisica e metafisica del cinema. Il battle study dal muto al digitale.

ISBN 978-88-7588-253-2, 2019, pp. 224, formato 140×210 mm., Euro 20 – Collana “il pensiero e il suo schermo” [3]. In copertina: Charlie Chaplin, Charlot soldato (Shoulder Arms), 1918, fotogramma.

indicepresentazioneautoresintesi


Giangiuseppe Pili, Anche Kant amava Arancia meccanica. La filosofia del cinema di Stanley Kubrick.
Prefazione di Silvano Tagliagambe.

ISBN 978-88-7588-230-3, 2019, pp. 128, formato 140×210 mm., Euro 15 – Collana “il pensiero e il suo schermo” [4]. In copertina: Stanley Kubrick sullo sfondo di una sequenza di 2001. Odissea nello spazio, con l’astronauta David Bowman (interpretato da Keir Dullea). In quarta: il monolito nero.

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Barbara Rossi, Recitare il tempo. Le voci della Heimat di Edgar Reitz. Prefazione di Henry Arnold. Introduzione di Cristina Jandelli. Postfazione di Sergio Arecco. In Appendice: Michele Maranzana, Reitz e la macchina del tempo: appunti per un itinerario filosofico.

ISBN 978–88–7588-279-2, 2021, pp. 208, formato 140×210 mm, Euro 20 – Collana “Il pensiero e il suo schermo” [5]. In copertina: Un’immagine emblematica di Edgar Reitz sul set.

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M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

Petite Plaisance – Pubblicazioni recenti

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N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio.
Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo:

info@petiteplaisance.it,

e saranno immediatamente rimossi.


Barbara Rossi – «Recitare il tempo. Le voci della ‘Heimat’ di Edgar Reitz». Prefazione di Henry Arnold. Introduzione di Cristina Jandelli. Postfazione di Sergio Arecco. In Appendice: Michele Maranzana, «Reitz e la macchina del tempo. Appunti per un itinerario filosofico».

Rossi Barbara - Edgar Reitz

Quanto prezioso e irrimediabilmente perduto sia ogni secondo della nostra vita, solo un film ce lo può mettere davanti agli occhi. Solo nel momento in cui qualcuno ci ha raccontato la nostra storia, come la storia del nostro battito del cuore, sappiamo chi siamo. […] Il tempo di solito lavora contro di noi, contrasta i nostri piani, manda a monte i progetti e pone un limite alla felicità di ognuno. L’arte cinematografica è figlia della tecnica e il prodotto di un mondo senza Dio […]: visto che viviamo nel secolo che ci ha regalato la macchina del tempo, allora vogliamo anche utilizzarla per strappare al flusso del tempo pezzi del suo bottino. Proprio in quanto uomini non religiosi, noi registi vogliamo lasciare le nostre tracce nell’universo-tempo, vogliamo conferire durata agli istanti della vita. “Verweile doch, du bist so schön” si dice con struggente desiderio nel Faust di Goethe.

Edgar Reitz, Film e tempo, 2006

Barbara Rossi

Recitare il tempo. Le voci della Heimat di Edgar Reitz

Prefazione di Henry Arnold. Introduzione di Cristina Jandelli.
Postfazione di Sergio Arecco.

In Appendice:
Michele Maranzana, Reitz e la macchina del tempo: appunti per un itinerario filosofico.

ISBN 978–88–7588-279-2, 2021, pp. 208,  Euro 20 – Collana “Il pensiero e il suo schermo” [5].

In copertina: Un’immagine emblematica di Edgar Reitz sul set.

indicepresentazioneautoresintesi

«La trilogia di Heimat, il romanzo familiare dal respiro epico e, insieme Bildungsroman, sterminata narrazione dove la ‘cronaca’ si intreccia alla finzione, la microstoria alla macrostoria, le memorie e i destini individuali a quelli collettivi, è anche un ineffabile palinsesto sull’arte di raccontare: quella capacità narrativa definita dal nonno ferroviere – lui non aveva una teoria per la sua arte di narrare e tuttavia era fermo nei suoi principi: i luoghi dell’azione dovevano essere reali […], i protagonisti dei suoi racconti avanzavano la pretesa di essere vissuti davvero – che Edgar Reitz ricorda con affetto, basandola su un principio di verità» (Barbara Rossi, Edgar Reitz. Uno sguardo fatto di tempo, Bietti, Milano 2019, p. 20).


Barbara Rossi, media educator e studiosa indipendente, è laureata in Storia e Critica del Cinema presso l’Università degli Studi di Torino; presidente dell’Associazione di cultura cinematografica e umanistica “La Voce della Luna” di Alessandria, con la quale propone corsi e rassegne sulla storia e il linguaggio del cinema, è vicepresidente della FIC (Fede­razione Italiana Cineforum). Ha organizzato incontri di formazione riservati ai docenti per il Museo Nazionale del Cinema di Torino e ha collaborato con il gruppo di ricerca “Memofilm, la creatività contro l’Alzheimer”, facente capo alla Cineteca di Bologna.

Giornalista pubblicista, ha curato la rubrica Le lune del cinema per la rivista “Cineforum”, con la quale attualmente collabora. Suoi saggi di argomento cinematografico sono stati pubblicati in diversi volumi antologici: nel 2015 è uscito, per l’editore Le Mani, il volume Anna Magnani, un’attrice dai mille volti tra Roma e Hollywood; nel 2019, all’interno della collana Bietti Heterotopia, Edgar Reitz. Uno sguardo fatto di tempo. Cura annualmente, in collaborazione con l’Associazione Culturale Italo-Tedesca di Alessandria, una rasse­gna che porta sul grande schermo il meglio della produzione cinematografica tedesca contemporanea. Ha organizzato, in collaborazione con l’Università delle Tre Età di Alessandria, la proiezione della trilogia di Heimat di Edgar Reitz.


«Il racconto-fiume seriale di Edgar Reitz impiega personaggi-attori che compongono la Heimat degli spettatori. Una patria di finzione disseminata di figure che si rincorrono nei primi tre cicli e infine, in Heimat-Fragmente: Die Frauen (2006), viene sostituita dalla soggettività della protagonista, Lulu, che incorpora frammenti dell’opera-mondo come atti di memoria filmica riattualizzata. Per comprendere chi sono i principali attori di Heimat e cosa fanno in questo grande ciclo, che abbraccia (e oltrepassa) l’arco cronologico 1919-2000, occorre, come fa Barbara Rossi nel suo saggio introduttivo, ricordare sia la loro formazione che ripercorrerne le biografie artistiche: tutte si definiscono infatti a partire dall’incontro con Edgar Reitz».

Cristina Jandelli


«Il tempo è un fenomeno inspiegabile. Il tempo è vita e la vita è un viaggio verso la fine del tempo. Quello che stiamo vivendo diventa qualcosa che abbiamo vissuto. Tempo si trasforma subito in tempo passato. Gone … Il film ha lo scandaloso privilegio di uscire dal tempo. Per giocarci, accelerarlo o fermarlo, a suo piacimento. Il film è tempo compresso: le lunghe 26 ore di Zweite Heimat corrispondono – in realtà – a 10 anni. Il film salta, omette e scorre in avanti, per fermarsi all’improvviso. In un momento, un attimo “così bello…”; oppure doloroso. E può fare anche di più: rende il tempo ripetibile. Detto in modo diverso, fa fermare completamente il tempo. Il ventenne Hermann Simon è ancora tra di noi. Il film non invecchia. Invecchia solo attraverso noi spettatori. Incontra in noi un‘altra vita e diventa, così, un altro film. Rimane lo stesso e tuttavia emerge sempre di nuovo. Ma deve essere visto. Se il film non viene visto, muoiono anche Maria, Clarissa o Hermann. È il grande merito di questo libro non solo evidenziare e riaccendere un aspetto essenziale della trilogia di Heimat, ma anche mantenere vivo il film. E quindi è stato un onore e un piacere per me far parte di questo libro, oggi, nell’anno 2021. Come mi ero amalgamato con la figura di Hermann Simon 30 anni fa, così sono uno spettatore oggi. Hermann può essere vivo, l’Henry Arnold di allora non esiste più. Il “tempo delle prime canzoni” è ormai passato. […] Il “buon tempo antico” è un’altra chimera. I film di Edgar Reitz, invece – così si spera – rimarranno».

Henry Arnold


Barbara Rossi, profonda studiosa del regista tedesco, nonché sperimentata didatta del linguaggio cinematografico, mette, all’inizio della sua riflessione, e fin già dal bellissimo sottotitolo della sua monografia, Uno sguardo fatto di tempo, immediatamente le carte in tavola. Il lettore deve familiarizzare senza indugi con la materia oggetto d’indagine. E deve riconoscere che un lavoro su Reitz non potrà non essere dedicato, in buona parte, all’opera monstrum della sua filmografia, a quell’Heimat che non solo lo ha fatto scoprire al mondo, ma che ha costituito, con le sue dimensioni abnormi – tre parti rispettivamente di 11, 13, 6 episodi, 15h40’ + 25h32’ + 11h32’, più un prologo, un epilogo con Heimat. Frammenti. Le donne e una quarta parte in funzione di prequel, L’altra Heimat. Cronaca di un sogno, alquanto sui generis –, un’esperienza unica, per l’autore come per lo spettatore, nonché un passaggio decisivo nella storia del cinema contemporaneo.

Sergio Arecco


Una esperienza umana fondamentale, quella del tempo: in fondo, viviamo dentro cicli e mutamenti. Qualcosa torna a noi e si ripete, come le stagioni, qualcosa scorre via in maniera irreversibile, come i giorni della nostra vita. Intuiamo collettivamente qualcosa come eterno e qualcosa come caduco, oscuramente sentendo che siamo contenuti e circondati dal tempo. Siamo impastati di tempo. Un tempo imperioso, che si impone alla nostra maniera di stare al mondo, a tal punto da renderci indispensabile pensarlo e cercare di dominarlo. Facciamo calendari e orologi, sogniamo macchine del tempo e sviluppiamo filosofie e fisiche del tempo. Eppure non riusciamo a sottrarci al suo potere, mentre la stessa sconfitta travolge il pensiero raziocinante e sistematico della filosofia e della scienza, questa medicina teoretica dell’angosciosità fondamentale della condizione umana, che nel suo pensare il tempo si scontra con aporie insanabili, dove soluzioni opposte all’interrogativo su che cosa esso sia si fronteggiano eternamente senza possibilità di vittoria.
Cos’ha a che fare il cinema di Edgar Reitz con questo? Tutto. Lo ha in primo luogo in quanto cinema, quindi in quanto cinema di Reitz, regista di cui è stato detto che ha «un meraviglioso sguardo fatto di tempo, intessuto di memorie private e collettive, di racconti veri o fittizi, di storie e di Storia» (Barbara Rossi, Edgar Reitz. Uno sguardo fatto di tempo, Bietti, Milano 2019, p. 209).

Michele Maranzana


Per diffondere la cultura: cinematografica, letteraria, filosofica, artistica…

A cura di Barbara Rossi

Giancarlo Chiariglione, Le forme informi della frontiera. Lo sguardo del cinema western sulla storia americana.

ISBN 978-88-7588-221-1, 2018, pp. 112, formato 140×210 mm., Euro 13 – Collana “il pensiero e il suo schermo” [1]. In copertina: Il giudice E. Cotton Winchell sulla cima del monte californiano a cui diede il suo nome nel 1888: incarnazione dell’autentico “uomo del Wild West”.

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Alessandro Alfieri, Dal simulacro alla Storia. Estetica ed etica in Quentin Tarantino.

ISBN 978-88-7588-218-1, 2018, pp. 128, formato 140×210 mm., Euro 13 – Collana “il pensiero e il suo schermo” [2]. In copertina: Il volto di Django Freeman (Jamie Foxx) in una scena del film Django Unchained, 2012, scritto e diretto da Q. Tarantino.

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Sergio Arecco, Fisica e metafisica del cinema. Il battle study dal muto al digitale.

ISBN 978-88-7588-253-2, 2019, pp. 224, formato 140×210 mm., Euro 20 – Collana “il pensiero e il suo schermo” [3]. In copertina: Charlie Chaplin, Charlot soldato (Shoulder Arms), 1918, fotogramma.

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Giangiuseppe Pili, Anche Kant amava Arancia meccanica. La filosofia del cinema di Stanley Kubrick.
Prefazione di Silvano Tagliagambe.

ISBN 978-88-7588-230-3, 2019, pp. 128, formato 140×210 mm., Euro 15 – Collana “il pensiero e il suo schermo” [4]. In copertina: Stanley Kubrick sullo sfondo di una sequenza di 2001. Odissea nello spazio, con l’astronauta David Bowman (interpretato da Keir Dullea). In quarta: il monolito nero.

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Barbara Rossi, Recitare il tempo. Le voci della Heimat di Edgar Reitz. Prefazione di Henry Arnold. Introduzione di Cristina Jandelli. Postfazione di Sergio Arecco. In Appendice: Michele Maranzana, Reitz e la macchina del tempo: appunti per un itinerario filosofico.

ISBN 978–88–7588-279-2, 2021, pp. 208, formato 140×210 mm, Euro 20 – Collana “Il pensiero e il suo schermo” [5]. In copertina: Un’immagine emblematica di Edgar Reitz sul set.

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M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Copertine e schede editoriali (311-320) – Claudia Baracchi, Enrico Berti, Arianna Fermani, Silvia Gastaldi, Luca Grecchi, Silvia Gullino, Alberto Jori, Giulio A. Lucchetta, Lucia Palpacelli, Luigi Ruggiu, Mario Vegetti, Carmelo Vigna, Marcello Zanatta, Maurizio Migliori, Giovanni Casertano, Claudio Iozzo, Sergio Arecco, Antonio Vigilante, Alberto Gajano, Daniela Marcheschi, Eros Barone, Alberto G. Biuso, Salvatore Bravo, Giovanni Carosotti, Lucrezia Fava, Rossella Latempa, Claudio Lucchini, Romano Luperini, Fernanda Mazzoli, Alessandro Pallassini, Lucio Russo, Franco Toscani, Lorenzo Varaldo.

311-320

311
Claudia Baracchi, Enrico Berti, Arianna Fermani, Silvia Gastaldi, Luca Grecchi, Silvia Gullino, Alberto Jori, Giulio A. Lucchetta, Lucia Palpacelli, Luigi Ruggiu, Mario Vegetti, Carmelo Vigna, Marcello Zanatta, Teoria e prassi in Aristotele, a cura di Luca Grecchi.
ISBN 978-88-7588-254-9, 2018, pp. 448, formato 140×210 mm., Euro 35 – Collana “Il giogo” [95]. In copertina: Il busto di Aristotele a Calcide.

312
M. Antunes, C. Arcangelo, G. Conti, N. Dal Falco, S. Gavriilidis, U. Kindl, W. Louw, P. Macadré, D. Marcheschi, P. Merchant, P. Paolicchi, L. Pascale, A. Rita, La Favola nelle Letterature Europee. Atti del II Seminario Internazionale di studi sulla Favola, promosso dal Centro Internazionale di Studi Europei Sirio Giannini. A cura di D. Marcheschi e C. Tommasi.
ISBN 978-88-7588-252-5, 2018, pp. 152, formato 140×210 mm., Euro 12. In copertina: Guido Conti, Lupo e cane.

313
Giulio A. Lucchetta, L’olio profumato di Itaca. La coltivazione esemplare dell’ulivo e il proficuo modello produttivo dell’olio nell’Odissea.
ISBN 978-88-7588-250-1, 2018, pp. 48, formato 140×210 mm., Euro 5 – Collana “Il giogo” [96]. In copertina: Rappresentazione della raccolta delle olive. Anfora attica, VI sec. a.C., British Museum, Londra.

314
Eros Barone, Alberto Giovanni Biuso, Salvatore A. Bravo, Giovanni Carosotti, Lucrezia Fava, Arianna Fermani, Luca Grecchi, Silvia Gullino, Rossella Latempa, Claudio Lucchini, Romano Luperini, Fernanda Mazzoli, Alessandro Pallassini, Lucio Russo, Franco Toscani, Lorenzo Varaldo, Per una scuola vera e buona
ISBN 978-88-7588-248-8, 2018, pp. 272, formato 170×240 mm., Euro 25 – Collana “Il giogo” [98]. In copertina: Marc Chagall, L’Acrobata (The Acrobat), 1914.

315
Maurizio Migliori, La bellezza della complessità. Studi su Platone e dintorni. Introduzione di Luca Grecchi.
ISBN 978-88-7588-247-1, 2019, pp. 592, formato 140×210 mm., Euro 38 – Collana “Il giogo” [100]. In copertina: Vasilij Kandinskij, Verso l’alto (Empor), 1929, Collezione Peggy Guggenheim, Venezia.

316
Claudio Iozzo, Il silenzio malato. Storie di recovery in salute mentale. Introduzione di Paolo Pini. ISBN 978-88-7588-249-5, 2019, pp. 160, formato 130×200 mm., Euro 15. In copertina: Vasilij Kandinskij, Molle durezza, 1927.

317
Sergio Arecco, Fisica e metafisica del cinema. Il battle study dal muto al digitale.
ISBN 978-88-7588-253-2, 2019, pp. 224, formato 140×210 mm., Euro 20 – Collana “il pensiero e il suo schermo” [3]. In copertina: Charlie Chaplin, Charlot soldato (Shoulder Arms), 1918, fotogramma.

318
Giovanni Casertano, Venticinque studi sui preplatonici. Introduzione di Luca Grecchi.
ISBN 978-88-7588-251-8, 2019, pp. 488, formato 170×240 mm., Euro 35 – Collana “Il giogo” [99]. In copertina: Statue di filosofi greci: Socrate, Antistene e altri. British Museum di Londra. In quarta: Anassimandro, bassorilievo. Roma, Museo Nazionale Romano.

319
Antonio Vigilante, L’essere e il tu. Aldo Capitini in dialogo con Nishitani Keiji, Enrique Dussel e Murray Bookchin.
ISBN 978-88-7588-166-5, 2019, pp. 144, formato 140×210 mm., Euro 15. In copertina: Max Ernst, Configuration N.16. 1974.

320
Alberto Gajano, Dialettica della merce. Introduzione allo studio di Per la critica dell’economia politica di Marx. Postfazione di Roberto Finelli: Il peso storico di un’astrazione: tra logica e realtà. ISBN 978-88-7588-205-1, 2019, pp. 160, formato 140×210 mm., Euro 15. Collana “Divergenze” [62]. In copertina: Wassily Kandinsky, Rose Fondant, 1928.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Sergio Arecco – Fisica e metafisica del cinema. Il battle study dal muto al digitale

Sergio Arecco 002

“Ben oui si on filme pas c’est pas du cinéma.”
“Des conneries! Le cinéma c’est bien avant qu’on filme.
Là cette bouteille elle a pas besoin d’être filmée
pour être du cinéma” .

François Bégaudeau, La blessure la vraie, 14 (2011)

***

317 ISBNSergio Arecco

Fisica e metafisica del cinema. Il battle study dal muto al digitale

ISBN 978-88-7588-253-2, 2019, pp. 224, Euro 20
Collana “il pensiero e il suo schermo”

indicepresentazioneautoresintesi

*****

«Nulla può darsi in qualunque situazione bellica senza l’esatta conoscenza dell’elemento di fondo: l’uomo e la sua morale». È quanto scrive lo stratega Ardant du Picq, morto in battaglia (Longeville-lès-Metz, guerra franco-prussiana), nell’incompiuto Études sur le combat, noto come  Battle Studies, ancora oggi testo di riferimento per chiunque intenda misurarsi con il tema del combattimento in pace o in guerra. Sì, anche in pace. Non sempre, infatti, si tratta di guerra guerreggiata, tra opposti eserciti. Leggendo, nel corso del volume, i capitoli su Napoli o Boston o Parigi, alternati con quelli sulla Grande Guerra o il Vietnam o la Cecenia, il lettore viene infatti chiamato a condividere una visuale complessiva – tipica del cinema, che del tema ha fatto uno dei suoi punti di forza – della nozione etica di conflitto in senso lato. Perché la qualità del grande cinema sta appunto nel suo innalzare, in virtù dell’immagine-movimento, un evento fisico come la battaglia a evento metafisico, a proprietà estetica, tale da esaltarne i principi della metafora e della metonimia, del latente e del manifesto, del connubio tra reale e immaginario. In Fisica e metafisica del cinema. Il battle study dal muto al digitale, l’Autore percorre, attraverso l’analisi di film di ogni epoca, da Charlot soldato a Dunkirk, l’evoluzione di un topos narrativo che ha nutrito la storia della settima arte.

*****

Indice

Nota di percorso

Antoine o la guerra degli ultimi
Napoli o la guerra dei vicoli
Westfront o la guerra delle ombre
Dunkirk/Dunkerque o la guerra degli idiomi
London (blitz) o la guerra dei bambini
Northern o la guerra delle identità
Vietnam o la guerra dei mondi
Boston o la guerra dei sobborghi
Caucaso o la guerra dei paesaggi
Cartoonia o la guerra dei simboli
Parigi o la guerra dei simulacri
Pier Paolo o la guerra delle figure

 Appendice:
Alain/Ingmar/Theo/Jean-Luc/Elisabetta/Marco o la guerra delle fedi

 Indice dei nomi e delle opere

***

Sergio Arecco, insegnante e studioso di cinema, collaboratore delle principali riviste del settore, può vantare nel suo curriculum una decina di monografie su registi o attori tra i più diversi – da Pasolini, di cui è stato il primo esegeta, a Oshima, da Cassavetes a Lucas, da Markopoulos a Bergman, su cui ha discusso la tesi di laurea nel 1968, da Resnais e Bresson a Dietrich e Brando, per editori come Il Castoro, Le Mani o Bulzoni – e una nutrita serie di volumi a tema: da Il paesaggio del cinema, vincitore del premio “Maurizio Grande”, a Anche tempo sogna. Quando il cinema racconta la storia, vincitore del premio “Umberto Barbaro”, da Le città del cinema a Il vampiro nascosto, perlopiù pubblicati da Le Mani. Ha inoltre collaborato al Dizionario critico dei film Treccani e al Dizionario dei registi del cinema mondiale Einaudi. Da ultimo ha pubblicato, per la Cineteca di Bologna, un ampio repertorio del corto sonoro: Il cinema breve. Da Walt Disney a David Bowie. Dizionario del cortometraggio 1928-2015, con la prefazione di Goffredo Fofi.

 


 

Il cinema breve

Il cinema breve

Sergio Arecco

Il cinema breve.
Da Walt Disney a David Bowie.
Dizionario del cortometraggio (1928-2015)

Editore Cineteca di Bologna, 2016

Oltre duecento corto e mediometraggi esemplari, selezionati e analizzati dalla perizia critica di Sergio Arecco, compongono nelle pagine di questo libro un’autentica storia parallela del cinema. Una storia che parte dalle origini del sonoro e senza soluzione di continuità arriva fino a noi, una corrente continua di multiformi invenzioni che ci conduce dallo Steamboat Willie di Walt Disney al Blackstar di David Bowie. Film d’avanguardia, film narrativo, film d’animazione, autobiografia, provocazione intellettuale, opera prima e pezzo unico, esordio ed epitaffio, contaminazione estrema e cinema puro. Concentrazione, divagazione, episodio, appunto, colpo d’occhio. Truffaut e Warhol, Antonioni e Park Chan-wook, D.A. Pennebaker e Björk, Shirley Clarke e Dino Risi, Buñuel e Tex Avery, Pasolini e Justin Lin, Mishima e Scorsese, Beckett e Monicelli, Lynch e Miyazaki. Certo, il cinema breve vive spesso di vita segreta. Compaiono nel repertorio anche nomi poco frequentati, titoli misteriosi, e sta forse qui il più forte richiamo di questo dizionario: nel suo proporsi come miniera di scoperte, di film così ben raccontati che avremo voglia di cercarli e di vederli, e che entreranno a far parte del nostro bagaglio cinefilo, della nostra storia personale.


1972_Pier Paolo Pasolini

Pier Paolo Pasolini

 

Sergio Arecco

Pier Paolo Pasolini

Partisan Edizioni , 1972

Dedicato alle opere di Pier Paolo Pasolini. Pubblicato nel 1972 dalla casa editrice romana «Partisan» in una collana che ospitava, tra l’altro, un saggio di Bordiga su Lenin, un libello di Cabral intitolato Guerriglia: il potere delle armi, una monografia su Godard di Moscariello e Dibattito su Rossellini a cura di Gianni Menon. Il volume comprende una Conversazione con Pier Paolo Pasolini a cura di Sergio Arecco.

Indice

In limine
Staticità dei contenuti: un mondo a metà?
La cultura e la sua rivalsa estetica
Vita come pretestualità della morte: la tecnica fondante e globale
«Tutto il mio folle amore…»: l’io epico
La cronaca ideologica e quella filmica
Biofilmografia


Thodoros Anghelopulos0

Thodoros Anghelopulos

Sergio Arecco

Thodoros Anghelopulos

Il Castoro Cinema, La Nuova Italia , 1978

Storia e mitologia, metafora ed emozione si fondono nell’opera di un grande regista dallo stile rigoroso: La recita (1975), Il volo (1986) e il Leone d’argento Paesaggio nella nebbia (1988).


Nagisa Oshima

Nagisa Oshima

Sergio Arecco

Nagisa Ōshima

Il Castoro Cinema, La Nuova Italia , 1979

Regista scomodo, non solo in patria, per il radicalismo ideologico ed espressivo. Dei suoi film duri e violenti, i più noti sono La cerimonia (1971) ed Ecco l’impero dei sensi (1976).


John Cassavetes

John Cassavetes

Sergio Arecco

John Cassavetes

Il Castoro Cinema, La Nuova Italia , 1981

John Cassavetes (New York, 1929 – Los Angeles, 1989) ha “inventato” l’idea stessa di cinema indipendente. La sua produzione, così coerente e refrattaria a ogni compromesso, ha rappresentato un’inesauribile fonte d’ispirazione per cineasti di tutto il mondo. Il suo stile asciutto, diretto e nervoso gli ha permesso di scavare meglio di chiunque altro tra le emozioni e i turbamenti dei suoi personaggi.
Tra i suoi film: Ombre (1959), Volti (1968), Una moglie (1975), La sera della prima (1977), Gloria – Una notte d’estate (1980).

 

John Cassavetes

John Cassavetes

Sergio Arecco

John Cassavetes

Il Castoro Cinema, 2009

 


George Lucas_b

George Lucas

Sergio Arecco

George Lucas

Il Castoro Cinema, 1995

Nasce a Modesto, California, nel 1944. Regista e produttore di genio. Ha dato vita a una scuola di effetti speciali, divenuta centro di produzione: la Industrial Light and Magic. Con le sue Guerre stellari (1977-1983) la fantascienza ha scoperto nuovi confini.

1995_George Lucas

George Lucas


1997_Alain Resnais

Alain Resnais

Sergio Arecco

Alain Resnais o la persistenza della memoria

Le Mani-Microart’S, 1997, 2014


1998_Rober Bresson

Robert Bresson

Sergio Arecco

Robert Bresson. L’anima e la forma

Le Mani-Microart’S, 1998


2000_Igmar Bergman. Segreti e magie

Igmar Bergman

Sergio Arecco

Igmar Bergman. Segreti e magie

Le Mani-Microart’S, 2000


2002_Il paesaggio del cinema

Il paesaggio del cinema

Sergio Arecco

Il paesaggio del cinema. Dieci studi da Ford ad Almodovar

Le Mani-Microart’S, 2002


2003_Il vampiro nascosto

Il vampiro nascosto

Sergio Arecco

Il vampiro nascosto. Suggestioni e dipendenza nel cinema

Le Mani-Microart’S, 2003, 2014


2004_Anche il tempo sogna

Anche il tempo sogna

Sergio Arecco

Anche il tempo sogna. Quando il cinema racconta la storia

ETS, 2004

Trenta film considerati esemplari del rapporto tra cinema e storia. Dai primi capolavori di Griffith – “Nascita di una nazione” – Ejzenstejn – “Ottobre” o Chaplin – “Il grande dittatore” – il volume traccia un itinerario completo, dal cinema classico al cinema contemporaneo, passando per esperienze anche eccentriche come “Hitler” di Syberberg o “Heimat” di Reitz. L’autore studia le forme e le modalità di realizzazione dei primi kolossal, le loro dinamiche interne, il loro impatto sul pubblico e le loro possibili valenze propagandistiche.


2005_Marlene Dietrich

Marlene Dietrich

Sergio Arecco

Marlene Dietrich. I piaceri dipinti

Le Mani-Microart’S, 2005


2007_Marlon Brando

Marlon Brando

Sergio Arecco

Marlon Brando. Il delitto di invecchiare

Le Mani-Microart’S, 2007


2009_Cinema e paesaggio

Cinema e paesaggio

Sergio Arecco

Cinema e paesaggio. Dizionario critico da “Accattone” a “Volver”

Le Mani-Microart’S, 2009, 2014

Dizionario critico in cento film, dalla A alla Z; dalle origini del cinema a oggi; da Il dottor Mabuse (Fritz Lang, 1922-23) a Gomorra (Matteo Garrone, 2008), passando per Via col vento (Victor Fleming, 1939) o Hiroshima, mon amour (Alain Resnais, 1959). Il filo conduttore del libro è il paesaggio del cinema che non è mai sfondo o contorno illustrativo, ma presenza viva, interlocutore privilegiato e speculare ai personaggi, complemento insostituibile alla loro articolazione narrativa e alla loro storia. Il paesaggio con i suoi punti fermi e i suoi punti di fuga, i suoi margini e i suoi sconfinamenti. Il suo filo più segreto e più intimo, è quello delle frontiere del visibile che si spostano, dei confini che non si lasciano definire, che fanno avanzare sempre un po’ di più i loro margini e le loro soglie. In una parola, è quello dello sconfinamento. Un concetto che, pur traendo ispirazione dal cinema di paesaggio, investe il cinema in sé, la sua dinamica, la sua grammatica e la sua sintassi: il paesaggio come una componente intrinseca, peculiare, del cinema, comparabile, per la sua funzione essenziale, alla recitazione degli attori o alla costruzione delle sequenze o alla dinamica del montaggio, vale a dire a quei fondamentali che fanno, materialmente e idealmente, un film. Qualcosa di più, dunque, di una nozione estetica. Quasi una filosofia (se la parola non fosse troppo grossa). Qualcosa che ha a che fare con la vita, con il suo perenne divenire.


2010_Le città del cinema

Le città del cinema

Sergio Arecco

Le città del cinema. Da Metropolis a Hong Kong

L’Epos, 2010

Metropolis e Hong Kong: due città, due icone, una vera e una immaginaria, che solo il cinema ha reso effettivamente reali; paradigmi del moderno e di sé stesse, reinventate dalla mitologia cinematografica e riplasmate come metropoli “assolute”; città virtualmente invisibili o inesistenti chiamate a vivere e a essere sé stesse solo dall’occhio della telecamera che ne legittima l’esistenza e concede loro uno statuto di visibilità.


2013_Le anatomie dell'invisibile

Le anatomie dell’invisibile

Sergio Arecco

Le anatomie dell’invisibile. Il cinema raccontato con il cinema

Città del silenzio, 2013

Sullo sfondo di un cinema che riflette su se stesso – attraverso i generi, gli interpreti o i registri espressivi – l’autore prende in esame alcuni temi, ricomposti in una struttura unitaria e omogenea: la voce fuori campo, il sogno, la favola, la dimensione urbana contrapposta a quella extraurbana, la sessualità. Con una nota di René de Ceccatty.




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Sergio Arecco – La durevole passione per il cinema con i miei libri in questi ultimi cinquanta anni.

Sergio Arecco 001

Il cinema breve

Il cinema breve

Sergio Arecco

Il cinema breve.
Da Walt Disney a David Bowie.
Dizionario del cortometraggio (1928-2015)

Editore Cineteca di Bologna, 2016

 

Oltre duecento corto e mediometraggi esemplari, selezionati e analizzati dalla perizia critica di Sergio Arecco, compongono nelle pagine di questo libro un’autentica storia parallela del cinema. Una storia che parte dalle origini del sonoro e senza soluzione di continuità arriva fino a noi, una corrente continua di multiformi invenzioni che ci conduce dallo Steamboat Willie di Walt Disney al Blackstar di David Bowie. Film d’avanguardia, film narrativo, film d’animazione, autobiografia, provocazione intellettuale, opera prima e pezzo unico, esordio ed epitaffio, contaminazione estrema e cinema puro. Concentrazione, divagazione, episodio, appunto, colpo d’occhio. Truffaut e Warhol, Antonioni e Park Chan-wook, D.A. Pennebaker e Björk, Shirley Clarke e Dino Risi, Buñuel e Tex Avery, Pasolini e Justin Lin, Mishima e Scorsese, Beckett e Monicelli, Lynch e Miyazaki. Certo, il cinema breve vive spesso di vita segreta. Compaiono nel repertorio anche nomi poco frequentati, titoli misteriosi, e sta forse qui il più forte richiamo di questo dizionario: nel suo proporsi come miniera di scoperte, di film così ben raccontati che avremo voglia di cercarli e di vederli, e che entreranno a far parte del nostro bagaglio cinefilo, della nostra storia personale.


1972_Pier Paolo Pasolini

Pier Paolo Pasolini

 

Sergio Arecco

Pier Paolo Pasolini

Partisan Edizioni , 1972

Dedicato alle opere di Pier Paolo Pasolini. Pubblicato nel 1972 dalla casa editrice romana «Partisan» in una collana che ospitava, tra l’altro, un saggio di Bordiga su Lenin, un libello di Cabral intitolato Guerriglia: il potere delle armi, una monografia su Godard di Moscariello e Dibattito su Rossellini a cura di Gianni Menon. Il volume comprende una Conversazione con Pier Paolo Pasolini a cura di Sergio Arecco.

Indice

In limine
Staticità dei contenuti: un mondo a metà?
La cultura e la sua rivalsa estetica
Vita come pretestualità della morte: la tecnica fondante e globale
«Tutto il mio folle amore…»: l’io epico
La cronaca ideologica e quella filmica
Biofilmografia


Thodoros Anghelopulos0

Thodoros Anghelopulos

Sergio Arecco

Thodoros Anghelopulos

Il Castoro Cinema, La Nuova Italia , 1978

Storia e mitologia, metafora ed emozione si fondono nell’opera di un grande regista dallo stile rigoroso: La recita (1975), Il volo (1986) e il Leone d’argento Paesaggio nella nebbia (1988).


Nagisa Oshima

Nagisa Oshima

Sergio Arecco

Nagisa Ōshima

Il Castoro Cinema, La Nuova Italia , 1979

Regista scomodo, non solo in patria, per il radicalismo ideologico ed espressivo. Dei suoi film duri e violenti, i più noti sono La cerimonia (1971) ed Ecco l’impero dei sensi (1976).


John Cassavetes

John Cassavetes

Sergio Arecco

John Cassavetes

Il Castoro Cinema, La Nuova Italia , 1981

John Cassavetes (New York, 1929 – Los Angeles, 1989) ha “inventato” l’idea stessa di cinema indipendente. La sua produzione, così coerente e refrattaria a ogni compromesso, ha rappresentato un’inesauribile fonte d’ispirazione per cineasti di tutto il mondo. Il suo stile asciutto, diretto e nervoso gli ha permesso di scavare meglio di chiunque altro tra le emozioni e i turbamenti dei suoi personaggi.
Tra i suoi film: Ombre (1959), Volti (1968), Una moglie (1975), La sera della prima (1977), Gloria – Una notte d’estate (1980).

 

John Cassavetes

John Cassavetes

Sergio Arecco

John Cassavetes

Il Castoro Cinema, 2009

 


George Lucas_b

George Lucas

Sergio Arecco

George Lucas

Il Castoro Cinema, 1995

Nasce a Modesto, California, nel 1944. Regista e produttore di genio. Ha dato vita a una scuola di effetti speciali, divenuta centro di produzione: la Industrial Light and Magic. Con le sue Guerre stellari (1977-1983) la fantascienza ha scoperto nuovi confini.

1995_George Lucas

George Lucas


1997_Alain Resnais

Alain Resnais

Sergio Arecco

Alain Resnais o la persistenza della memoria

Le Mani-Microart’S, 1997, 2014


1998_Rober Bresson

Robert Bresson

Sergio Arecco

Robert Bresson. L’anima e la forma

Le Mani-Microart’S, 1998


2000_Igmar Bergman. Segreti e magie

Igmar Bergman

Sergio Arecco

Igmar Bergman. Segreti e magie

Le Mani-Microart’S, 2000


2002_Il paesaggio del cinema

Il paesaggio del cinema

Sergio Arecco

Il paesaggio del cinema. Dieci studi da Ford ad Almodovar

Le Mani-Microart’S, 2002


2003_Il vampiro nascosto

Il vampiro nascosto

Sergio Arecco

Il vampiro nascosto. Suggestioni e dipendenza nel cinema

Le Mani-Microart’S, 2003, 2014


2004_Anche il tempo sogna

Anche il tempo sogna

Sergio Arecco

Anche il tempo sogna. Quando il cinema racconta la storia

ETS, 2004

Trenta film considerati esemplari del rapporto tra cinema e storia. Dai primi capolavori di Griffith – “Nascita di una nazione” – Ejzenstejn – “Ottobre” o Chaplin – “Il grande dittatore” – il volume traccia un itinerario completo, dal cinema classico al cinema contemporaneo, passando per esperienze anche eccentriche come “Hitler” di Syberberg o “Heimat” di Reitz. L’autore studia le forme e le modalità di realizzazione dei primi kolossal, le loro dinamiche interne, il loro impatto sul pubblico e le loro possibili valenze propagandistiche.


2005_Marlene Dietrich

Marlene Dietrich

Sergio Arecco

Marlene Dietrich. I piaceri dipinti

Le Mani-Microart’S, 2005


2007_Marlon Brando

Marlon Brando

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Marlon Brando. Il delitto di invecchiare

Le Mani-Microart’S, 2007


2009_Cinema e paesaggio

Cinema e paesaggio

Sergio Arecco

Cinema e paesaggio. Dizionario critico da “Accattone” a “Volver”

Le Mani-Microart’S, 2009, 2014

Dizionario critico in cento film, dalla A alla Z; dalle origini del cinema a oggi; da Il dottor Mabuse (Fritz Lang, 1922-23) a Gomorra (Matteo Garrone, 2008), passando per Via col vento (Victor Fleming, 1939) o Hiroshima, mon amour (Alain Resnais, 1959). Il filo conduttore del libro è il paesaggio del cinema che non è mai sfondo o contorno illustrativo, ma presenza viva, interlocutore privilegiato e speculare ai personaggi, complemento insostituibile alla loro articolazione narrativa e alla loro storia. Il paesaggio con i suoi punti fermi e i suoi punti di fuga, i suoi margini e i suoi sconfinamenti. Il suo filo più segreto e più intimo, è quello delle frontiere del visibile che si spostano, dei confini che non si lasciano definire, che fanno avanzare sempre un po’ di più i loro margini e le loro soglie. In una parola, è quello dello sconfinamento. Un concetto che, pur traendo ispirazione dal cinema di paesaggio, investe il cinema in sé, la sua dinamica, la sua grammatica e la sua sintassi: il paesaggio come una componente intrinseca, peculiare, del cinema, comparabile, per la sua funzione essenziale, alla recitazione degli attori o alla costruzione delle sequenze o alla dinamica del montaggio, vale a dire a quei fondamentali che fanno, materialmente e idealmente, un film. Qualcosa di più, dunque, di una nozione estetica. Quasi una filosofia (se la parola non fosse troppo grossa). Qualcosa che ha a che fare con la vita, con il suo perenne divenire.


2010_Le città del cinema

Le città del cinema

Sergio Arecco

Le città del cinema. Da Metropolis a Hong Kong

L’Epos, 2010

Metropolis e Hong Kong: due città, due icone, una vera e una immaginaria, che solo il cinema ha reso effettivamente reali; paradigmi del moderno e di sé stesse, reinventate dalla mitologia cinematografica e riplasmate come metropoli “assolute”; città virtualmente invisibili o inesistenti chiamate a vivere e a essere sé stesse solo dall’occhio della telecamera che ne legittima l’esistenza e concede loro uno statuto di visibilità.


2013_Le anatomie dell'invisibile

Le anatomie dell’invisibile

Sergio Arecco

Le anatomie dell’invisibile. Il cinema raccontato con il cinema

Città del silenzio, 2013

Sullo sfondo di un cinema che riflette su se stesso – attraverso i generi, gli interpreti o i registri espressivi – l’autore prende in esame alcuni temi, ricomposti in una struttura unitaria e omogenea: la voce fuori campo, il sogno, la favola, la dimensione urbana contrapposta a quella extraurbana, la sessualità. Con una nota di René de Ceccatty.




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