Andrea Ignazio Daddi intervista Luca Grecchi nella Puntata #41 di «IntelliGo-Filosofia in movimento». Tema: «La metafisica unanistica» nella temperie degli studi filosofici odierni.



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Sommario

Estratto

I suoi libri

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Proponiamo un 25 Aprile  2023 di riflessione rammemorante con la lettura di alcune «Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana». Vogliamo farne memoria con queste loro “gocce di sole”. Memoria non è soltanto il riportare all’essere ciò che il tempo rende evanescente, ma è anche prefigurazione del futuro. L’esistenza concreta e temporale delle donne e degli uomini della resistenza non c’è più, ma rinasce come significato d’essere nella nostra memoria (nella lettura di queste lettere, veri ponti edidetici).

 

 

Proponiamo un 25 Aprile  2023

di riflessione rammemorante con la lettura di alcune

 

«Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana»

 

Sono passati ottant’anni da quando organizzarono le prime formazioni sulle montagne e nelle città occupate. Proponiamo qui una raccolta di frammenti dalle lettere (tratte dal libro: Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana, Einaudi, Torino 1994) che scrissero ai loro familiari prima di essere fucilati o impiccati e lo facciamo per due ragioni. La prima è che le loro parole urtano con forza contro la superficie opaca e rassegnata e nichilista del presente, parlandoci di senso del dovere e dell’onore, di fierezza e di coraggio, di dignità e di umiltà, di passione per la libertà e per l’Italia e di speranza per il futuro. La seconda è che uno di loro, un ragazzo di 23 anni, aveva chiesto alla madre di dire allo zio di scrivere qualche cosa della sua vita, in tempi migliori. Non sappiamo se lo zio esaudì poi quell’ultimo desiderio di Alessandro Teagno, ma di sicuro sappiamo che la sua vita, la loro vita rispondeva ad un principio profondamente etico, ad un principio superiore per tenere fede al quale furono pronti a sacrificarla. Sappiamo che amarono tanto la vita da decidere di rinunciare ad essa perché potesse scorrere più libera, più limpida, più degna. Vogliamo farne memoria con queste loro “gocce di sole”.

Memoria non è soltanto il riportare all’essere ciò che il tempo rende evanescente, ma è anche prefigurazione del futuro. Quanto più individui e popoli disperdono le loro memorie, tanto più il loro futuro è indeterminatezza, vuoto, puro e semplice invecchiamento. E quanto più essi rinunciano alla speranza di realizzare i valori dell’essere, impoverendo il loro futuro nell’indeterminata ripetizione del presente, tanto più sono incapaci di custodire il loro e l’altrui passato rammemorato, e perdono memoria storica. La rammemorazione non è certamente la risurrezione. Ma si può anche dire che, tramite la memoria, il passato risorge avendo chiaro che a risorgere non è la peculiare esistenza che il tempo ha, ma il suo significato.

L’esistenza concreta e temporale delle donne e degli uomini della resistenza non c’è più, ma rinasce come significato d’essere nella nostra memoria (nella lettura di queste lettere). Ciò a cui la nostra memoria è fedele, ciò che trattiene nel nostro essere, è la trama di significati di ciò che loro sono stati e di ciò che loro hanno fatto e scritto, e le immagini in cui si articola la loro memoria valgono non in quanto immagini, ma in quanto sostegni della trama di significati di cui si sostanzia.

Certo, il passato meramente temporale di queste donne e di questi uomini è dato da fatti che non sono più, ma il loro passato rammemorato è costituito dalla traccia di significato di quei fatti che continua ad essere, conservato come spirito. Il passato rammemorato è dotato di una propria identità, la storia costitutiva della sua identità: e illumina, come tale, il paesaggio del nostro presente, indicando una possibile strada per liberarsi dalla “gabbia d’acciaio” del “puro presente” e per combattere il nichilismo moderno (sfociato nel mito della autointellegibilità dell’esperienza in quanto esperienza soltanto presente). Il puro presente, in realtà, è lo zero dell’intellegibilità, perché il presente, soltanto allargando la sua presenza a quella di un passato restituitogli da una storia (della loro e nella nostra storia), può rendersi comprensibile a se stesso.

Impariamo dunque che il senso profondo della cultura e della storia, della nostra storia, è da ricercare nella dialettica per cui il presente si comprende attraverso il nostro e l’altrui passato, e comprende il passato attraverso il proprio presente. Sempre, quindi, occorre la compresenza di «passato» e «presente», ovvero la presenza del passato mediante la memoria che vince il tempo, e, vincendolo, costituisce la soggettività della persona manifestandola creativamente in una identità.

La storia è soprattutto trama di significati universali; e per ogni essere umano è trama di significati di quel che la persona è stata, le scelte che ha compiuto, le azioni che ha messo in atto per concretizzare la propria progettualità sociale e il proprio cammino di conoscenza, come pure le azioni che non ha messo in atto per preservare la propria identità in questo cammino. La storia di chi ha cercato di vivere con profondità di senso e di valori ogni esperienza di comunicazione è costituita dalla traccia di significato di quei fatti che continuano ad essere in lui vitali, e preservati in spirito, ad illuminare il nostro presente nella progettazione di ponti verso il futuro. Noi siamo storia e siamo la nostra storia nella storia.

Le tracce di significato sono ponti, sono ciò che unisce “quel che è stato” a “quel che sarà”, perché i ponti, ancor prima di essere strutture materiali, sono strutture di pensiero che pongono in comunicazione, descrivendo la particolare funzione di uno stato relazionale. Attraverso questi ponti eidetici noi consentiamo, e ci consentiamo, un passaggio, un attraversamento, da un luogo ad un altro, dal passato al presente, dall’oggi al futuro. L’antropologia capitalistica ci riserva soltanto distopia: offre “in dono” il “presente assoluto” come una pianura senza fine, con un paesaggio assolutamente piatto, che non necessita della presenza di ponti. Per il capitalismo mondializzato l’idea stessa di ponte è un “non senso”, ma anche un pericolo, in quanto i costruttori di ponti testimoniano un grado di differenziazione dall’onnivora omologazione e di consapevolezza del­le possibili condizioni per il movimento, per l’attraversamento, per il cambiamento, per il dialogo, ed anche per il conflitto. Impariamo dunque che il senso profondo della cultura e della storia, lo dobbiamo ritrovare progettando quei ponti su cui si sedimentano tracce di significato. Ponti che ci portino ad amare e generare il bene e il bello, promuovendoli nella relazione con tutti coloro che incontriamo nell’attraversamento della quotidianità, generando ciò che davvero vale e che ci sopravvive.

Tracce di significato, perché traccia è: “segno” lasciato sul terreno della storia; “vestigio” che permette di riconoscere, ricordare, rammemorare; “testimonianza” di pienezza di valore vissuta, di progettualità impegnata comunitariamente; “orma” che rinvia al “cammino” dell’uomo nella realizzazione della propria compiuta umanità; “indizio” di eventi passati che il tempo ha reso evanescenti, ma che sono possibile porta per la prefigurazione di un futuro; “cifra” di virtualità che cercano la vita nel presente; “segnacolo” di accadimenti futuri; “impronta” della possibile dialettica di comprensibilità tra passato e presente; “abbozzo” che serva da guida; “filo conduttore” di un discorso di rilevanza umanistica; “schizzo” di un progetto di ricerca sul bene e sul bello; “metafora” della fiducia critica nella memoria storica dell’uomo.

 

****

 

 

 

 

La parola è, nell’ambito dell’attività cosciente, quello che […] è assolutamente impossibile per uno solo
ed è possibile per due. Essa è l’espressione più pura della storicità essenziale della coscienza umana.

La coscienza si riflette nella parola come il sole in una piccola goccia d’acqua.
La parola sta alla coscienza come un piccolo mondo a uno grande […].
Essa è il microcosmo della coscienza umana.

L. S.. Vygotsky, Pensiero e linguaggio.

 

 

C’è ancora bisogno di queste “gocce di sole” per fugare le ombre della “città degli spettri”, che sovente incombono e contrastano – nel loro addensarsi in grumi di indifferenza individualistica – il desiderabile vissuto di una “comunità solidale” e l’effettualità di una libera individualità sociale.

Gli autori ci hanno indicato una possibile strada per liberarsi dalla “gabbia d’acciaio” del “puro presente” e per combattere il nichilismo moderno (sfociato nel mito della auto-intellegibilità dell’esperienza in quanto esperienza soltanto presente).

 

 

 

 

Antonio Fossati, Corpo Volontari Libertà.

Carissima Anna,

nel tuo cuore non deve esserci dolore ma l’orgoglio di un Patriota e anche ti prego di tenere per ricordo il mio nastrino tricolore che lo portai sempre sul cuore per dimostrarmi un vero Patriota. […] Mi trovo nelle mani dei Carnefici se mi vedessi Anna non mi riconosceresti più per lo stato che son ridotto molto magro grigio sembro tuo nonno tutto ciò non basta il peggio sarà domani sera senza un soccorso da te e dai miei genitori senza veder più nessuno quale dolore sarà per la mia mamma.

***

Renzo, Corpo Volontari Libertà.

Carissimi amici e parenti tutti,

muoio da eroe e non da vile, muoio per la mia cara Italia che ho sempre adorato, muoio e nel più estremo dei miei momenti di vita terrena grido vendetta per il mio sangue sparso così innocentemente.

***

Albino Albico, anni 24, operaio, 113a Brigata Garibaldi Baggio (Milano).

Carissimi mamma, papà, fratello sorella e compagni tutti

mi trovo senz’altro a breve distanza dall’esecuzione: mi sento però calmo e muoio sereno e con l’animo tranquillo. Contento di morire per la nostra causa: il comunismo e la nostra cara e bella Italia.

***

Raffaele Andreoni (Tarzan), anni 20, meccanico, Brigata Garibaldi 22 bis Vallombrosa (Firenze).

Cari miei,

lascio ora la mia vita così giovane solo per una mancanza che io non posso tradurla né in bene ne in male. Per la mia famiglia, per la mai Patria, dico però con serenità che ho amata l’una e l’altra con amore più di quegli uomini che oggi mi tolgono la vita.

***

Arnoldo Avanzi, anni 22, impiegato, 77a Brigata SAP Luzzara (Reggio Emilia).

Carissimi,

non piangetemi, sono morto per la mia idea, senza però far nulla di male alle cose ed agli uomini. Non odio nessuno e non serbo rancore per nessuno, ci rivedremo in cielo.

***

Achille Barilatti (Gilberto della Valle), anni 22, studente, comandante distaccamento di Montalto (Macerata).

Dita adorata,

la fine che prevedevo è arrivata. Muoio ammazzato per la mia Patria. Addio Dita non dimenticarmi mai e ricorda che tanto ti ho amata. […] Muoio da forte onestamente come ho vissuto.

***

Mario Batà, anni 26, studente, organizzatore delle prime formazioni partigiane del Maceratese.

Cari genitori,

Pensate che non sono morto, ma sono vivo, vivo nel mondo della verità. […] desidero che la mia stanza rimanga come è … io verrò spesso. Perdonatemi se ho preposto la Patria a voi.

***

Valerio Bavassano (Lelli), anni 21, elettromeccanico, 3a Brigata Garibaldi “Liguria”.

Mammina carissima,

Ho voluto seguire la mia idea e adesso mi domando se di fronte a te avevo il diritto di farlo. Perdonami, mammina, se ti cagiono questo grande dolore. Ti avevo pur detto che mi sembrava poco naturale restar vivo solo io fra tanti compagni morti.

***

Pietro Benedetti, anni 41, ebanista, militante del PCI dal 1921, commissario politico della 1a zona di Roma.

Ai miei cari figli,

Amate lo studio e il lavoro. Una vita onesta è il miglior ornamento di chi vive. Dell’amore per l’umanità fate una religione e siate sempre solleciti verso il bisogno e le sofferenze dei vostri simili. Amate la libertà e ricordate che questo bene deve essere pagato con continui sacrifici e qualche volta con la vita. Una vita in schiavitù è meglio non viverla. Amate la madrepatria, ma ricordate che la patria vera è il mondo e, ovunque vi sono vostri simili, quelli sono i vostri fratelli. Siate umili e disdegnate l’orgoglio; questa fu la religione che seguii nella vita.

Mia cara Enrichetta,

Vi sono nel mondo due modi di sentire la vita. Uno come attori, l’altro come spettatori. Io, senza volerlo, mi son trovato sempre fra gli attori. Sempre fra quelli cioè che conoscono più la parola dovere che quella diritto. Non per niente costruiamo i letti perché ci dormano su gli altri. Tutta la mia educazione, fin da ragazzo, mi portava a farmi comportare così.

***

Quinto Bevilacqua, anni 27, operaio, socialista, organizzatore del 1° Comitato Militare Regionale Piemontese.

Carissimi genitori,

Non piangete per me perché nemmeno io piango mentre vi scrivo e vado incontro alla morte con una risolutezza che non mi sarei mai creduto, […] io ho scritto anche a Marcella [la moglie] questa mia volontà. Di rimanere nell’allog­gio che occupa ora il maggior tempo possibile della sua vita, e che non vada mai in fabbrica, ma continui a lavorare in casa. […] Le avevo promesso che avrei messo, non appena si fosse trovata la stoffa, una tenda pesante alla porta della cameretta ed un copridivano della stessa stoffa – rossa – se venisse esaudito questo mio pensiero sarei molto contento tener sempre la mia casetta in ordine come se dovessi tornare da un momento all’altro.

***

Giulio Biglieri, anni 32, bibliotecario, 1° Comitato Militare Regionale Piemontese.

Carissimo Costantino,

metti da parte le mie poesie e conservale tu: non ti chiedo di farle stampare, ma fa in modo che Albertino [il nipote] ne abbia una copia dattilografata: egli mi ricorderà meglio. Straccia le poesie che non meritano senza pietà.

***

Paolo Braccini, anni 36, docente universitario, Partito d’Azione nel 1° Comitato Militare Regionale Piemontese.

Gianna, figlia mia adorata,

è la prima ed ultima lettera che ti scrivo e scrivo a te per prima, in queste ultime ore, perché so che seguito a vivere in te. Sarò fucilato all’alba per un ideale, per una fede che tu, figlia, un giorno capirai appieno. Non piangere mai per la mia mancanza, come non ho mai pianto io: il tuo Babbo non morrà mai.

***

Antonio Brancati, anni 23, studente, Comitato Militare di Grosseto.

Carissimi genitori,

sono stato condannato a morte per non essermi associato a coloro che vogliono distruggere completamente l’Italia. Vi giuro di non avere commessa nessuna colpa se non quella di aver voluto più bene di costoro all’Italia, nostra amabile e martoriata Patria.

Mario Brusa Romagnoli (Nando), anni 18, meccanico, Divisione Autonoma “Monferrato”.

Papà e Mamma,

è finita per il vostro figlio Mario, la vita è una piccolezza, il maledetto nemico mi fucila; raccogliete la mia salma e ponetela vicino a mio fratello Filippo. […] Addio. W l’Italia. Mi sono perduto alle ore 12 e alle 12 e 5 non ci sarò più per salutare la Vittoria.

***

Luigi Campegi, anni 31, operaio, comandante di una Brigata Garibaldi della Val Sesia.

Cari amici,

sono stato condannato alla pena capitale, mi raccomando non fatelo sapere ai miei genitori. Non piangete per me, vado contento con dodici miei uomini, spero di scrivervi ancora.

***

Domenico Cane, anni 30, artigiano, formazioni Matteotti e gappista a Torino.

Carissima mamma adorata,

se non ho saputo vivere, mamma, so morire, sono sereno perché innocente del motivo che muoio, vai a testa alta e dì pure che il tuo bambino non ha tremato.

***

Giacomo Cappellini, anni 36, insegnante, Divisione Fiamme Verdi di Brescia.

Mia adorata Vittoria,

addio bel sogno tante volte cullato nei miei più vaghi pensieri di una vita felice. […] anche se il dolore di tale dipartita è grande, immenso, perché annulla lo scopo di un’esistenza, Vittoria adorata, sono forte e sereno. Forte, perché sono conscio di avere compiuto il mio dovere. Vittoria mia, sii forte anche tu e non lasciarti abbattere.

***

Girolamo Cavestro (Mirko), anni 18, studente, già nel 1940 fonda un bollettino antifascista, organizzatore delle prime attività partigiane nella zona di Parma.

Cari compagni,

ora tocca a noi. Andiamo a raggiungere gli altri tre gloriosi compagni caduti per la salvezza e la gloria d’Italia. Voi sapete il compito che ci tocca. Io muoio, ma l’idea vivrà nel futuro, luminosa, grande e bella. […] Se vivrete, tocca a voi rifare questa povera Italia che è così bella, che ha un sole così caldo, le mamme così buone e le ragazze così care.

***

Bruno Cibrario (Nebiolo), anni 21, disegnatore, 9a Brigata SAP Torino.

Sandra carissima,

non mi sarei mai immaginato di scrivere la prima lettera ad una ragazza in queste condizioni. Perché tu sei la prima ragazza che abbia detto qualcosa al mio cuore. […] Da buon garibaldino ho combattuto, da buon garibaldino saprò morire. La nostra idea trionferà ed io avrò contribuito un poco – sono forse un presuntuoso. Sii felice, è il mio grande desiderio.

***

Luigi Ciol (Resistere), anni 19, caposquadra della Brigata “Iberati” Venezia.

Carissimi famigliari, […] una idea è una idea e nessuno la rompe. A morte il fascismo e viva la libertà dei popoli. […] girare attorno di qua e di là per la prigione e a dirsi che siamo condannati a morte, ma ormai è così e viva la libertà dei popoli.

***

Arrigo Craveia, anni 21, salumiere, 43a divisione Alpina Autonoma Val Sangone.

Carissimi mamma e papà,

prima della fine della mia vita vi scrivo queste due righe di conforto verso di tutti, fate dirmi una Messa, e salutate tutti i parenti e amici. E se potete a portarmi a casa mi fate il piacere. Se vi giunge questo biglietto tenetelo di ricordo sono Caro figliolo Arrigo. Ciao e baci a Lina e tutti.

***

Enzo Dalai, anni 23, contadino, 77a Brigata SAP Luzzara (Reggio Emilia).

Miei cari tutti e paesani muoio per un ideale di bontà ed una pace eterna.

***

Cesare Dattilo (Oscar), anni 23, meccanico, militante del P.C.I., comandante della Brigata d’Assalto “Gia­como Buranello” operante in Liguria.

Cara sorella,

Del resto tutto ciò che può accadere di me nulla ha importanza. Anche se dovessero sopprimermi sono così una pedina tanto piccola che la Storia non cesserebbe di seguire il suo brillante corso. Sai, sono anche un po’ fatalista. Dunque per me ha più importanza la mia idea che la mia vita!

***

Amerigo Duò, anni 21, meccanico, comandante di un distaccamento GL in Piemonte.

Amici cari,

il mio ultimo desiderio che vi esprimo è di farvi coraggio e di non piangere; se voi mi vedeste in questo momento sembra che io vada ad uno sposalizio. Dunque, su coraggio, combattete per un’idea sola, Italia libera. Ricordate che io non muoio da delinquente ma da Patriota e io muoio per la Patria e il benessere di tutti, dunque chi si sente continui la mia lotta, la lotta per la comunità.

***

Costanzo Ebat, anni 33, tenente colonnello, Banda “Napoli” operante a Roma e nel Lazio.

Mia adorata e tanto buona,

non devi piangere per me: io sono lieto e felice del mio destino e ad esso sorrido senza batter ciglio. Non ho mai avuto paura della morte come non ho mai avuto paura della vita.

***

Pedro Ferreira (Pedro), anni 23, ufficiale, formazione G.L. Italia Libera Cuneo.

Carissimi [ai compagni del Partito d’Azione],

In questo poco tempo che ancora mi separa dalla morte mi sento una calma ed una lucidità di mente che mi sorprendo­no. Vedo tutto il mio passato, remoto e recente; con uno straordinario spirito analitico e critico. […] Poche ore prima di morire formulo a voi tutti appartenenti al partito cui pure io appartengo, i migliori auguri affinché possiate appor­tare alla nuova Italia di domani quelle masse di energie sane e libere, tanto necessarie per la rigenerazione del Paese.

***

Walter Fillak (Martin), anni 24, studente, militante comunista, vicecommissario politico della 3a Brigata Garibaldi “Liguria”.

Mio caro papà,

per disgraziate circostanze sono caduto prigioniero dei tedeschi. Quasi sicuramente sarò fucilato. Sono tranquillo e sereno perché pienamente consapevole d’aver fatto tutto il mio dovere d’italiano e di comunista. Ho amato sopra tutto i miei ideali, pienamente cosciente che avrei dovuto tutto dare, anche la vita; e questa mia decisa volontà fa sì che io affronti la morte con la calma dei forti. Non so che altro dire. Il mio ultimo abbraccio.

***

Umberto Fogognolo (Bianchi), anni 32, ingegnere, rappresentante del PSI nel CLN di Sesto S. Giovanni.

Nadina mia,

in questi giorni ho vissuto ore febbrili ed ho giocato il tutto per tutto. La più grande carta della mia vita è stata giocata e non è più possibile tornare indietro. Per i nostri figli e per il tuo avvenire è bene che tu sia al corrente di tutto, anche perché a te io ricorro nei momenti più tragici e difficili della mia vita. Qui io ho organizzato la massa operaia verso un fine che io credo santo e giusto.

***

Bruno Frittaion (Attilio), anni 19, studente, militante comunista, Brigata Tagliamento.

Edda,

muoio, muoio senza alcun rimpianto, anzi sono orgoglioso di sacrificare la mia vita per una causa, per una giusta causa e spero che il mio sacrificio non sia vano sia di aiuto nella grande lotta. Di quella causa che fino ad oggi ho ser­vito senza nulla chiedere e sempre sperando che un giorno ogni sacrificio abbia il suo ricompenso. Per me la migliore ricompensa era quella di vedere fiorire l’idea che purtroppo poco ho servito, ma sempre fedelmente.

***

Tancredi Galimberti (Duccio), anni 38, avvocato, comandante delle formazioni GL del Piemontese.

Ho agito a fin di bene e per un’idea. Per questo sono sereno e dovrete esserlo anche voi.

***

Paola Garelli (Mirka), anni 28, pettinatrice, Brigata SAP Savona.

Mimma cara,

la tua mamma se ne va pensandoti e amandoti, mia creatura adorata, sii buona, studia ed ubbidisci sempre gli zii che t’allevano, amali come fossi io. Io sono tranquilla. Tu devi dire a tutti i nostri cari parenti, nonna e gli altri, che mi perdonino il dolore che do loro. Non devi piangere né vergognarti per me. Quando sarai grande capirai meglio.

***

Giono e Ugo Genre (Gino e Ugo), anni 20 e 18, fratelli, operai, Va Divisione Alpina GL Val Pellice.

Cari genitori,

ricevete questa nostra ultima lettera prima di morire, ma non abbattetevi tanto perché, cosa volete, è il nostro destino, e da questo non si scappa. Moriremo con la testa alta. Cara mamma, cerca di farti forza perché hai ancora due figli in terra da allevare e da istruire nella giusta via e abbiamo ancora un fratello che spero ritornerà e allora saprete che cosa dirgli di noi.

***

Enrico Giachino (Eric), anni 28, studente, Brigate Matteotti Piemonte.

Cari papà e mamma,

non ho la mente ferma stasera per scrivervi, ma il coraggio non mi manca e non deve, non deve mancare a voi. Sarò sempre presente fra voi e vi dovete figurare solo che io sia partito per un lungo viaggio dal quale un giorno ritorne­rò. […] Ho ancora un desiderio da esprimere: rimetti il mio pianoforte in camera mia e sopra mettici sempre il mio ritratto ed un fascio di rose.

***

Eusebio Giambone (Franco), anni 40, linotipista, militante comunista, 1° Comando Militare Regionale Piemontese.

Cara Gisella,

quando leggerai queste righe il tuo papà non sarà più. Il tuo papà che ti ha tanto amata malgrado i suoi bruschi modi e la sua grossa voce che in verità non ti ha mai spaventata. Il tuo papà è stato condannato a morte per le sue idee di Giustizia e di Eguaglianza. Oggi sei troppo piccola per comprendere perfettamente queste cose, ma quando sarai più grande sarai orgogliosa di tuo padre e lo amerai ancora di più, se lo puoi, perché so già che lo ami molto. […] Per me la vita è finita, per te incomincia, la vita vale di essere vissuta quando si ha un ideale, quando si vive onestamente, quando si ha l’ambizione di essere non solo utili a se stessi ma a tutta l’Umanità.

***

Alfonso Gindro (Mirk), anni 22, meccanico, GAP “Dante di Nanni”, Torino.

Mamma adorata,

sii fiera di tuo figlio che diede la vita per un giusto ideale e per una santa causa che sta combattendo e che presto splenderà alla luce di una grande vittoria. Non posso rimpiangere la mia esistenza così fulmineamente troncata per il volere di gente che non è sazia dei loro nefandi delitti. Penso a te, mamma adorata, penso al tuo straziante dolore, ma sii forte e coraggiosa avanti a tutto.

***

Romolo Iacopini, anni 45, operaio, militante comunista, organizzatore di una formazione nella zona romana.

Cara madre,

ho pensato spesso in questi giorni alla mia vita, a tutta la mia vita. Forse sbaglio, ma sono convinto che la mia Patria, la mia vera Patria non possa rimproverarmi nulla. La mia vera Patria, quella per cui ho combattuto nell’altra guer­ra, quella che ora mi ha spinto ad agire contro la Patria falsificata dai fascisti, mi sarà sempre benigna come al figlio prediletto. […] Sai quanto ho amato i compagni. Quelli pronti con me ogni momento alla difesa di altri sventurati, tutti sognavano di stare sullo stesso piano senza che l’uno sorpassasse l’altro. Una società così, sarebbe stata, bella, mamma!

***

Guglielmo Jervis (Willy), anni 42, ingegnere, commissario delle formazioni GL in Val Pellice.

[Parole scritte con la punta di uno spillo sulla copertina di una Bibbia ritrovata nei pressi del luogo della fucilazione]

Non piangetemi, non chiamatemi povero. Muoio per aver servito un’idea.

***

Stefano Manina (Sten), anni 26, macellaio, IXa Divisione Garibaldi Langhe.

Carissima mamma, Gioacchino, Letizia, Rosa, Luigi e Elmicia cari,

il mio destino era di fare una vita felice e io non lo volli e so affrontare qualunque cosa mi sia concessa. E come pure voi dovete sapere vincere questo dolore pensando che il destino era questo e doveva andare così. Siate forti e pensate che io sia distante a lavorare come se dovessi ancora tornare.

***

Irma Marchiani, anni 33, casalinga, staffetta sull’Appennino modenese, partecipa ai combattimenti di Montefiorino.

Carissimo Piero, mio adorato fratello,

ti chiedo una cosa sola: non pensarmi come una sorellina cattiva. Sono una creatura d’azione, ma il mio spirito ha bisogno di spaziare, ma sono tutti ideali alti e belli. Tu sai benissimo, caro fratello, certo sotto la mia espressione calma, quieta forse, si cela un’anima desiderosa di raggiungere qualcosa, l’immobilità non è fatta per me, se i lunghi anni trascorsi mi immobilizzarono il fisico, ma la volontà non si è mai assopita. Dio ha voluto che fossi più che mai pronta oggi.

***

Attilio Martinetto, anni 23, finanziere, Gruppo di Resistenza dell’Astigiano.

Amore mio diletto,

quante volte nei momenti felici ho pensato ad un momento simile! Ricordavo proprio stasera di aver letto L’ultimo giorno di un condannato di Victor Hugo […] Tante volte basandomi su esso ho pensato al momento di morire. Quan­to ero sciocco! Solo ora lo comprendo. Sai Anna Maria cosa rimane all’ultimo di tutto? Solo quello che è santo e puro della vita. L’affetto dei genitori (in essi tua madre), l’affetto di quanti mi vollero bene e che ora avvalori sotto un’altra luce; la luce che ti proviene dall’affetto per Dio.

***

Giovanni Mecca Ferroglia, anni 18, elettricista, 80a Brigata Garibaldi Canavese.

Caro amico,

spero ti ricorderai quando eravamo a scuola insieme e quando eravamo in montagna. Ora ci siamo rivisti in inferme­ria, prigionieri tutti e due. Quando ho saputo del tuo cambio sono rimasto molto contento: così almeno tu sei salvo e potrai così vendicarmi. […] Muoio contento di aver servito la mia causa fino all’ultimo. Vuol dire che quello che non faccio più io, lo faranno gli altri.

***

Luigi Ernesto Monnet, anni 24, operaio, Va Divisione alpina GL Val Pellice.

Cara mia amata moglie,

mi hanno letto ieri la sentenza di morte ho riflesso a lungo e ho anche pregato e mi sono pienamente rassegnato al volere di Dio. Dio mi ha chiamato ad agire così e ho agito; adesso mi chiama alla morte e vado alla morte tranquillo come sono partito da casa.

***

Domenico Moriani (Pastissu), anni 18, impiegato, IIa Divisione “F. Cascione” Imperia.

Cara nonna,

non piangere, sono condannato a morte, tu non devi farci caso, fatti coraggio. Io vado a trovare mia madre che è tanto tempo che non vedo. Quello che ho potuto fare ho fatto.

***

Giuseppe Pelosi (Peppino), anni 24, studente, organizzatore delle prime formazioni nel Bresciano.

Mamma, papà, sorelline adorate,

non ho rimpianti nel lasciare questa mia vita perché coscientemente l’ho offerta per questa terra che immensamente ho amato, e anche ora offro questo mio ultimo istante per la pace nel mondo, e soprattutto per la mia diletta Patria, alla quale auguro figli più degni e un avvenire splendente.

***

Stefano Peluffo (Mario), anni 18, impiegato, militante comunista, Brigata SAP Savona.

Carissimi genitori e fratelli,

vi scrivo in questi ultimi istanti della mia vita muoio contento di aver fatto il mio dovere.

***

Giuseppe Perotti, anni 48, generale, CNL Piemonte.

Renza mia adorata,

Il destino ha voluto così e il destino è imperscrutabile. Bisogna accettarlo. Io mi considero morto in guerra, perché guerra è stata la nostra. Ed in guerra la morte è un rischio comune. Non discuto se chi me la darà ha colpito giusto o meno: si muore in tanti ogni giorno e i più innocentemente; io almeno ho combattuto.

***

Pietro Pinetti (Boris), anni 20, meccanico, militante comunista, vice comandante della 175a Brigata Gari­baldi SAP Genova.

Carissima mamma,

ciò che ho fatto è dovuto al mio fermo carattere di seguire un’idea e per questo pago così la vita, come già pagarono in modo ancora più orrendo ed atroce migliaia di seguaci di Cristo la loro fede. Io ho creduto in questo sia giusto o sbagliato ed ho combattuto per questo sino alla fine, non negandolo a nessuno.

***

Umberto Ricci (Napoleone), anni 22, studente, militante comunista, 28a Brigata GAP “Mario Gordini” Ravenna.

Ai miei genitori ed amici,

un’altra cosa che mi sorprende è la mia forte costituzione fisica. Nonostante la mia malattia in corso ho resistito eroicamente. Ora mi pongono qui perché si rimargino e si sgonfiano tutte le mie ferite che ho per il corpo. Indi mi pre­senteranno al pubblico appeso ad un pezzo di corda. […] Vorrei pure che nel marmo del mio tombino fossero incluse queste parole:”Qui soltanto il corpo, non l’anima ma l’idea vive.”

***

Roberto Ricotti, anni 22, meccanico, commissario politico della 124a Brigata Garibaldi SAP Milano.

Parenti cari consolatevi, muoio per una grande idea di giustizia … Il Comunismo!!

***

Francesco Rossi (Folgore), anni 27, elettrotecnico, 46a Brigata “Baratta” Val di Susa.

Cara Linuccia mia, cara mamma, fratelli, sorelle e nipoti cari,

ti dissi sempre che è meglio morire per uno scopo che starsene invegeti. […] Ho sempre voluto la felicità degli altri perché la mia credevo non avesse importanza. Fatela voi la felicità di tutti i poveri e che non soffrano più.

***

Vito Salmi (Nino), anni 19, tornitore, 142a Brigata d’Assalto Garibaldi Parma.

Carissime sorelle e zii,

ho fatto di mia spontanea volontà, perciò non dovete piangere. Un grande bacione alla nonna e fate il possibile che non sappia mai niente. Per lutto portate un garofano rosso. Ancora pochi minuti poi tutto è finito. Viva la libertà.

***

Aldo Sbriz (Leo), anni 34, falegname, militante comunista, Divisione d’Assalto Garibaldi “Natisone” Gorizia.

Pina cara, figli miei, madre e tutti i miei cari,

e tu, Giuliana mia piccola, come sei? Io l’immagino il tuo lieto visino sorridente. Aspettavo la tua nascita con gioia grandissima, ma la mia grande scontentezza sta nel fatto che la fatalità non mi ha permesso ch’io ti vedessi solo con la mia fantasia. Non ho potuto darti nemmeno un bacino sulla tua fresca guancetta. Ora io ti saluto e ti bacio cara­mente. Un giorno mi conoscerai.

***

Renzo Scognamiglio (Gualtiero), anni 23, insegnante, VIa Divisione Alpina Canavesana GL.

Mammina mia cara,

a te sola chiedo perdono ma assicurati che il tuo figliolo muore innocente e da partigiano, Ho amato tanto questa Italia martoriata e divisa ed anche se apparentemente oggi pare di no, cado per il mio Paese.

***

Remo Sottili, anni 33, vice-brigadiere, Brigata Garibaldi 22bis Vallombrosa (Firenze)

Reverendo,

in seguito direte a mia moglie che cerchi di educare i due bimbi meglio che può e che ella si faccia coraggio, che io la veglierò dall’alto dei cieli. Le dirà pure che per quanto le sarà possibile, non cerchi di fare dei bimbi dei militari o militaristi, questo ripeto se le sarà possibile, poiché non intendo darle alcuna disposizione in merito e faccia lei che sa fare bene.

***

Giuseppe Sporchia, anni 36, operaio, Brigata Matteotti Bergamo.

Mia adorata Pierina,

quale terribile momento sia per me questo non te lo posso dire; non trovo espressione per dirti! Ti lascio senza niente, in balia di chissà quali asperità: quale ingiustizia si è abbattuta sopra la nostra sorte!

***

Alessandro Teagno, anni 23, perito agronomo, inviato dal PCI clandestino in Tunisia in missione politico-militare nel Nord-Italia.

Carissimo papà,

non mi serbare rancore. Ho avuto una fede diversa dalla tua, ecco tutto. E muoio tranquillo, sorridendo, con un ideale puro.

***

Attilio Tempa, anni 22, operaio, 76a Brigata Garibaldi Valle d’Aosta.

Miei cari genitori e fratello Nino,

queste sono forse le ultime mie righe, vi prego solo di farvi coraggio, perché questo è il destino; se devo morire io forse ne salverò molti altri.

***

Giuseppe Testa, anni 19, impiegato, Partito d’Azione Roma.

Caro professore,

io, come sai, sono sempre forte come sono state forti le mie idee. Spero che il mio sacrificio valga per coloro i quali hanno lottato per le stesse idee e che un giorno possa essere il vanto e la gloria della mia famiglia, del mio Paese e degli amici miei.

***

Walter Ulanowsky (Josef), anni 20, studente, 3a Brigata Garibaldi “Liguria”.

(Nota di diario)

Sono stato scelto, prescelto per morire. Sacrifico la mia vita per l’ideale più puro, più nobile: la libertà umana. […] Ho la faccia rossa di sangue, la saliva è rossa. Sono sconvolto internamente. Vedo la morte che mi invita a seguirla. […] Mi sembra d’impazzire. A volte il cervello si calma. Perché sono qui? Perché domattina mi fucileranno? Per la libertà!

***

Ferruccio Valobra, anni 46, perito industriale, militante repubblicano, comandante di formazione autono­ma di Carmagnola (Torino).

Mie adorate Silvia e Mirella,

ed ora ritorno a voi mie dilette per rinnovarvi la preghiera di essere serene di fronte a tanta avversità. Spero che il mio sacrificio come quello dei miei compagni serva a darvi un migliore domani, in un’Italia più bella quale io e voi abbiamo sempre agognato nel più profondo del nostro animo.

***

Paolo Vasario (Diano), anni 33, medico, 105a Brigata Garibaldi Torino.

Diana cara,

la vita che doveva cominciare è terminata per me anzitempo. Ma durerà nel ricordo. Ti amo, Diana. Il tuo compagno se ne va. Se ne va dopo avere amato libertà, giustizia. […] Ma tu devi vivere. Devi vivere perché questo è il mio ultimo desiderio. Devi vivere e il mio ricordo deve essere un incitamento nella vita. Non bisogna che tu ne sfugga. Ti sarò comunque vicino, lo so e lo sento. […] Muoio in piedi. Sappilo e ricordami così. Ti amo tanto.

***

Fabrizio Vassalli (Franco Valenti), anni 35, commercialista, gruppo “ Vassalli”, Roma.

Carissimi papone e mammina,

perdonatemi il dolore che vi reco che è veramente una angoscia per me. Pensate che tanti sono morti per la Patria ed io sono uno di quelli. La mia coscienza è a posto: ho fatto tutto il mio dovere e ne sono fiero. Questo deve essere per voi vero conforto.

***

Erasmo Venusti, (Firpo), anni 22, bracciante, 12a Brigata Garibaldi Bardi (Parma).

Cara mamma,

in questo momento penso a tutto quello che tu mi dissi, mamma questa cosa tu non hai colpa ma tu non devi pensare che io ti odi, no questo era il mio pensiero di fare nascere una Italia libera. Sono orgoglioso di morire per la mia idea ora mi uccidono ma sono innocente.

***

Lorenzo Viale, anni 27, ingegnere, formazioni del Canavesano.

Carissimi,

di una cosa sono certo: potrete sempre camminare a testa alta perché non ho compiuto niente di disonorevole né di obbrobrioso. Ho semplicemente lottato per una causa che ho ritenuta santa: quelli che rimarranno si ricordino di me che ho combattuto per preparare la via ad una Italia libera e nuova.

***

Ignazio Vian (Azio), anni 27, insegnante, Formazioni Autonome “Mauri”, Cuneo.

(parole scritte col sangue sul muro della cella)

MEGLIO MORIRE CHE TRADIRE

***

Giovanni Battista Vighenzi (Sandro Biloni), anni 36, segretario comunale, CLN Rovato (Brescia).

Liana amatissima, mia gioia, mia vita,

vieni soltanto di tempo in tempo sulla mia tomba a portarvi uno di quei mazzettini di fiori campestri che tu sapevi così bene combinare. […] Muoio contento per essermi sacrificato per un’idea di libertà che ho sempre tanto auspicata.


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Salvatore Bravo – La «Metafisica umanistica» di Luca Grecchi: … sfregando insieme, non senza fatica, queste realtà – ossia nomi, definizioni, visioni e sensazioni –, le une con le altre, e venendo messe a prova in confronti sereni, e saggiate in discussioni fatte senza invidia … … dopo molte discussioni fatte su questi temi, e dopo una comunanza di vita, improvvisamente, come luce che si accende dallo scoccare di una scintilla, essa nasce nell’anima …

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Sommario

Estratto

I suoi libri

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Diego Lanza – Dramata 1. Scritti sulla drammaturgia euripidea. Prefazione di Gherardo Ugolini.

Diego Lanza

Diego Lanza (1937-2018), grecista e accademico dei Lincei, è stato titolare della cattedra di Letteratura greca all’Università di Pavia a partire dal 1968. Studioso di rara sensibilità, nel corso della sua prolifica carriera ha curato edizioni con commento di Anassagora e Aristotele e ha contribuito a opere collettive come Lo spazio letterario della Grecia antica (Salerno Editrice, 1992-1996) e I Greci. Storia, cultura, arte, società (Einaudi, 1996-2002). È autore di opere e saggi di grande respiro storico-letterario. Nel 2013 esce Interrogare il passato. Lo studio dell’antico tra Ottocento e Novecento (Carocci), e nel 2017 Tempo senza tempo. La riflessione sul mito dal Settecento ad oggi (Carocci). Nel 2018 Bompiani ha pubblicato la nuova edizione delle Opere biologiche di Aristotele a cura di D. Lanza e M. Vegetti, con il titolo Aristotele, La vita. Testo greco a fronte. Nel 2019 vedono nuova luce La disciplina dell’emozione e Lo stolto. Di Socrate, Eulenspiegel, Pinocchio e altri trasgressori del senso comune (Petite Plaisance), nel 2020 Il tiranno e il suo pubblico (Petite Plaisance), nel 2022 Nous e thanatos. Scritti su Anassagora e sulla filosofia antica (Petite Plaisance) e, postumo, sua unica prova narrativa, esce Il gatto di piazza Wagner (L’Orma, 2019).

Diego Lanza (1937-2018) – Di mio padre ricordo l’orgoglio tenace, la fedeltà alle proprie decisioni, l’energia necessaria a una silenziosa coerenza, il disprezzo per il mormorio del senso comune. Mi ha insegnato ad essere come chi amiamo si aspetta che noi siamo, perché non pesare su chi ci ama con le nostre sofferenze è amorosa accortezza.
Diego Lanza (1937-2018) – La disciplina dell’emozione. Un’introduzione alla tragedia greca. Prefazione di Anna Beltrametti
Diego Lanza (1937-2018) – Appassionato filologo e grecista, innovativo nella lettura interdisciplinare dei testi, sempre in tensione etica, morale, filosofica, che ci consegna quale suggello, testimonianza vivificante e forte dono.
Diego Lanza (1937-2018) – «Lo stolto. Di Socrate, Eulenspiegel, Pinocchio e altri trasgressori del senso comune». Prefazione di M. Stella. Postfazione di G. Ugolini.
Diego Lanza (1937-2018) – Euripide porta sulla scena lo spettatore, l’uomo della vita di ogni giorno.
Diego Lanza, Gherardo Ugolini – «Storia della filologia classica». Si è cercato di illustrare tutta la problematicità della filologia, mostrando al contempo quanto lo studio dell’antico abbia sempre interferito con i dibattiti che hanno via via segnato lo svolgersi della cultura europea negli ultimi due secoli.
Diego Lanza (1937-2018) – Il libro di A. Meillet ci offre un’immagine della lingua greca oltremodo ricca, nel costante riferimento a precise condizioni storiche. Il rapporto tra lingua e società si definisce con chiarezza come rapporto tra lingua e civiltà, cultura in senso antropologico.
Diego Lanza (1937-2018) – «Il tiranno e il suo pubblico» è il tentativo di definire la genesi, lo sviluppo e la fortuna di una figura ideologica, che sempre meglio si precisa nella letteratura ateniese tra la metà del V e la metà del IV secolo a.C.
Silvia Gastaldi, Fulvia de Luise, Gherardo Ugolini, Giusto Picone – ** MARIO VEGETTI e DIEGO LANZA **, In ricordo di una amicizia filosofica.
Diego Lanza (1937-2018) – Nous e thanatos. Scritti su Anassagora e sulla filosofia antica. Prefazione di Gherardo Ugolini


Prefazione di Gherardo Ugolini

Il piano dellopera prevede quatto volumi di «Dramata»

Dramata, I. Scritti sulla drammaturgia euripidea / Dramata, II. Scritti sulla tragedia antica e le teorie del tragico / Dramata, III. Scritti sulla commedia antica / Dramata, IV. Scritti sulla Poetica di Aristotele


I libri di Diego Lanza che abbiamo pubblicato

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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6 Maggio 2023 – Senigallia – Auditorium San Rocco: OLTRE LE FRONTIERE | MÁS ALLÁ DE LAS FRONTERAS Giornata di Studi su Rodolfo Mondolfo: l’interesse per la filosofia e l’impegno politico, tra Italia e Argentina. Coordinamenti: Federica Piangerelli e Pietro Rinaldo Fanesi. Contributi di: Emidio SPINELLI , Luca GRECCHI , Lucia PALPACELLI , Ivana COSTA , Luka BOGDANIC , Lidia PUPILLI ,Marco SEVERINI , Pietro Rinaldo FANESI.

Alcuni dei moltissimi libri di Rodolfo Mondolfo

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Luca Grecchi – Metafisica umanistica. La struttura sistematica della verità dell’essere. In Appendice: Dialogo biografico-filosofico con Alessandro Dignös

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I suoi libri

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Fernanda Mazzoli – La storia in ostagggio. Oggi più che mai, studiare la storia e fare ricerca storica potrebbe essere atto di resistenza, non solo e non tanto ai politici da strapazzo oggi in voga, ma prima di tutto atto di resistenza all’imbarbarimento culturale e spirituale di cui la destoricizzazione è un asse portante.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Gesù di Nazareth è stato uomo nella storia e Dio nel pensiero. Disegnando con i suoi atti, con il suo sacrificio finale, e con la consapevolezza del loro senso, la «figura stessa dell’amore», si è collocato su un piano che è oltre la storia. È stato un uomo “nella” storia, ma lo è stato in modo da collocare la sua figura “oltre” la storia, alle sorgenti di quella libertà morale da cui perennemente sgorga la storia, e da porsi quindi come “fonte di luce” per ogni epoca.

In questi giorni pasquali da più parti e in modi diversi si invita a quella riflessione che   dobrebbe essere invece quotidiana disposizione all’attenta considerazione del senso e del valore della vita; noi ci permettiamo  di offrire alle donne e agli uomini di buona volontà i contenuti di questo libro su Gesù di Nazareth, che saremmo ben lieti di poter condividere … nel volo dell’Icaro di Matisse … Chi ama vola, giubila, è libero, non sente peso, non adduce a pretesto l’impossibilità …

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Alcune pagine dell’VIII capitolo


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Sergio Arecco – «Docu doc. La non fiction delle meraviglie». Il lettore vedrà sfilare davanti a sé un centinaio di film e di letture esaustive del genere documentario, con una selezione dei suoi maggiori esponenti di ieri e di oggi.

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M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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